Al grido di "mafioso, mafioso!"
Schifani contestato alla festa del PD
Fassino ai contestatori di Torino: "Squadristi"
Napolitano: "intimidatorie gazzarre"
 
Renato Schifani è stato sonoramente contestato alla festa del PD di Torino dove, sabato 4 settembre, era stato invitato a intervenire in un dibattito con Piero Fassino sul tema: "Le istituzioni alla prova".
Né la polizia schierata in forze, né un quanto mai agguerrito servizio d'ordine del PD, sono riusciti ad arginare una contestazione che era annunciata.
Già al suo arrivo, il presidente del Senato è stato accolto con fischi e cori di "mafioso, mafioso!", "colluso", "vergogna". E nonostante, sia stato impedito con la forza l'accesso alla festa ai contestatori, i fischi e gli urli, "fuori la mafia dallo Stato", sono proseguiti anche all'interno della sala del dibattito, la sala Bobbio (defunto socialista liberale in piazza Castello, suscitando prima l'ira del moderatore, Giuliano Giubilei vicedirettore del Tg3 che arriva a gridare "siete fascisti", e poi dello stesso Fassino che definisce i contestatori "squadristi": "A chi urla ricordo che abbiamo letto che qualcuno ha pensato di organizzare una contestazione a Fini e li abbiamo definiti squadristi! Il vostro è lo stesso metodo".
In realtà, i metodi squadristi li usano la polizia e il "servizio d'ordine" che spingono e menano i contestatori a suon di manganelli. Fra loro c'è la stessa base del PD, del "popolo viola", del "movimento delle agende rosse", del "movimento 5 stelle" di Grillo.
Vogliono impedire a Schifani di parlare perché gli contestano di non aver ancora risposto in modo soddisfacente alle accuse di collusione con la mafia mosse dal "pentito" Spatuzza. Costui l'ottobre scorso avrebbe definito Schifani come il tramite tra Marcello Dell'Utri e i fratelli Graviano, Filippo e Giuseppe, boss di spicco di "cosa nostra", ora entrambi in carcere. Spatuzza avrebbe inoltre raccontato ai magistrati fiorentini di vecchi rapporti del presidente del Senato con costruttori palermitani legati al capocosca Stefano Bontate. Accuse già gravi per un qualsiasi esponente politico, ma che diventano intollerabili per chi occupa addirittura la seconda carica dello Stato.
Eppure ciò non ha impedito al gruppo dirigente del PD di confermare, per il secondo anno consecutivo, l'invito a Schifani. Al quale non deve esser parso il vero: "sono onorato di partecipare a questo dibattito e non saranno questi fischi che mi impediranno di parlare". Ma il dibattito, che doveva durare almeno un'ora, dopo cinquanta minuti viene chiuso in fretta e furia e Schifani viene portato via dalla scorta attraverso una sala e una piazza blindate dalla polizia.
Incredibilmente, tutto il gruppo dirigente del PD si precipita a solidarizzare con Schifani e ad attaccare in maniera furibonda i contestatori.
Fassino ribadisce la sua accusa di "squadristi", anche se poi la nega su "l'Unità" dei giorni successivi. Bersani telefona al boss di Palazzo Madama per esprimere il proprio "rammarico" per la "gazzarra indecente che ha disturbato il dibattito" e condanna "la prepotenza e la prevaricazione", aggiungendo che "le nostre feste sono luoghi aperti di discussione politica. Qualcuno si levi dalla testa di poterci intimorire".
Anche l'ambizioso gerarca e fascista ripulito Gianfranco Fini esprime a nome di "tutta la camera" la solidarietà a Schifani e sottolinea "con preoccupazione il fatto che con questi episodi si supera di tanto la dialettica e il reciproco confronto".
Ancor più vergognosa la nota diffusa dal Quirinale che va ben al di là di una formale solidarietà fra alte cariche dello Stato. Napolitano - che guarda caso Schifani definisce "un grande statista" - bolla infatti la contestazione come "intimidatorie gazzarre": "Il tentativo di impedire con intimidatorie gazzarre il libero svolgimento di manifestazioni e discorsi politici - scrive - è un segno dell'allarmante degenerazione che caratterizza i comportamenti di gruppi sia pur minoritari incapaci di rispettare il principio del libero e democratico confronto e di riconoscere nel Parlamento e nella stessa magistratura le istituzioni cui è affidata nel sistema democratico ogni chiarificazione e ricerca di verità". "Perciò - prosegue - deploro vivamente l'episodio verificatosi a Torino ai danni del presidente del Senato e ogni forma di contestazione aggressiva sia verso figure di particolare responsabilità istituzionale sia verso qualsiasi esponente politico nell'esercizio della sua inconfutabile libertà di parola e di opinione". In sostanza, non solo Napolitano difende a spada tratta Schifani, ma nega la libertà di espressione e legittima di fatto la repressione di ogni forma di contestazione da parte delle masse verso gli esponenti politici borghesi. Anche così il nuovo Vittorio Emanuele III collabora alla nuova dittatura mussoliniana in atto nel Paese.

8 settembre 2010