Il forte astensionismo infligge un colpo durissimo alla legittimití del presidente eletto, all'Assemblea regionale e ai suoi partiti
IN SICILIA ASTENUTO IL 40,4% DELL'ELETTORATO
L'uomo di Berlusconi, Cuffaro, batte il "Berlusconi di sinistra", Orlando. Disfatta del "centro-sinistra". Penalizzata Rifondazione che si era alleata con l'anticomunista Orlando. Flop di D'Antoni
COMPITO DEL PMLI E' QUALIFICARE SU UN PIANO ANTICAPITALISTA L'ASTENSIONISMO

Alle elezioni regionali siciliane del 24 giugno l'astensionismo registra un nuovo record: il 40,4% degli elettori ha infatti disertato le urne, votato nullo o bianco.
Esso è riuscito a tenere e persino a incrementare dell'1,3% il dato già da capogiro registrato alle regionali del 1996 quando l'astensionismo con un balzo di quasi 9 punti, rispetto al 1991, si era attestato al 39,1%. Rispetto alle politiche del 13 maggio scorso, l'incremento dell'astensionismo è del 4,2%, dunque si può dire che ha pesato meno in questa elezione il ricatto di "battere le destre". E ancor meno ha pesato là dove le condizioni economiche e sociali delle masse sono così cronicamente arretrate da non lasciare alcun spazio ai ricatti del "centro-sinistra".
è il caso di Enna e Caltanissetta, le province alle quali spetta la palma della disoccupazione e della povertà, dove l'astensionismo sfiora e supera addirittura il 50% (rispettivamente il 50,2% e il 48,4%). Ma anche di Ragusa e Siracusa, province che hanno subito la desertificazione industriale e dove l'astensionismo, non a caso, registra i maggiori incrementi rispetto alle regionali 1996 (rispettivamente con il +4,8% e il +5,1%), ma anche rispetto alle politiche 2001 (+13,4% e +11,4%).
Le sole province dove l'astensionismo registra un leggero segno negativo sono Agrigento (-0,7%) e Palermo (-1,6%). Per Agrigento si tratta di una diminuzione assai relativa e fisiologica, legata probabilmente a situazioni contingenti (si pensi per esempio alla questione dell'abusivismo edilizio) che non intacca il brillante risultato del 45,4%. A Palermo l'astensionismo, pur mantenendosi alla considerevole quota del 38,3%, cala rispetto alle regionali '96, soprattutto per effetto della diminuzione delle schede bianche e nulle, ma rispetto alle politiche del 13 maggio i non votanti crescono di ben il 7,4%, in buona media regionale.
In generale, in tutta la regione aumentano più i non votanti rispetto alle schede bianche e nulle. Infatti, mentre i non votanti aumentano rispetto alle passate regionali del 2,7%, le bianche e le nulle calano dell'1,4%.

UN RISULTATO NON SCONTATO
Un così forte astensionismo non era scontato. Il parlamento siciliano è il più importante parlamento regionale. Quest'anno in più vi era la novità dell'elezione diretta del presidente della Regione, il ricatto della nuova tessera elettorale, la presenza di una miriade di liste e di ben 1.160 candidati in lizza. Il risultato delle recenti elezioni politiche avevano poi caricato di un significato e di una portata del tutto eccezionale e di carattere nazionale questo appuntamento: il "centro-destra" era alla ricerca di conferme, il "centro-sinistra" di illusorie inversioni di marcia.
La verità è che entrambi i poli, così come il presidente eletto e l'intera Assemblea regionale siciliana (Ars) risultano delegittimati e puniti dal forte astensionismo. Anche se questo dato è stato praticamente ignorato dai mass media borghesi e l'"Unità" ha persino pubblicato, attribuendoli al ministero dell'Interno, dati sbagliati dai quali risulterebbe che i votanti sono aumentati rispetto al 1996.
L'uomo di Berlusconi, Salvatore Cuffaro, candidato del "centro-destra", è stato eletto presidente della regione da appena il 35,2% degli elettori che avevano diritto al voto. Il principale candidato battuto, Leoluca Orlando, che oltre ai partiti del "centro-sinistra" aveva imbarcato anche la lista Di Pietro e Rifondazione, ha raccattato appena il 21,8% degli elettori. Sergio D'Antoni, (il terzo candidato a presidente per Democrazia europea), ha fatto completamente flop attestandosi al 2,6%. Nessun partito ha superato il 10% dei consensi, salvo Forza Italia che si attesta al 14,1%.
Salvatore Cuffaro, ex assessore regionale all'agricoltura, ha battuto il suo vecchio compare di partito Orlando grazie ai voti del "centro-destra", ma grazie anche alla legittimazione del "centro-sinistra" e in particolare dei DS che l'hanno tenuto in giunta come esponente dell'Udeur dopo il "ribaltone" del novembre 1998. Lo ha ammesso lo stesso Claudio Fava, segretario dei DS siciliani in un'intervista a l'"Unità" del 26 giugno: "Il ribaltone con l'Udeur ci portò in eredità Cuffaro... Lo abbiamo legittimato come uomo di governo, di tutti i governi". Del resto lo stesso Cuffaro, in qualità di vicesegretario nazionale dell'Udeur, trattò per conto di Mastella l'accordo per la nascita del governo D'Alema e fino a qualche anno fa il "centro-sinistra" e lo stesso Orlando lo indicavano come futuro sindaco di Palermo.
A ben guardare, se si esclude l'astensionismo, l'unica a uscire vincente da questa competizione è la vecchia DC degli andreottiani, dei dorotei e poi delle sottocorrenti dei Mannino, dei Salvo, dei Nicolosi i cui protagonisti ed eredi erano distribuiti massicciamente in tutti gli schieramenti, compresi tutti e tre i candidati alla presidenza che vantano comuni radici e percorsi nella "balena bianca" siciliana.

