Soviet, potere sovietico, autogestione e organizzazione dello Stato nell'Urss

Nel 1905 nascono i Soviet

Pietroburgo, culla dei Soviet

Lenin: trasformare i Soviet in governo rivoluzionario provvisorio

L'alleanza del proletariato con i contadini

La formazione dei soviet in Russia (marzo-ottobre 1917)

Nasce la Repubblica dei Soviet

Lo Statuto dei Soviet

La costruzione del nuovo Stato socialista

Riconosciuti l'indipendenza dell'Ucraina, Finlandia, Armenia e l'autodeterminazione della Polonia

Separazione della Chiesa dallo Stato

Il controllo degli operai nella fabbrica

La prima Costituzione sovietica (1918)

Dal capitalismo al socialismo. La distruzione dello Stato borghese e l'edificazione dello Stato socialista

La nuova politica economica e l'avvio del processo di industrializzazione del paese

La nascita dell'URSS

Note

"Che cos'è il potere sovietico? Qual è la natura di questo nuovo potere che nella maggior parte dei paesi non si vuole o non si può ancora capire?".
Ponendo queste domande, Lenin - in un discorso pronunciato alla fine del marzo 1919 - dava questa risposta: "Il tratto essenziale che attira sempre più gli operai di ogni paese, è che lo Stato, prima amministrato in un modo o nell'altro dai ricchi o dei capitalisti, oggi, per la prima volta, è amministrato, e su scala di massa, proprio dalle classi che il capitalismo opprimeva... Per la prima volta al mondo, da noi, in Russia, si è organizzato il potere dello Stato in modo che soltanto gli operai, soltanto i contadini lavoratori, escludendo gli sfruttatori, compongano le organizzazioni di massa, i Soviet; e a questi Soviet è stato trasmesso tutto il potere dello Stato. Ecco perché, nonostante le calunnie della borghesia di tutti i paesi contro la Russia, in tutto il mondo la parola 'Soviet' è diventata non soltanto comprensibile, ma popolare, cara agli operai, e a tutti i lavoratori... sappiamo benissimo che ci sono ancora molti difetti nell'organizzazione del potere sovietico. Il potere sovietico non è un talismano miracoloso. Non guarisce di colpo i difetti del passato, ... Ma in compenso dà la possibilità di passare al socialismo, permette a coloro che erano oppressi di levarsi e di prendere sempre più nelle loro mani tutta la direzione dello Stato, tutta la direzione dell'economia, tutta la direzione della produzione. Il potere sovietico è la via verso il socialismo scoperta dalle masse lavoratrici, e perciò giusta, e perciò invincibile" (Che cos'è il potere sovietico?, Tratto da: Lenin, Sulla democrazia socialista sovietica, pag. 134-135, Edizioni Progress Mosca).
La scienza marxista-leninista ha nella lotta di classe un punto cardine che è a fondamento della sua dottrina teorico e pratica. La lotta di classe è infatti, per il marxismo-leninismo-pensiero di Mao, il motore della storia dell'umanità in tutti i suoi campi: economico, politico, sociale, filosofico, spirituale, ecc. L'azione concreta quotidianamente svolta dalla classe operaia e dalle masse lavoratrici nell'ambito appunto della lotta di classe, rappresenta un aspetto assai importante della vita delle società di ogni singolo Paese. In determinate situazioni e in momenti storici particolari, caratterizzati da un altro sviluppo del processo rivoluzionario, quest'azione assume un ruolo determinante segnando tappe fondamentali nell'evoluzione della storia politica e sociale che, travalicando i confini di questo o di quello Stato nazionale, diventano esempio, insegnamento e patrimonio universale per la classe operaia e le masse lavoratrici e oppresse di tutto il mondo.
I Soviet, l'organizzazione statale sovietica, sono diventati e restano un insostituibile esempio e patrimonio di tutto il proletariato internazionale e le sue avanguardie rivoluzionarie. Un esempio e un patrimonio del cui significato il proletariato internazionale e i marxisti-leninisti devono avere piena coscienza e conoscenza.
