SE LA MANCANZA DI MATERIE PRIME E' LA CAUSA DEL SOTTOSVILUPPO DEL SUD, COME POTRA' IL SOCIALISMO COLMARE IL DIVARIO COL NORD?

Cari compagni,
sono un simpatizzante di Modena del PMLI, studio economia, e vorrei avere delle risposte circa alcuni temi riguardanti le cause dell'allargamento del divario tra Nord e Sud.
Prima di tutto vorrei però dirvi che in vari convegni organizzati dalla mia facoltà e negli stessi corsi, viene messa in evidenza, tra le principali cause dell'arretratezza del Mezzogiorno, oltre che la malavita organizzata, la mancanza di materie prime. Tale mancanza spiegherebbe, secondo i nostri "rinomati'' professori, anche il motivo per cui molti imprenditori non investono al Sud.
Il Nord, a detta sempre dei nostri prof., è ricco di risorse produttive, e tale ricchezza costituita principalmente dalle materie prime, dà vita al forte tessuto industriale che conosciamo (grazie per esempio alla presenza di energia idroelettrica a Mirafiori è nata la Fiat, grazie all'abbondanza di argilla Sassuolo ha dato vita al distretto più importante del mondo per quel che riguarda le ceramiche).
Inoltre vi sono altri esempi pratici che dimostrano le cause dell'impoverimento delle regioni insulari, quali la Sardegna, che prima poteva fare leva sulle miniere, ma oggi grazie alla chiusura di queste ultime l'economia regionale è crollata, portando con sé un aumento enorme della disoccupazione. Anche in questo caso il mancato risveglio dell'economia sarda, che si sarebbe dovuto conformare alle esigenze di mercato, facendo un'analisi scientifico-economica è dovuta alla mancanza di materie prime, che avrebbero favorito l'industrializzazione, al momento della chiusura delle miniere.
Si parla inoltre di una fantomatica soluzione, ossia di investire al Sud tramite la famigerata "New Economy'', che non necessita né di materie prime, né di forti investimenti capitali. Ma questo nuovo tipo di economia è destinato comunque ai ricchi e di certo non al popolo.
In sintesi, mi chiedo, e principalmente, vi chiedo: visto che attualmente il divario economico tra Nord e Sud è dovuto alla mancanza di materie prime, come potrà il Socialismo garantire uguaglianza sociale, ed economica in primo luogo?
Vi ringrazio anticipatamente.
Coi maestri vinceremo!

