PMLI Discorso di Scuderi per il XXV Anniversario della morte di Mao: Mao e le due culture

Discorso di Scuderi per il XXV Anniversario della morte del grande maestro del proletariato internazionale
MAO E LE DUE CULTURE
Compagne e compagni, amiche e amici,
venticinque anni fa, il 9 settembre 1976, il corpo di Mao ci lasciò ma lo spirito e gli insegnamenti di Mao sono rimasti con noi e con tutti gli sfruttati e gli oppressi del mondo. I maestri di rivoluzione come Mao non moriranno mai. Avremo sempre bisogno di loro per chiarirci le idee, per sapere come si fa per liberarci dal capitalismo, dall'imperialismo, dal colonialismo, dal fascismo e dal razzismo e per edificare una nuova società in cui non vi siano sfruttamento, oppressione, miseria, disoccupazione, ingiustizie e disparità di sesso.
Infatti, come dimostra la storia, solo Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao, che hanno accumulato una vasta esperienza rivoluzionaria, che hanno scoperto le leggi dello sviluppo della società umana e quelle interne del capitalismo e dell'imperialismo, che hanno elaborato una nuova concezione del mondo, sono in grado di indicare al proletariato e alle masse la via della vittoria e dell'emancipazione.
Mao, dal 1921 al 1976, in particolare dopo la scomparsa di Stalin nel marzo 1953, ha svolto un ruolo fondamentale nella rivoluzione mondiale, non solo in quella cinese. Sotto molti aspetti. Egli ha sviluppato il marxismo-leninismo in tutti i campi. Da quelli teorico e politico a quelli economico e militare.
Nelle precedenti commemorazioni abbiamo avuto modo di illustrare diversi contributi di Mao. In questa occasione, come ha deciso l'Ufficio politico del PMLI, tratteremo i suoi insegnamenti sulla cultura. Questo perché attualmente regna una grande confusione nella testa del proletariato, delle masse e finanche dei rivoluzionari non marxisti-leninisti.
Una confusione che si è andata aggravando man mano che i comunisti storici, in realtà revisionisti, oggi DS, abbandonavano e rinnegavano ogni riferimento al socialismo e al comunismo, e che il loro posto veniva preso dai cosiddetti rifondatori del comunismo, in realtà neorevisionisti e trotzkisti, che spacciano per comunismo delle idee che nulla hanno a che fare con esso e col marxismo-leninismo-pensiero di Mao.
Ad essi si è aggiunta l'opera altrettanto nefasta del "revisionismo storico" che tende a dare il colpo di grazia al comunismo facendo tabula rasa della gloriosa storia del movimento operaio e comunista internazionale. Non a caso sono presi principalmente di mira l'Urss di Lenin e Stalin e la Cina di Mao.
In questa canea anticomunista ultimamente si distingue Paolo Mieli, ex militante del gruppo "ultrasinistra" e filoterrorista Potere operaio e attuale direttore editoriale della Rizzoli-Corriere della sera, che anziché incentrare i suoi "studi" sui misfatti dei fascisti e dei nazisti impiega il suo tempo a calunniare il socialismo, per dimostrare che tutto il male viene da esso e non dal fascismo, dal nazismo e dal capitalismo.
E' inevitabile che gli "ultrasinistri" finiscano a destra. Ne abbiamo visti tanti fare questa parabola e altri ne vedremo anche nel prossimo futuro. Succede sempre così quando un'ondata rivoluzionaria defluisce o quando gli agenti della borghesia infiltrati nei movimenti rivoluzionari esauriscono la loro funzione.
Nell'attuale situazione, in cui è oggettivamente difficile conoscere le idee del proletariato e distinguerle da quelle della borghesia, c'è quindi un estremo bisogno di fare una grande pulizia ideologica, forse ancora più profonda e vasta di quella che fecero Marx ed Engels per spazzar via dalla mente del proletariato e dei lavoratori ogni influenza dei socialisti e dei comunisti utopistici e degli anarchici, di quella che fecero Lenin e Stalin contro gli antichi revisionisti, i socialdemocratici e i riformisti, e i trotzkisti, di quella che fece Mao contro i revisionisti moderni, quei traditori e rinnegati che hanno restaurato il capitalismo nei paesi già socialisti e che hanno distrutto i partiti comunisti storici.
Oggi infatti si tratta di proporre di nuovo e di sana pianta, soprattutto alle nuove generazioni, la cultura del proletariato che è stata completamente cancellata persino nei libri.

LA CULTURA
Non c'è una sola cultura. Ogni classe ha la sua cultura. Ciò vale per il proletariato come per la borghesia. Ogni cultura riflette gli interessi economici e sociali e la concezione del mondo della classe che li esprime.
La cultura della borghesia tutela il capitalismo e l'imperialismo e cerca di convincere il popolo che essi sono i sistemi più giusti e democratici del mondo e della storia. Quella del proletariato mette in discussione il capitalismo e l'imperialismo, tutela il socialismo e incita a perseverare nella rivoluzione finché in ogni paese vengano soppresse le classi e regni il comunismo in modo che l'intera umanità, non solo il proletariato, possa emanciparsi.
Sono due culture opposte e antagoniste che si misurano e si combattono in tutti i campi per conquistare l'egemonia ideologica e politica delle masse. Che si sia in una società borghese o in una società socialista, pur essendo diversi, nei due casi, la classe che detiene il potere politico, le condizioni e i rapporti di forza in cui avviene la lotta tra le due culture.
Questa lotta non riguarda solo gli intellettuali, anche se costoro svolgono un ruolo molto importante nelle due società. Essa coinvolge, in un modo o nell'altro, le istituzioni, i partiti, i sindacati, le masse e l'intera nazione.
Mao ha osservato che "nella società divisa in classi, ogni individuo vive come membro di una determinata classe e ogni pensiero, senza eccezioni, porta un'impronta di classe"1. Il che significa che le classi sono quelle che sono e ciascuno fa parte di una classe specifica. Un operaio della classe operaia, un contadino della classe contadina, un borghese della classe borghese e così via.
Data la differente collocazione di classe, in teoria, un operaio e un borghese non possono pensarla allo stesso modo. Se nella pratica ciò avviene vuol dire che uno dei due "dirazza", è uscito ideologicamente dalla sua classe, pur rimanendo dal punto di vista economico e sociale e in riferimento ai rapporti di produzione quello che effettivamente è. In genere, è più facile che "dirazzi" un operaio che un borghese, poiché è tuttora immensamente più forte la cultura della borghesia rispetto a quella del proletariato.
In ogni caso qualsiasi pensiero, come dice Mao, o si riferisce alla cultura della borghesia o a quella del proletariato, indipendentemente da chi lo sostiene. Bisogna quindi essere in grado di capire a quale cultura appartiene un pensiero per farlo proprio e difenderlo o per respingerlo e combatterlo. Parafrasando un vecchio detto popolare, si potrebbe dire: dimmi cosa pensi e ti dirò a quale cultura il tuo pensiero appartiene.