La situazione politica nel nostro Paese, è ben lungi dall'essere una situazione rivoluzionaria. La strada per la conquista del potere politico da parte del proletariato e la costruzione del socialismo in Italia è ancora una strada estremamente impervia: lunga, tortuosa e irta di difficoltà.
Il compagno Giovanni Scuderi, Segretario generale del PMLI, nel discorso pronunciato a Firenze il 10 settembre 2006 nel 30° anniversario della scomparsa di Mao, ha sottolineato che: "... da lunghissimo tempo, a causa della devastazione e della corruzione ideologica che i dirigenti del PCI revisionista e i dirigenti di Rifondazione trotzkista e del PdCI revisionista hanno alimentato al suo interno, il proletariato italiano ha perso la coscienza di essere una classe per sè, e quindi attualmente è ben lontano dall'avere tale consapevolezza e dallo svolgere il suo ruolo rivoluzionario. Infatti il proletariato italiano lotta oggettivamente, nei fatti, contro il capitalismo per migliorare le sue condizioni di vita e di lavoro, ma non si propone di abbatterlo e di sostituirlo col socialismo. Lotta oggettivamente contro la classe dominante borghese ma non mette in discussione il suo potere politico e non si propone di prenderne il posto. In tal modo lotta come classe in sé, cioè come classe di fatto, non come una classe per sé, consapevole di essere indipendente e antagonista dalla borghesia e di avere una propria cultura; consapevole di essere portatrice di un progetto generale di una nuova società, e candidata a governarla e a costruirla; consapevole che spetta a essa riunire e dirigere tutte le classi e i gruppi sociali anticapitalistici; consapevole di dover porre fine una volta per tutte a ogni forma di sfruttamento dell'uomo sull'uomo e di disuguaglianza di sesso per poter arrivare all'emancipazione dell'intera umanità... Spetta quindi ora al PMLI dare al proletariato italiano la coscienza di essere una classe per sé. Un compito assai difficile, e occorre molto tempo, una seria preparazione culturale e grandi capacità di persuasione, ma è assolutamente necessario per far compiere un salto di qualità alla lotta di classe e portarla su un terreno rivoluzionario..." (Giovanni Scuderi, "Applichiamo gli insegnamenti di Mao sulle classi e il fronte unito" - Opuscolo n. 13, pagg. 18-19).
Nell'ambito della "seria preparazione culturale" di cui parla il compagno Scuderi, un posto certamente importante occupano anche la coscienza e la conoscenza di ciò che i Soviet hanno rappresentato sia come organismi indispensabili al compimento vittorioso del processo rivoluzionario in Russia, che come organi istituzionali dell'Urss socialista di Lenin e di Stalin. Ciò è necessario perché su questa strada, auguriamoci quanto prima possibile, si dovranno cimentare anche il proletariato e i marxisti-leninisti italiani.
Lo ha evidenziato una volta di più il compagno Scuderi affermando con fermezza e lungimiranza: "...Non dobbiamo avere alcuna illusione governativa e dobbiamo lottare al di fuori di ogni governo borghese e delle istituzioni rappresentative borghesi per accumulare le forze e creare le condizioni soggettive per la vittoria della rivoluzione socialista. Dobbiamo creare ovunque le istituzioni rappresentative delle masse anticapitaliste, antifasciste e fautrici del socialismo costituite dalle Assemblee popolari e dai Comitati popolari basati sulla democrazia diretta. O si passa dal capitalismo al socialismo, oppure l'Italia dovrà continuare a indossare la camicia nera liberista all'interno e interventista all'estero..." (Giovani Scuderi: Ibidem, pag. 30).
Attualmente però tali istituzioni rappresentative delle masse non devono essere considerate dei Soviet perché non ne hanno i compiti e le funzioni.