Goffredo - Modena



Caro compagno,
come ben sappiamo l'Italia è fondamentalmente un paese trasformatore, e non produttore di materie prime. Anzi, per la verità, nell'economia di oggi ciò vale per la maggior parte dei paesi dell'Unione europea. Il tempo in cui il carbone e il ferro, di cui l'Europa era relativamente ricca, erano il motore dello sviluppo industriale dei paesi capitalisti è ormai finito da un pezzo, diciamo dalla fine della seconda guerra mondiale. Il petrolio (e quindi energia e chimica di base), l'acciaio (che oggi arriva già semilavorato), i metalli e i minerali e vegetali pregiati, il legno, e la maggior parte delle materie prime che oggi servono ad alimentare le nostre industrie metalmeccaniche, chimiche, elettroniche, edilizie, alimentari, dell'arredamento e della moda, ecc. provengono per la stragrande maggioranza da paesi extraeuropei, e in particolare dal Terzo Mondo, che pur essendo formalmente detentore di queste ricchezze versa nelle condizioni che sappiamo a causa del saccheggio e dello sfruttamento da parte dell'imperialismo.
Da questo punto di vista la distribuzione ineguale delle poche risorse naturali autoctone sul territorio del nostro Paese è irrilevante per spiegare il divario economico e sociale tra Nord e Sud. Questo divario ha invece delle motivazioni storiche e politiche. Anche perché non è sempre stato così. Nell'antichità era il bacino del Mediterraneo, e cioè tutto il Sud dell'Europa, il Nord dell'Africa e l'estremo occidentale dell'Asia, a costituire il centro propulsore dell'economia, dei commerci e della civiltà in generale. Mentre il resto dell'Europa era in gran parte arretrato e selvaggio.
Solo dopo la caduta dell'impero romano, nel Medioevo, il baricentro economico e politico si è spostato gradualmente verso il centro Europa, con fasi alterne. Ma è stato con la scoperta dell'America e l'avvento del colonialismo che questo baricentro si è definitivamente impiantato al di là delle Alpi. I grandi imperi coloniali spagnolo, inglese, francese, olandese, con le immense ricchezze che hanno attratto in questi paesi e gli enormi volumi commerciali che hanno messo in moto, hanno creato le premesse per lo sviluppo delle rispettive borghesie e industrie nazionali, che si sono definitivamente affermate, anche per via rivoluzionaria violenta e attraverso guerre tra Stati, in tutto il centro e il Nord dell'Europa nel corso del secolo XIX. è questa la legge dello sviluppo ineguale del capitalismo che i grandi Maestri del proletariato internazionale hanno ben individuato e descritto, e che spiega le guerre imperialiste che hanno insanguinato il secolo scorso.
E l'Italia? A causa delle sue particolari condizioni storico-politiche arretrate, il suo sviluppo industriale è avvenuto in ritardo e di riflesso. Ed è avvenuto soprattutto al Nord, perché geograficamente e politicamente più vicino ai grandi flussi economici e commerciali d'oltralpe. Il Sud è rimasto tagliato fuori, economicamente e politicamente. Ma anche il Centro Italia, fino all'immediato dopoguerra, escluso le grandi città e alcune zone relativamente industrializzate a "macchia di leopardo'', era fondamentalmente agricolo, arretrato e in condizioni non troppo migliori del Mezzogiorno.
Il colpo di grazia che ha allontanato ulteriormente il Meridione dal resto d'Italia è avvenuto nel secondo dopoguerra, con il cosiddetto "boom'' industriale ed economico, che per scelta deliberata della borghesia finanziaria e industriale e dei governi democristiani è stato concentrato nel Nord, dove già esistevano le condizioni più favorevoli, sfruttando il Sud solo come serbatoio di mano d'opera a basso costo. Anziché investimenti e sviluppo, emigrazione e spopolamento. Anziché valorizzazione delle risorse locali, speculazione e devastazione del territorio. C'è da meravigliarsi se in queste condizioni l'unica cosa che abbia potuto prosperare al Sud siano state mafia, camorra e 'ndrangheta?
Ciò vale anche per le isole. Proprio il caso della Sardegna ci sembra un esempio di come nonostante l'esistenza di ricchezze naturali questo non si traduca automaticamente in sviluppo economico, stante il modello di sviluppo distorto, accentratore, sfruttatore e iniquo imposto dal capitalismo al nostro Paese. Altro esempio: la scoperta di giacimenti di petrolio in Basilicata ha forse cambiato nella sostanza le condizioni della popolazione di quella regione? Comunque sia è sempre il capitalismo che si appropria delle ricchezze e decide cosa farne. Al popolo vanno le briciole, e spesso neanche quelle.
Neanche la cosiddetta New Economy sfugge a questa legge. Ci sembra anzi la classica formuletta magica inventata dai vecchi marpioni capitalisti per illudere le masse, soprattutto i giovani, dietro la quale contrabbandare in realtà la "flessibilità'', i lavori "atipici'' e ogni forma moderna di lavoro nero e supersfruttamento legalizzati.
Quel che è certo è che stanti le attuali tendenze, compreso il federalismo che vuole staccare le regioni più ricche e dare un calcio a quelle più povere del Paese, il divario tra il Sud e il resto d'Italia non potrà che aumentare in maniera drammatica. Solo il socialismo può invertire la rotta rovinosa del Paese. Solo un'economia pianificata imposta dal proletariato al potere, che ispirandosi all'esempio dell'Unione sovietica di Lenin e Stalin e della Cina di Mao, sopprima la proprietà privata, il profitto e il mercato come motori dell'economia, e li sostituisca con il benessere del popolo, il lavoro a tutti, la rinascita dell'agricoltura, il riequilibrio tra città e campagna e tra lavoro manuale e intellettuale, il recupero del territorio, il riequilibrio tra consumi sociali e individuali ecc., può porre fine al secolare sottosviluppo ed emarginazione del nostro martoriato Meridione e fare dell'Italia intera un paese unito, rosso e socialista.