Costretti a lavorare 15 ore con un salario di fame e senza casa
Schiavi nelle campagne pugliesi
I braccianti che si ribellano picchiati e minacciati

Quella Puglia da cui doveva prendere avvio la famigerata "rivoluzione gentile" promessa dal suo governatore, il trotzkista e anticomunista Nicki Vendola (PRC), per migliaia di braccianti agricoli extracomunitari è un vero e proprio girone infernale.
Sono migliaia i braccianti stagionali stranieri impiegati nelle campagne pugliesi nella raccolta dei pomodori, dell'uva, dell'olive, ortaggi. Si parla di 5, forse 7 mila. Mai nessuno ha tentato un censimento. Tutti stranieri e tutti, o in grandissima parte, sfruttati a nero. Ci sono quelli provenienti dall'Europa dell'Est, rumeni, bulgari polacchi, e quelli africani che vengono dalla Nigeria, Niger, Mali, Burkina Faso, Uganda, Senegal, Sudan, Eritrea. Per capire le dimensioni del fenomeno basta dire che secondo i risultati delle ispezioni effettuate da polizia, carabinieri e direzione provinciale del lavoro tra il 10 luglio e il 20 settembre più della metà delle aziende della provincia di Foggia controllate è risultata fuorilegge: su 227 imprenditori controllati, 125 sono stati denunciati per aver violato le norme del lavoro e l'immigrazione.
E proprio raccontando quanto accade nelle campagne del foggiano che una coraggiosa inchiesta condotta dal giornalista de "L'Espresso", Fabrizio Gatti, ha portato alla luce allucinanti storie di ordinaria schiavitù. Da Cerignola a Candela e su, più a nord fino a San Severo è infatti emerso un vero e proprio triangolo degli schiavi. Un territorio dove non vige nessuna legge, se non quella del padrone e la schiavitù è praticata su vasta scala. Agricoltori e proprietari terrieri per proteggere i loro affari e raggiungere il massimo profitto hanno messo su una rete spietata di caporali: veri e propri aguzzini italiani, arabi, dell'est europeo.
Le squadre dei braccianti, reclutate dai caporali anche nei paesi di origine con promesse di compensi sia pur bassi ma certi, una volta raggiunte le località delle raccolte vengono alloggiati in tuguri pericolanti, sporchi e antigienici, senza acqua né luce. Il lavoro inizia all'alba e finisce alle 10 di sera. 15 ore al giorno per salari, ma "salario" è una parola grossa, che vanno dai 15 ai 20 euro il giorno. Ovviamente se i lavoratori vengono pagati, e la cosa è tutt'altro che scontata. In molti casi da queste misere somme vengono detratti la tangente per il caporale, "l'affitto" dei tuguri, il costo dell'acqua potabile e delle attrezzature da lavoro. "Grazie" a queste bestiali e indecenti condizioni di vita e di lavoro, per l'uso di pesticidi senza protezioni, per la fatica, per la malnutrizione, come ha denunciato un rapporto di Medici senza Frontiere, gli immigrati arrivano sani dai loro paesi, e qui si ammalano.
Uomini trattati come bestie. E così si arriva anche all'aberrante richiesta dei caporali che, per decidere se dare o meno un lavoro a un bracciante, fanno richiesta di una ragazza da far stuprare al padrone.
Chi protesta viene zittito a colpi di spranga. Chi si è rivolto alla questura di Foggia per denunciare questi gravissimi fatti, grazie alla Bossi-Fini, spesso è stato arrestato o espulso perché non in regola con i permessi di lavoro. A volte sono gli stessi padroni a chiamare i vigili, polizia o carabinieri, magari il giorno di paga o a fine stagione della raccolta, e a segnalare gli immigrati illegali nelle campagne. Basta una telefonata anonima. Così i caporali si tengono i soldi e la prefettura può aggiornare le sue statistiche con le nuove espulsioni.
Molti sono i lavoratori che tentano di scappare dai loro aguzzini. In questi casi i caporali li cercano e qualcuno viene riacciuffato. Qualcun altro è stato addirittura ucciso.
