Prosegue lo smantellamento del Sistema sanitario nazionale (le tappe dello smantellamento)
Sirchia insiste: bisogna restaurare le mutue

Il ministro della Salute Girolamo Sirchia è tornato all'attacco e punta nuovamente a sondare il terreno per attuare il suo piano di restaurazione delle mutue (abolite nel 1978) che sostituiscano il sistema sanitario nazionale.
Ricordiamo che secondo il suo progetto definito nel Documento di programmazione economica e finanziaria (Dpef) dello scorso anno e che il governo ha poi lasciato in cantiere, le mutue e le assicurazioni dovranno riguardare gli anziani, i malati cronici e i disabili, dovranno essere gestite dalle Regioni, dai sindacati o dalle categorie professionali; saranno raggruppate per categorie professionali o di imprese e pagheranno per i ricoveri in casa di riposo, per l'assistenza domiciliare e per le cure mediche.
Per spiegare il meccanismo neocorporativo di funzionamento delle casse mutue, o fondi socio-sanitari come preferisce chiamarle, per la non autosufficienza Sirchia aveva dichiarato: "Chi lavora rinuncia a un giorno lavorativo, il datore di lavoro ci mette il corrispettivo e si formano questi forzieri cui, quando una persona diventa non autosufficiente, il governo può ricorrere per la copertura del servizio". In un'intervista dello scorso 15 giugno ha però prospettato anche un'altra ipotesi dicendo di voler introdurre casse mutue e fondi assicurativi quali strumenti di accesso e di finanziamento alle prestazioni dell'attività privata intramoenia degli ospedali pubblici. In poche parole Sirchia vuole che solo chi ha una polizza assicurativa sanitaria possa accedere alle prestazioni specialistiche, gestite in forma privatistica, delle strutture ospedaliere pubbliche.
Se queste sono le indiscrezioni trapelate sulla stampa è vero anche che il ministro ha deciso di tenere fino all'ultimo le carte coperte sull'impianto generale, e non è ancora chiaro su quale forma mutualistico e/o assicurativa punti il governo, né cosa intenda presentare al Parlamento nero a breve termine. Se cioè vuole presentare il piano controriformatore con una legge-delega, se vuole che le mutue per la non autosufficienza finiscano agganciate alla controriforma pensionistica invocata dalla Ue o se invece ha intenzione di liberalizzare mutue e assicurazioni con una tattica a macchia di leopardo, dando, per esempio, la possibilità di inserirle nei prossimi contratti di lavoro. Probabilmente sta attendendo il ritorno degli ispettori ministeriali che sono già all'opera nelle varie Regioni per raccogliere i dati di chi accede e di come si accede al Servizio sanitario, del monitoraggio delle liste di attesa e soprattutto dei Lea (livelli essenziali di assistenza).
Alcuni intenti però sembrano assodati. Il primo è che alle mutue e assicurazioni, coerentemente con quanto prescrive il dogma ultraliberista della "libertà di scelta dei cittadini", si iscriverà solamente chi lo desidererà (saranno cioè volontarie) e potranno essere pagate con contributi detratti o dalla busta paga o dai redditi, in cambio di deduzioni fiscali o bonus. Nello specifico, per incentivare il processo di restaurazione del sistema della mutualità privatistica e assicurativa, si pensa sia ad aumentare il grado di deducibilità delle assicurazioni dalle dichiarazioni dei redditi sia ad ampliare il ventaglio delle prestazioni sanitarie accessibili alle mutue private. Chiarisce questo concetto della volontarietà la senatrice di Forza Italia Laura Bianconi, membro della 12¨ Commissione permanente (Igiene e sanità) del Senato: "la base irrinunciabile è che chiunque partecipa a una forma di mutualità, minimale, ampia o totalizzante (solo per la diagnostica, in previsione di ricoveri o interventi particolari ecc.) abbia la libera scelta, questo è il caposaldo ineludibile. Non è la mutua che mi indirizza a quell'ambulatorio, a quel laboratorio, a quell'ospedale, ma la libera scelta della persona di poter accedere al servizio". Il secondo, ancor più grave, è che mutue e assicurazioni private saranno "sostitutive" del Ssn; cioè non si limiteranno a integrare le prestazioni del Servizio sanitario nazionale (come già anticipato dalla controriforma Bindi, che per i fondi integrativi prevedeva una detassazione, negandola invece a quelli sostitutivi), ma tenderanno a sostituirvisi.
