Successo dello sciopero generale indetto dalla Cgil
Un milione di lavoratori in piazza contro la manovra economica del governo
100 mila a Bologna, 70 mila a Milano e Napoli, oltre 40 mila a Roma, 25 mila a Palermo, 20 mila a L'Aquila. Gli operai Fiat Pomigliano, applauditissimi, in testa al corteo napoletano. Rilevante la partecipazione degli studenti. Il PMLI accolto con calore a Napoli, Milano, Padova, Bologna, Pesaro, Roma, Rieti, Lecce e Palermo. Il ministro del lavoro si augura che sia stato "l'ultimo sciopero del Novecento"
Ora si vada allo sciopero generale di otto ore con manifestazione nazionale a Roma per abbattere il nuovo Mussolini

Lo sciopero generale di 4 ore per i settori privati, i metalmeccanici che hanno incrociato le braccia tutto il giorno, e di otto ore per i settori pubblici, svoltosi il 25 giugno in tutto il territorio nazionale (salvo le regioni Piemonte, Liguria e Toscana dove si svolgerà il 2 luglio prossimo) ha registrato adesioni molto alte, la partecipazione alle manifestazioni nelle principali città del Paese è andata al di là delle più rosee aspettative: è questo il bilancio che ne ha tratto il vertice della Cgil, promotrice della giornata di lotta. I dati resi noti parlano di una media del 70% di adesione allo sciopero e di un milione di lavoratrici e lavoratori, di pensionati, precari, disoccupati e studenti in piazza contro la manovra economica del governo, ovvero la stangata di 25 miliardi di euro di Tremonti e il collegato sul lavoro che aggira l'art.18 dello Statuto dei lavoratori e rende facili i licenziamenti, attualmente in discussione in parlamento, ma anche contro la legge bavaglio fascista piduista e mafiosa sulle intercettazioni e l'accordo separato imposto da Marchionne ai lavoratori della Fiat di Pomigliano d'Arco.
Imponente la manifestazione di Bologna: 100 mila i partecipanti. Mentre nei cortei di Milano e Napoli erano in 70/80 mila. Oltre 40 mila i manifestanti a Roma, 25 mila a Palermo e 20 mila a L'Aquila. Ancora, 10 mila a Trieste, a Cagliari e Bari, 5 mila a La Spezia. Importante inoltre la partecipazione alle manifestazioni dei lavoratori che su tutto il territorio nazionale si sono svolte a carattere provinciale: nel solo Veneto la Cgil ha portato nelle diverse piazze 80 mila lavoratori; in Calabria si sono registrate oltre 10 mila presenze alle diverse manifestazioni che si sono tenute nelle province e nel territorio della regione con una presenza importante a Cosenza e Reggio Calabria. Rilevante anche la partecipazione degli studenti (Udu, Link, Rete e Uds) alle manifestazioni della Cgil. In migliaia hanno partecipato ai cortei nonostante il periodo di chiusura delle scuole per protestare contro gli effetti della manovra sulla scuola e l'Università pubblica e in opposizione alle controriforme della ministra Gelmini. Il PMLI è stato accolto con calore a Napoli, Milano, Padova, Bologna, Pesaro, Roma, Rieti, Lecce e Palermo.
Al centro della protesta, la manovra economica del governo "ingiusta e iniqua" perché, sintetizza la Cgil: blocca i contratti pubblici, anche quelli già rinnovati, e gli scatti di anzianità nelle scuole; taglia i trasferimenti alle Regioni e ai Comuni: meno risorse per lo sviluppo, meno prestazioni e servizi sociali, più costi per anziani, pensionati e fasce deboli; ferma per un anno la pensione per tutti i lavoratori e le lavoratrici e riduce la salvaguardia per coloro che sono in mobilità; chiude il 40% degli enti di ricerca; congela il turn-over e licenzia la metà dei precari in tutta la pubblica amministrazione; blocca la contrattazione di II livello e decide per il 2012 il pensionamento a 65 anni delle lavoratrici pubbliche. Queste le proposte in sintesi della Cgil: avviare la "riforma fiscale, abbassando la tassazione sui redditi da lavoro dipendente e sulle pensioni; tassare rendite e grandi patrimoni; una nuova politica industriale, del terziario e dei servizi; un piano per il lavoro a favore dei giovani e delle donne "incentivando le assunzioni a tempo indeterminato e cancellando le tante precarietà presenti nei settori pubblici e privati"; "riformare" il settore della conoscenza; rendere flessibile il patto di stabilità "per i Comuni virtuosi".
