Abrogare la controriforma elettorale siciliana
Documento del PMLI.Sicilia

Il 5 agosto 2004 il parlamento siciliano ha approvato la legge "Norme per l'elezione del Presidente della Regione siciliana a suffragio universale e diretto. Nuove norme per l'elezione dell'Assemblea regionale siciliana. Disposizioni concernenti l'elezione dei consigli comunali e provinciali", il cui impianto, incentrato sull'introduzione del presidenzialismo, del sistema maggioritario e dello sbarramento del 5%, costituisce una gravissima controriforma istituzionale di stampo neofascista e filomafioso, promossa dal presidente della regione Cuffaro, votata dal "centro-destra" e da buona parte del "centro-sinistra" siciliano.

L'introduzione del presidenzialismo, del sistema maggioritario e dello sbarramento al 5%
La legge riferimento della regione siciliana in ordine alle elezioni del parlamento era la n. 29 del 1951, la quale si basava sul proporzionale e sull'elezione del Presidente della regione in seno al parlamento. Nel 2001 si era già fatto un primo passo verso il presidenzialismo e il maggioritario, quando nelle elezioni regionali si adottò, con il consenso del "centro-sinistra", il cosiddetto "Tatarellum", il sistema elettorale in vigore nelle regioni a statuto ordinario per l'elezione dei consigli e dei governatori. Si tratta di un sistema proporzionale con premio di maggioranza e che consente l'elezione diretta del presidente della Regione. La controriforma elettorale siciliana manda definitivamente in soffitta la legge del 1951. L'articolo 1 di tale legge che recitava "L'Assemblea regionale siciliana è eletta a suffragio universale con voto diretto, libero e segreto attribuito a liste di candidati concorrenti. I deputati sono eletti in base al sistema proporzionale puro..." è stato modificato nel seguente modo: "Il Presidente della Regione siciliana è eletto a suffragio universale, con voto diretto, libero e segreto, contestualmente all'elezione dell'Assemblea regionale siciliana".
Nella controriforma elettorale il candidato presidente fa parte di un listino regionale costituito da nove candidati, ognuno in una provincia siciliana. Viene proclamato eletto alla carica di presidente della Regione il capolista della lista regionale che consegue il maggior numero di voti validi in ambito regionale anche se non ha raggiunto la maggioranza assoluta dei voti, non è previsto il sistema del ballottaggio. In questo la legge è una fotocopia del tanto criticato Tatarellum, il quale prevede che venga eletto presidente il capolista della lista regionale che ha conseguito il maggior numero di voti validi, senza che si vada al ballottaggio. Tale sistema, usato in Sicilia nel 2001, prevede che l'80% dei seggi vengano assegnati su base proporzionale e il restante 20% venga attribuito in blocco alla lista del candidato presidente vincitore. La controriforma elettorale siciliana prevede che i seggi assegnati in via proporzionale siano 80, corrispondenti a circa il 90% del totale dei seggi in parlamento.
Circa la sostanza del premio di maggioranza voluto da Cuffaro si è molto discusso. Si potrebbe infatti pensare, a rigor di logica, per come è costruita la legge, che, venendo eletti 80 deputati con il sistema proporzionale, il premio di maggioranza sia del 10% e sia riconducibile alla cooptazione in parlamento, stabilita con l'art. 35, dei candidati del listino collegato al presidente.