Nel 1905 nascono i Soviet
Il 1905 è l'anno che vede la nascita dei Soviet come organismi di autogoverno della classe operaia e di espressione reale di democrazia dal basso nell'ambito di un processo rivoluzionario.
Processo rivoluzionario che ha avuto le sue origini nella penetrazione anche in Russia, negli ultimi decenni del 1800, del sistema capitalistico già radicatosi nell'occidente europeo, e delle trasformazioni economiche sociali e politiche ad esso connesse; la conseguente volontà della neoborghesia russa e della sua espressione politica, l'opposizione liberale, di acquisire più spazio e più potere economico e politico nell'impero autarchico zarista rigida espressione di un sistema basato ancora su rapporti semifeudali.
La formazione, poi, di un proletariato industriale russo seppure numericamente ridotto, circa tre milioni di operai nel 1905, e proveniente nella quasi totalità dal mondo contadino; la diffusione del marxismo in Russia, grazie soprattutto all'azione svolta da Plekhanov e Lenin e la formazione del movimento socialdemocratico russo che portò, nel 1898, alla formazione del POSDR.
Infine le pesanti sconfitte militari subite nella guerra russo-giapponese portarono, già alla fine del 1904, ad un inasprimento della lotta politica nell'impero zarista di Nicola II Romanov.
L'apice di questo scontro si ebbe nel 1905 con la prima rivoluzione russa, iniziata con l'efferata e criminale strage del 9 gennaio, la "domenica di sangue", e culminata nello sciopero politico di ottobre, nella firma il 17 dello stesso mese del "Manifesto" con cui lo zar Nicola II "concedeva" alcune libertà e maggior rilievo e "peso politico" alla Duma, il parlamento russo, e nell'insurrezione di Mosca del dicembre 1905.
La radicalizzazione della lotta operaia seguita all'eccidio della "domenica di sangue" è valutabile dalla innumerevole serie di piccoli e grandi scioperi che si svolsero nel 1905 e che coinvolsero un numerosi lavoratori che, complessivamente, superò quello registrato nelle agitazioni dei dieci anni precedenti. Tra le categorie più forti erano i ferrovieri che, in quell'anno, si mobilitarono in oltre 640.000; gli operai tessili, in circa 474.000 e i metalmeccanici, in più di 300.000. Ma, oltre a questi, scesero in sciopero, molti dei quali per la prima volta, anche i lavoratori delle aziende commerciali, i portuali, i fornai e i lavoratori dipendenti dei vari distretti comunali: tranvieri, elettricisti, addetti alla canalizzazione, ecc.
Per la maggior parte di essi, questi scioperi, ebbero un carattere esclusivamente economico con richieste di aumenti salariali e di riduzione dell'orario giornaliero di lavoro; ma, in alcuni casi, come ad esempio gli operai della "Putilov" di Pietroburgo e i lavoratori degli arsenali del Mar Nero, la lotta assunse un carattere politico diretto contro il potere autarchico zarista. A seguito del montare della protesta operaia il governo zarista adottò una serie di misure repressive che però non riuscirono a fermare gli scioperi e la lotta che sempre più evidenziava la disillusione e il distacco crescente che opponeva le masse lavoratrici al regime di Nicola II.
L'organizzazione della classe operaia al'interno delle fabbriche e delle aziende quando iniziò l'ondata di scioperi culminati nei moti insurrezionali di ottobre e dicembre che contraddistinsero la prima rivoluzione russa del 1905, era assai debole e frammentaria. Il proletariato era scarsamente sindacalizzato; nuclei di organizzazioni sindacali erano presenti solo in alcune zone del Paese e limitatamente ad alcune categorie di lavoratori, e la rappresentanza operaia all'interno delle singole fabbriche era affidata per lo più agli "starosti", gli anziani, sul modello ereditato dala tradizione contadina delle comunità rurali.
Il soviet di Pietroburgo, capitale dell'impero zarista, centro palpitante e cuore della rivoluzione russa, fu certamente quello che, attraverso la sua attività, fece conoscere agli operai e alle masse rivoluzionarie del mondo questa inedita quanto decisiva forma democratica di organizzazione di base e di direzione del movimento rivoluzionario; ma non fu il primo di questi organismi a nascere in Russia. Il primo Soviet si formò infatti a Ivanovo-Voznesensk nel distretto di Mosca. Ivanovo-Voznesensk era una città industriale con aziende, soprattutto del settore tessile, dove gli operai vivevano una condizione ancora peggiore rispetto ad altre zone del paese, con salari più bassi, turni di lavoro massacranti e una sorveglianza continua e vessatoria all'interno delle fabbriche. In questa cittadina si sviluppò nel maggio 1905 una forte e combattiva lotta operaia iniziata il giorno 9 quando, a seguito soprattutto dell'opera di propaganda e agitazione delle organizzazioni della socialdemocrazia, si tenne un'assemblea operaia nella quale furono avanzate concrete rivendicazioni ed una proposta di sciopero a sostegno di esse.
Gli operai chiedevano essenzialmente un aumento salariale e l'introduzione di un "salario minimo mensile", l'abolizione del lavoro notturno e straordinario, ma anche l'abolizione della "polizia di fabbrica" e, sul piano politico, il diritto degli operai di organizzarsi e di riunirsi liberamente per discutere e propagandare tutti i problemi inerenti le loro condizioni di vita e di lavoro.
Lo sciopero iniziò il 12 maggio ed espresse una forza e una determinazione operaia nuova, mai vista prima nella città. Ad esso aderirono infatti, fin da subito, circa 40.000 lavoratori dai quali emerse l'esigenza e la consapevolezza di dare vita ad un proprio organo di rappresentanza in grado di organizzare e guidare la lotta e di condurre la trattativa con le controparti padronali.