Ogni cultura investe i pensieri, le idee, le concezioni, la coscienza, il comportamento, lo stile di vita, le relazioni sociali, il diritto, gli usi, i costumi, la famiglia, la morale, i sentimenti, la letteratura, le arti (teatro, cinema, musica, danza, scultura, pittura, ecc.), la scienza, la tecnologia. Un posto rilevante l'hanno l'economia, la politica e la concezione del mondo. Solo che tutte queste stesse cose sono viste, trattate e vissute in maniera diversa secondo la classe che le esprime. Il proletariato a modo suo, lo stesso fa la borghesia.
La cultura è il riflesso nella mente dei membri delle classi del rapporto che queste classi hanno col sistema economico. Mao spiega ciò sintetizzando brillantemente il pensiero di Marx, Engels e Lenin con queste parole: "Una data cultura (considerata come forma ideologica) è il riflesso della politica e dell'economia di una data società, e ha a sua volta un'influenza e un'azione considerevole sulla politica e sulla economia di quella società; l'economia è la base, e la politica è l'espressione concentrata dell'economia. Questa è la nostra concezione fondamentale sul rapporto fra cultura da una parte e politica ed economia dall'altra, e tra politica ed economia. Quindi, in primo luogo, una data forma di politica e di economia determina una data forma di cultura, e solo in seguito questa forma di cultura esercita a sua volta un'influenza e un'azione su quella forma di politica e di economia. Marx dice: 'Non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma è, al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza' (Per la critica dell'economia politica, prefazione) . E anche: 'I filosofi hanno diversamente interpretato il mondo; si tratta però di trasformarlo' (Tesi su Feuerbach, XI, in Ludwig Feuerbach e il punto di approdo della filosofia classica tedesca di F. Engels) .
Questa è la formulazione scientifica che ha risolto correttamente,
- continua Mao - per la prima volta nella storia dell'umanità, il problema delle relazioni fra la coscienza e l'essere, e rappresenta il concetto fondamentale della dinamica e rivoluzionaria teoria del riflesso, che fu più tardi sviluppata a fondo da Lenin"2.
Molte sono le riflessioni che si potrebbero fare su questo importante insegnamento di Mao. Una è utile subito ai fini del nostro discorso, e cioè che l'essere sociale è determinato dalla collocazione di classe, e ciò, oltre a creare coscienze e culture diverse, divide gli esseri umani in sfruttatori e sfruttati e in oppressori e oppressi.
Il proletariato e la borghesia, ovviamente fanno parte della stessa specie, ma non hanno la stessa "natura umana", ossia dal punto di vista di classe e politico non stanno sullo stesso piano. Appartengono a due classi nemiche e antagonistiche, che non possono che combattersi, in quanto portatrici di interessi diversi e opposti.
"Nella società divisa in classi - rileva Mao - esiste solo una natura umana con un carattere di classe, e non una natura umana al di sopra delle classi. Noi siamo per la natura umana del proletariato e delle grandi masse popolari, mentre i proprietari fondiari e la borghesia sono per la natura umana delle proprie classi; solo che non lo dicono e le presentano come l'unica natura umana. La natura umana esaltata da certi intellettuali piccolo-borghesi è staccata anch'essa dalle masse popolari o ha, addirittura, un carattere antipopolare. La natura umana di cui essi parlano, in fondo non è che l'individualismo borghese, perciò ai loro occhi la natura umana proletaria non ha nulla a che vedere con la natura umana"3.
Ciò dà un colpo decisivo alla cultura della borghesia che tende a nascondere l'esistenza delle classi, a inculcare ai giovani e alle masse un pensiero unico interclassista e a coinvolgere il proletariato nell'edificazione della società borghese.
Mao invece si è adoperato per dimostrare che non esiste nulla al mondo al di sopra delle classi. Né lo Stato, né la democrazia, né la libertà, né la cultura e nemmeno la fraternità, l'altruismo e l'amore. Ogni cosa porta un'impronta di classe e serve o il proletariato o la borghesia.
"Nel mondo - dice Mao - non esiste amore senza cause, così come non esiste odio senza cause. Quanto al cosiddetto 'amore per l'umanità', da quando l'umanità è divisa in classi non è mai esistito un amore come questo, un amore che abbraccia tutto e tutti. Alle varie classi dominanti del passato piaceva predicare un tale amore, e molti saggi hanno fatto altrettanto, ma nessuno l'ha messo realmente in pratica, perché nella società divisa in classi questo amore è impossibile. Un vero amore per l'umanità sarà possibile soltanto quando le classi saranno state eliminate in tutto il mondo. Le classi hanno diviso la società in gruppi antagonistici, e soltanto dopo l'eliminazione delle classi si avrà l'amore universale, non ora. Noi non possiamo amare i nostri nemici, non possiamo amare i mali della società, il nostro obiettivo è distruggerli"4.

LA CULTURA DELLA BORGHESIA
Attualmente in tutti i paesi del mondo, inclusa l'Italia, la cultura della borghesia è il liberalismo. Già nel 1906, nella sua opera Anarchismo o marxismo, Stalin affermava: "La borghesia ha la sua ideologia: il cosiddetto liberalismo. Anche il proletariato ha la sua ideologia: essa, com'è noto, è il socialismo". Il filosofo borghese Benedetto Croce, nel 1927, nella sua opera "Il presupposto filosofico della concezione liberale", considerava il liberalismo "Una concezione totale del mondo".
Il liberalismo, manifestatosi per la prima volta nella Rivoluzione inglese del 1688-89 e che ha avuto il suo apogeo nella Rivoluzione francese del 1789, è nato nella lotta contro il feudalesimo e l'assolutismo per portare al potere la borghesia e instaurare il capitalismo.
Il marxismo è nato nella lotta contro il liberalismo per sopprimere il capitalismo, abbattere il potere della borghesia, portare al potere il proletariato e instaurare il socialismo.
All'inizio e per un'intera epoca storica, finché si è trattato di abbattere il vecchio sistema economico feudale, e la relativa sovrastruttura istituzionale e culturale, il liberalismo ha avuto una funzione progressista. Quando però il proletariato ha cominciato a porre la questione del potere politico e del passaggio al socialismo è divenuto conservatore e reazionario.
Il liberalismo si fonda sulla concezione individualistica della società, mentre il marxismo si fonda sulla concezione collettivista della società. Nella prima concezione al centro c'è l'individuo, nella seconda invece il proletariato.
Sul piano economico, il liberalismo si traduce in liberismo, che sostanzialmente vuol dire dare piena libertà ai capitalisti nel commercio, affidare al mercato il compito di regolare l'attività economica escludendo ogni intervento dello Stato.
Appare quindi evidente che la cultura della borghesia riflette sul piano ideologico e politico il sistema economico capitalistico e imperialistico. Gli elementi fondamentali di tale cultura sono l'idealismo, la metafisica, l'individualismo, l'egoismo, l'arrivismo, la ricerca sfrenata del benessere, l'edonismo.