In realtà la questione del premio di maggioranza non è così limpida, a tal punto che il Commissario dello Stato è stato costretto a impugnare l'art. 35. Infatti l'art. 7 Seggi attribuiti con sistema maggioritario dice che, al fine di formare una maggioranza stabile per il presidente della Regione in seno al parlamento, se il numero complessivo dei deputati della maggioranza è inferiore a 54 seggi (che costituiscono il 60% dei seggi) vengono proclamati eletti "tanti candidati della lista regionale più votata, secondo l'ordine di presentazione nella lista, quanti ne occorrono per raggiungere cinquantaquattro seggi". Il problema è che a tale premio di maggioranza non percentualmente quantificabile Cuffaro avrebbe voluto aggiungere d'ufficio l'altro 10% costituito dai candidati del listino regionale, portando i deputati della maggioranza da 54 ad almeno 62 e raggiungendo così il 69% di tutti i seggi parlamentari. L'inghippo è stato scoperto dal Commissario dello Stato per il quale il ricorso al listino può essere solo "eventuale al conseguimento della maggioranza di 54 deputati all'assemblea".
Per quanto riguarda il Titolo II della controriforma, che prevedeva la modifica in senso neofascista del sistema elettorale per gli Enti locali siciliani, esso è stato abrogato dall'art. 56 della legge regionale 5 novembre 2004, n. 15, "Misure finanziarie urgenti. Assestamento del bilancio della Regione".

La posizione di DS, Margherita, PRC, PdCI e Verdi
L'impianto della legge è stato costruito in una maniera da garantire a Cuffaro un largo appoggio trasversale in parlamento all'atto della discussione della controriforma e della sua approvazione. E così è stato. DS e settori della Margherita hanno votato insieme al "centro-destra" per l'approvazione della controriforma elettorale. Per comprendere da dove nasce l'appoggio dei DS e di parte della Margherita alla controriforma bisogna fare un ragionamento che mette in correlazione il "premio di maggioranza" con lo sbarramento del 5% contenuto nella legge. L'art. 2 comma 5 afferma che "Non sono ammesse all'assegnazione dei seggi le liste provinciali il cui gruppo, sommando i voti validi conseguiti nei collegi elettorali provinciali, abbia ottenuto nell'intera Regione una cifra elettorale inferiore al 5 per cento del totale regionale dei voti validi espressi".
Nell'art. 7 della controriforma si dice anche che tutti i seggi residui e che non vengono attribuiti a candidati dalla lista regionale più votata "sono ripartiti fra tutti i gruppi di liste non collegati alla lista regionale risultata più votata, in proporzione alle rispettive cifre elettorali regionali". Ciò significa che, fatti fuori i partiti più piccoli, come PRC, PdCI, Verdi, ecc., grazie allo sbarramento, i DS e la Margherita si spartiranno una quantità di seggi residui non assegnati alla maggioranza che andranno dal 30% al 40% del totale dei 90 seggi. Per comprendere il guadagno che ne avranno entrambi i partiti basti dire che oggi in parlamento la somma dei seggi di DS e Margherita raggiunge a malapena il 23% del totale. Si può capire in questa ottica perché DS e parte della Margherita abbiano votato a favore della controriforma, a favore della sua promulgazione e stiano osteggiando il referendum abrogativo promosso dai piccoli partiti parlamentari.
In ogni caso, al di là delle putride dinamiche interne al "centro-sinistra", che non sono state adeguatamente denunciate dai piccoli partiti parlamentari siciliani è passato assolutamente in silenzio il fatto che la maggioranza del 60% dei 90 deputati in aula rende praticamente impossibile ogni tentativo di sfiduciare il governo.
Un altro elemento che, nella loro confusa contestazione a tale legge, i partiti minori del "centro-sinistra" non hanno voluto o saputo mettere in evidenza è il seguente. Il presidenzialismo approvato con l'art. 1 della controriforma impone degli ulteriori elementi di coercizione nei confronti delle masse popolari siciliane le quali, già nel sistema proporzionale, erano impossibilitate ad esprimere in piena libertà la loro scelta elettorale.