Le elezioni tenute dagli operai portarono, il 15 maggio, alla formazione dell'"Ivanovo-Voznesenskij soviet upolnomocennych" (Consiglio dei delegati di Ivanovo-Voznesensk). Il primo Soviet della storia russa era composto, qui le fonti rintracciabili non sono tutte coincidenti, da 110-150 delegati con una direzione che, nonostante il nucleo più consistente di lavoratori appartenesse al settore tessile, era composto in gran parte da operai meccanici espressione più avanzata per esperienza di lotta e coscienza politica del proletariato della città. La formazione del Soviet rafforzò l'organizzazione e l'unità del proletariato di Ivanovo-Voznesensk. Le sue decisioni e le sue proposte scaturivano direttamente da quanto veniva dibattuto nelle assemblee dei lavoratori e proprio per questo legame democratico e per questa simbiosi con le masse operaie in lotta esso acquisì autorità e divenne l'organismo di direzione riconosciuto dagli operai, l'organismo di direzione dello sciopero che impedì la frammentazione della lotta, che impedì di respingere le proposte di trattative separate per settore o per fabbrica che i padroni insinuavano ad arte proprio per indebolire e spezzare il fronte di lotta compatto che i lavoratori erano riusciti a costruire.
La costituzione del Soviet favorì anche lo sviluppo del carattere politico della lotta operaia, della necessità che essa non rimanesse ancorata al solo terreno economico; ed, infatti, il Soviet di Ivanovo-Voznesensk introdusse nella sua piattaforma di lotta anche la richiesta di convocazione di una Assemblea costituente.
All'inizio di giugno la repressione padronale e del potere politico si abbattè pesantamente sui lavoratori di Ivanovo-Voznesensk. L'intervento dell'esercito provocò scontri sanguinosi con gli scioperanti e il soviet fu decimato dall'arresto dei suoi delegati che furono imprigionati assieme alle avanguardie operaie che si erano distinte per coraggio e fermezza nella partecipazione alla lotta. Lo sciopero di Ivanovo-Voznesensk si concluse nel luglio 1905 e, sebbene i lavoratori uscissero sconfitti da questa lotta ottenendo nulla di quanto avevano richiesto, questo sciopero rimase comunque d'esempio negli annali del movimento operaio russo per la compattezza e la durata che l'avevano caratterizzato determinata proprio dal fatto che alla base e alla direzione di esso vi era stata questa nuova forma di organizzazione operaia che era il Soviet. L'esempio dei lavoratori di Ivanovo-Voznesensk fu seguito dagli operai di Kostrome che scesero in lotta nel luglio 1905.
Ma fu a partire dall'ottobre del 1905 che la lotta operaia svilupperà la sua forza maggiore. Il 27 settembre entrarono in sciopero gli operai tipografici di Mosca a cui si affiancarono, il 3 ottobre, in totale solidarietà con loro, i tipografici di Pietroburgo. Il 6 ottobre fu la volta dei ferrovieri della linea Mosca-Kazan, seguiti a distanza di qualche giorno da tutti gli operai del comparto in ogni angolo del Paese.
Il 12 ottobre i lavoratori delle aziende pubbliche e private erano in sciopero generale. Sull'esempio dei loro compagni di Pietroburgo e Mosca i lavoratori delle piccole e grandi città dell'impero russo si unirono alla lotta che, ora assumeva sempre più un carattere politico antigovernativo e antizarista. Le manifestazioni operaie infatti, non erano più dirette soltanto ad ottenere aumenti di salario e migliori condizioni di lavoro, ma reclamavano tutte le libertà politiche per gli operai ed anche l'elezione a suffragio universale di un'Assemblea costituente.
Anche la borghesia liberale russa aveva in questa fase di rivolgimento rivoluzionario un suo preciso obiettivo politico da raggiungere. Essa puntava decisamente ad ottenere una "fase costituente" nuova che le permettesse di sostituirsi nella gestione del potere alla vecchia oligarchia. Per questo alla prima fase dello sciopero parteciparono in maniera attiva, puntando ad assumere un ruolo rilevante nella direzione politica del movimento insurrezionale, anche le associazioni imprenditoriali e delle libere professioni, nonché il partito costituzionale-democratico (K-D Cadetti), che di queste classi e ceti sociali era la diretta espressione politica, che proprio in quel periodo teneva il suo congresso di fondazione. Loro obiettivo dichiarato era quello di giungere alla formazione di una "monarchia costituzionale"; un regime basato sui principi democratico-borghesi presenti negli altri Paesi capitalistici dell'Europa dove già da tempo si era affermata la "rivoluzione borghese". Un passo decisivo in questa direzione la borghesia liberale russa lo potè compiere il 17 ottobre 1905, data in cui lo zar Nicola II Romanov fece pubblicare il "Manifesto di ottobre" con il quale la Duma di Stato, fino ad allora organo puramente consultivo, diventava un Parlamento dotato di potere legislativo.
Stalin e Lenin; l'uno dirigente politico bolscevico impegnato nell'attività politica nella regione del Caucaso, l'altro guida sicura del movimento bolscevico e dirigente internazionale costretto all'esilio dall'autocrazia zarista, "leggono" all'unisono la situazione politica della Russia, puntando entrambi a convincere della necessità che il proletariato si ponga alla testa del movimento insurrezionale anche se ci si trova in presenza di una fase rivoluzionaria democratico-borghese, mettendo in guardia sul fatto che la manovra a cui lo zar e l'autocrazia erano stati costretti oltre che a concessioni "democratiche" alla borghesia liberale preparava tuttavia le forze in grado di schiacciare le masse popolari e, con esse, la rivoluzione.