Rientrano nella cultura della borghesia una serie infinita di parole d'ordine. Ne citiamo le principali e le più ricorrenti. A livello istituzionale, costituzionale e politico: presidenzialismo, federalismo, sistema elettorale maggioritario, diritto-dovere di ingerenza umanitaria, "missioni umanitarie", esercito professionale, sussidiarietà, scuola, università e sanità privati. A livello economico: economia di mercato, proprietà privata dei mezzi di produzione e di scambio, libertà di impresa, privatizzazioni, globalizzazione, anche quella cosiddetta "umana". A livello sindacale e sociale: concertazione, flessibilità e la sua variante cofferratiana "versalità", meritocrazia, compatibilità, licenziamento per giusta causa, regolamentazione del diritto di sciopero, pensioni private, mobilità, contratti di lavoro individuali, contratti d'area, "gabbie salariali", salario d'ingresso, pari opportunità. A livello filosofico: neutralità della scienza, l'arte per l'arte, la musica per la musica.
Insomma tutto ciò che non mette in discussione il capitalismo, l'imperialismo e il potere della borghesia, che favorisce in qualsiasi modo i capitalisti e i borghesi, che non serve a migliorare le condizioni di vita e di lavoro delle masse, che frena la lotta del proletariato e delle masse e le tiene dentro i confini parlamentari, istituzionali e costituzionali, rientra nella cultura della borghesia.
Certe parole d'ordine apparentemente di alternativa al capitalismo, difficili da comprendere su un piano di classe se non si possiede la cultura del proletariato, come quella "Un diverso mondo è possibile", rientrano anch'esse nella cultura della borghesia.
La cultura della borghesia dà molto spazio alle parole d'ordine sulla libertà e la democrazia. Ma si tratta di parole d'ordine vuote, astratte, di facciata, puramente formali, che i nostri maestri hanno già smascherato a livello teorico.
Mao ha detto in proposito: "Libertà e democrazia esistono solo in concreto, mai in astratto. In una società in cui esiste la lotta di classe, se le classi sfruttatrici hanno la libertà di sfruttare i lavoratori, i lavoratori non hanno la libertà di sottrarsi allo sfruttamento; dove esiste democrazia per la borghesia non può esservi democrazia per il proletariato e per gli altri lavoratori. Alcuni paesi capitalisti tollerano l'esistenza legale del partito comunista, ma solo nella misura in cui questi non leda gli interessi fondamentali della borghesia; oltre questo limite la sua esistenza non è più tollerata. Coloro che rivendicano la libertà e la democrazia in astratto considerano la democrazia come un fine, ma in realtà non è che un mezzo. Il marxismo c'insegna - continua Mao - che la democrazia fa parte della sovrastruttura e che essa appartiene alla categoria della politica; questo significa, in ultima analisi, che la democrazia serve la base economica. Lo stesso è per la libertà. La democrazia e la libertà sono relative e non assolute, sono apparse e si sono sviluppate nel corso della storia"6.
Chi tra di voi ha partecipato alle manifestazioni di Genova contro i signori del G8 ha sperimentato sulla propria pelle cosa significano in realtà la libertà e la democrazia borghesi. Chi non era a Genova e vuole ancora sapere quali sono la libertà e la democrazia del neoduce Berlusconi lo domandi al martire antimperialista Carlo Giuliani, che onoriamo con commozione e riconoscenza,
avrà una risposta illuminante.
Oggi quasi tutti i partiti parlamentari italiani si autodefiniscono liberali. Ultimi arrivati sono i sonati, disorientati e divisi diessini. Anche Rifondazione si può collocare tra i partiti liberali, dato che sostiene il pensiero economico del liberale inglese Keynes e la libertà, la democrazia e l'individualismo borghesi.
Il neoduce Berlusconi, che si propone come il nuovo e autentico liberale, si è così qualificato: "Ci dichiariamo liberali perché abbiamo una visione precisa dei valori della persona, della politica, dell'economia... La libertà non è qualcosa di generico e settoriale, ma è una condizione individuale, di ogni persona e di tutte le persone. Ciò significa che tutti debbono essere liberi di fare l'uso che preferiscono delle risorse e delle conoscenze che legittimamente posseggono"7.
Nel nostro Paese, la cultura della borghesia dall'Unità d'Italia ad oggi è stata sempre la cultura dominante, ma ora gestita da Berlusconi e dal suo governo ha assunto caratteri politici e istituzionali neofascisti, simili a quelli esistenti sotto la dittatura fascista di Mussolini.

LA CULTURA DEL PROLETARIATO
La cultura del proletariato è il marxismo-leninismo-pensiero di Mao. Nel mondo, ieri come oggi, non esiste un altro pensiero che esprime gli interessi economici, politici, sociali e culturali del proletariato.
Il marxismo-leninismo-pensiero di Mao è la dottrina, la teoria, la filosofia, la scienza, la concezione del mondo, il metodo di analisi, la guida per l'azione del proletariato. Escludendo uno qualsiasi di questi caratteri si ha lo snaturamento di esso.
Come dimostra la storia, solo il marxismo-leninismo-pensiero di Mao fornisce al proletariato gli elementi per combattere la borghesia su tutti i piani, per liberarsi dal giogo del capitalismo e dell'imperialismo, per conoscere e trasformare il mondo. Solo esso è capace di mettere il proletariato in grado di individuare, combattere e vincere gli imbroglioni politici travestiti da comunisti che, all'interno delle sue file, del suo Partito e del suo Stato, sabotano le sue lotte e agiscono per gettarlo fuori strada, consentendo così alla borghesia di mantenere il potere o di riconquistarlo se l'ha perduto.
Il marxismo-leninismo-pensiero di Mao è antiborghese, anticapitalista, antimperialista, anticolonialista, antifascista, antinazista, antirazzista, antiriformista e antiparlamentarista. Tutto il suo contenuto è totalmente improntato su questo orientamento proletario rivoluzionario. In nessun altro pensiero si trova una cosa del genere.
Il marxismo-leninismo-pensiero di Mao è stato elaborato da Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao nel corso della lotta di classe e sulla base della pratica e dell'esperienza rivoluzionaria. Ciascuno di questi grandi maestri del proletariato internazionale lo ha sviluppato in base alle nuove conoscenze, alle nuove esperienze e alle nuove contraddizioni nella società. Esso è quindi sempre suscettibile di nuovi sviluppi, man mano che procede la lotta di classe e lo sviluppo della società umana.
"Il marxismo-leninismo - afferma Mao - è la teoria che Marx, Engels, Lenin e Stalin hanno creato sulla base della pratica, è la conclusione generale che hanno tratto dalla realtà storica e dalla pratica rivoluzionaria... Il marxismo-leninismo - aggiunge Mao - è la verità più giusta, più scientifica e più rivoluzionaria, generata dalla realtà oggettiva e confermata da questa stessa realtà"8.
Un elemento fondamentale della cultura del proletariato è costituito dalla concezione comunista del mondo, che è agli antipodi della concezione borghese del mondo. Si tratta delle idee, del modo di vedere e analizzare le cose, del metodo con cui risolvere le contraddizioni, ed investe finanche i sentimenti e lo stile di vita.
"Riguardo alla concezione del mondo, - rileva Mao - nel mondo attuale non ci sono in fondo che due 'scuole', quella del proletariato e quella della borghesia: o la concezione proletaria del mondo o la concezione borghese. La concezione comunista del mondo è quella del proletariato e non di una qualsiasi altra classe"9.
