A Berlino
Nasce "Sinistra europea'' e Rifondazione trotzkista si rifonda a destra
Bertinotti fra i principali artefici. è composta da trotzkisti, comunisti revisionisti di destra, no-global, pacifisti, ecologisti, femministe. Il PdCI e altri partiti simili per ora stanno a guardare. Nello Statuto un attacco a Stalin e alla sua opera
La sua stella polare sono la non violenza e l'anticomunismo

Il 10 gennaio 2004, a Berlino, all'interno di un grigio "Preussische Landtag'', nella stessa stanza dove nella notte di capodanno del 1918 Rosa Luxemburg assieme a Karl Liebknecht fondò il partito comunista tedesco, è nato il nuovo partito della "sinistra europea'', l'European Left (EL, in sigla).
Alla riunione erano presenti gli esponenti di 19 partiti europei di cui undici hanno sottoscritto subito l'appello fondativo. Ci sono gli spagnoli di Izquierda Unida, i francesi del PCF, i tedeschi della PDS, i greci di Sinapsymos e gli austriaci del KPO, la "sinistra'' lussemburghese, il partito comunista della Slovacchia, il partito socialdemocratico estone e due partiti cechi, il partito comunista della Boemia e della Moravia e infine, c'è Rifondazione di Bertinotti che è stato tra i principali artefici del nuovo partito.
Altri partiti, come il PdCI di Cossutta e Diliberto, che era presente solo come "osservatore'', i portoghesi, i greci del KKE e gli svedesi del PDS, potranno aderire in un secondo momento.
Ad aprile, data e luogo ancora da definire, ci sarà il congresso di fondazione. Per ora il nuovo partito sarà visibile solo nei simboli dei singoli partiti nazionali alle prossime elezioni europee.
Si tratta di un'accozzaglia di trotzkisti, comunisti revisionisti di destra, no-global, pacifisti, ecologisti, femministe pronti a sposare quello che è stato definito il "modello Bertinotti'', ossia un partito che di comunista non ha più niente, neanche il nome. Un partito "pluralista'', rivolto anche ai "non comunisti'' e aperto ai movimenti, all'ambientalismo e al femminismo. Insomma un nuovo partito della "sinistra'' borghese europea che si pone l'obiettivo di imbrigliare i fautori del socialismo, le nuove generazioni e il movimento no-global all'interno del capitalismo e dell'imperialismo europeo attraverso le sue istituzioni.
Ancora permangono dei contrasti, perché, come ha spiegato Bertinotti "In Italia siamo andati ancora più avanti di quanto accade nel resto d'Europa'', ossia la svolta a destra di Rifondazione è più avanzata e gli strappi con la tradizione del movimento operaio nazionale e internazionale hanno ormai aperto una voragine.
Bertinotti è comunque assai soddisfatto che nello statuto di EL (preambolo e 26 articoli) alla fine sia stato inserito il richiamo "contro lo stalinismo''. "Non è la proiezione di un nostalgico `da dove veniamo' - ha commentato da Berlino il segretario di Rifondazione - ma l'inizio di un nuovo percorso''. Il nuovo partito della "sinistra europea'' è infatti "una rottura di continuità con il passato, che non può limitarsi a rinnegare stalinismo e leninismo, ma che introduce la non violenza come elemento di riforma del comunismo medesimo''. La stella polare di EL sarà insomma la non violenza e l'anticomunismo.
Un partito che non solo rompe con lo "stalinismo'', ma anche con Lenin e quindi con tutto il pensiero e l'opera di questo grande maestro del proletariato come l'analisi dell'imperialismo, la rivoluzione proletaria, la dittatura del proletariato, la concezione bolscevica del partito. Dietro l'attacco a Stalin, in realtà si è sempre nascosto l'attacco a tutta l'ideologia del proletariato rivoluzionario, alla Rivoluzione d'Ottobre, alle guerre rivoluzionarie e di liberazione, insomma all'essenza stessa del comunismo.