Ma lo sciopero si è anche caratterizzato nettamente contro l'accordo separato, inaccettabile al cento per cento, imposto ai lavoratori di Pomigliano dal vertice Fiat, con la complicità dei sindacati di regime Cisl, Uil, Fismic e Ugl. Rilevante il contributo dei metalmeccanici alla giornata di lotta, che hanno scioperato per 8 ore e portato nei cortei la parola d'ordine: "Senza diritti siamo solo schiavi". In testa al corteo che ha sfilato a Napoli c'era una folta delegazione dei lavoratori della Fiat di Pomigliano, applauditissima. "In dieci anni - ha detto il segretario della Fiom, Maurizio Landini, nel suo comizio a L'Aquila - non ci hanno mai fatto fare il referendum sugli accordi separati". Ma appena Marchionne ha preteso il plebiscito sul suo piano "gli altri sindacati hanno indetto un referendum che noi abbiamo giudicato illegittimo". "Le lavoratrici e i lavoratori di Pomigliano - ha proseguito - hanno manifestato forza e coraggio non piegando la testa. E questo dimostra che nel mondo del lavoro c'è la volontà di cambiare la situazione".
Estendendo questo concetto, la vasta partecipazione allo sciopero e alle manifestazioni del 25 giugno dimostra che la forza ci sarebbe, c'è, per resistere e contrattaccare alla politica del governo e della Confindustria. E se da un lato va riconosciuto alla Cgil il merito di avere promosso la mobilitazione, differentemente dai sindacati crumiri, filogovernativi e filopadronali di Bonanni e Angeletti, dall'altro va detto chiaramente che questa mobilitazione, sia nei tempi che nelle modalità e nei contenuti, non è all'altezza dello scontro in atto. Non bisogna dare ragione, in alcun modo, al ministro del lavoro, Sacconi, che si è augurato che sia stato "l'ultimo sciopero del Novecento".
Protestare "quando sono scappati i buoi", recita un vecchio detto popolare, serve a poco, non ottiene alcun risultato. Scioperare, oltretutto in modo non omogeneo (4 ore i settori privati, 8 quelli pubblici, alcune regioni il 25 giugno altre il 2 luglio), e a oltre un mese dall'approvazione della manovra da parte del consiglio dei ministri, non può che demotivare la combattività dei lavoratori. Lo stesso va detto per la posizione assunta da Epifani e dalla sua sostituta in pectore la riformista Camusso, sul referendum padronale tenutosi alla Fiat di Pomigliano. L'ex socialista ora del PD, al comizio di Bologna, su questo ha detto: "Vorremmo che il governo non fosse stato zitto di fronte ai tre piani della Fiat che noi abbiamo contrastato sino a quando la Fiat non ha fatto un piano che prevedeva la crescita della produzione nel nostro paese", lasciando intendere ancora una volta che la Cgil era per il sì al referendum ma senza dirlo apertamente per evitare di beccarsi una sonora e meritata contestazione.
Anche la parola d'ordine "Tutto sulle nostre spalle? No", è ambigua e sbagliata. Come a dire, scaricare la crisi tutta sui lavoratori no, ma una parte sì! Che è poi la stessa posizione del PD di Bersani che ha avanzato una sua proposta di manovra economica di 24 miliardi di euro. La differenza con la risposta che fu data, sempre dalla Cgil, nel 2002, allorché portò in piazza 3 milioni di manifestanti contro l'attacco governativo all'art.18, è abissale. Oggi questo attacco, contenuto nella manovra, nella legge sull'arbitrato, sul piano Marchionne, sulla legge bavaglio, sulla prossima legge sull'art.41 della Costituzione, è moltiplicato per 10, mentre la reazione è debole, dilazionata, non chiara né corretta negli obiettivi. Ora si vada allo sciopero generale di 8 ore per tutti con manifestazione nazionale a Roma. Si portino milioni di manifestanti sotto Palazzo Chigi per liberarsi del nuovo Mussolini e del suo governo neofascista, piduista, antioperaio, razzista e mafioso.
Ci vuole un nuovo 25 Aprile!

30 giugno 2010