Discorso di Giovanni Scuderi a Palermo
ABBANDONATE LE ILLUSIONI ELETTORALI, PARLAMENTARI E GOVERNATIVE LOTTATE PER L'ITALIA UNITA, ROSSA E SOCIALISTA
Care compagne e cari compagni, care amiche e cari amici,
buongiorno e benvenuti a questo dibattito elettorale organizzato dai valorosi compagni della Cellula "1° Maggio-Portella 1947" diretti dall'esemplare e storica compagna Giovanna Vitrano. Tutto il Partito guarda con ammirazione ai primi pionieri marxisti-leninisti palermitani i quali si battono con grande coraggio e spirito di sacrificio per difendere gli interessi e i diritti dei lavoratori, dei disoccupati, delle masse popolari e degli studenti, dando un luminoso esempio nella lotta per evitare la chiusura della Fiat di Termini Imerese e in quella contro la crisi idrica di Palermo e della Sicilia. Questi compagni costituiscono attualmente la punta più avanzata del PMLI in Sicilia e un punto di riferimento per gli altri compagni di Messina, Belpasso, Acireale e Favara.
Ringrazio la Cellula che mi ha dato la possibilità di incontrarvi e di conoscere i vostri problemi e le vostre posizioni e aspirazioni politiche. Speriamo che ciascuno di voi possa trovare nel dibattito delle risposte convincenti alle proprie domande. In ogni caso, se non dovessimo trovarci d'accordo sul piano elettorale, continuiamo a lavorare assieme per risolvere i problemi che affliggono le masse occupate e disoccupate, femminili e giovanili di Palermo, della Sicilia e di tutta Italia. La divisione elettorale non deve assolutamente portare a una divisione nella lotta contro i padroni, i governi nazionale e locali e le ingiustizie sociali. Già il penetrante discorso introduttivo della compagna Vitrano ci ha fornito degli importanti spunti di discussione.
Sono molto contento di essere ritornato politicamente, dopo 27 anni, nella nostra amata Sicilia, di cui mi onoro di essere figlio. Ricordo ancora il mio viaggio a Vittoria e Acireale, nel dicembre del 1976, per lanciare un appello per la fondazione del PMLI che fu raccolto da diversi giovani rivoluzionari di quella zona, anche se non ressero a lungo alle dure prove della lotta di classe, della repressione poliziesca e delle aggressioni e delle provocazioni dei fascisti e dei revisionisti.
Il nostro Partito apprezza molto il popolo siciliano, carico di storia e artefice di epiche battaglie contro lo sfruttamento e l'oppressione e contro il dominio degli invasori stranieri. Esso, con gli eroici moti contadini e popolari dei Fasci siciliani del 1893 ha dato un importante contributo alla nascita del movimento per il socialismo in Italia.
"In tutta la storia dell'umanità - rileva Marx nel 1860 - nessun paese e nessun popolo hanno sofferto così terribilmente per schiavitù, le conquiste e l'oppressione straniera, nessun paese e nessun popolo hanno lottato così strenuamente per la loro emancipazione quanto la Sicilia e i siciliani. Quasi dai giorni in cui Polifemo passeggiava nei dintorni dell'Etna e Cerere insegnava ai siculi come si coltiva il grano, fino ai giorni nostri la Sicilia è stata teatro di invasioni e di guerre continue e di resistenza incrollabile. I siciliani sono un miscuglio di quasi tutte le razze del sud e del nord; prima degli aborigeni sicani con fenici, cartaginesi, greci e schiavi di tutte le parti del mondo, importati nell'isola sia dal traffico sia dalle guerre: e poi di arabi, normanni, italiani. I siciliani nel corso di tutte queste trasformazioni e modificazioni hanno lottato, e lottano ancora, per la loro libertà...
Le prime luci avevano appena cominciato a diffondersi nelle tenebre medioevali,
- continua Marx - e già i siciliani con la forza delle armi si erano conquistati non solo le numerose libertà municipali, ma anche dei rudimenti di un governo costituzionale, quale allora non esisteva in nessun altro paese. Prima di qualsiasi altra nazione europea i siciliani fissarono mediante una votazione il reddito dei loro governi e dei loro sovrani. In tal modo il suolo siciliano è sempre stato fatale agli oppressori e agli invasori, e i Vespri siciliani sono stati immortalati dalla storia" ("La Sicilia e i siciliani", 17 maggio 1860, in Marx Engels "Sul Risorgimento italiano", Editori Riuniti).
Per tutta la sua gloriosa storia, inclusa quella contemporanea, il popolo siciliano ha quindi nel sangue l'amore per la libertà, la democrazia e l'emancipazione sociale. Valori che dovete, dobbiamo mantenere e trasmettere alle nuove generazioni. Valori che si possono concretizzare e realizzare solo unendosi al Partito che li incarna e li fa vivere nella lotta di classe.