Andando a fondo sulla questione, Mao precisa che "la concezione comunista del mondo è il materialismo dialettico e il materialismo storico"10. Ma cosa significano l'uno e l'altro? In estrema sintesi. Il materialismo dialettico è la base filosofica e teorica del marxismo-leninismo-pensiero di Mao. Esso ha scoperto - e continua a scoprire - le leggi che regolano e governano lo sviluppo del movimento, della natura, dei fenomeni, delle cose e dell'universo. Il materialismo storico è la base scientifica e storica del marxismo-leninismo-pensiero di Mao. Esso, avvalendosi della dialettica, ha scoperto - e continua a scoprire - le leggi che regolano e governano lo sviluppo storico della società umana. Entrambi si contrappongono all'idealismo e alla metafisica che appartengono alla cultura della borghesia.
Su di essi Lenin ha speso delle parole illuminanti nella sua opera "Materialismo ed empiriocriticismo" in cui si legge: "Nel suo Ludwig Feuerbach Engels dichiara che le fondamentali correnti filosofiche sono il materialismo e l'idealismo. Il materialismo ritiene la natura elemento primordiale, lo spirito elemento secondario e mette al primo posto l'essere, al secondo il pensiero. L'idealismo procede all'inverso. Engels attribuisce valore fondamentale a questa differenza radicale dei 'due grandi campi' nei quali si dividono i filosofi delle 'diverse scuole': dell'idealismo e del materialismo"11.
Dati i suoi caratteri scientifici e la sua connaturale disposizione a svilupparsi il marxismo-leninismo-pensiero di Mao è pienamente attuale, checché ne dicano i revisionisti di destra e di "sinistra" e coloro che si atteggiano a nuovi leader mondiali delle masse in lotta.
Non è affatto vero, come dice il rinnegato e arcirevisionista Jang Zemin, presidente della attuale Cina capitalista e fascista, che "è impossibile applicare ogni parola o frase scritta allora (da Marx ed Engels) alla realtà di oggi"12. Non è altrettanto vero ciò che ha detto recentemente alla televisione italiana Marcos, dopo aver gettato il fucile e mentre si accinge a togliersi il passamontagna in attesa di essere chiamato a dirigere il movimento antiglobalizzazione mondiale. Per costui "il mondo non può più essere messo a fuoco con la stessa lente del secolo passato. Abbiamo bisogno di un'altra lente che va creata di nuovo"... poiché "la lotta dell'umanità finalmente si identifichi in una lotta per la sopravvivenza: non in un conflitto di classe, ma per la sopravvivenza"13. Sulla stessa lunghezza d'onda si trovano sostanzialmente gli attuali ideologi, a cominciare dalla giornalista canadese Naomi Klein, e i dirigenti del movimento antiglobalizzazione mondiale, compresi Bertinotti, Agnoletto, Casarini e Caruso.
Ci dispiace per costoro, ma come dice Mao, "La lotta di classe è l'asse attorno a cui ruota tutto il resto"14. Essa è inarrestabile, può avere un momento di quiete, anche lungo, come è successo dopo la morte di Mao e fino a poco tempo fa, ma poi si rianima e riprende gradualmente il suo corso. E' quello che sta avvenendo sotto i nostri occhi in Italia e nel mondo. Basta considerare il movimento dei metalmeccanici diretto dalla Fiom per il rinnovo del contratto di lavoro e quello no-global, che vedono in entrambi i giovani in prima linea, ai quali va tutto il nostro entusiastico appoggio e nei quali lavoriamo per concorrere al raggiungimento dei loro rispettivi obiettivi e per orientarli correttamente su un piano di classe.
Noi dobbiamo continuare a lavorare, sviluppando una attenta politica di alleanze e di fronte unito, nel movimento no-global, nonostante l'ostracismo e il catenaccio dei falsi comunisti e degli "ultrasinistri" che non vogliono che tale movimento acquisisca una coscienza antimperialista e si sottragga all'influenza riformista e pacifista di Rifondazione trotzkista e dei suoi giochi parlamentari borghesi e controrivoluzionari.
Noi non siamo d'accordo con l'attuale direzione di tale movimento, tuttavia siamo solidali con Casarini e contro l'inchiesta aperta dalla magistratura su di lui e altri che mira a criminalizzare e a colpire l'intero movimento anti-global.
La lotta di classe appartiene al bagaglio culturale del proletariato di cui fanno parte anche la violenza rivoluzionaria, s'intende di massa, e la rivoluzione socialista, che non hanno nulla a che spartire con il terrorismo, la "guerriglia urbana", le "azioni esemplari" di piccolo gruppo.
Essere contro il terrorismo, sia chiaro, non significa per il nostro Partito allearsi con la borghesia e i suoi Stati per combatterlo. Noi siamo contro le leggi speciali antiterrorismo e le ritorsioni militari nei confronti degli Stati ritenuti sostenitori del terrorismo.
Il nostro Partito, tramite un documento dell'Ufficio politico, ha immediatamente condannato i miopi e folli attacchi terroristici a New York e a Washington ed espresso la totale solidarietà e le profonde condoglianze dei marxisti-leninisti italiani all'amico popolo americano.
Al contempo però ha ammonito Bush a pensarci "sette volte prima di intraprendere qualsiasi ritorsione militare, politica ed economica contro i presunti paesi terroristici".
Il cacasotto e salottiero trotzkista Bertinotti si è autoescluso dalla cultura del proletariato dal momento che ha detto: "io sono un pacifista sincero"15, mandando così a gambe all'aria le sue pseudo-teorizzazioni comuniste.
Nella lotta di classe non è possibile non usare anche le forme di lotta violenta, quando sono assolutamente necessarie ed inevitabili e le masse in lotta lo vogliono. Altrimenti lasciamo campo libero alle forze repressive del governo e della borghesia.
D'altra parte se le masse non si educano alla lotta di strada, praticandola, come è possibile arrivare all'insurrezione per rovesciare dal potere la borghesia? "La rivoluzione - spiega Mao - non è un pranzo di gala, non è un'opera letteraria, un disegno, un ricamo; non la si può fare con altrettanta eleganza, tranquillità e delicatezza, o con altrettanta dolcezza, gentilezza, cortesia, riguardo e magnanimità. La rivoluzione è un'insurrezione, un atto di violenza con il quale una classe ne rovescia un'altra"16.
Noi non dobbiamo mai perdere di vista questo problema, anche se la rivoluzione socialista è ancora lontana, poiché al centro della cultura del proletariato sta la questione del potere politico, la madre di tutte le questioni. Col potere politico il proletariato ha tutto, senza il potere politico il proletariato non ha niente.
Il proletariato deve comprendere che la via parlamentare e pacifica al potere gli è preclusa, e che la "democrazia partecipativa", ultima escogitazione degli imbroglioni politici, è una trappola per tenerlo legato alle istituzioni e alle regole parlamentari borghesi. Occorre invece creare delle istituzioni rappresentative delle masse anticapitaliste, antifasciste e astensioniste costituite dalle Assemblee popolari di quartiere e zona rurale e dei Comitati popolari sulla base della democrazia diretta, in modo che si tracci una netta linea di demarcazione tra le forze sociali, politiche, sindacali, culturali e religiose fautrici del socialismo e le forze che stanno col capitalismo, l'imperialismo, la borghesia e con l'attuale regime neofascista, presidenzialista e federalista.
