Alimentata dalla "sinistra" borghese
Sbornia nazionalistica

È impressionante la sbornia nazionalistica che ha travolto il Paese per la vittoria dell'Italia ai mondiali di calcio di Germania, al punto da far impallidire per dimensioni e impatto mediatico-politico quella che Pertini e Spadolini orchestrarono nel 1982 sfruttando la precedente vittoria ai mondiali di Spagna. Come allora sono stati il Quirinale e Palazzo Chigi a dare il la, ad attizzare e indirizzare sapientemente verso il risorgente nazionalismo l'entusiasmo popolare per la conquista dell'ambìto titolo mondiale, ma con quali ben più imponenti e persuasivi mezzi di imbonimento di massa di allora!
Dai megaschermi che i neopodestà del regime neofascista avevano fatto piazzare a centinaia in tutte le città d'Italia, alla presenza in tribuna d'onore di Prodi alla semifinale con la Germania, di Napolitano alla finale con la Francia, all'iperattivismo dell'onnipresente ministra Melandri; dalla faraonica e costosa festa organizzata dal neopodestà di Roma Veltroni e dal governo, con corteo trionfale cominciato all'aeroporto militare di Pratica di Mare con tanto di parata delle "Frecce tricolori" e concluso al Circo Massimo in stile impero romano (o mussoliniano, per riandare a tempi meno remoti), alla diretta televisiva Rai di tutto il mega evento, con tanto di elicottero per le riprese dall'alto del corteo dei giocatori-gladiatori; dal ricevimento della squadra di Lippi a Palazzo Chigi, addobbato con bandierone tricolore e al suono dell'inno di Mameli, accolta trionfalmente da Prodi, D'Alema e Rutelli come fosse un corpo militare speciale di ritorno da una missione di guerra per conto del governo, all'esaltazione più nazionalistica che sportiva, grondante retorica patriottarda e sciovinista, a cui si sono abbandonati per giorni e giorni i mass-media di regime, come se obbedissero a un copione ben oliato e collaudato: tutto questo dimostra come sia stato possibile per la classe dominante borghese strumentalizzare e pilotare la spontanea gioia popolare per una vittoria sportiva - che altro non è e non dovrebbe essere - nell'interminabile orgia di nazionalismo becero e qualunquista in cui il Paese è stato immerso per giorni.
Ricordiamo a questo proposito gli innumerevoli episodi che hanno visto i fascisti, approfittando del clima favorevole, uscire come non mai dalle fogne e scorazzare alla luce del sole nelle feste di piazza in tutta Italia, e in particolare lungo il corteo degli azzurri e al Circo Massimo, con saluti romani, saluti al duce, pestaggi di giovani di sinistra, esibizione di svastiche e altre insegne nazifasciste e scritte sui muri, come quelle che hanno imbrattato il quartiere ebraico di Roma. Si è arrivati persino all'esposizione sul palco del Circo Massimo da parte del portiere Buffon, non nuovo all'esibizione di simpatie fasciste, di un cartellone tricolore con la scritta "Fieri di essere italiani", recante una croce celtica e la firma della borgata romana Fidene, fornito dai fascisti di quel rione e adottato senza alcun imbarazzo dai calciatori.
Il fatto è che se nell'82 il risorgente imperialismo italiano cominciava allora a muovere i primi passi sulla scena internazionale, oggi che è ormai diventato adulto, come il regime neofascista che lo nutre, e ambisce a un ruolo di primo piano tra le grandi potenze della terra, al punto che l'Italia interventista è ai primi posti al mondo nell'invio di contingenti militari all'estero, per esso diventa di vitale importanza la propagazione della peste nazionalistica, per ottenere il consenso di massa necessario alle sue imprese neocolonialiste, specie in un momento, come questo, in cui il parlamento deve decidere il rifinanziamento delle missioni di guerra all'estero: come fu di vitale importanza in altre epoche simili, tipo le guerre coloniali nel Corno d'Africa e in Libia, alla vigilia della prima guerra mondiale imperialista e durante il ventennio mussoliniano. Per questo sporco fine ogni mezzo è lecito, anche sfruttare il tifo calcistico volgendolo in chiave nazionalistica e fascistoide, sfruttando ed attizzando abilmente l'aggressività e la retorica muscolare di cui il tifo si nutre. Non a caso nella squadra azzurra si è fatto largo uso di termini come "mostrare gli attributi", "fame di vittoria" e così via, mentre c'è stato addirittura un giocatore che aveva dedicato l'auspicata vittoria "ai nostri ragazzi che combattono in Iraq".