Il richiamo a Marx non significa nulla, dal momento che tale linea e strategia negano i principi fondamentali espressi da Marx ed Engels nel "Manifesto del Partito comunista'' e nelle loro opere successive. Anche Saragat, che pure stava a destra di Nenni e di Craxi, compì nel 1947 la scissione a destra del PSI (dando vita al PSLI, poi PSDI) proprio in nome di Marx e dell'anticomunismo.

A LEZIONE DALL'ANTILENINISTA ROSA LUXEMBURG
A sottolineare simbolicamente la rottura del nuovo partito con la tradizione bolscevica c'è anche il pellegrinaggio che tutti i suoi leader, con in testa Bertinotti, hanno fatto il giorno successivo alla tomba di Rosa Luxemburg che com'è noto si oppose a Lenin principalmente su due questioni fondamentali, ossia la concezione del Partito - e in particolare sul suo ruolo di avanguardia del proletariato e il centralismo democratico - e la dittatura del proletariato, arrivando a teorizzare una democrazia al di sopra delle classi e persino la non violenza in nome dell'antimilitarismo e del pacifismo. "è difficile trovare un'immagine più pulita e indiscutibile, priva di ogni elemento negativo, di quella di Rosa Luxemburg'', ha dichiarato commosso il segretario di Rifondazione.
Il nuovo partito della "sinistra europea'', che pure è ancora sulla carta, si è già dato un appuntamento fisso: si riunirà ogni seconda domenica di gennaio per partecipare al tradizionale omaggio alla Luxemburg. L'idea, manco a dirlo, è di Bertinotti.

LE TAPPE DELL'ABIURA DEL COMUNISMO
La nascita di EL sembra essere l'epilogo della ricerca della "nuova identità'' del PRC, ossia la sua rifondazione a destra, come da tempo Bertinotti va predicando e sta preparando.
Un processo iniziato in particolare a partire da Livorno, il 21 gennaio 2001 in occasione della celebrazione dell'80° anniversario del PCI revisionista organizzata da Rifondazione. In quell'occasione Bertinotti, infatti, liquidò come "tragedie'' i capisaldi fondamentali del comunismo come la Rivoluzione d'Ottobre, la dittatura del proletariato e Stalin e dichiarò "davvero conclusa'' l'esperienza del socialismo realizzato. Secondo questo imbroglione cacasotto, l'"ipotesi di conquista del potere statale'' non era "né plausibile né attuabile''. E questo non era che l'assaggio.
La "svolta'' fu sancita ufficialmente al 5° Congresso nazionale del PRC, nell'aprile 2002. Il Congresso taglia i ponti con l'esperienza storica del socialismo e con i grandi maestri del proletariato internazionale. Getta fango su Stalin, ma inizia a prendere le distanze anche da Lenin. Viene tolto dallo statuto l'obiettivo della "trasformazione in senso socialista della società e dello Stato'' al posto del quale viene posta la generica "trasformazione della società capitalistica''. La democrazia, ossia la democrazia borghese, viene assunta come "strategia''. Il "nuovo soggetto politico'' del cambiamento non è più la classe operaia, ma il "movimento dei movimenti''. Il partito diventa una componente del movimento, si subordina ad esso, si spoglia di ogni connotato bolscevico per assumere quelli del movimentismo, del femminismo, dell'ambientalismo. Il partito è solo il "trade union'' fra il movimento e le istituzioni, ossia il laccio per tenere legate le nuove generazioni e il movimento noglobal al capitalismo e alle istituzioni rappresentative borghesi.
Questa "svolta'' si riflette in tutta la politica interna e internazionale. Mentre le bombe e i missili mettono a ferro e fuoco l'Iraq, Bertinotti dichiara che occorre "bandire dall'interno del movimento per la pace ogni forma di protesta violenta'', e che va considerato "legittimo'' il governo Berlusconi, la cui eventuale crisi va "determinata'' in sede politica (Liberazione del 21 marzo 2003).