La lotta tra la cultura del proletariato e la cultura della borghesia è iniziata con Marx ed Engels ed è stata poi portata avanti e sviluppata da Lenin, Stalin e Mao investendo tutto il mondo.
In Italia tale lotta è iniziata molto tardi. Da quando i primi pionieri del PMLI, nel 1967, sono scesi nell'arena politica dando battaglia aperta alla borghesia e ai suoi servi revisionisti. In precedenza era stata condotta dal PCI, ma solo nominalmente, poiché in realtà tale partito, anche quando appariva molto rosso e rivoluzionario ed era sotto il controllo di Lenin, Stalin e l'Internazionale comunista, si è sempre mosso sul terreno della cultura della borghesia. Ne è una prova lampante la vigente Costituzione nella cui elaborazione esso ha avuto un ruolo determinante.
Con l'azione del PMLI le cose sono cambiate, ed ora finalmente la cultura del proletariato può contendere il terreno a quella della borghesia. Anche se le attuali dimensioni del Partito non ci consentono di svolgere un'opera culturale più vasta, più profonda e più completa. Spetta al proletariato darci la forza che ci manca affinché la sua cultura dilaghi fra le masse, le nuove generazioni e nelle sue stesse file.
Bisogna essere consapevoli che "la cultura rivoluzionaria - come dice Mao - è per le masse popolari una poderosa arma rivoluzionaria. Prima della rivoluzione, essa prepara ideologicamente il terreno, e, durante la rivoluzione, è un settore necessario e importante del fronte generale rivoluzionario"17.
Per divenire una classe per sé, ossia consapevole dei suoi compiti storici e del suo ruolo e di essere portatrice di un nuovo progetto generale di società, il proletariato italiano, e noi marxisti-leninisti per primi, ha assolutamente bisogno di acquisire e mettere in pratica la propria cultura.
Se non fa ciò, e in maniera radicale, approfondita e sistematica, non si emanciperà mai dall'influenza della cultura della borghesia e gli mancheranno le armi ideologiche per capire la realtà, per comprendere le leggi del mondo oggettivo e per trasformare il mondo.
Mao, rilanciando un importante concetto di Marx ed Engels espresso nella loro opera "L'ideologia tedesca", più volte ha affermato che il proletariato deve trasformarsi nel corso della lotta di classe. Esso non può trasformare il mondo se non trasforma al contempo se stesso.
"Nell'epoca presente dello sviluppo della società - osserva Mao - la storia ha posto sulle spalle del proletariato e del suo partito politico la responsabilità della giusta conoscenza e della trasformazione del mondo... La lotta del proletariato e dei popoli rivoluzionari per la trasformazione del mondo comporta la realizzazione dei seguenti compiti: trasformazione del mondo oggettivo e, nello stesso tempo, trasformazione del proprio mondo soggettivo - trasformazione delle proprie capacità conoscitive e trasformazione dei rapporti esistenti tra il mondo soggettivo e il mondo oggettivo"18.
Tale trasformazione del proprio mondo soggettivo, che comporta tutta una serie di conoscenze, una rivoluzionarizzazione e una ripulitura totale della propria mente e un comportamento coerente con ciò, si realizza gradualmente attraverso lo studio e l'applicazione del marxismo-leninismo-pensiero di Mao, lo studio e l'applicazione della linea politica del PMLI, lo studio della realtà economica, politica e sociale del nostro Paese e della regione, città e quartiere in cui si risiede e si opera, nonché attraverso la pratica sociale.
Per capire bene quanto sia importante lo studio e l'applicazione del marxismo-leninismo, bisogna conoscere le grandi esperienze storiche della Rivoluzione russa e della Rivoluzione cinese, che sono i nostri due modelli di riferimento e fonti inesauribili di insegnamenti.
Ecco come Mao racconta, nel 1949, in che rapporto sta il marxismo-leninismo con le suddette rivoluzioni: "Nel suo libro L'estremismo, malattia infantile del comunismo, scritto nel 1920, Lenin ha descritto la ricerca di una teoria rivoluzionaria da parte dei russi. Solo dopo parecchie decine di anni di avversità e di sofferenze i russi trovarono il marxismo... Dal tempo della disfatta della Cina nella Guerra dell'oppio nel 1840, i progressisti cinesi sono passati attraverso innumerevoli avversità per cercare la verità verso gli occidentali... A quell'epoca, i cinesi che aspiravano al progresso leggevano qualsiasi libro, purché contenesse le idee nuove dell'Occidente... Anche io, da giovane, intrapresi questi studi. Era la cultura della democrazia borghese occidentale, cultura che comprendeva le dottrine sociali e le scienze naturali di quel periodo, ossia ciò che fu chiamato 'nuova cultura' in opposizione alla cultura feudale cinese, che fu chiamata 'vecchia cultura'. Per molto tempo i seguaci della nuova cultura furono convinti che essa avrebbe salvato la Cina, e solo pochi nutrivano, al pari dei seguaci della vecchia cultura, dubbi su questo punto. Solo la modernizzazione poteva salvare la Cina . Fra i paesi stranieri di quel tempo, gli unici progressisti erano i paesi capitalisti occidentali, in quanto erano riusciti a edificare Stati borghesi moderni. I giapponesi avevano ottenuto buoni risultati imparando dall'Occidente, e i cinesi desideravano a loro volta apprendere dai giapponesi. Agli occhi dei cinesi di allora la Russia era un paese arretrato e pochi volevano imparare da essa. Ecco come i cinesi tentarono di apprendere dai paesi stranieri dagli anni quaranta del XIX secolo all'inizio del XX secolo.
L'aggressione imperialista
- continua Mao - infranse i sogni dei cinesi che si sforzavano di imparare dall'Occidente. Era molto strano: come mai i maestri commettevano continue aggressioni contro i loro allievi? I cinesi imparavano molto dall'Occidente ma non potevano mettere in pratica quello che avevano imparato, non potevano realizzare i loro ideali. Le loro ripetute lotte, come la Rivoluzione del 1911 che fu un movimento su scala nazionale, si risolsero tutte in altrettante sconfitte. La situazione del paese peggiorava di giorno in giorno e la vita era divenuta impossibile. Sorsero dubbi, che crebbero e si approfondirono. La Prima guerra mondiale scosse tutto il globo. I russi fecero la Rivoluzione d'Ottobre e crearono il primo Stato socialista nel mondo. Sotto la guida di Lenin e di Stalin, l'energia rivoluzionaria del grande proletariato e del grande popolo lavoratore della Russia, fino allora latente e non avvertita dagli stranieri, esplose all'improvviso come un vulcano, e i cinesi come tutta l'umanità, videro i russi in una nuova luce. Allora, solo allora, ebbe inizio un'era completamente nuova nel pensiero e nella vita dei cinesi. Essi scoprirono il marxismo-leninismo, la verità universale applicabile ovunque, e il volto della Cina cominciò a cambiare.