L'ASTENSIONISMO
Il PMLI è nato proprio per questo: emancipare il proletariato e l'intero popolo italiano spazzando via tutto ciò che lo impedisce. Come dice l'Inno dell'Internazionale,
Un gran stendardo al sol fiammante
dinanzi a noi glorioso va,
noi vogliamo per esso siano infrante
le catene alla libertà.
Che giustizia alfin venga, vogliamo:
non più servi, non più signor;
fratelli tutti esser dobbiamo
nella famiglia del lavoro.
Su, lottiamo! L'ideale
nostro fine sarà
L'Internazionale futura umanità.

Ciò significa, se vogliamo far seguire alle parole i fatti, quando i tempi sono maturi e il proletariato e le masse popolari saranno pronti alla grande battaglia storica, fare la rivoluzione socialista, abbattere la dittatura della borghesia, instaurare la dittatura del proletariato, abolire il capitalismo, distruggere lo Stato borghese e le sue istituzioni, costruire il socialismo. Senza di che è assolutamente impossibile realizzare la libertà, la democrazia, il benessere per i lavoratori, l'emancipazione sociale, la piena uguaglianza dei sessi, la parità economica e sociale delle varie regioni del Paese, l'abolizione delle classi, la totale indipendenza e sovranità dell'Italia. L'abc del comunismo buttato nel fango dai rinnegati revisionisti e dai falsi comunisti, ma che è vivo e operante nel PMLI.
Noi regoliamo tutte le nostre azioni in funzione della strategia del socialismo. Anche il nostro atteggiamento elettorale. Nel passato era necessario e vantaggioso utilizzare tatticamente pure il parlamento e le altre istituzioni rappresentative borghesi per convincere le masse più lontane dalle posizioni comuniste a non nutrire alcuna fiducia nello Stato dei capitalisti, a distaccarsi dalle sue istituzioni e combatterle per conquistare il socialismo. Ma coloro che allora avevano l'egemonia del proletariato e dei lavoratori, il PCI e il PSI, due partiti borghesi, revisionisti e riformisti mascherati di rosso e con la falce e martello, anziché fare questo lavoro di educazione rivoluzionaria anticapitalista e antistituzionale, incrementavano le illusioni elettorali con l'inganno che si poteva arrivare al socialismo per via pacifica e parlamentare, raggiungendo la maggioranza elettorale e conquistando i governi nazionale e locali. Ciò nonostante, a partire dal Sessantotto, le masse spontaneamente si sono orientate verso l'astensionismo (non votanti, voti nulli e bianchi). Prima a centinaia di migliaia, poi a milioni, fino a raggiungere nelle elezioni politiche del 2001 il tetto di 12.167.764 pari al 24,7% dell'elettorato. Il primo "partito" a livello nazionale e in 12 regioni, compresa la Sicilia, su 20, e in migliaia di province e comuni. In Sicilia, nelle ultime elezioni regionali del 24 giugno 2001, l'astensionismo ha raggiunto il 40,4% pari a 1.803.084 elettori. In tale tornata elettorale l'astensionismo nella provincia di Palermo si è attestato al 38,3%.
Evidentemente questa enorme fetta dell'elettorato non si riconosce più in questi partiti parlamentari, nelle istituzioni e nei governi borghesi. Si è quindi aperto per noi un nuovo problema. Quello di appoggiare e incoraggiare l'astensionismo e di qualificarlo politicamente dandogli un carattere anticapitalistico e rivoluzionario. E questo lo possiamo fare solo se anche noi pratichiamo l'astensionismo e lo propagandiamo sulla base di una chiara linea di classe.
Al contempo abbiamo anche un altro problema. Quello di convincere coloro che continuano a votare i falsi partiti comunisti e i rinnegati del comunismo che col parlamentarismo e con i governi borghesi comunque composti, denominati e colorati non è possibile spostare l'asse della politica nazionale, locale e regionale a favore dei lavoratori e delle masse popolari. La pratica dei governi di "centro-sinistra" e quello di Prodi che aveva nella maggioranza anche Rifondazione, lo prova ampiamente.
L'esperienza parlamentare da parte del proletariato andava fatta, ed è stata già fatta. Il risultato è negativo su tutta la linea. Chi ci ha guadagnato è solo la borghesia che ha potuto rafforzare il suo potere confidando nel rispetto delle regole elettorali, parlamentari, governative e istituzionali da parte dei partiti che fin qui hanno rappresentato il proletariato nel suo Stato. è inutile, controproducente e deleterio perciò continuare a spendere delle energie nel parlamentarismo e nelle istituzioni rappresentative borghesi. D'altra parte le vigenti leggi elettorali maggioritarie e presidenzialiste hanno chiuso ogni spazio elettorale al partito del proletariato e del socialismo. Ormai o ci si allea con i partiti borghesi e in posizione subordinata ad essi o si gira a vuoto facendo l'opposizione di sua maestà. In tutti e due i casi coprendo a sinistra la classe dominante borghese.