L'obiettivo strategico del governo è, partendo dall'espansione delle mutue "integrative", di creare una sanità mutualistica-assicurativa "sostitutiva" parallela e in concorrenza con una sanità "pubblica", viceversa sempre più ridotta e residuale.
Non bisogna illudersi che una restaurazione generalizzata delle mutue sia un processo lento perché il governo sa bene, come per l'attacco all'articolo 18, che una volta aperta anche una piccola breccia in un pilastro portante del Ssn, già abbondantemente picconato dall'attuale e dai precedenti governi, questo è destinato rapidamente a crollare.
Già lo scorso anno di fronte alle proteste che si sono levate dai lavoratori della sanità e dai sindacati per l'annuncio dell'avvio di questa gravissima e devastante controriforma sanitaria il ministro della Salute, Girolamo Sirchia, si era affrettato a precisare che non intende intaccare il Servizio sanitario nazionale e che si tratta solo di una sperimentazione in via di definizione che riguarda anziani e malati cronici. Ma è evidente che non sarà così. La categoria dei commercianti, secondo quanto dice lo stesso ministro, si è già detta "molto interessata alle polizze" e questo lasciano intendere anche le dichiarazioni di Giuseppe Vegas, sottosegretario all'Economia: "Per garantire un buon servizio a tutti bisogna allargare i mezzi di finanziamento e di erogazione: non può esserci solo l'operatore pubblico, ma devono esserci diversi operatori possibilmente in concorrenza tra di loro". Quali? "Grande libertà", afferma il vice di Tremonti, "Fondi sostitutivi oppure integrativi: bene comunque. Purché inizi il processo per cui chi può si paghi una polizza, in cambio della detassazione." E gli altri? La risposta è secca: "Servizi base", ossia elemosina statale all'americana.
Il ministro Sirchia continua ad usare prudenza e cerca di tranquillizzare affermando di volersi ispirare al modello tedesco. Ma anche su questo punto mente sapendo di mentire poiché in Germania, il sistema sanitario è si fondato sulla mutue, ma su mutue che sono obbligatorie e finanziate da lavoratori e padroni. Non certo su mutue e assicurazioni su base volontaria, come proposto per l'esperimento italiano. Le differenze ancora una volta emergono dalle parole del sottosegretario alla Sanità che afferma: "Introdurre l'obbligatorietà delle mutue per i lavoratori significherebbe o incidere sul costo del lavoro (come accade in Germania, ndr) oppure far carico sulla leva fiscale: due strade che il governo in carica non può e non vuole prendere in considerazione" e dello stesso Sirchia che sostiene: "non pensiamo di prevedere la partecipazione al fondo mutualistico dei datori di lavoro, non vogliamo gravare sulle imprese".
La verità è che il governo Berlusconi e il ministro della Salute privata Sirchia sembrano essere intenzionati ad andare ben oltre un modello di controriforma alla tedesca per allinearsi più che altro al peggiore modello di sanità esistente per le masse popolari: quello ultraliberista americano.

Vogliono demolire il Sistema sanitario nazionale
Ormai è chiaro che la parola d'ordine e il programma dei ministri del governo del neoduce Berlusconi (dalla Moratti a Sirchia, da Tremonti a Lunardi e Matteoli) è: distruggere tutto ciò che di pubblico si può distruggere, privatizzare tutto il privatizzabile.