Pietroburgo, culla dei Soviet
Scrive Stalin nell'articolo "La borghesia tende la trappola" pubblicato il 15 ottobre 1905 sul "Proletariatis Grdzola": "Verso la metà di settembre si è tenuto il congresso dei 'rappresentanti delle città e degli zemstvo'. A questo congresso si è fondato un nuovo 'partito' (il partito costituzionale-democratico-cadetti), con un comitato centrale alla propria testa e con organi locali nelle diverse città. Il congresso ha approvato il 'programma', ha determinato la 'tattica' e, per l'occasione, ha elaborato un appello che questo 'partito', appena uscito dal guscio, deve lanciare al popolo. In una parola i 'rappresentanti delle città e degli zemstvo' hanno fondato un loro proprio partito.
Chi sono questi 'rappresentanti' e come si chiamano?
Liberali borghesi.
Chi sono i liberali borghesi?
Rappresentanti coscienti della borghesia possidente. (...)
Si è formato dunque un 'partito' di nemici del popolo che ha intenzione di rivolgere un proprio appello al popolo.
Che cosa vogliono questi signori, che cosa sostengono nel loro appello?
Essi non sono socialisti, essi odiano il movimento socialista. Ciò significa che essi consolidano gli ordinamenti borghesi e lottano a morte contro il proletariato. Ecco perché godono di grandi simpatie negli ambienti borghesi.
Essi non sono neppure democratici, essi odiano la repubblica democratica. Ciò significa che essi consolidano il trono dello zar e lottano con ardore anche contro i martoriati contadini. Ecco perché Nicola II 'ha concesso' loro il permesso di tenere riunioni e li ha autorizzati a convocare il congresso del 'partito'. Essi vogliono soltanto ridurre un po' le prerogative dello zar, e ciò a condizione che queste prerogative passino nelle mani della borghesia. Lo zarismo, secondo loro, deve necessariamente restare il bastione sicuro della borghesia possidente, che lo utilizza nella lotta contro il proletariato. Perciò nel loro 'progetto di costituzione' dicono che 'il trono dei Romanov deve restare inviolabile', cioè essi vogliono una costituzione monca, con una monarchia non assoluta.
I signori borghesi liberali 'non hanno nulla in contrario' che anche al popolo vengano concessi i diritti elettorali, ma solo a condizione che la Camera dei rappresentanti del popolo sia subordinata alla Camera dei ricchi, che si adoprerà, per forza di cose, a correggere e mutare le deliberazioni della Camera dei rappresentanti del popolo. Perciò essi dicono nel loro programma: 'Ci vogliono due camere'.
I signori borghesi liberali saranno 'molto contenti' se verrà concessa la libertà di parola, di stampa e di associazione, purché sia limitata la libertà di sciopero. Ecco perché essi chiacchierano tanto dei 'diritti dell'uomo e del cittadino', mentre non dicono nulla di preciso sulla libertà di sciopero, a parte i loro ipocriti balbettii a proposito di vaghe 'riforme economiche'.
Questi strani signori non lesinano il loro favore neppure ai contadini: essi 'non hanno nulla in contrario' a che le terre della nobiltà fondiaria passino nelle mani dei contadini, ma a condizione che i contadini comprino queste terre dai proprietari e non 'le ricevano gratuitamente'. Vedete come sono buoni, questi meschini 'uomini politici'!
Se essi sopravviveranno fino al realizzarsi di tutte queste aspirazioni, allora ne conseguirà che i diritti dello zar passeranno nelle mani della borghesia e l'autocrazia zarista si trasfomerà gradatamente in autocrazia della borghesia. Ecco dove ci trascinano i 'rappresentanti delle città e degli zemstvo'. Per questo essi persino in sogno hanno paura della rivoluzione popolare e parlano tanto di 'pacificazione della Russia'.
Dopo di che non è sorprendente che questi 'rappresentanti' falliti abbiano riposto grandi speranze nella cosiddetta Duma di stato. Com'è noto la Duma zarista è la negazione della rivoluzione popolare, e questo fa molto comodo ai nostri borghesi liberali. La Duma zarista, com'è noto, costituisce un 'certo qual' campo d'azione e per la borghesia possidente, cosa tanto necesssaria ai nostri borghesi liberali. Ecco perché essi costruiscono tutto il loro programma, svolgono tutta la loro attività contando sull'esistenza della Duma; con il fallimento della Duma crollano inevitabilmente anche tutti i loro 'piani'. Perciò li spaventa il boicottaggio della Duma, perciò ci consigliano di entrare nella Duma. (...) Ecco il problema.
Qual è la funzione della Duma zarista, che cosa dicono al riguardo i 'rappresentanti delle città e degli zemstvo'?
'... Compito primo e principale della Duma è la trasformazione della Duma stessa' - essi dicono nel loro appello... 'Gli elettori di primo grado devono costringere i loro delegati a eleggere candidati che vogliano innanzitutto trasformare la Duma', dicono nell'appello stesso.
