In difesa dell'art.18 e contro il governo
1 milione di lavoratori in 100 piazze con la Cgil
Tanti pensionati e migranti. Gli studenti a fianco dei lavoratori. Sacconi e Bonanni attaccano lo sciopero
Il PMLI presente a Padova, Milano, Firenze, Napoli, Torino, Catania, Varese, Forlì, Prato

Lo sciopero generale di 4 ore indetto dalla Cgil per il 12 marzo ha ottenuto un importante e innegabile successo in termini di partecipazione su tutto il territorio nazionale: le lavoratrici e i lavoratori in massa hanno incrociato le braccia e interrotto il lavoro e sempre in massa hanno partecipato alle manifestazioni, aperte in molti casi dagli striscioni degli operai delle fabbriche in crisi: si parla di 1 milione tra lavoratori, pensionati, studenti, migranti di ambo i sessi che hanno riempito 100 piazze del Nord, del Centro e del Sud del Paese. Un successo che ha avuto la meglio sul ferreo black-out attuato dai mass media di regime. Altro che fallimento di cui hanno cianciato i menzogneri e arroganti ministri berlusconiani. Sacconi e Brunetta in testa e i crumiri della Cisl capeggiati da Bonanni.
I dati di partecipazione ai cortei cittadini raccontano di una grande e combattiva mobilitazione antigovernativa. Ne citiamo alcuni. A Padova, dove ha parlato il segretario generale, Guglielmo Epifani, si sono ritrovati in 40 mila. Anche a Firenze 40 mila lavoratori della varie categorie dell'industria, del pubblico impiego, del commercio e dell'agricoltura sono sfilati per le vie del centro storico. Lo stesso, a Roma, 40 mila manifestanti hanno dato vita a due cortei. Il comizio si è svolto in viale Mazzini, per protestare davanti alla Rai contro il colpevole silenzio sulle vertenze dei lavoratori. Possente la mobilitazione a Milano (30 mila) e in tutta la Lombardia e a Torino e Piemonte. A Genova hanno sfilato due cortei con 15 mila manifestanti. A Napoli in 30 mila si sono ritrovati in una lunghissima manifestazione. In Emilia-Romagna, 60 mila nelle manifestazioni territoriali, 15 mila a quella di Bologna. Forti le adesioni nel Mezzogiorno: 3 mila a Potenza e Matera; migliaia a Lecce; 2.500 a Palermo; significativa la partecipazione di lavoratori e studenti all'appuntamento di lotta a Cagliari.
Un contributo molto importante al successo di questa giornata di lotta lo hanno dato gli studenti che si sono mobilitati a fianco dei lavoratori contro la politica del governo e, nello specifico, contro le "riforme" neoliberiste del ministro Gelmini della scuola e dell'università. Secondo le stime di Rete degli studenti Medi, Unione degli Studenti, Link coordinamento universitario e Unione degli universitari, in 200mila hanno aderito allo sciopero generale (indetto per la scuola anche dai sindacati non confederali).
La Cgil ha chiamato i lavoratori allo sciopero sulla base della seguente piattaforma. Anzitutto il tema della crisi con i suoi effetti devastanti sull'occupazione (307 mila posti di lavori persi in un anno, 95 milioni di ore di cassa integrazione nel mese di febbraio, un aumento del 123% rispetto al 2009). A questo proposito la Cgil chiede a governo e Confindustria di fermare i licenziamenti, garantire la prosecuzione della Cig in deroga, raddoppiare la durata dell'indennità della disoccupazione e aumentare i massimali, prevedere la formazione nei periodi di Cig e incentivi per le assunzioni stabili di lavoratori disoccupati o in mobilità.
L'altro tema sollevato è il Fisco. La Cgil chiede un bonus di 500 euro da distribuire entro il 2010 a lavoratori e pensionati sotto i 55 mila euro annui. Inoltre: rilanciare la lotta all'evasione e all'elusione fiscali, tassare le rendite finanziarie, i grandi patrimoni e le stock option, abbassare la prima aliquota Irpef al 20%, dare risposte agli incapienti e unificare le detrazioni per i carichi familiari. Sui migranti, infine, le richieste sono: regolarizzare i migranti che lavorano, sospendere la Bossi-Fini per i migranti in cerca di rioccupazione, abolire il reato di clandestinità e riconoscere la cittadinanza alla nascita nel nostro Paese, equiparare il reato di caporalato a quello di tratta di esseri umani.
Ma c'è un altro argomento che alla vigilia dello sciopero ha acquisito un'importanza primaria ed è divenuto uno dei motivi principali della protesta sindacale. Si tratta del disegno di legge n.1167-B approvato definitivamente in Senato il 5 marzo scorso che, con l'arbitrato, aggira l'art.18 dello "Statuto dei lavoratori" e rende più facili i licenziamenti, che determina una vera controriforma che mina radicalmente i diritti dei lavoro e precarizza ulteriormente i rapporti di lavoro. "Quella dell'arbitrato - ha detto il segretario Cgil Fulvio Fammoni, nel comizio di Napoli - è un atto incostituzionale, è una norma che deve cadere".
"Questa - ha aggiunto - non è per nulla la nostra ultima iniziativa, è anzi soltanto una tappa. Perché non ci fermeremo". Qualche giorno fa la Cgil si era rifiutata di firmare un avviso comune, proprio sull'utilizzo dell'arbitrato, sottoscritto invece da governo, Confindustria e sindacati complici Cisl, Uil e Ugl.
Schiumante di rabbia, il ministro del welfare, l'ex craxiano e attuale berlusconiano Maurizio Sacconi, ha attaccato lo sciopero della Cgil, cercando di screditarlo e vaneggiando circa un suo presunto flop. "Lo sciopero promosso dalla Cgil - ha detto - si svolge per la prima volta alla vigilia di un'elezione generale nel Paese a conferma della sua motivazione squisitamente politica". Il che non è vero, ma se anche fosse? "La linea politica della Cgil - ha aggiunto - spiega la bassa adesione allo sciopero e il suo isolamento da tutte le altre organizzazioni... e degli imprenditori". Se un milione di lavoratori in piazza gli sembrano pochi. Al ministro non va giù che la Cgil non abbia accettato le sue controriforme sul modello contrattuale e sul diritto del lavoro tutto piegato sugli interessi dei padroni, e che si permetta addirittura di scioperare. Al governo del neoduce Berlusconi piacciono sindacalisti (proni) alla Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl, il quale ha attaccato lo sciopero della Cgil con parole analoghe, quasi fotocopiate da Sacconi: "Si è trattato - ha affermato di uno sciopero politico... Nella storia della Repubblica non si è mai fatto uno sciopero in campagna elettorale. È una vergogna" ha concluso il filogovernativo e filopadronale sindacalista cislino.
Pur considerandolo limitato nelle modalità e nelle richieste, il PMLI ha appoggiato lo sciopero della Cgil. Dov'è stato possibile è sceso in piazza per sostenere la lotta dei lavoratori. Ad esempio era presente a Padova, Milano, Firenze, Napoli, Torino, Catania, Varese, Forlì, Prato con proprie delegazioni di militanti e simpatizzanti che hanno animato in modo combattivo i cortei e portato in piazza un manifesto con le seguenti parole d'ordine: L'art. 18 non si tocca. No a licenziamenti e chiusura aziende. Meno tasse ai lavoratori e pensionati a basso reddito. Più lavoro e salari. Uguale diritti tra italiani e migranti. Sviluppo per il Mezzogiorno. No alla Bossi-Fini e al reato di clandestinità (vedi i servizi dei corrispondenti locali).

17 marzo 2010