Fu grazie ai russi
- conclude Mao - che i cinesi scoprirono il marxismo. Prima della Rivoluzione d'Ottobre i cinesi non solo ignoravano Lenin e Stalin, ma non conoscevano neppure Marx ed Engels. Le cannonate della Rivoluzione d'Ottobre ci portarono il marxismo-leninismo. La Rivoluzione d'Ottobre aiutò i progressisti cinesi e quelli di tutti i paesi ad adottare la concezione proletaria del mondo come strumento per studiare il destino della propria nazione e per esaminare daccapo tutti i loro problemi. Seguire la strada dei russi, questa fu la loro conclusione" 19.
Anche la nostra modesta ma storica esperienza, quella della fondazione e della costruzione del PMLI e della lotta acerrima che conduciamo contro la borghesia e i suoi servi revisionisti, neorevisionisti, trotzkisti e "ultrasinistri", dimostra quanto sia potente, influente e determinante il marxismo-leninismo-pensiero di Mao quando viene conosciuto, assimilato e applicato dai sinceri e onesti rivoluzionari. Infatti se non avessimo scoperto Mao, il suo pensiero e la sua opera, grazie alla Grande rivoluzione culturale proletaria cinese lanciata ufficialmente con la circolare del 16 maggio 1966 del Comitato centrale del PCC, oggi non esisterebbe il nostro amato Partito e il proletariato e i rivoluzionari italiani non avrebbero alcun punto di riferimento politico di classe e marxista-leninista.
Comprovato in tutte le situazioni nei cinque continenti e verificato in mille e più battaglie, il marxismo-leninismo-pensiero di Mao è una potente arma, ma se non lo si studia e non lo si applica è un'arma scarica, da museo. Tutti i rivoluzionari italiani, specie i marxisti-leninisti, hanno perciò il dovere di studiarlo e applicarlo. Più a fondo andranno in questo studio, più contributi apporteranno alla nobile causa del socialismo. Non bisogna mai stancarsi di studiarlo e ritenere di conoscerlo a sufficienza. C'è sempre qualcosa di nuovo da scoprire e poi c'è bisogno di tenerlo fresco nella memoria.
Non potremo mai avere una concezione proletaria del mondo se non studiamo e applichiamo il marxismo-leninismo-pensiero di Mao. Anche se fossimo dei bravi organizzatori, oratori, trascinatori, scrittori ma non studiamo e applichiamo il marxismo-leninismo-pensiero di Mao non faremo nemmeno il solletico alla borghesia e ai falsi amici del proletariato e delle masse.
Gli operai coscienti, avanzati e combattivi, in primo luogo, devono studiarlo perché essi devono essere la testa e la colonna vertebrale del Partito, coloro che devono dirigere anche la lotta ideologica all'interno e all'esterno del Partito.
Studiare costa tempo, fatica e rinunce, specie agli operai e ai lavoratori che concludono la giornata spremuti come limoni dai capitalisti. Eppure bisogna studiare, costi quel che costi per essere sempre in prima linea nella lotta di classe e con posizione d'avanguardia marxiste-leniniste.
Le opere dei nostri maestri riempiono decine e decine di volumi, 44 soltanto per Lenin, è quindi molto difficile riuscire a leggerle tutte. Il nostro Partito ne ha selezionate cinque, ritenendole fondamentali per trasformare il mondo e se stessi. Esse sono: Marx ed Engels "Il manifesto del Partito comunista", Lenin "Stato e rivoluzione", Stalin "Principi del leninismo" e "Questioni del leninismo", Mao "Sulla giusta soluzione delle contraddizioni in seno al popolo". Queste opere sono state ristampate dal PMLI.
Tutti i rivoluzionari, cominciando dai massimi dirigenti del PMLI, dovrebbero tenere bene a mente questa esortazione di Mao: "Dobbiamo scuoterci e studiare facendo duri sforzi. Prendete nota di queste tre parole: 'fare', 'duri', 'sforzi'. Bisogna assolutamente scuoterci e fare duri sforzi. Adesso alcuni compagni non ne fanno e alcuni impiegano le energie che restano loro dopo il lavoro soprattutto per giocare a carte o a mahiong e per ballare: questa, secondo me, non è una buona cosa. Le energie che restano dopo il lavoro dovrebbero essere impiegate soprattutto nello studio, facendo in modo che diventi un'abitudine. Che cosa studiare? Il marxismo e il leninismo, la tecnologia, le scienze naturali. Poi c'è la letteratura, soprattutto le teorie artistico-letterarie: i quadri dirigenti devono intendersene un po'. C'è il giornalismo, la pedagogia, discipline, anche queste, di cui bisogna intendersi un po'. Per farla breve, le discipline sono molte e bisogna almeno farsene un'idea in generale. Dobbiamo dirigere queste faccende, no!? Gente come noi in che cosa è specialista? In politica. Come possono andare bene le cose se non capiamo niente di queste faccende e non ci mettiamo a dirigerle?   20.

LA NOSTRA LOTTA SUL FRONTE CULTURALE
Nel quadro della guerra totale che conduciamo contro il governo del neoduce Berlusconi, un governo assimilabile sotto molti aspetti, a parte le forme, a quello fascista di Mussolini, noi dobbiamo sviluppare la lotta sul fronte culturale. La lotta su questo fronte è fondamentale ed è parte integrante della lotta di classe. Non si può pensare di mantenere il Partito e i suoi militanti saldi sulla via dell'Ottobre, senza dare battaglia anche sul fronte culturale. Non si può pensare di riunire il proletariato, le masse e le nuove generazioni sotto le bandiere del PMLI e di risvegliarli e rilanciarli nella lotta rivoluzionaria per il socialismo senza dare battaglia anche sul fronte culturale. Non si può pensare di riportare la vittoria sul sistema capitalistico e la sua sovrastruttura statale, politica, giuridica e culturale senza dare battaglia anche sul fronte culturale.
Durante il periodo della guerra di Resistenza del popolo cinese contro il Giappone (1937-1945), Mao mette in rilievo la grande importanza che ha la lotta sul fronte culturale. Nel suo discorso del 2 maggio 1942 alla Conferenza di Yenan sulla letteratura e l'arte egli dice: "Noi lottiamo per la liberazione del popolo cinese su diversi fronti, due dei quali sono il fronte della penna e il fronte della spada, ossia il fronte culturale e il fronte militare. Per vincere il nemico dobbiamo anzitutto fare affidamento sull'esercito che impugna il fucile. Ma questo esercito non basta, abbiamo bisogno di un esercito della cultura, indispensabile per unire le nostre file e vincere il nemico... Lo scopo di questa Conferenza è proprio far sì che la letteratura e l'arte entrino a far parte integrante dell'intero meccanismo della rivoluzione, operino come un'arma potente per unire ed educare il popolo, per colpire e annientare il nemico, e aiutino il popolo a combattere compatto il nemico" 21.
Quantunque noi non siamo nelle condizioni che attraversavano allora i marxisti-leninisti e il popolo cinesi, abbiamo lo stesso bisogno di tenere unite le file del Partito, di unire ed educare il nostro amato popolo sulla base della cultura del proletariato, di combattere e vincere il nemico che oggi ha il volto del nuovo Mussolini. Per questo dobbiamo lottare sul "fronte della penna", che ci aiuterà, un giorno, ad aprire anche il "fronte della spada".