In che consiste questa 'trasformazione'? Nel dare alla Duma 'voto deliberativo nell'elaborazione delle leggi e nell'esame delle entrate e delle spese statali... e il diritto di controllare l'attività dei ministri'. Gli elettori di secondo grado devono cioè esigere innanzitutto l'allargamento dei diritti della Duma. Ecco, a quanto sembra, in che consiste la 'trasformazione' della Duma. Chi entrerà nella Duma? Per la maggior parte, la grande borghesia. È chiaro che l'estensione dei diritti della Duma significa un rafforzamento politico della grande borghesia. E i 'rappresentanti delle città e degli zemstvo' consigliano al popolo di eleggere alla Duma i borghesi liberali e di affidar loro innanzitutto il compito di favorire il rafforzamento della grande borghesia! Noi dobbiamo, a quanto pare, preoccuparci innanzitutto e soprattutto di rafforzare con le nostre stesse mani i nostri nemici, ecco che cosa ci consigliano ora i signori borghesi liberali. Consiglio molto 'amichevole', non c'è che dire! Bene, ma dei diritti del popolo, chi se ne occuperà? Oh, non c'è neppure da parlarne: i signori borghesi liberali non dimenticheranno il popolo. Essi promettono che quando saranno entrati alla Duma, quando vi si saranno rafforzati, rivendicheranno dei diritti anche per il popolo. E grazie a questo fariseismo, i 'rappresentanti delle città e degli zemstvo' sperano di raggiungere il loro scopo (...) Ecco perché, a quanto pare, ci consigliano di allargare innanzitutto i diritti della Duma (...).
Non c'è dubbio che il 'partito' dei borghesi liberali appena uscito dal guscio tende destramente la sua trappola (...).
Spezzare questa trappola, metterla in vista, lottare spietatamente contro i nemici liberali del popolo, ecco che cosa ci occorre ora". (Stalin, "La borghesia tende la trappola", Opere complete, Vol. I, pagg. 211-215, pag. 217, Edizioni Rinascita).
E ancora, nell'appello "A tutti gli operai" del 19-10-1905, Stalin afferma: "Tuona la Rivoluzione! Il popolo rivoluzionario della Russia si è sollevato e ha accerchiato il governo zarista per assaltarlo! (...)
Che cosa vogliono i proletari della Russia, dove vanno?
Abbatteremo la Duma zarista, eleggeremo l'Assemblea costituente di tutto il popolo: ecco che cosa dicono oggi i proletari della Russia. (...)
Solo quando il popolo vincitore si sarà trasformato in esercito rivoluzionario, allora soltanto esso sarà in grado di distruggere definitivamente le forze oscure che si tengono nascoste. Solo l'esercito rivoluzionario può conferire forza alle azioni del governo provvisorio, solo il governo provvisorio potrà convocare l'Assemblea costituente di tutto il popolo, che deve instaurare la repubblica democratica. L'esercito rivoluzionario e il governo rivoluzionario provisorio, ecco quali sono oggi gli obiettivi dei proletari della Russia. (...)
Noi non temiamo la verità, noi non temiamo la rivoluzione! Rombi più forte il tuono, si scateni più violenta la tempesta! L'ora della vittoria è vicina!
Così, lanciamo dunque con entuasiasmo le parole d'ordine del proletariato della Russia:
Abbasso la Duma di stato!
Viva l'insurrezione armata!
Viva l'esercito rivoluzionario!
Viva il governo rivoluzionario provvisorio!
Viva l'Assemblea costituente di tutto il popolo!
Viva la repubblica democratica! - Viva il proletariato!
".
(Stalin: "A tutti gli operai", Opere complete, vol. I, pagg. 223, 225-226, Edizioni Rinascita)
Lenin, dal canto suo, in una lettera scritta tra il 2 e il 4 novembre 1905 alla redazione della "Novaia Gizn", così valuta quel particolare momento politico della Russia: "Cittadini, scegliete! Da una parte, tutta la vecchia Russia, tutte le forze oscure dello sfruttamento, dell'oppressione e dell'oltraggio nei confronti dell'uomo. Dall'altra una unione di cittadini liberi e muniti degli stessi diritti in tutte le questioni politiche. Da una parte, l'unione degli sfruttatori, dei ricchi, dei poliziotti. Dall'altra, l'unione di tutti i lavoratori, di tutte le forze vive del popolo, di tutti gli intellettuali onesti. Da una parte i centoneri; dall'altra, gli operai organizzati, che combattono per la libertà, per la cultura, per il socialismo. (...)
Non vogliamo imporre al popolo nessuna innovazione escogitata da noi, ma ci limitiamo a prendere l'iniziativa di realizzare in pratica quei cambiamenti senza di cui non si può più vivere in Russia, per comune e unanime riconoscimento. Noi non ci isoleremo dal popolo rivoluzionario, sottoporremo al suo giudizio ogni nostro atto, ogni nostra decisione, poggeremo interamente ed esclusivamente sulla libera iniziativa che scaturisce dalle stesse masse lavoratrici. Noi uniremo tutti i partiti rivoluzionari, chiameremo nelle nostre file i deputati eletti da tutti i gruppi della popolazione, disposti a combattere per la libertà, e per il nostro programma, che garantirà i più elementari diritti e soddisferà le esigenze del popolo. In particolare, tenderemo la mano ai compagni operai che indossano l'uniforme militare ed ai nostri fratelli contadini per lottare insieme, sino in fondo, contro il giogo dei grandi proprietari terrieri e degli alti funzionari, per la terra e la libertà.