Perdurando il capitalismo, ammesso per pura ipotesi di ottenere i voti necessari, noi non andremo mai al governo, né a quello nazionale né a quelli locali e regionali. Non potremmo infatti essere proprio noi a curare gli affari della borghesia e del capitalismo. Un motivo in più per stare fuori dalle istituzioni rappresentative borghesi e astenersi.
Ci sono mille motivi per astenersi. C'è chi lo fa perché ha subito un'ingiustizia, oppure perché non ha lavoro o la casa, oppure perché è sdegnato per la corruzione e l'immoralità dei governanti e degli amministratori pubblici, oppure per svariate altre ragioni personali, sociali e politiche.
Tra gli astenuti ci sono anche tanti che in tal modo intendono punire l'Ulivo, i DS e finanche il PRC e il PdCI. Li vorrebbero più a sinistra, più combattivi, più antiberlusconiani, più schierati con i lavoratori, i disoccupati, i precari, i pensionati, i giovani.
Noi marxisti-leninisti siamo astensionisti perché siamo anticapitalisti e antimperialisti e fautori del socialismo, perché vogliamo indebolire, disgregare e distruggere le istituzioni rappresentative borghesi in camicia nera e il regime neofascista, presidenzialista e federalista che infetta l'Italia, perché vogliamo creare nel proletariato, nelle masse e nelle nuove generazioni una mentalità, una coscienza e una pratica sociale rivoluzionarie affinché un giorno si possa rovesciare cielo e terra e il nostro amato popolo possa godere per intero le ricchezze che producono gli operai e i lavoratori.
Per questo chiediamo alle elettrici e agli elettori di sinistra di non dare il voto ai rinnegati del comunismo e ai falsi comunisti che hanno decomunistizzato e deideologizzato il proletariato e le masse e hanno inculcato loro una cultura borghese, riformista, pacifista, parlamentarista e legalitaria. A essi chiediamo un voto contro il "centro-destra" e il "centro-sinistra", e per il PMLI e per l'Italia unita, rossa e socialista. Questo voto è l'astensionismo (non votare, votare nullo o bianco). Ciascuno scelga la forma di astensionismo che ritiene tatticamente più opportuna al suo caso.
E' assurdo votare il "meno peggio" quando si può scegliere il meglio, ossia il PMLI. Per noi marxisti-leninisti il problema non è tanto quello di non far rivincere Berlusconi quanto di far vincere il PMLI, il partito del proletariato, della riscossa e del socialismo. L'alternativa vera, reale, non è infatti quella tra la destra e la "sinistra" borghese, entrambe fautrici del capitalismo, ma tra il capitalismo e il socialismo. E la vittoria del socialismo si può realizzare solo rafforzando e sviluppando in tutta Italia il PMLI e appoggiandolo anche elettoralmente con l'astensionismo.

COMITATI POPOLARI
L'astensionismo marxista-leninista serve anche per tracciare una netta linea di demarcazione tra il proletariato e la borghesia, tra i fautori del socialismo e i fautori del capitalismo, tra sinistra e destra. Ma non può bastare il solo atto del voto astensionista. Occorre che questa linea di demarcazione sia permanente e stabile e organizzativamente visibile e operante.
Per questo noi proponiamo alle masse anticapitaliste, astensioniste e fautrici del socialismo, comprese le ragazze e i ragazzi fin dai 14 anni che hanno questo stesso orientamento politico ed elettorale, qualunque sia il partito di appartenenza, di creare nel quartiere, frazione di comune o zona rurale in cui risiedono le proprie istituzioni rappresentative costituite dalle Assemblee popolari e dai Comitati popolari.
Le prime sono le organizzazioni generali delle suddette forze, i secondi sono i loro governi i cui membri devono essere eletti con voto palese e con mandato revocabile in qualsiasi momento. Essi devono essere composti da un numero paritario di donne e uomini, eleggibili fin dall'età di 16 anni, indipendentemente dalla razza, dalla confessione religiosa o dal loro ateismo e dall'orientamento sessuale.
Le Assemblee popolari, alle quali spetta l'ultima parola in caso di contraddizione con i Comitati popolari, e questi ultimi devono essere organizzati e regolati sulla base della democrazia diretta.
