In pochi anni ha fatto man bassa di poltrone e ha conquistato i posti chiave nelle stanze dei bottoni (Alcune cifre)
Il sottogoverno della Lega Nord
"Ci prenderemo le banche del Nord, la gente ce lo chiede e noi lo faremo", proclamò il caporione della Lega neofascista, secessionista e razzista Bossi dopo essersi preso il Piemonte e il Veneto alle ultime regionali, e così è stato. A distanza di pochi mesi i suoi uomini sono saldamente piazzati nelle fondazioni che controllano le più importanti banche del Piemonte e del Lombardo-Veneto. Ma non solo. In pochi anni, con un'accelerazione significativa negli ultimi mesi che va di pari passo con l'indebolimento del PDL, la Lega ha conquistato un numero considerevole di poltrone e di posti chiave in molte aziende ed enti pubblici, e non soltanto nelle regioni del Nord ma anche a livello centrale, nella "Roma ladrona" tanto vituperata quando parla alla pancia del suo elettorato "padano", quanto ambìta e utilizzata quando si tratta di arraffare soldi e posti di governo e sottogoverno.
Oggi la sua rete di potere, soprattutto territoriale ma con significativi progressi anche a livello nazionale, comincia a contendere seriamente terreno all'egemonia berlusconiana e a impersonare e riprodurre, sempre di più e meglio del PDL, il vecchio sistema di potere della Democrazia Cristiana. Approfittando del vento in poppa elettorale e della crisi interna al PDL conseguente alla contesa tra Berlusconi e Fini per l'egemonia della destra, la Lega ha intensificato infatti la sua marcia silenziosa verso l'occupazione di posti chiave non solo nelle fondazioni bancarie del Nord ma anche nella Rai e nei consigli di amministrazione dei grandi enti pubblici, Eni, Enel, Finmeccanica, Autostrade, Aeroporti, Asl e in tutte le più appetitose partecipate di Comuni e Province, mentre in poco tempo ha messo in piedi una parentopoli per distribuire posti e stipendi milionari a mogli, figli, cognati e amici da far impallidire per rapidità, capillarità ed efficienza ogni altro esempio precedente. Una rete che, come risulta dalla mappa pubblicata di recente dal settimanale "L'Espresso" che riportiamo a parte, fa impressione a vederla tutta insieme.

Le mani della Lega sulle banche
Il caso Unicredit, con la defenestrazione di Alessandro Profumo in cui hanno avuto un ruolo centrale fondazioni bancarie come la Cariverona controllata dal neopodestà di Verona Flavio Tosi, è solo l'esempio più recente e clamoroso della strategia leghista che mira all'occupazione del potere economico e finanziario, dopo quello politico. Dai tempi del maldestro esordio con la Credieuronord di Bossi, subito fallita per prestiti "facili" e col sospetto di riciclaggio, per non parlare del salvataggio coi soldi di Fiorani prelevati dai conti della Popolare di Lodi, la Lega si è fatta più scaltra e ha fatto molta strada, grazie anche all'alleanza di ferro con Tremonti che è il suo santo protettore in fatto di banche ed enti pubblici. È con Giancarlo Giorgetti, braccio destro di Bossi per la Lombardia, che il ministro dell'Economia e delle Finanze ha concordato infatti la nomina di Massimo Ponzellini alla Popolare di Milano e la spartizione delle cariche nella Fondazione Cariplo, che controlla un'importante quota di Banca Intesa.
In Piemonte è Calderoli a guidare le danze, la cui consorte Gianna Gancia, presidente della provincia di Cuneo (a proposito, ma la Lega non voleva abolirle le province?) ha piazzato una sua collaboratrice, Giovanna Tealdi, nel Consiglio generale della Fondazione Caricuneo, socia dell'importante gruppo Ubi Banca. Nel Veneto sono il governatore Zaia e l'ambizioso Flavio Tosi a farla da padrone sulle nomine nel Consiglio di amministrazione della Fondazione Cariverona, che ha quasi il 5% di Unicredit e che ha avuto un ruolo di punta nella cacciata di Profumo, tanto da aver suscitato i malumori dei loro compagni di merende lumbard che l'hanno presa come un'invasione di campo.