Ci manca però un "esercito della cultura" proletario rivoluzionario affinché possiamo competere a un livello più alto possibile, e su tutti i piani con il potente esercito della cultura borghese che gestisce l'istruzione, la scienza, la tecnologia, la letteratura, le arti, le comunicazioni, i mass media e tutti gli altri strumenti e mezzi di indottrinamento culturale ed educativo del popolo e delle nuove generazioni.
Ma da chi può essere composto il nostro esercito della cultura se non dagli intellettuali? Da qui rivolgiamo un nuovo solenne appello a tutti gli intellettuali progressisti e democratici (filosofi, economisti, storici, giuristi, insegnanti, scienziati, biologi, medici, scrittori, giornalisti, artisti, attori, musicisti, ecc.) affinché diano corpo e vita a un grande esercito della cultura proletaria rivoluzionaria al servizio del PMLI, del proletariato e della nobile causa del socialismo. Non è detto che tutti siano membri del nostro Partito.
La nostra speranza e il nostro auspicio è che quelli tra di loro più sensibili, più vicini al proletariato, e meno inquinati dall'influenza borghese, capiscano la situazione e le proprie responsabilità sociali, politiche e culturali, escano dal pantano riformista in cui ora si trovano, e cooperino attivamente con noi per propagandare tra le masse il marxismo-leninismo-pensiero di Mao e per smascherare, combattere e battere la cultura della borghesia.
In particolare ci appelliamo ai giovani intellettuali, neolaureati e studenti universitari, che sono già immersi nella lotta e che sognano un mondo di uguaglianza, giustizia, di fratellanza e di pace. Ciascuno nel proprio campo e in base alla propria specializzazione può fare molto per la nostra lotta sul fronte culturale.
Come indica Mao, "la classe operaia deve accogliere favorevolmente l'aiuto degli intellettuali rivoluzionari, in nessun caso deve respingerlo, perché senza il loro aiuto essa non potrà progredire e la rivoluzione non potrà trionfare" 22.
Il problema è che gli intellettuali che si schierano col Partito, col proletariato e con il socialismo, devono essere rossi, oltre che esperti nel loro campo, e devono accettare la direzione del Partito e del proletariato. Altrimenti il loro apporto alla causa rivoluzionaria è nullo, anzi deleterio. Se gli intellettuali non si impadroniscono fino in fondo del marxismo-leninismo-pensiero di Mao, non trasformano la loro concezione del mondo, non combattono il proprio individualismo, e non si legano al proletariato e ai movimenti di lotta, si muoveranno sempre, coscienti o no, sul terreno della cultura della borghesia.
"Alcuni sostengono - dice Mao - che si deve essere prima esperti e poi rossi. Questo è come dire: prima bianchi e poi rossi. Se si pretende di essere rossi non adesso, ma in futuro, adesso di che colore si è? Senza dubbio bianchi. Gli intellettuali devono essere contemporaneamente sia rossi, sia esperti. Per diventare rossi bisogna avere la determinazione di trasformare radicalmente la propria visione borghese del mondo. Per questo non è affatto necessario leggere un mucchio di libri, ma capire veramente cos'è il proletariato, cos'è la dittatura del proletariato, perché solo il proletariato ha un avvenire, mentre tutte le altre sono classi transitorie, perché un paese come il nostro deve prendere la via del socialismo e non quella del capitalismo, perché è assolutamente necessaria la direzione del Partito comunista" 23.
Che gli intellettuali progressisti e democratici più coscienti e più aperti verso il nostro Partito si sbrighino a unirsi a noi poiché abbiamo da condurre una battaglia a morte contro il governo neofascista di Berlusconi. Un governo che, come ha denunciato fin dalla sua nascita, con grande coraggio e determinazione rivoluzionaria l'Ufficio politico del PMLI, ha "restaurato il fascismo sotto forme nuove, nuovi metodi e nuovi vessilli, il cui nome ufficiale, riconosciuto anche dal 'centro-sinistra', è quello della seconda repubblica. Una repubblica che ha forti caratteri capitalisti, neofascisti, presidenzialisti e federalisti, alla cui realizzazione hanno partecipato i partiti del 'centro-sinistra', e, per certi aspetti, persino Rifondazione".
Non dobbiamo assolutamente far passare la prossima finanziaria di lacrime e sangue. Dobbiamo opporci duramente ai licenziamenti, alla completa privatizzazione della sanità, della previdenza sociale, della scuola e dell'università, alla soppressione del diritto di aborto.
Ci batteremo per forti aumenti salariali e per il lavoro stabilire a salario intero, a tempo pieno e sindacalmente tutelato per tutti i disoccupati e i lavoratori e contro il lavoro interinale, e contro qualsiasi limitazione del diritto di sciopero e di manifestazione.
Ci batteremo con particolare impegno contro la politica interventista e imperialista del governo e la partecipazione dell'Italia a rappresaglie militari della Nato contro movimento e Stati accusati di terrorismo. La Nato va sciolta e l'Italia deve uscire dalla Nato. Nemmeno l'Onu ha il diritto di autorizzare la guerra a uno Stato.
Fermare la guerra imperialista ai paesi sospettati di terrorismo. Sabotare la macchina da guerra dell'imperialismo. Né un soldo, né un soldato, né una base per la guerra imperialista all'Afghanitan. Queste sono le parole d'ordine del PMLI contro i criminali, illegittimi e illegali piani di guerra di Bush, Berlusconi e degli altri loro compari terroristi di Stato.
Ci batteremo per la scuola e l'università pubbliche, gratuite e governate dalle studentesse e dagli studenti.
Dobbiamo appoggiare risolutamente la posizione dei metalmeccanici della Fiom e le altre categorie dei lavoratori per il rinnovo dei contratti di lavoro. E perciò chiediamo a gran voce lo sciopero generale e una manifestazione nazionale a Roma.
Diamo corda a Cofferati, visto che vuol dar battaglia al governo su questo piano. Indipendentemente dal fatto che egli ha assunto tale posizione, che comunque deve tradursi nei fatti, per tentare di egemonizzare i DS e per prepararsi un avvenire politico in questo partito.
Questo però non significa che dobbiamo dargli carta bianca al prossimo Congresso della Cgil. In quella sede dobbiamo combatterlo, poiché noi aspiriamo a un grande sindacato delle lavoratrici e dei lavoratori, costruito dal basso, sulla base della democrazia diretta e del potere sindacale e contrattuale alle Assemblee generali dei lavoratori.
Voteremo "No" al referendum del 7 ottobre contro il federalismo del "centro-sinistra" e quello del governo del neoduce Berlusconi, per l'Italia unita, rossa e socialista.
Noi siamo disposti a unirci con chiunque intende difendere gli interessi e i bisogni immediati dei lavoratori, dei pensionati, dei disoccupati, degli studenti, delle donne e del Mezzogiorno.
Tutto quello che possiamo fare lo dobbiamo fare. Anche se siamo ancora troppo piccoli, come Partito, per dare dei contributi maggiori. Ci manca la forza necessaria, e chiediamo al proletariato, alle masse e alle ragazze e ai ragazzi progressisti e rivoluzionari di darcela nell'interesse dello sviluppo della lotta di classe.