Per quanto riguarda le mutue e le assicurazioni sostitutive proposte dalla sanguisuga Sirchia sono con tutta evidenza e di fatto un grimaldello per far saltare i fondamenti universalistici su cui si basano i servizi sanitari pubblici previsti dall'articolo 32 di una Costituzione che è ormai carta straccia per il governo del neoduce Berlusconi e non solo. L'obiettivo non dichiarato è la disarticolazione del Sistema sanitario nazionale e la completa privatizzazione della sanità.
Quello che si delinea, infatti, è un sistema in cui i ricchi pagheranno polizze più o meno alte e si vedranno assicurata un'assistenza più o meno di "qualità", mentre i poveri dovranno accontentarsi di quello che potrà concedere loro un servizio pubblico sempre più privo di fondi e quindi, sempre più residuale. Il fatto che le casse mutue e le assicurazioni di malattia potranno essere non solo "integrative" ma anche "sostitutive" del sistema sanitario nazionale significa infatti che chi deciderà di servirsi delle mutue e non del sistema pubblico potrebbe chiedere, e con tutta probabilità chiederà, di non pagare più il Sistema sanitario nazionale. Con l'instaurazione del sistema mutualistico sostitutivo quindi una fascia sempre più ampia di lavoratori dipendenti e autonomi (e di padroni) uscirà dal Ssn e ciò comporterà inevitabilmente il depauperamento ulteriore del Fondo sanitario nazionale (finanziato per il 60% dai contributi del lavoro dipendente), e la nascita al suo posto di nuovi fondi assicurativi sociali nazionali, regionali o categoriali per lo più privati e separati per settore d'intervento. Le prestazioni che vengono via via escluse dai "livelli minimi essenziali di assistenza" del Ssn, a cominciare dall'intero settore dell'assistenza socio-sanitaria, entreranno automaticamente nell'orbita di mutue e polizze sanitarie. I "livelli minimi essenziali di assistenza (Lea)" garantiti dal sistema pubblico e il parallelo sistema mutualistico-assicurativo privato varieranno da Regione a Regione, aumentando il divario in campo sanitario tra quelle povere e quelle ricche, tra il Sud e il Nord del paese. Insomma assisteremo da ogni angolo visuale alla polverizzazione e frantumazione del Sistema sanitario nazionale e alla deregulation più selvaggia delle mercato delle prestazioni sanitarie.
Come diversi servizi precedentemente a gestione pubblica, anche il Sistema sanitario nazionale è entrato in pieno nel mirino dei cecchini del governo, nel quadro del progressivo smantellamento dello "Stato sociale". Stando così le cose la sanità pubblica è condannata ad un processo di rapida demolizione con privatizzazione ed esternalizzazione dei servizi, quella privata invece può sognare profitti favolosi con mutue, assicurazioni e strutture private che sono già pronte a tuffarsi nel grande affare e a mettere le mani sulla cura e riabilitazione di anziani e malati cronici.
Per immaginare cosa concretamente accadrà se dovesse passare il piano Sirchia bisogna fare un doppio salto temporale e spaziale, un salto all'indietro nel tempo, non tanto alle associazioni ottocentesche di mutuo soccorso, quanto al sistema mutualistico mussoliniano e un salto oltreoceano nel "sistema sanitario" americano dove chi non può assicurarsi non ha assistenza sanitaria e chi può è imbrigliato nella rete di mercato degli speculatori delle assicurazioni e delle strutture private il cui unico scopo è il massimo profitto.