Seguendo la procedura della democrazia diretta, i Comitati di quartiere, frazione di comune o zona rurale eleggono i Comitati popolari cittadini, questi eleggono i Comitati popolari provinciali, questi ultimi quelli regionali che a loro volta eleggono il governo centrale delle masse anticapitaliste, astensioniste e fautrici del socialismo.
Le istituzioni rappresentative delle masse devono contrastare le istituzioni rappresentative della borghesia proponendo delle alternative ai bilanci, ai programmi e alle misure dei corrispettivi governi borghesi che tengano unicamente presente gli interessi, le necessità e i bisogni del popolo.
Non è per niente vero che siamo tutti quanti nella stessa barca, e che è necessario remare concordamente verso la stessa meta. Il proletariato e la borghesia stanno in due barche diverse e remano verso mete opposte. Non è nemmeno vero che occorre avere una "memoria condivisa" e dei "valori condivisi". Le due classi antagoniste - il proletariato e la borghesia - hanno storie diverse, anche se intrecciate tra di loro, e valori contrapposti. Ciò che va bene all'uno non va bene all'altra, poiché il proletariato è una classe sfruttata e oppressa e la borghesia è una classe che sfrutta e opprime proprio il proletariato. Tra le due classi si possono avere dei compromessi tattici ma mai un accordo strategico.
Non ci può essere conciliazione tra queste due classi, e tra le masse anticapitaliste e i governi che esprime la borghesia. Così come non ci può essere "riconciliazione" tra gli antifascisti e i fascisti. Il verdetto del 25 Aprile è inappellabile. I fascisti non hanno il diritto di esistere politicamente. La Resistenza, la Costituzione e la coscienza del popolo li hanno messi al bando.

I REFERENDUM DEL 15 GIUGNO
La nostra tattica astensionista vale per le elezioni non per i referendum. In questi casi, volta a volta, stabiliamo l'atteggiamento da assumere. In genere scegliamo per il SI' o per il NO trattandosi di scelte concrete e specifiche. Raramente usiamo l'astensionismo.
Per i due referendum del 15 giugno la nostra scelta è chiara e risoluta: SI' per l'estensione dell'art. 18, SI' per l'abrogazione della servitù di elettrodotto e contro l'elettrosmog. Quest'ultimo SI' è necessario per proteggere la salute e la sicurezza della popolazione.
Noi siamo contro i licenziamenti in generale, e quindi non possiamo che essere d'accordo con l'art. 18 dello "Statuto dei lavoratori", che prevede il diritto da parte dei lavoratori di aziende con più di 15 dipendenti di essere reintegrati nel proprio posto di lavoro in caso di licenziamento senza giusta causa o giustificato motivo, sia esteso anche ai lavoratori delle aziende con meno di 16 dipendenti.
Su questo referendum i DS e Cofferati hanno speso un fiume di parole per dire che è "inutile", "negativo", "controproducente" allo scopo di giustificare il loro astensionismo che oggettivamente fa il gioco del governo, della Confindustria e dei padroni. Vergognoso e riprovevole è l'astensionismo di Cofferati che ha tradito clamorosamente i lavoratori che lui stesso aveva chiamato nelle piazze per difendere l'art. 18.

LE ELEZIONI DEL 25 MAGGIO
Nelle elezioni amministrative parziali del 25 maggio i partiti della destra e della "sinistra" borghese si batteranno per la conquista dei governi di dodici province e di 508 comuni, dieci dei quali capoluoghi di provincia.
Nessuno di questi partiti, a parte un oscuro e fuorviante gruppo romano accusato di terrorismo, si propone di abolire il capitalismo. L'uno dall'altro si distinguono unicamente per la quantità di liberismo presente nel proprio programma.
Non ce n'è uno solo che metta al primo posto il lavoro, la casa, la sanità, la scuola pubblica e i servizi sociali, e che si proponga di svolgere una politica contro le privatizzazioni, ripubblicizzando tutto ciò che è già stato privatizzato e impegnandosi a non privatizzare sotto alcuna forma nient'altro, a cominciare dall'acqua.
Nessuno, salvo rarissime eccezioni, che abbia come candidato a sindaco o presidente di provincia un operaio, un bracciante, un contadino povero. I candidati a tali cariche sono quasi tutti medio-alto borghesi (professionisti e imprenditori). I rari operai presenti nelle liste non vengono eletti, quando lo sono ben difficilmente ricevono l'incarico di assessore. Sono semplicemente dei fiori all'occhiello della borghesia per attirare i voti dei lavoratori.
La coalizione di Berlusconi si estende in tanti casi fino ai gruppi ufficialmente fascisti e nazisti. La coalizione dell'Ulivo comprende Rifondazione trotzkista, che a sua volta ha inglobato gran parte dei "disobbedienti", e l'Italia dei valori del reazionario anticomunista Antonio Di Pietro. In pochi comuni, come Brescia, Pisa, Massa e Viareggio, Rifondazione non sta in questa coalizione, ma è pronta a votarla al secondo turno.