...e sulle nomine negli enti pubblici che contano
Oltre alle banche anche sulla partita delle nomine il pressing della Lega si sta facendo sempre più insistente. La Lombardia è la regione dove più forte e senza esclusione di colpi si va facendo la concorrenza all'interno della stessa coalizione neofascista nero-verde che governa la Regione e il Paese, ovverosia tra Lega e PDL, per l'accaparramento delle poltrone che contano. Lo dimostra la progressiva erosione del potere un tempo incontrastato del ciellino Formigoni da parte dei suoi alleati leghisti, che ora gli contendono feudi fino a ieri esclusivi come la Fiera di Milano, dove sale di quota il vicepresidente Attilio Fontana, o come il colosso da 230 milioni di euro Lombardia Informatica, alla cui presidenza è arrivato Lorenzo Demartini; mentre un altro leghista ha ottenuto la vicepresidenza della Milano Serravalle, società che gestisce l'autostrada per Genova, una vera cornucopia di appalti miliardari. Poi c'è in ballo la sanità, dove entro l'anno dovranno rinnovarsi 45 posti direttivi tra Asl e Aziende ospedaliere, e la Lega punta al raddoppio delle sue poltrone a spese dei ciellini, che tre anni fa se ne erano aggiudicati i tre quarti.
Stessa musica in Piemonte, dove il governatore Cota ha lasciato all'assessore alla Salute, Caterina Ferrero (PDL) solo l'ordinaria amministrazione, ossia la gestione dei tagli, mentre per sé e i suoi accoliti si è tenuto la "Città della salute", ossia il ben più lucroso raddoppio dell'Ospedale delle Molinette. Così ha fatto anche con Finpiemonte, che si occupa prevalentemente di mutui agevolati e la cui presidenza ha lasciato al PDL, mentre ha messo un suo uomo, Paolo Marchioni, alla guida della Finpiemonte Partecipazioni, che è la vera gallina dalle uova d'oro con ben 33 partecipazioni in attività diverse.
In Veneto gli "Zaia boys" si stanno velocemente installando in tutti i posti che contano, in particolare nelle società che controllano le grandi infrastrutture: autostrade come la Brescia-Verona-Vicenza, andata al presidente della provincia di Vicenza Schneck, e la Veneto Strade, alla cui vicepresidenza è andato Leonardo Muraro, presidente della provincia di Treviso. Anche qui vale il discorso già fatto per la moglie di Calderoli. In Friuli il boss della situazione è Piero Fontanini, governatore dal 1993 e fedelissimo di Bossi, che ha sistemato il neopodestà di Azzano Decimo, Enzo Bortolotti, alla guida della ricca concessionaria autostradale Autovie venete, quella che gestisce un appalto di 2 miliardi di euro per la terza corsia dell'A4.
Infine c'è la partita delle nomine nazionali. Spigolando nella mappa de "L'Espresso" colpisce la crescente presenza della Lega in Rai, a cominciare dal vicedirettore generale Antonio Marano, passando per il vicedirettore di Rai2 e conduttore anti-Santoro, Gianluigi Paragone, per finire col capo dell'importante centro di produzione milanese Massimo Ferrario.
Come colpisce del resto la penetrazione del Carroccio negli enti di Stato come Enel, nel cui cda siede Gianfrancesco Tosi, che è anche presidente del Centro di cultura lombarda istituito da Formigoni; come Inail, con il leghista Mario Fabio Sartori; come Agea, l'agenzia che vigila sui contributi comunitari all'agricoltura, dove l'ex ministro Zaia, pur avendo ceduto il ministero al PDL Galan ci ha piazzato un suo fedelissimo, Dario Fruscio. Mentre da parte sua il lombardo Giorgetti è riuscito a piazzare il presidente della provincia di Varese, Dario Galli, nel cda di Finmeccanica, e lo psicoterapeuta Roberto Cadonati in quello di Cinecittà.

3 novembre 2010