La "sinistra" borghese è stata in prima fila nell'orchestrare e nell'alimentare la sbornia nazionalistica. Lo stesso Berlusconi, con tutto il suo enorme apparato mediatico, non avrebbe saputo fare di meglio. Anzi, giornali della "sinistra" borghese come "l'Unità" e "la Repubblica" hanno addirittura rimproverato Mediaset per non essersi unita alla Rai nell'interminabile diretta televisiva sulla "festa" romana per gli azzurri. E se Napolitano ha battuto Pertini in fatto di presenzialismo sulla ribalta del mondiale di calcio, Prodi e Melandri hanno dimostrato di aver ben imparato la lezione del neoduce di Arcore (il primo a sfruttare in maniera massiccia il calcio a fini politici, a cominciare dal nome e dalle insegne del suo stesso partito), facendosi vedere e riprendere con gli azzurri in tutte le salse e in tutte le occasioni, visite sconce negli spogliatoi incluse, e sfruttando abilmente tale effetto mediatico a sostegno politico del governo e loro personale. In particolare quando, a Palazzo Chigi, hanno sollevato entrambi la coppa del mondiale insieme al capitano della nazionale, come a significare che la vittoria della squadra di calcio è anche quella della "squadra di governo". Per non parlare del canto a squarcia gola dell'inno di Mameli.
La "sinistra" borghese non ha avuto il minimo imbarazzo nel cavalcare e anzi fomentare l'ondata di nazionalismo. A cominciare dall'"ex comunista" Napolitano, il quale ha colto l'occasione della vittoria al mondiale per esaltare, come e più del suo predecessore Ciampi, l'"unità della nazione" e i suoi simboli come il tricolore, facendosi riprendere anche lui con la coppa in mano. Nel discorso con cui ha accolto gli azzurri a Palazzo Chigi, Prodi li ha ringraziati "per aver dato all'Italia, un Paese che tende troppo spesso a dividersi, un'occasione straordinaria di unità". In una successiva intervista al quotidiano portavoce dell'Unione, "la Repubblica", il premier ha aggiunto a proposito della bandiera tricolore che ha furoreggiato nei festeggiamenti: "È come se il popolo se la fosse finalmente ripresa, strappandola dall'universo separato dell'ufficialità". E se il quotidiano dei DS, "l'Unità", titolava in prima pagina, sotto una grande foto del Circo Massimo imbandierato tricolore, "È tornata l'Italia", quasi a fare il verso al rinnegato Fassino che esultava con un patriottico "Viva l'Italia" alla vittoria della nazionale, il quotidiano "Liberazione", che come il PRC ha ormai perso il contatto con la realtà, esaltava da parte sua il trionfo della squadra stramiliardaria di Lippi perché "è stata una squadra operaia"! Mentre per il cacasotto ecumenico Bertinotti l'orgia nazionalistica sarebbe stata addirittura l'occasione in cui "un intero Paese scopre più di quel che sa ogni giorno le ragioni di qualche momento di fraternità".
Non c'è da stupirsi, allora, se i fascisti, che da sempre e a ragione si considerano le vestali del nazionalismo e del ciarpame patriottardo, come il tricolore e l'inno di Mameli, schiumino di rabbia accusando la "sinistra" e il governo Prodi di averglieli scippati indebitamente. Anziché andare controcorrente e aprire gli occhi alle masse mettendole in guardia contro l'infezione del nazionalismo, la "sinistra" del regime neofascista dà una mano a diffonderla scavalcando a destra gli stessi fascisti, dopo aver già contribuito con la sua nefasta opera di deideologizzazione, decomunistizzazione e socialdemocratizzazione delle masse a liquidare gli anticorpi antinazionalisti che avevano accumulato grazie alla Resistenza e all'amara esperienza delle due carneficine mondiali e del fascismo. È così che i rinnegati, i riformisti e i socialdemocratici della "sinistra" borghese, come già li aveva ben smascherati Lenin alla vigilia della guerra imperialista 1914-1918, si trasformano in social-sciovinisti, nei più zelanti ed efficaci servitori della borghesia imperialista e guerrafondaia.

19 luglio 2006