L'approdo pacifista e non violento spinge Bertinotti a prendere le distanze anche dalle guerre giuste e di liberazione, come quella palestinese e la resistenza irachena. Va alle sinagoghe, grida dalla tribuna del 5° congresso, "siamo tutti ebrei'', piange i morti di Nassiriyah riconducendo ogni violenza al binomio guerra-terrorismo.
Senza contare gli elogi al papa nero Wojtyla nell'anniversario del suo pontificato e la riabilitazione della religione che secondo Liberazione, per la penna della trotzkista lussemburghiana Rina Gagliardi (una delle principali supporter del segretario), "non è più l'oppio dei popoli''.
Durante il suo viaggio elettorale in Friuli-Venezia Giulia, nel giugno dell'anno scorso, va su tutte le furie vedendo in una sede del PRC di Udine un ritratto di Stalin: "Se c'è una cosa che mi fa imbestialire - commenta - è vedere nelle nostre sedi l'effige di Stalin, non dobbiamo nulla a lui e non dobbiamo prendere nulla da lui''.
Questo episodio fa rilevare a Bertinotti che il "processo di innovazione'' non è stato compiuto fino in fondo. Nel Cpn del giugno 2003, quello che sancirà la svolta del PRC verso l'alleanza governativa con l'Ulivo e Di Pietro, si dice ancora insoddisfatto dei passi compiuti dopo il 5° congresso. Prospetta "una nuova forma organizzativa'' che possa colmare il "deficit di innovazione'' e portare a "un partito che stia al di là dell'esperienza del '900''.

L'APPRODO ALLA NON VIOLENZA E ALL'ANTICOMUNISMO
Bertinotti inizia così a infilare una dopo l'altra le perle del suo rosario anticomunista fino a giungere a sposare le tesi dei fascisti sulle foibe e ad attaccare la Resistenza e i partigiani in un convegno organizzato dal PRC veneto a Venezia il 13 dicembre scorso. In quella sede afferma che "le foibe sono una tragedia terribile che non ha giustificazioni'' e passa quindi ad attaccare la Resistenza: "Abbiamo vissuto per tanti anni pensando che la nostra parte fosse quella giusta. L'abbiamo angelicata pensandola come la guerra dei giusti. Invece ci sono delle zone d'ombra che oggi è necessario rimediare in maniera critica''. Concludendo quel famigerato convegno Bertinotti sancisce l'abiura del comunismo e assume definitivamente la non violenza assoluta come strategia.
Un'abiura documentata anche da un'intervista rilasciata a la Repubblica del 27 dicembre 2003 che non a caso l'ha titolata "La Bad Godesberg di Bertinotti''. Il riferimento è al Congresso di Bad Godesberg, nel 1959, in cui il partito socialdemocratico tedesco ruppe definitivamente col marxismo e con il socialismo proclamandosi non più partito di classe ma popolare.
L'addio di Bertinotti al comunismo viene salutato e incoraggiato dalla "sinistra'' borghese e per primo viene benedetto dal suo maestro trotzkista Ingrao in un'intervista rilasciata il 7 gennaio 2004 a Liberazione che la titola così: "Ingrao: Bertinotti rompe uno schema''.
Bertinotti ripercorre nella sostanza la strada dei rinnegati del comunismo. Anche la svolta della Bolognina di Occhetto fu preparato da una campagna revisionistica di criminalizzazione della Resistenza e dei partigiani. Allora questo rinnegato trotzkista utilizzò il cosiddetto "triangolo della morte'', oggi Bertinotti usa le foibe.
Quest'ultimo, che peraltro aveva partecipato alla liquidazione del PCI e alla fondazione del PDS, uscendone solo dopo due anni, celebrando i suoi dieci anni di segreteria del PRC e annunciando che non farà "il segretario a vita'' (dando a intendere che altre potrebbero essere ora le sue ambizioni), vuole arrivare a lasciare un partito completamente spogliato di qualsiasi connotato anche solo formalmente comunista.