Cittadini, preparatevi alla lotta decisiva! Non permetteremo al governo dei centoneri di oltraggiare la Russia. Non ci lasceremo ingannare dalla sostituzione di alcuni funzionari, dalla destituzione di alcuni poliziotti, fino a che tutta la polizia dei centoneri avrà il potere di assassinare, depredare e angariare il popolo. Si umilino, in cerca di intercessioni, i liberali borghesi dinanzi al governo dei centoneri! I centoneri se la ridono della minaccia di essere denunciati a quel tribunale zarista che è composto dagli stessi funzionari zaristi (...)
Cittadini, tutti, tranne i centoneri, hanno voltato le spalle al governo zarista. Unitevi attorno al governo rivoluzionario, sospendete il pagamento di tutti i tributi e delle imposte, concentrate tutti gli sforzi per organizzare e armare la libera milizia popolare. L'effettiva libertà sarà assicurata alla Russia solo se il popolo rivoluzionario risulterà vittorioso sulle forze del governo centonero. Nella guerra civile non si è né si può essere neutrali. Il partito dei bianchi è solo un'infame ipocrisia. Chi si estranea dalla lotta favorisce lo spadroneggiare dei centoneri. Chi non è per la rivoluzione è contro la rivoluzione. Chi non è un rivoluzionario è un centonero.
Noi ci assumiamo il compito di unire e preparare le forze dell'insurrezione popolare. Che nell'anniversario del grande 9 gennaio non resti traccia in Russia delle istituzioni del potere zarista! Che la festa di primavera del proletariato internazionale trovi una Russia già libera, con un'Assemblea costituente di tutto il popolo, liberamente convocata!".
(Lenin: "I nostri compiti e il Soviet dei deputati operai", Opere complete, vol. 10, pagg. 18-19, Editori Riuniti)
Il 17 ottobre, nello stesso giorno nel quale lo zar emanava il suo "Manifesto di ottobre", gli operai rivoluzionari di Pietroburgo davano ufficialmente vita al "Soviet raborich deputatov" (Consiglio dei deputati degli operai). 226 delegati, rappresentanti eletti di 96 fabbriche e 5 sindacati si riunirono infatti nella sede della Società economica libera, decidendo il nome del loro organismo, eleggendo un Comitato esecutivo provvisorio composto di 22 membri e decidendo la pubblicazione di un proprio organo di stampa - le "Izvestija soveta rabocich deputatiov" (Notizie del Consiglio dei deputati degli operai).
La necessità della costituzione di un organismo operaio sorse spontanea tra i lavoratori della capitale già alla vigilia dello sciopero generale. Furono gli operai delle officine "Putilov" e "Obuchov" i primi ad eleggere i loro delegati l'11 ottobre. Essi si riunirono lanciando un appello a tutti gli operai di Pietroburgo, affinché ogni fabbrica eleggesse i propri rappresentanti. Appello evidentemente accolto con entusiasmo e convinzione e che portò, nel breve arco di tempo di una settimana, alla nascita del Soviet quale organismo rappresentante la totalità della classe operaia pietroburghese.
Il giorno precedente la costituzione ufficiale del Soviet, i delegati tennero una riunione preliminare nella quale decisero di ammettere alle sedute del Soviet i tre partiti socialisti: menscevichi, bolscevichi e socialisti-rivoluzionari. I 22 delegati decisero inoltre che tre rappresentanti per ognuna di queste formazioni politiche avrebbero fatto parte del Comitato esecutivo del Soviet col solo voto consultivo. Nella riunione preliminare inoltre i delegati elessero il presidente permanente del Soviet: Chrustalev-Nosar, intellettuale socialista indipendente. Un mese dopo la sua elezione alla presidenza del soviet di Pietroburgo, nel novembre 1905, egli aderì al POSDR (partito operaio socialdemocratico russo) militando nel gruppo menscevico.
Per la prima volta la lotta operaia assumeva, seppure in maniera ancora frammentaria e non omogenea, tanto nelle diverse regioni del paese quanto nella coscienza dei suoi attori diretti, un carattere rivoluzionario. Questo perché individuava nella questione del potere politico l'elemento decisivo del cambiamento; sia per quanto riguarda l'abbattimento della autocrazia zarista, sia per il ruolo che gli operai, i contadini, i reietti insomma di quella vecchia società, dovevano assumere nella nuova Russia che i moti rivoluzionari del 1905 facevano intravedere. Fu appunto nel vivo di questa lotta operaia che il soviet di Pietroburgo, nato come organismo di organizzazione e di gestione dello sciopero generale, divenne, in brevissimo tempo, un vero e proprio organo politico di rappresentanza democratica e di base della classe operaia. Un organismo nato dalla classe operaia, al servizio della classe operaia; che, forte del suo legame di massa, acquisiva sempre maggiore autorità ed autorevolezza. Chiamato di giorno in giorno ad affrontare e prendere posizione su tutte le questioni che la situazione poneva ed imponeva. Il Soviet divenne così un vero e proprio organo rivoluzionario della classe operaia.