E' chiaro infatti che in un sistema siffatto il ruolo di mediatrice tra masse popolari ed istituzioni borghesi, storicamente assunto dalla mafia, non può che rafforzarsi. Probabilmente quei partiti del "centro-sinistra" che si sono posti, seppur debolmente, in questi mesi la cosiddetta "questione morale" che investe le attuali massime istituzioni regionali non hanno riflettuto abbastanza e non hanno consentito alla loro base di riflettere su una pur evidentissima connessione tra questa particolare "questione morale" in questo preciso momento storico ed il sistema elettorale in cui questo presidente, Cuffaro, è stato eletto, con scrutinio diretto. Non si può dimenticare che, proprio a contorno della prima elezione diretta del presidente della regione Sicilia, avvenuta nel 2001 e che ha visto la vittoria di Cuffaro, si è evidenziato un notevole rafforzamento del legame tra criminalità ed istituzioni, che ha portato anche a una serie di processi per corruzione, concorso o favoreggiamento di "Cosa nostra". è evidente che in un sistema presidenzialista non può che rafforzarsi il legame consensuale, l'accordo politico, lo scambio di favori, o, nel migliore dei casi, la pressione mafiosa diretta sui candidati alla massima carica regionale. Ma dall'altra parte non possiamo non denunciare che si rafforzeranno la pressione sulle masse popolari, il clientelismo, gli scambi elettorali e la compravendita dei voti, tutte attività delle quali la mafia detiene il monopolio.

Il ricorso del Commissario dello Stato contro alcune norme contenute nella legge
Fin qui abbiamo discusso dei più importanti elementi contenuti nella legge di controriforma così come è stata pubblicata sulla Gurs (Gazzetta Ufficiale Regione Sicilia) n. 48 del 12 novembre 2004. La promulgazione della legge e la sua pubblicazione sulla Gurs è avvenuta nonostante il Commissario dello Stato, Romagnoli, avesse impugnato gli artt. 11 e 38 della controriforma per violazione degli artt. 3 e 51 della Costituzione; l'art. 16 per violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione; l'art. 35 per violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione; l'art. 36 per violazione degli artt. 3 e 9 dello Statuto speciale e 81, della Costituzione; l'art. 37 per violazione degli artt. 3, 51 e 81, della Costituzione.
L'art. 11 prevedeva, tra le nuove cause di ineleggibilità alla carica di deputato regionale, l'essere assessore comunale in comuni con più di 40.000 abitanti, oppure presidente e assessore delle province regionali, nonché sindaco di comuni con più di 5.000 abitanti.
Per Romagnoli misure così drastiche "comprimono il diritto costituzionalmente garantito a porsi candidato alla carica di deputato regionale, con palese disparità di trattamento per gli amministratori locali siciliani rispetto a quelli che svolgono analoghe funzioni nell'intero territorio nazionale".
Noi peraltro aggiungiamo che un tale provvedimento favorisce le clientele e i gruppi di potere concentrati intorno alla ristrettissima cerchia dei parlamentari siciliani, una élite sempre più ristretta e sempre più strutturata sull'ereditarietà familiare.
I commi 2° e 3° dell'art. 16 vengono impugnati per il medesimo problema, in quanto, introducendo un sistema sanzionatorio a carico dei partiti e dei movimenti politici che non abbiano osservato il principio dell'alternanza uomini donne, demanda al presidente della Regione il compito di stabilire con proprio decreto le sanzioni pecuniarie, consistenti nella decurtazione dai rimborsi per le spese elettorali previste dalla legge regionale n. 57 del 1999 a carico dei partiti trasgressori.
Si trattava in pratica di uno stratagemma per non intervenire affatto con norme sanzionatorie, dal momento che i rimborsi ai partiti sono definiti ed erogati dal presidente della Camera dei deputati sulla base di una procedura stabilita dalla legislazione statale, in nessuna parte suscettibile di interventi di competenza degli organi regionali, neanche dal presidente della Regione.
Dichiara Romagnoli: "è di tutta evidenza che la disposizione oggetto di censura, pone in essere un meccanismo senza rilevanza giuridica nei confronti dei destinatari trasgressori che, nonostante la violazione di legge regionale, continueranno a percepire i rimborsi per le spese elettorali sostenute direttamente erogati dalla Camera dei deputati".