LA DISFATTA DEL "CENTRO-SINISTRA" E DI ORLANDO
L'ex DC, ex retino, ex sindaco di Palermo, Orlando, è stato sonoramente bocciato dall'elettorato siciliano, persino a Palermo dove solo qualche anno fa era stato eletto al primo turno con percentuali altissime. Evidentemente la sua cosiddetta "primavera palermitana" si è dimostrata in realtà un gelido inverno per i siciliani. La proposta di Orlando che si è presentato come "il Berlusconi di sinistra", iperpresidenzialista e trasversalista è stata respinta dalla parte più consapevole e informata dell'elettorato del "centro-sinistra". Fra l'altro nella gravissima intervista rilasciata a "La Stampa" del 25 giugno, Orlando afferma: "Io sono il Berlusconi di sinistra. Il Berlusconi di Sicilia. Sono l'unico populista della sinistra italiana; un populismo della sinistra italiana; un populismo coniugato con i valori morali. Un populismo talmente radicato che ormai prescinde dal contatto fisico. Tipologicamente, ho tutto per sostituire il capo della mafia. Se vinco, prendo il posto di Bernardo Provenzano".
Non meraviglia dunque né la batosta subita da Orlando, né la disfatta del "centro-sinistra" e in particolare dei DS che perdono oltre 132 mila voti (-3,1%) rispetto al '96 e 39.298 voti (-0,9%) rispetto alle elezioni del 13 maggio, confermando in pieno il dato nazionale.
Il sostegno all'anticomunista Orlando ha penalizzato anche Rifondazione. Alla vigilia del voto, il cacasotto, imbroglione neorevisionista e trotzkista Bertinotti aveva ammesso che "Orlando non è comunista e non lo sarà mai. Noi saremo sempre una voce fuori del coro, una voce critica", aggiungendo però che "allo stesso tempo siamo pronti ad assumere le nostre responsabilità, ad essere una forza di governo" ("Liberazione", 21/6/01). Il risultato è che è stato abbandonato da quasi la metà dell'elettorato che aveva nel '96 e da un terzo di quello che aveva registrato appena un mese prima alle elezioni politiche.

QUALIFICARE L'ASTENSIONISMO
Anche i risultati siciliani confermano che il "voto di bandiera" è ormai residuale. Gli spostamenti che si sono registrati in un solo mese, dalle politiche del 13 maggio alle regionali del 24 giugno, dimostrano che gli elettori scelgono volta a volta in base al tipo di consultazione, al momento e alle circostanze politiche ed elettorali il proprio atteggiamento. Ciò vale anche per gli astensionisti di sinistra.
Una scelta fortemente condizionata dal volume di propaganda diretta o indiretta che i singoli candidati, i partiti e gli schieramenti del regime riescono a produrre attraverso i mille strumenti a loro disposizione e soprattutto gli immensi mezzi finanziari di cui dispongono.
Una situazione tipica delle competizioni elettorali borghesi, specie adesso che imperano il presidenzialismo e il maggioritario della seconda repubblica, che penalizza se non addirittura soffoca la voce del partito del proletariato, incapace di poter mai competere ad armi pari con la potenza di fuoco propagandistica a disposizione dei partiti della destra e della "sinistra" borghese.
Anche per questo il terreno elettorale non potrà mai essere il principale e privilegiato terreno di scontro di classe. Al contrario la battaglia contro il parlamentarismo, l'elettoralismo e il partecipazionismo borghesi è una battaglia fondamentale e indispensabile per risvegliare la coscienza di quegli strati del proletariato e delle nuove generazioni che ancora sono influenzate e impantanate dai rinnegati del comunismo (DS) e dai falsi partiti comunisti (PRC e PdCI).
Attualmente l'astensionismo è in larga misura spontaneo, indipendente dal nostro invito che la stragrande maggioranza degli astensionisti non conoscono nemmeno. I compagni palermitani del PMLI hanno fatto quanto era possibile per propagandare l'astensionismo ma non sono riusciti a impedire che i manifesti del Partito venissero sopraffissi o strappati dalle forze parlamentariste.
Ad Acireale i nostri manifesti non si vedevano nemmeno perché c'è stato assegnato uno spazio dietro ai tabelloni.
Affinché l'astensionismo diventi una scelta consapevole e stabile occorre lavorare perché si qualifichi su un piano anticapitalista, ossia acquisisca una strategia, una linea e una direzione proletarie rivoluzionarie. E questo sarà possibile solo se le masse, soprattutto la parte più avanzata e cosciente del proletariato e delle masse, entreranno in contatto con la linea e la proposta strategica e tattica del PMLI, se faremo conoscere loro il nostro astensionismo marxista-leninista, la nostra proposta delle Assemblee popolari e dei Comitati popolari e se riusciremo a convincerle a farle proprie stringendosi al Partito come militanti e simpatizzanti.
Come abbiamo già sottolineato nell'importante commento apparso sul n. 22 de "Il Bolscevico" col titolo "Il paradosso elettorale": "è un lavoro lungo e difficile, ma saremo favoriti dallo sviluppo della lotta di classe e dall'autosmascheramento dei partiti che ancora godono della fiducia della parte più avanzata, attiva e combattiva delle masse".
La battaglia del PMLI per strappare la Sicilia al capitalismo, alla mafia e al sottosviluppo continua di pari passo con la guerra totale al governo del neoduce Berlusconi per l'Italia unita, rossa e socialista.