A Messina non le fa schifo votare il candidato a sindaco Antonio Saitta, docente universitario anticomunista di origine liberale. Dovunque Rifondazione vota candidati a sindaco o a presidente della provincia degli altri partiti della coalizione. Solo a Messina ha un candidato a presidente della provincia nella persona di Federico Martino, che è un docente universitario di diritto italiano.
Il partito dell'imbroglione trotzkista Bertinotti per imbrigliare nelle istituzioni rappresentative borghesi i giovani dei "centri sociali", noglobal, "disobbedienti", che chiedono più democrazia, agita il vessillo riformista del "bilancio partecipato" e del "nuovo municipio". Misure istituzionali che nella sostanza non cambiano la linea e i contenuti dei bilanci comunali, provinciali e regionali e non danno alle masse dei poteri reali nella direzione delle amministrazioni pubbliche.
In Sicilia si vota in 8 province su 9 (eccettuata Ragusa), 146 comuni e 33 circoscrizioni. Nella provincia di Palermo si disputano il governo la casa del fascio guidata da Francesco Musotto e l'Ulivo, che ha inglobato Rifondazione, guidato da Luigi Cocilovo. Entrambi questi politicanti borghesi non sono degli "stinchi di santo". Musotto, presidente uscente della provincia, nel passato recente è stato arrestato per mafia con l'accusa di aver ospitato nella villa di famiglia al mare alcuni boss latitanti tra cui Bagarella. è stato poi assolto "per insufficienza di prove". Ma la macchia rimane.
Cocilovo, ex DC, ex segretario confederale della Cisl, ex braccio destro di D'Antoni, eurodeputato del PPI ed esponente della Margherita, secondo una sentenza della magistratura si vendeva gli scioperi, anche se per questo non è punibile in base al codice penale. Lo spiega la sentenza del tribunale di Palermo del 25 giugno 2002 in cui si afferma che Cocilovo fu "collettore di una tangente, disposto anche a concedere favori sindacali". Si trattava di una tangente di 350 milioni di lire per la campagna elettorale della DC che l'imprenditore edile Domenico Mollica dice di avergli versato. Cocilovo è stato assolto, ma la macchia rimane. Tanto più che costui non è nuovo a rapporti con gli imprenditori. Per la campagna per le elezioni europee del 1990 infatti Cocilovo ha ricevuto 10 milioni di lire da Sebastiano Scuto, re dei supermercati di Catania, dal 28 settembre 2001 in carcere per associazione mafiosa ed estorsione.
Sappiamo che settori importanti dell'elettorato palermitano e della provincia dell'Ulivo e di Rifondazione si sono ribellati alla candidatura di Cocilovo. Speriamo che siano conseguenti e coerenti non avallandola col voto e che si interroghino se non sia il caso di schierarsi col PMLI e col socialismo.
I politicanti borghesi - di destra e di "sinistra" - non sono affidabili nemmeno sul piano morale. Parlano chiaramente la tangentopoli scoppiata nel 1992 e quella attuale. Parla anche l'abusivismo edilizio da parte del ministro forzista La Loggia per la sua villa al mare nel trapanese e da parte del governatore UDC della Sicilia Cuffaro per il suo albergo di Capo Rossella in provincia di Agrigento.

IL GOVERNO BERLUSCONI
Il PMLI è nemico acerrimo e dichiarato del governo Berlusconi. Non c'è manifestazione nazionale e nelle città dove siamo presenti in cui non appaiono nostri cartelli e striscioni con la parola d'ordine "Buttiamo giù il governo del neoduce Berlusconi" sotto il ritratto di costui in orbace.
Fin dalla prima salita di Berlusconi a Palazzo Chigi, nel 1994, abbiamo denunciato che si era compiuta una nuova marcia su Roma e che era necessario rovesciare subito il nuovo Mussolini prima che facesse danni irreparabili. Nel silenzio vergognoso, criminale e connivente dei media, compresi quelli della "sinistra" borghese.
Purtroppo nessun partito parlamentare ha raccolto il nostro allarme e invito antifascisti e quindi Berlusconi ha potuto tranquillamente portare a termine la restaurazione del fascismo sotto nuove forme, nuovi metodi e nuovi vessilli, secondo il disegno del cosiddetto "Piano di rinascita democratica" e dello "Schema R" redatti nel 1975 dalla P2 di Gelli, Craxi e dello stesso Berlusconi.
