Come voleva la P2. I magistrati non ci stanno e scioperano
Il senato nero approva la controriforma giudiziaria
La magistratura assoggettata al governo
Il 10 novembre, a passo di carica, il Senato nero ha approvato in terza lettura la controriforma neofascista della giustizia che affossa l'indipendenza della magistratura e la assoggetta al governo. A passo di carica perché i tempi degli interventi erano stati contingentati per sbrigare la pratica in fretta. In più la maggioranza ha rinunciato ai suoi interventi, per cui il provvedimento è stato approvato addirittura con un giorno d'anticipo, con grande giubilo del ministro della Giustizia, il leghista Castelli, che ha guidato la truppa compatta della Casa del fascio al traguardo.
Il "centro-sinistra" non ha votato per protesta. Ora il fascista Castelli vuol portare subito il provvedimento alla Camera, "blindato" e immodificabile, per farlo approvare definitivamente prima di Natale. In questo modo, nella remota ipotesi che Ciampi non lo firmasse per manifesta incostituzionalità, ci sarebbe tutto il tempo di fare i ritocchi di rito e riapprovare il provvedimento, così come fu fatto con la legge Gasparri.
Insieme al fascista Castelli, al neoduce Berlusconi e a tutta la Casa del fascio, avrà esultato sicuramente anche Gelli, dato che questa controriforma neofascista realizza in pieno e alla lettera gli obiettivi che il capo della P2 aveva messo nero su bianco sul suo "piano di rinascita democratica": la separazione delle carriere dei magistrati, l'assoggettamento della magistratura al potere esecutivo, e perfino i test psicoattitudinali ai magistrati per l'accesso alla carriera. Lo ha denunciato in aula (era l'ora!) anche il diessino Guido Calvi, che ha detto: "Questa riforma dell'ordinamento non riporta l'Italia ai tempi del fascismo, ma al 1976, ai tempi della P2. è copiata da quel piano: il Csm indebolito, che deve rispondere del suo operato al parlamento; la separazione delle carriere; nuove norme sull'accesso e la progressione in carriera. Persino la prova psicoattitudinale per gli aspiranti magistrati era farina del sacco di Gelli". Tutto verissimo eccetto la premessa, dato che il Piano della P2 voleva proprio riportare la magistratura ai tempi del fascismo, quando i giudici erano direttamente agli ordini del regime mussoliniano.

I capisaldi della controriforma Castelli
La separazione delle carriere tra magistratura inquirente e giudicante, che nella controriforma Castelli si chiama eufemisticamente "separazione delle funzioni", è sempre stata l'ossessione del neoduce Berlusconi e del suo governo neofascista, perché è il cavallo di Troia per scardinare l'indipendenza del potere giudiziario da quello esecutivo e legislativo sancita dalla Costituzione. In che cosa consiste? Il concorso per entrare in magistratura resta unico, ma il magistrato dovrà scegliere tra la "funzione" di giudice o di pubblico ministero, perché le prove d'esame saranno distinte. Il passaggio successivo tra una "funzione" e l'altra è previsto, ma si dovrà superare un apposito concorso, dopo una permanenza di almeno 5 anni nella vecchia "funzione" e con l'obbligo di cambiamento di distretto. Analoghi concorsi dovranno essere superati dal giudice di primo grado che vorrà passare all'appello, nonché per chi vuole accedere alla Cassazione.
In sostanza si realizza in questo modo surrettizio una separazione di fatto delle carriere, non solo perché il magistrato deve scegliere fin dall'inizio quale carriera intraprendere, ma anche perché il passaggio dall'una all'altra è reso difficile, se non impossibile, da tutta una serie di sbarramenti e ostacoli burocratici. Inoltre tutta la carriera del magistrato è organizzata in modo verticistico e meritocratico, costellata di esami e di prove da superare, con un pesante restringimento del tempo a disposizione per lavorare e svolgere indagini.
Tra gli altri capisaldi neofascisti della controriforma c'è la gerarchizzazione delle procure, con superpoteri ai procuratori, scelti in una rosa proposta dal guardasigilli, con poteri di nomina e revoca sui procuratori aggiunti, di avocazione delle inchieste, di esclusività dei rapporti con la stampa ecc. In questo modo al governo basterà controllare i procuratori, e in particolare i procuratori generali, per avere in pugno tutta la magistratura.
C'è poi il divieto delle "sentenze creative", d'ora in poi sanzionabili disciplinarmente, se il giudice anziché attenersi ottusamente alla lettera delle leggi si azzarderà a interpretarle secondo il buon senso: una vera manna per i collegi di difesa di mafiosi, bancarottieri, politici corrotti e soprattutto di Berlusconi e i suoi amici. E c'è anche il divieto per i magistrati, sfacciatamente incostituzionale, di iscriversi, aderire o partecipare sotto qualsiasi forma a partiti o movimenti politici, e persino il divieto di ogni altro comportamento "tale da compromettere l'indipendenza, la terzietà e l'imparzialità del magistrato, anche sotto il profilo dell'apparenza": casistica in cui rientra ovviamente la partecipazione a scioperi e manifestazioni, ma perfino a semplici dibattiti e conferenze che possano essere qualificate come "politiche" o "di parte".

Magistrati in rivolta
Appena venuta a conoscenza del voto del Senato nero l'Associazione nazionale magistrati (Anm) ha proclamato uno sciopero di tutta la magistratura per il 24 novembre. Si tratta del terzo sciopero proclamato dall'associazione contro la controriforma del ministro Castelli, che si è sempre rifiutato di ascoltare le loro proteste. Dalla base, pienamente consapevole della gravità senza precedenti di questo attacco neofascista alla sua indipendenza, sono arrivate pressanti richieste al vertice dell'associazione per forme di protesta più incisive, come manifestazioni davanti al Quirinale, per chiedere a Ciampi di non firmare la legge, e un presidio davanti a Montecitorio per chiedere che la legge non venga varata. Alla fine, dopo intense e controverse discussioni, il vertice Anm ha deciso di riconfermare lo sciopero del 24, senza manifestazioni, di rivolgere un appello a Pera e Casini perché sospendano l'iter della legge e l'invio di una lettera-appello con migliaia di firme di magistrati da consegnare il 23 novembre a Castelli e al vicepresidente del Csm Rognoni.
A fronte di tutto ciò c'è da registrare ancora una volta il comportamento pusillanime e balbettante dell'"opposizione" parlamentare rappresentata dalla Gad. Si va dalla grave sottovalutazione di questo provvedimento neofascista, come ha fatto il capogruppo dei senatori DS Angius, secondo il quale si tratta semplicemente di "un pasticcio", una "controriforma piena di idee vecchie e di basso profilo", al vero e proprio collaborazionismo col nemico, come ha fatto Rutelli offrendo sfacciatamente alla Casa del fascio di sospendere l'iter del provvedimento per "aprire un tavolo di confronto" con l'opposizione per fare insieme la controriforma della Giustizia!
Offerta disgustosa e anche inutile, visto che se da una parte ha registrato una melliflua "apertura" da parte del sottosegretario UDC alla Giustizia, Vietti, è stata invece seccamente respinta dal titolare Castelli, perché il provvedimento è blindato e deve essere assolutamente varato a giorni così com'è. Un osso però il cagnolino Rutelli è riuscito ad ottenerlo dal mastino Castelli: la disponibilità a discutere delle altre "riforme al momento sul tappeto in materia di giustizia", alludendo a quelle sui processi civili, sui fallimenti e sulle professioni. Ma la controriforma neofascista per mettere il giogo e la mordacchia del governo alla magistratura non si tocca!

17 novembre 2004