Proprio il giorno dell'80° anniversario della scomparsa di Lenin, Bertinotti ha rilasciato al compiacente il manifesto e a un ossequioso Valentino Parlato, trotzkista storico e antimarxista-leninista, un'intervista che rivela completamente e apertamente la natura della svolta del PRC. "Penso - ha detto Bertinotti - che non solo Lenin, ma tutti i grandi leader del movimento operaio del '900, siano morti e non solo fisicamente. Oggi sarebbe grottesco richiamarsi all'uno o all'altro''. E ancora: "Vorrei vederlo in faccia uno che oggi dica: voglio fare un partito marxista o leninista e che voglia mettere questa definizione nel suo statuto''. Bertinotti, ovviamente, fa subdolamente finta di non sapere che questo partito in Italia c'è già, ed è il PMLI. E che ci ha visti bene in faccia.
La rinuncia al partito bolscevico è connessa alla rinuncia al socialismo. Se l'obiettivo non è più la conquista del potere politico da parte della classe operaia, che per noi marxisti-leninisti resta la madre di tutte le questioni, a cosa serve un partito bolscevico? E infatti Parlato, a proposito della società futura che prospetta Bertinotti domanda: "Una società diversa dentro la stessa forma di Stato?''; risposta: "Esattamente e che svuota dall'interno il potere arbitrario dello Stato. è la questione dell'immissione nella società di elementi di socialismo''. Ma questo prima di Bertinotti non lo avevano detto Kautzki, Bernstein, Turati, Gramsci, Togliatti, Saragat e Berlinguer, senza parlare di Cossutta e Diliberto?
E siamo così all'accettazione della democrazia borghese come valore assoluto. Siamo alla trasformazione del PRC in un partito liberale di "sinistra''.
Se ne è accorta persino la destra borghese che plaude a questa netta trasformazione. Il Giornale berlusconiano del 26 gennaio 2004 ha titolato un fondo di prima pagina di Massimiliano Lussana (tirapiedi di Berlusconi e grande estimatore di Bertinotti), "Rifondazione anticomunista'' ripercorrendo una per una le tappe dell'abiura del comunismo.
Quando nel 1991 nacque il PRC noi marxisti-leninisti, analizzando da un punto di vista di classe la sua natura ideologica, la sua linea politica e pratica sociale, il suo gruppo dirigente, lo denunciammo come un'operazione controrivoluzionaria e antimarxista-leninista, una trappola per catturare le forze che si erano liberate a sinistra con la liquidazione del PCI e impedirne l'incontro con il partito del proletariato, il PMLI (vedi Il Bolscevico n. 46/1991).
Allora molti fautori del socialismo credettero davvero che quello sventolio di bandiere rosse e quel nome fosse garanzia di poter proseguire la lotta contro il capitalismo e per una nuova società socialista. Purtroppo non avevano compiuto, e il PRC ha impedito loro di compiere, un bilancio profondo dell'esperienza della storia del PCI revisionista e di tutta la storia del movimento operaio nazionale e internazionale per trarne i dovuti insegnamenti. Sono stati quindi di nuovo ingannati e strumentalizzati e oggi a ragione in gran parte stanno esprimendo alla direzione del proprio partito la propria contrarietà e avversione. Ma non basta. Come hanno avuto il coraggio di non seguire i rinnegati del comunismo nella deriva del PDS, essi devono fare altrettanto con la deriva anticomunista a cui li sta conducendo il PRC.
Un partito che già nel 1991 avvertimmo essere presumibilmente "un partito temporaneo che finirà presto o tardi con l'autoliquidarsi''. Il che sta puntualmente avvenendo come dimostra la nascita stessa della "Sinistra europea''.