In base agli ultimi attacchi golpisti del neoduce alla magistratura e all'uso spregiudicato della televisione pubblica, qualche ex comunista revisionista pentito come Fassino si è svegliato, ma continua opportunisticamente a mentire affermando che "si va verso un regime". In realtà siamo in pieno regime capitalista, neofascista, presidenzialista e federalista. Infatti la casa del fascio ha quasi completato la costruzione della seconda repubblica che ha cancellato il carattere antifascista e democratico borghese della prima Repubblica. Non le rimane altro che legalizzare il presidenzialismo con pieni poteri alla Mussolini a livello nazionale e la devoluzione per cambiare la forma dello Stato e del governo mettendo ad entrambi la camicia nera.
Il neoduce e i suoi gerarchi in doppio petto con le controriforme istituzionali, economiche e sociali, che hanno investito o investiranno la magistratura, l'informazione, la sanità, la previdenza, il "mercato del lavoro", la scuola, l'università, l'ambiente, l'immigrazione e i servizi segreti, hanno spostato a destra l'asse della politica italiana e stanno fascistizzando, monopolizzando e assoggettando tutto quello che è possibile, a partire dall'informazione pubblica.
Con le leggi sulle rogatorie internazionali, la depenalizzazione del falso in bilancio, la Cirami, l'abolizione della tassa di successione, il rientro dall'estero dei capitali illeciti, essi hanno favorito la borghesia padronale e criminale, ivi inclusi i mafiosi e i camorristi, nonché i loro parlamentari incappati nelle maglie della magistratura come il "galantuomo" Previti e lo stesso Berlusconi. Ed ora puntano all'immunità di quest'ultimo, se non di tutti i parlamentari.
In questi due anni di dominio incontrastato, questo governo ha fatto più male della grandine, e non è riuscito a risolvere un solo problema che riguarda i lavoratori, le masse e i disoccupati. Né il sottosviluppo del Sud, nonostante che il siciliano Micciché, viceministro dell'economia, abbia la delega del Mezzogiorno. Anzi è aumentato il divario tra nord e sud. L'anno prossimo il centro-nord crescerà del 2,6% contro il 2% del Sud, secondo il rapporto sul Mezzogiorno della fondazione Curella e Diste. In Sicilia vi è la più alta disoccupazione giovanile dell'Europa.
Non è riuscito a risolvere la devastante crisi della Fiat che ha gettato sul lastrico migliaia di lavoratori e che non dà alcuna sicurezza ai lavoratori che ancora lavorano, sia pure a singhiozzo. Una crisi che si può risolvere solo nazionalizzando l'intero gruppo Fiat senza alcun indennizzo.
Ovunque i lavoratori, a cominciare dalla Fiat, sono spremuti come limoni mediante turnazioni e tempi di lavoro massacranti e senza precedenti.
Nel quadro economico e sindacale di stampo corporativistico mussoliniano tracciato da questo governo si inseriscono il famigerato "Patto per l'Italia" e i contratti separati della Cisl e dell'Uil e la conseguente emarginazione del sindacato maggiore della Cgil. Noi rifiutiamo e condanniamo tutto ciò e appoggiamo la posizione e la lotta della Fiom e dei metalmeccanici contro l'accordo separato e per un vero contratto e per la democrazia sindacale.
Il governo Berlusconi e i governi locali del "centro-destra" sono andati talmente avanti nella restaurazione del fascismo da riabilitare i Savoia, con l'avallo del "centro-sinistra", da intitolare piazze e opere agli ex-gerarchi del regime mussoliniano, da onorare pubblicamente e ufficialmente i repubblichini e da fare delle campagne per abolire le sacre festività del 25 Aprile e del 1• Maggio.
Sotto sotto sobillano i nuovi fascisti ad assaltare le sedi della Cgil, dell'Anpi, dei partiti ritenuti comunisti, dei centri sociali e a oltraggiare i monumenti, le lapidi e le targhe delle vie cittadine dedicati ai gloriosi partigiani e ai gappisti.
Dobbiamo fermarli, ora. Non c'è però altra strada che la lotta di classe, le manifestazioni di piazza delle larghe masse. Il terrorismo non ha nulla a che fare con questo, anzi vi lavora contro. è uno strumento funzionale al regime neofascista, al di là di chi lo pratica magari spinto dal ribellismo individualistico piccolo borghese.

LE RESPONSABILITA' DI CIAMPI E DELL'ULIVO
Se Ciampi fosse veramente un antifascista, non doveva dare a Berlusconi l'incarico di formare un governo. Lo impediva il conflitto di interesse, la sua iscrizione alla P2, le sue pendenze legali, tra cui quella gravissima di corruzione di magistrati, il fatto che portava al governo gli eredi di Salò e i secessionisti della Lega Nord. Inoltre non gli poteva dare il mandato ignorando che nella scheda elettorale comparisse il nome del candidato presidente del Consiglio in violazione della Costituzione.