Noi dobbiamo costruire un grande, forte e radicato Partito marxista-leninista che sia in grado di far tremare il potere della borghesia e, un giorno, distruggerlo. Chiunque voglia partecipare, dall'interno o dall'esterno del Partito, a questa titanica opera storica sarà il benvenuto. Intanto noi continueremo alacremente a studiare, a concentrarsi sulle priorità e a radicarci nei luoghi di lavoro, di studio e di vita dove siamo presenti, secondo le indicazioni del 4° Congresso nazionale del PMLI.
In questi 34 anni della nostra storia, compresi quelli della preparazione del Partito, ne abbiamo fatta tanta di strada. Avremmo voluto procedere più velocemente ma cinque grossi ostacoli che si sono frapposti sulla nostra strada ce l'hanno impedito. Essi sono: l'intossicazione parlamentarista, elettoralista, riformista e pacifista della classe operaia e delle masse, in conseguenza della predicazione di oltre cento anni da parte dei falsi comunisti; il forte indebolimento dell'attrazione del socialismo a causa dello sfascio operato dai revisionisti; l'esistenza di un falso partito comunista, il PRC, creato apposta dalla borghesia, dai neorevisionisti e dai trotzkisti per contenderci lo spazio e cancellarci; la nostra povertà di mezzi e di risorse economiche; il ferreo black-out stampa che vige da sempre su di noi. Attualmente l'ostacolo che ci impedisce di affrontare nelle migliori condizioni gli altri ostacoli è quello economico.
Tuttavia la situazione sta cambiando e sta evolvendo a nostro favore. Per il nostro Partito, il tempo tende al bello, anche se la strada è ancora in salita.
Il ritorno del Partito in Sicilia, e in più città rispetto a prima, ci conforta e ci dà una grande speranza. Contiamo sulla tenuta e sulle capacità dei nuovi militanti e simpatizzanti ai quali va il nostro plauso, incoraggiamento e appoggio.
Intravediamo davanti a noi, osservando determinati avvenimenti e prevedendo certi sviluppi, cinque anni d'oro, di cui il primo, già in corso e che si concluderà nella primavera prossima, è il più importante. Se sapremo utilizzarli al meglio, il Partito potrebbe decollare a livello nazionale, realizzando il suo primo grande balzo organizzativo e del proselitismo della sua storia.
Avremo certamente ancora delle tempeste e delle gelate, ma siamo ormai temprati e resistenti a ogni fatica, sacrificio e prova, e sapremo superarle.
Il nostro cammino, come lo è stato per Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao e per milioni e milioni di rivoluzionari, è duro e difficile, ma affascinante, degno di essere vissuto da chi aspira veramente all'emancipazione del proletariato e dell'intera umanità. Non esiste al mondo niente di più bello, più giusto, più necessario e più gratificante.
Noi comunque andremo fino in fondo nella lotta per l'Italia unita, rossa e socialista.
"Nella lotta sociale, - rileva Mao - le forze che rappresentano la classe avanzata subiscono a volte delle sconfitte, ma perché, nel rapporto delle forze in lotta, esse sono temporaneamente meno potenti delle forze della reazione; possono essere quindi temporaneamente sconfitte, ma finiranno sempre per trionfare" 24.
Grazie Mao, anche per questa fiducia che ci infondi per l'avvenire del nostro amato Partito. Rimani con noi e continua a ispirarci. Non ci abbandonare. Noi non ti abbandoneremo mai!

Gloria eterna a Mao!
Viva la cultura del proletariato!
Abbasso la cultura della borghesia!
Viva il marxismo-leninismo-pensiero di Mao!
Guerra totale al governo del neoduce Berlusconi!
Per l'Italia unita, rossa e socialista!
Coi maestri vinceremo!

 


NOTE
1 Mao, Sulla pratica, (Luglio 1937), Opere scelte, Casa editrice in lingue estere di Pechino, vol. 1, p. 314
2 Mao, Sulla Nuova Democrazia, (Gennaio 1940), Opere scelte, Casa editrice in lingue estere di Pechino, vol. 2, pp. 356-357
3 Mao, Discorsi alla Conferenza di Yenan sulla letteratura e l'arte, (23 maggio 1942), Opere scelte, Casa editrice in lingue estere di Pechino, vol. 3, pp. 89-90
4 Mao, idem, p. 90
5 Stalin, Anarchismo o marxismo, (Dicembre 1906), Opere, Edizioni Rinascita, vol. 1, p. 334
6 Mao, Sulla giusta soluzione delle contraddizioni in seno al popolo, (27 febbraio 1957), Casa editrice in lingue estere di Pechino, p. 7
7 Silvio Berlusconi, Intervista alla rivista neofascista "Ideazione" diretta da Domenico Mennitti di An, n. 6/2000, pp. 314-315
8 Mao, Rettificare lo stile di lavoro del Partito, (1 febbraio 1942), Opere scelte, Casa editrice in lingue estere di Pechino, vol. 3, pp. 33 e 37
9 Mao, Discorso alla Conferenza nazionale del Partito comunista cinese sul lavoro di propaganda, (12 marzo 1957), Casa editrice in lingue estere di Pechino, pp. 8-9
10 Mao, Sulla Nuova Democrazia, o.c., p. 379
11 Lenin, Materialismo ed empiriocriticismo, (Secondo semestre del 1908), Opere complete, Editori Riuniti, vol. 14, p. 96
12 Jang Zemin, Intervista al "New York Times", riportata da "la Repubblica" dell'11.08.01
13 Marcos, Intervista a Gianni Minà trasmessa da Raidue il 19 luglio 2001
14 Mao, citato in "Nulla è impossibile al mondo se si è decisi a scalare le vette", editoriale del "Quotidiano del Popolo", (1° gennaio 1976)
15 Bertinotti Fausto, Intervista al Secolo XIX del 10 agosto 2001
16 Mao, Rapporto d'inchiesta sul movimento contadino nello Hunan, (Marzo 1927), Opere scelte, Casa editrice in lingue estere di Pechino, vol. 1, p. 25
17 Mao, Sulla Nuova Democrazia, o.c., p. 399
18 Mao, Sulla pratica, o.c., pp. 326-327
19 Mao, Sulla Dittatura Democratica Popolare, (30 giugno 1949), Opere scelte, Casa editrice in lingue estere di Pechino, vol. 4, pp. 424-425-426
20 Mao, Essere elementi di stimolo per la rivoluzione, (9 ottobre 1957), in Rivoluzione e costruzione, Giulio Einaudi Editore, p. 680
21 Mao, Discorsi alla Conferenza di Yenan sulla letteratura e l'arte, o.c., pp. 67-68
22 Mao, Introduzione all'operaio cinese, (7 febbraio 1940), Opere scelte, Casa editrice in lingue estere di Pechino, vol. 2, p. 424
23 Mao, Bisogna avere una ferma fiducia nella maggioranza delle masse, (13 ottobre 1957), in Rivoluzione e costruzione, o.c., p. 694
24 Mao, Da dove provengono le idee giuste, (Maggio 1963), Casa editrice in lingue estere di Pechino, pp. 2-3