I propositi neofascisti, ultraliberisti e controriformatori di Sirchia e le pronte mobilitazioni dei lavoratori del pubblico impiego e della sanità sono riusciti a scuotere la sonnecchiante Gloria Malaspina, responsabile del dipartimento politiche della salute della Cgil che così condanna la politica sanitaria del governo: "Ridurre i consumi pro-capite può solo significare tagliare le prestazioni diagnostiche, terapeutiche e farmaceutiche, riducendone l'accesso da parte dei cittadini attraverso il Servizio sanitario nazionale. Dietro alle parole enfatiche del governo l'unica realtà concreta è data dalla volontà di tagliare la spesa sanitaria adottando politiche economiche finalizzate a ridurre il consumo pro-capite. In sintesi, il disegno del governo è: `più mercato in sanità'! ... e ne faranno le spese in primo luogo le fasce `deboli' della popolazione, a partire da quegli anziani che si dice di voler tutelare...La `libertà' di scegliersi l'assicurazione alla propria portata dividerà anche il mondo del lavoro, tra coloro che hanno un lavoro stabile e opportunità negoziali per introdurre la partecipazione a mutue aziendali o di settore e coloro che sul mercato del lavoro non hanno alcun potere contrattuale e sono ad oggi oltre 6 milioni di lavoratori".

Estendere la mobilitazione in difesa del Ssn
Questo disegno politico neofascista, ultraliberista e federalista deve essere fortemente contrastato da un'altra politica sindacale, di classe, che rompa, partendo da una grande mobilitazione in difesa del Ssn e per affossare la controriforma Sirchia e per il contratto di lavoro di categoria, con le politiche concertative di questi anni. In questo senso un ruolo particolarmente importante spetta ai militanti marxisti-leninisti impegnati nel sindacato. Una politica sindacale che contrasti con forza e con tutti i mezzi a disposizione la restaurazione della mutue, nonché i processi in atto di privatizzazione ed esternalizzazione dei servizi pubblici e quindi il mercato delle prestazioni sanitarie; che a partire dalle lotte popolari contro i ticket, le chiusure degli ospedali e dei servizi rilanci la lotta che riporti al centro la gratuità delle prestazione e l'universalità del diritto alla salute, e disponga di strutture capillari di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione su tutto il territorio nazionale e sia finanziata tramite la fiscalità generale.
Considerata la relazione diretta tra le condizioni di lavoro del personale sanitario e l'efficacia dell'intervento sanitario (infatti la riduzione degli infortuni per gli operatori sanitari e del rischio di errore per i pazienti è strettamente correlato alle condizioni di lavoro del personale), tale relazione deve essere assunta quale base programmatica per un raccordo sempre più urgente tra i lavoratori della Sanità e le masse popolari nella difesa del Sistema sanitario pubblico, fino a porre, come rivendicazione il controllo dei lavoratori e delle masse popolari sul Sistema sanitario nel suo complesso, sugli orientamenti della ricerca biomedica e tecnologica.
Le condizioni di lavoro si difendono solo se si sviluppa un netto contrasto delle politiche di frammentazione e moltiplicazione dei livelli degli operatori sanitari, della flessibilità e della precarietà per i nuovi assunti, rilanciando la lotta per nuove assunzioni e per la stabilizzazione dei precari. La difesa delle condizioni di lavoro deve essere connessa ad una politica salariale unificante ed adeguata all'inflazione reale. L'attività privata, intra ed extramoenia, sia del personale medico in particolare che sanitario in generale, deve essere contrastata, essendo una delle cause assieme ad altre, tra cui il blocco delle assunzioni, dell'allungamento delle liste di attesa aprendo, in connessione con le lotte popolari, una campagna per l'azzeramento delle liste di attesa e per lo sblocco delle assunzioni.
Fermo restando la difesa del Sistema sanitario nazionale pubblico contro i processi di privatizzazione ed esternalizzazione, è necessaria anche l'organizzazione dei lavoratori della Sanità del settore privato evitando contrapposizioni e divisioni tra lavoratori. I lavoratori della Sanità privata devono essere garantiti nei loro diritti sindacali e salariali, dentro una prospettiva contrattuale unica di tutti i lavoratori della Sanità, fino a rivendicare, in particolare nei casi di ristrutturazione, la riconversione pubblica sotto controllo dei lavoratori di tutta la Sanità "pubblica" e privata.
Ma al centro della lotta va posto l'obiettivo che oggi è assolutamente prioritario: buttare giù con la lotta di classe, di massa e di piazza il governo del neoduce Berlusconi.