Invece il presidente della Repubblica non solo ha affidato l'incarico a Berlusconi ma lo ha anche fin qui protetto. Esattamente come il re Vittorio Emanuele III si comportò con Mussolini. Non deve comunque sorprendere il comportamento di Ciampi in quanto egli, come presidente del Consiglio o come superministro dell'economia, ha fatto compiere un tratto di strada alla seconda repubblica, il nome ufficiale dietro cui si nasconde il regime neofascista, soprattutto per quanto concerne il sistema elettorale maggioritario e uninominale e la "costituzione economica" attraverso le privatizzazioni e il "patto sociale" del luglio 1993. Non a caso Berlusconi ha potuto dire l'altro giorno a Udine di avere "una grande sintonia" con Ciampi al quale "vuole anche bene".
Non meno responsabile dell'ascesa al potere di Berlusconi è il "centro-sinistra" che gli ha spianato la strada praticando la sua stessa politica, sia pure più addolcita e diluita nel tempo, non denunciando il suo disegno piduista e neofascista e sottovalutando le sue capacità politiche e governative.
All'inizio esso definiva Berlusconi un "guitto", un "ragazzo coccodè", un "fenomeno da barzelletta" e il suo primo governo "inadeguato". All'atto della presentazione in parlamento del secondo governo Berlusconi, Rutelli e Fassino sostenevano che il leader di Forza Italia aveva presentato dei "pensierini", delle "buone intenzioni" e un discorso "deludente".
E come dimenticare che D'Alema ha "inciuciato" con Berlusconi alla bicamerale golpista per completare lo smantellamento della prima Repubblica e della Costituzione del '48? Ora il sonato Fassino dice che Berlusconi è "un uomo disperato" e che "si comporta come un conduttore di cabaret".
I partiti della "sinistra" borghese di oggi si comportano come i loro omologhi degli anni '20, che sottovalutarono Mussolini e pensavano che il suo governo fosse passeggero. Ci volle Stalin per richiamarli alla realtà e a spingerli a impugnare le armi per liberare l'Italia dal fascismo e dal nazismo.
Oggi per buttar giù Berlusconi non è necessario ricorrere alle armi. Sarebbe sufficiente che tutti i suoi oppositori scendessero in piazza. Con una serie di scioperi generali e di manifestazioni, il problema sarebbe rapidamente risolto. "Avanti popolo alla riscossa", incita l'inno "Bandiera Rossa", attaccato martedì scorso a Bari da quel verme di Berlusconi. Questa è una di quelle situazioni che impongono di andare alla riscossa. Solo che i partiti della "sinistra" borghese intendono fare la battaglia contro Berlusconi su un terreno democratico borghese, costituzionale, legalitario ed elettorale e quindi sarà praticamente impossibile rimuoverlo. E anche se l'Ulivo, con l'appoggio di Di Pietro e Bertinotti, dovesse vincere le prossime elezioni politiche la musica non cambierebbe di molto poiché il regime neofascista rimarrebbe lo stesso in piedi. L'uscita da esso può essere solo il socialismo.

LA GUERRA
In questi ultimi 4 anni l'Italia imperialista per ben tre volte è entrata in guerra. Nel marzo del 1999 contro la Repubblica Federale di Jugoslavia per decisione del governo del rinnegato D'Alema e con l'appoggio della casa del fascio di Berlusconi. La seconda volta nell'ottobre del 2001 contro l'Afghanistan per decisione del governo Berlusconi e con l'appoggio dei DS, Margherita e Sdi.
La terza volta, nel marzo di quest'anno, contro l'Iraq per decisione di fatto del governo Berlusconi e lo zig zag e l'astensione dei DS e Margherita sull'invio delle truppe italiane. Costoro avrebbero accettato tutto purché sotto l'egida dell'Onu.
Ciampi ha sempre "benedetto" queste aggressioni imperialiste mettendosi sotto i piedi l'art. 11 della Costituzione come tutti gli altri guerrafondai.
Con queste guerre si è aperta una strada che ormai è difficile richiudere non avendo attualmente il PMLI la forza per farlo. Quei partiti che ancora adesso detengono l'egemonia del proletariato o sono a favore delle guerre imperialiste, chiamandole "umanitarie" oppure per la democrazia e la libertà, o vi si oppongono ma sulla base dell'imbelle pacifismo e confidando sull'Onu e sull'Unione europea. Come se queste non fossero delle organizzazioni imperialiste, e come se l'Unione europea non volesse contendere agli Usa il dominio del mondo.