Il Commissario dello Stato ha impugnato anche gli artt. 36 e 37 che introducevano l'Istituto della "supplenza temporanea nelle cariche elettive di deputato regionale e di consigliere comunale e provinciale". Con questo nuovissimo artifizio i deputati che assumono la carica di assessore regionale venivano temporaneamente sospesi dalle funzioni di parlamentare regionale alla data di nomina e per tutta la durata dell'incarico di componenti del governo e sostituiti, per lo stesso periodo, nelle funzioni di componente dell'Assemblea dal primo dei non eletti della medesima lista e circoscrizione elettorali.
Tale artifizio, però, introduce un principio che non è riscontrabile né nelle leggi siciliane né nella Costituzione italiana. Si trattava evidentemente di un altro tentativo sottobanco atto al consolidamento delle clientele ruotanti attorno alla carica di parlamentare.
Lo stesso parametro di costituzionalità sostiene la censura dell'art. 35: la norma che introduce l'assegnazione dei seggi parlamentari ai deputati presenti nel listino regionale legato al presidente, della cui censura abbiamo già parlato precedentemente.

La subalternità di PRC, PdCI e Verdi ai DS
Nonostante gli evidenti elementi di incostituzionalità denunciati dal Commissario dello Stato, il 14 settembre il Parlamento siciliano approva, con il voto favorevole dei DS e della Margherita, l'ordine del giorno che autorizza Cuffaro a promulgare e pubblicare la controriforma elettorale, nella parte non impugnata dal Commissario dello Stato. Il 12 novembre la legge viene ripubblicata senza il Titolo II. A decorrere dal 15 novembre PRC, PdCI, Verdi, Italia dei Valori, SDI e Radicali italiani ufficializzano l'avvio della raccolta di firme per il referendum sul testo della legge, come pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana n. 48 del 12/11/04.
Fatta salva la solidarietà del PMLI ai partiti minori parlamentari colpiti da tale controriforma e il nostro appoggio al referendum, è necessario far notare che, nonostante tutto, la politica di subal-ternità di tali partiti ai DS continua.
Il PRC nella speranza di una remota possibilità di appoggio da parte dei DS nelle urne al referendum, o nella altrettanto remota possibilità di una ridiscussione in aula della norma che prevede lo sbarramento, continua a seguire la dittatura del segretario regionale dei DS Antonello Cracolici, il quale ha preteso da Rifondazione lo slittamento a metà febbraio della discussione sulla mozione di sfiducia al governatore Cuffaro. Eppure la vicenda dell'approvazione della controriforma e della sua promulgazione dovrebbe avere reso evidentissimo ai suddetti partiti quello che più volte il PMLI ha denunciato, ovvero l'esistenza in Sicilia di un processo di involuzione neofascista ed esplicitamente filomafiosa nelle leggi regionali voluto da Cuffaro, ed appoggiato da buona parte del "centro-sinistra".
Più volte abbiamo lanciato appelli a non lasciarsi irretire dal progetto reazionario e filomafioso delle controriforme istituzionali e costituzionali portate avanti dal governo Cuffaro. Più volte abbiamo denunciato che l'accettazione da parte di Rifondazione della supposta necessità di avviare le "riforme" istituzionali e costituzionali in Sicilia e l'attiva partecipazione al dibattito e ai progetti di "riforme" avanzati dal "centro-destra" era una pericolosissima copertura a sinistra della natura neofascista del processo medesimo. Ci dispiace seriamente che della pericolosità di questo processo PRC, PdCI, Verdi, ecc., abbiano dovuto prendere coscienza solo dopo lo sbarramento elettorale del 5%. Peraltro appare abbastanza contraddittorio il fatto che, da un lato, Rifondazione in Sicilia si batta per l'abrogazione dello sbarramento del 5%, contenuto nella controriforma regionale, e poi a livello nazionale chieda il sistema proporzionale con lo sbarramento del 5%.