Le scomparse sono un altro capitolo dell'orrore. Nessuno sa quanti siano i lavoratori rumeni, bulgari e africani spariti. I caporali quando li ingaggiano o li massacrano di botte non sanno come si chiamano. Gli unici casi sono stati scoperti grazie alle denunce insistenti dell'ambasciata di Polonia, che ha diramato le foto di oltre un centinaio di connazionali che dal 2000 al 2005 erano venuti a lavorare come stagionali nel foggiano e non sono più tornati a casa. Su dodici "richieste indirizzate alla questura di Foggia" l'ambasciata polacca ha dovuto prendere atto che per nove casi non c'è stata "nessuna risposta da parte della questura". Solo dopo mesi di inutile attesa l'appello delle autorità di Varsavia è stato girato al Comando generale dei carabineri e finalmente la Procura antimafia di Bari si è decisa, con inaudito e inspiegabile ritardo, ad aprire un'inchiesta. Ora si indaga sulla morte di 15 braccianti polacchi.
La vergogna degli schiavi in Puglia è approdata a Bruxelles, davanti all'intergruppo tra parlamentari e sindacati europei. Per il deputato laburista, membro ed ex presidente della commissione Occupazione e Affari sociali, l'inglese Stephen Hughes, siamo di fronte a "crimini contro l'umanità" e per questo il governo italiano dovrebbe essere "incriminato inviando l'intera materia con procedura d'urgenza alla Corte europea di Giustizia".
Le responsabilità del governo italiano sono gravissime e evidenti. Perché questa agghiacciante realtà è il risultato conseguente e mostruoso della politica fascista, razzista, xenofoba e razzista sull'immigrazione attuata con la legge Bossi-Fini. Una legge razzista perché tratta gli immigrati che chiedono di lavorare nel nostro Paese come schiavi non degni di godere degli stessi diritti e trattamento degli altri lavoratori. Una legge schiavista perché accetta gli immigrati solo come mano d'opera da sfruttare a basso costo e per i lavori più degradanti e solo nella misura e fino a quando fa comodo alle esigenze del profitto capitalistico, tenendola sotto il costante ricatto del non rinnovo del permesso di soggiorno e dell'espulsione. Una legge che costringe decine di migliaia di immigrati alla clandestinità gettandoli in pasto al lavoro nero, allo sfruttamento più brutale e bestiale di padroni e caporali. La Bossi-Fini non va riformata in qualche articolo come ha detto l'attuale ministro dell'Interno Amato, fintamente scandalizzato dall'inchiesta-choc de "L'Espresso". Della Bossi-Fini non vanno salvate neppure le virgole; va abrogata, tutta e subito, senza alcuna concessione al tema forcaiolo e reazionario della "sicurezza'' vergognosamente sposato anche dalla "sinistra'' di regime per inseguire l'elettorato moderato, e che il governo di "centro-sinistra" di Prodi non sembra intenzionato a rimettere in discussione.
Quanto a Vendola e alla sua giunta regionale di "centro-sinistra", diventa arduo sostenere che non si fossero accorti di quanto avveniva nelle campagne foggiane, o coprirsi dietro al fatto che "la colpa è della finanziaria voluta dal governo Berlusconi che ha lasciato gli ispettori del lavoro persino senza benzina", come ha affermato l'asserssore regionale al lavoro Marco Barbieri. La verità è che la giunta pugliese in oltre un anno di governo ha fatto poco e nulla per porre fine all'inumana piaga sociale che è il lavoro nero come poco e nulla ha fatto concretamente per migliorare le condizioni di vita degli immigrati. Neppure le strutture di accoglienza per i lavoratori stagionali del pomodoro promesse un anno fa. "Non abbiamo fatto a tempo a realizzarle", ha detto Barbieri, rinnovando la promessa per la prossima stagione. Staremo a vedere.
La vicenda ha indotto i sindacati confederali a promuovere una manifestazione a carattere nazionale contro il lavoro nero che si svolgerà proprio a Foggia sabato 21 ottobre. Forme analoghe di schiavitù dei migranti esistono anche in Sicilia.

11 ottobre 2006