Come dice l'Ufficio politico del PMLI nel documento del 18 marzo 2003, la guerra all'Iraq "ha spaccato l'Onu, la Ue e la Nato rimescolando le carte dell'imperialismo mondiale. Siamo quindi entrati in una nuova fase della situazione mondiale, che porterà inevitabilmente ad acuire le contraddizioni interimperialiste, che esploderanno in guerre economiche, finanziarie, commerciali e finanche in guerre militari tra i più forti e famelici blocchi imperialisti".
Mussolini ricercava per l'Italia imperialista "un posto al sole" in Africa, in particolare. Berlusconi lo cerca dove è possibile, finanche in Asia.
è nella natura dell'imperialismo, ultima fase del capitalismo, depredare le ricchezze e le risorse dei paesi più deboli, opprimere e sfruttare i loro popoli e assoggettarli mediante governi fantocci come ha fatto in Afghanistan e sta facendo in Iraq e in Palestina.
I governanti dei paesi imperialisti, che siano di destra come Bush o di "sinistra" come Blair (e non scordiamoci D'Alema), non possono che assecondare il proprio imperialismo se non vogliono che soccomba nella lotta per l'egemonia mondiale.
Un motivo in più per combattere l'imperialismo italiano e per non dare alcun voto né ai partiti che compongono il governo Berlusconi, né a tutti quei partiti che non mettono chiaramente in discussione l'imperialismo e che anzi lo coprono chiamandolo "globalizzazione". Un'etichetta opportunista e ingannatrice dietro cui si nasconde il mercato unico mondiale capitalistico e l'esportazione di capitali ovunque nel mondo e in particolare nei paesi dove si ha un maggior rendimento.
Attualmente sono sparsi in vari paesi del mondo ben 14 mila soldati italiani ai quali, a giorni, se ne aggiungeranno circa 3 mila che sono in partenza per l'Iraq. Noi chiediamo che tutti questi soldati rientrino subito in Italia. Non abbiamo assolutamente bisogno della Terra e delle ricchezze degli altri popoli. Il popolo italiano vuol vivere in pace con tutti i popoli del mondo.

LA VERA SINISTRA
Si dice che in Italia ci sono due sinistre, una moderata rappresentata dai DS, dal PdCI e dai Verdi e l'altra radicale costituita dal PRC. Non è vero, non risponde alla realtà. Entrambe, come risulta esaminando l'ideologia, i programmi, le alleanze e la pratica sociale di ciascuna, sono composte dai partiti borghesi, riformisti e liberali. Non bisogna farsi confondere dai nomi e dai vessilli del PRC e del PdCI. Questi sono rossi di fuori e bianchi di dentro.
Oggi l'antifascismo, l'antiberlusconismo, l'antiliberismo, l'antirazzismo non bastano per qualificare un partito di sinistra. Occorre anche essere fautori del socialismo, della rivoluzione socialista, delle guerre di liberazione nazionale e contro il capitalismo, l'imperialismo, il colonialismo, il parlamentarismo e la guerra imperialista. Caratteristiche che si trovano solo nel PMLI, che è quindi l'unica sinistra di classe esistente in Italia. Ed è perciò nell'interesse di tutti gli sfruttati e oppressi e delle ragazze e dei ragazzi che lottano per la giustizia sociale rafforzarlo anche elettoralmente attraverso l'astensionismo.
Di sicuro non possono essere qualificati di sinistra elementi come Cofferati, Bertinotti e Diliberto che hanno espresso solidarietà al crumiro e venduto Pezzotta giustamente fischiato dagli operai a Milano, Assisi e Lucca. Un'altra cosa è la condanna delle bombe alla Cisl.
L'elettorato di sinistra da sempre aspira ad avere un leader fedele, sicuro e coerente, ma ogni volta che gli sembra di averlo trovato, l'ultimo è il caso di Cofferati, rimane disilluso. E lo sarà anche in avvenire finché non rivolgerà la sua attenzione, come le precedenti generazioni, a Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao. Leader e maestri comprovati da mille battaglie e sempre vittoriosi. La storia dimostra chiaramente che solo seguendo e applicando i loro insegnamenti si può uscire dalle tenebre del capitalismo e dell'imperialismo ed entrare nel luminoso socialismo.
Il socialismo, a causa del tradimento dei revisionisti, ha perso molto del suo smalto, ma gradualmente sta riprendendo il suo smagliante coloro rosso, e presto diventerà di gran moda. Voi potete fare molto a riguardo.
Abbandonate le illusioni elettorali, parlamentari e governative. Lottate per l'Italia unita, rossa e socialista!
Votate per il PMLI e per il socialismo astenendovi!
Viva l'indomito popolo siciliano!
Viva la gloriosa classe operaia italiana!
Buttiamo giù il governo del neoduce Berlusconi!
Con i maestri e il PMLI vinceremo!