L'appoggio del PMLI al referendum abrogativo
Il PMLI, per quanto riguarda i sistemi elettorali borghesi, da quello nazionale a quelli regionali, comunali e provinciali è per il proporzionale puro e contro ogni forma di sbarramento. Il "Nuovo Programma d'azione" del PMLI all'art. 18, chiede infatti "l'abrogazione di tutte le leggi che hanno trasformato il sistema elettorale italiano da proporzionale a maggioritario uninominale, sia per le consultazioni politiche nazionali, sia per quelle regionali, provinciali e comunali". E all'art. 19 chiede di "Abrogare le leggi che permettono l'elezione diretta dei presidenti delle giunte regionali, di quelle provinciali e dei sindaci".
Non è dunque da oggi che ci battiamo contro ogni forma di restrizione del diritto di voto. L'appoggio al referendum contro la controriforma neofascista e presidenzialista del sistema elettorale siciliano è quindi pienamente in linea con le nostre rivendicazioni politiche ed elettorali. Ai marxisti-leninisti interessa che le masse popolari possano avere il massimo dei diritti democratici borghesi che il sistema capitalistico può loro consentire. La lotta per l'abrogazione tramite referendum della controriforma elettorale siciliana è, dunque, per i marxisti-leninisti una lotta progressista, antifascista e antimafiosa. Manteniamo tuttavia ferma la nostra posizione elettorale astensionista, che va intesa come un voto dato al PMLI e al socialismo. Una posizione che è tattica, non di principio. Il che significa che è valida oggi, ma che potrebbe essere rivista mutando la situazione e le circostanze politiche.
Non abbiamo difficoltà a fare fronte unito con i partiti promotori e con quanti altri vorranno partecipare alla battaglia referendaria per abrogare la controriforma elettorale siciliana.
Per il PMLI la sostanza neofascista e filomafiosa della legge non risiede unicamente nello sbarramento del 5%, ma anche nel presidenzialismo, nel consolidamento della ristrettissima élite dei politicanti del parlamento siciliano e del connesso clientelismo mafioso a tutti i livelli istituzionali, nell'aumento della pressione mafiosa sull'elettorato siciliano che discenderà da questa legge, nell'abrogazione del proporzionale e nell'introduzione del premio di maggioranza, nell'aumento del quorum per la sfiducia al capo dell'esecutivo, per i criteri di discrezionalità a carico degli esecutivi introdotti dalla legge. Tutti elementi che la stragrande maggioranza del "centro-sinistra" non critica, anzi appoggia e, in alcuni casi, non vede proprio.
In questa ottica si comprende benissimo perché l'appoggio da parte del PMLI al referendum per l'abrogazione della controriforma elettorale è un appoggio strategico, che non pregiudica il nostro lavoro per la costituzione delle Istituzioni rappresentative delle masse astensioniste, anticapitaliste, antifasciste, antimperialiste e fautrici del socialismo, le Assemblee popolari ed i Comitati popolari.
Che si partecipi, quando e se sarà il caso, o non si partecipi, come è attualmente necessario, alle istituzioni rappresentative della borghesia, non bisogna mai coltivare alcuna illusione elettorale, parlamentare, governativa, riformista e pacifista. Le masse proletarie e popolari devono sempre fare affidamento sulla lotta di classe, sul loro Partito marxista-leninista, sulle loro istituzioni rappresentative, distinte, indipendenti e antagoniste a quelle borghesi, stando all'opposizione dei governi borghesi comunque denominati.
Solo così è possibile difendere i propri interessi di classe, migliorare le proprie condizioni di vita e di lavoro e avanzare di tappa in tappa verso l'agognata mèta dell'Italia unita, rossa e socialista.

PARTITO MARXISTA-LENINISTA ITALIANO
Sicilia
Palermo, 11 gennaio 2005