Lenin: trasformare i Soviet in governo rivoluzionario provvisorio
Lenin colse subito l'importanza della funzione del Soviet nel processo rivoluzionario della Russia. Nella lettera del 2-4 novembre 1905 alla redazione della "Novaia Gizn", già citata a proposito della situazione politica, egli analizza anche la questione Soviet, in questi termini: "Compagni, la questione dell'importanza e della funzione del soviet dei deputati operai si pone oggi all'ordine del giorno della socialdemocrazia pietroburghese e di tutto il proletariato della capitale. Vi scrivo per esporre alcune idee su questa scottante questione, ma, prima di farlo, mi sembra assolutamente indispensabile formulare una riserva di fondo. Io sono un assente, che è tuttora costretto a scrivere da questa maledetta lontananza, dall'"estero", dalla detestabile emigrazione. Ed è quasi impossibile farsi un'idea esatta su questo problema concreto, senza essere vissuti a Pietroburgo, senza aver visto neppure una volta il soviet dei deputati operai, senza aver scambiato le proprie opinioni con i compagni di lavoro. Rimetto quindi alla redazione la responsabilità di pubblicare o di non dare alle stampe la presente lettera, scritta da un uomo non informato. Mi riservo altresì il diritto di mutare opinione, quando infine riuscirò a conoscere il problema non dalle 'carte' soltanto.
Veniamo ora ai fatti. Mi sembra che il compagno Radin abbia torto a domandarsi nel n. 5 della Novaia Gizn (ho visto solo cinque numeri dell'organo centrale effettivo del POSDR): soviet dei deputati operai o partito? Mi sembra che non sia possibile impostare così il problema, che la soluzione debba assolutamente essere: e il soviet dei deputati operai e il partito. La questione - pur molto importante - consiste soltanto nel distinguere e nel collegare i compiti del soviet e quelli del Partito operaio socialdemocratico di Russia.
Io penso che sarebbe sbagliato che il soviet si legasse interamente a un solo partito, quale che sia. Quest'opinione potrà forse stupire i lettori, e io, rammentando ancora una volta con particolare insistenza che si tratta dell'opinione di un assente, passo subito a chiarire il mio pensiero.
Il soviet dei deputati operai è nato da uno sciopero generale, in occasione di uno sciopero e per i suoi obiettivi. Chi ha diretto, chi ha condotto alla vittoria questo sciopero? Tutto il proletariato, nelle cui file vi sono, in minoranza per fortuna, anche operai non socialdemocratici. Quali obiettivi si prefiggeva lo sciopero? Obiettivi economici e politici a un tempo. Quelli economici riguardavano tutto il proletariato, tutti gli operai, in parte persino tutti i lavoratori, e non solo gli operai salariati. Gli obiettivi politici riguardavano tutto il popolo o, meglio, tutti i popoli della Russia. Essi consistevano nell'emancipazione di tutti i popoli della Russia dal giogo dell'autocrazia, dalla servitù feudale, dalla mancanza di diritti, dall'arbitrio poliziesco.
Procediamo. Doveva il proletariato continuare la sua lotta economica? Senza dubbio, su questo non vi sono, e non possono esservi, due opinioni tra i socialdemocratici. Bisognava combattere questa battaglia con i soli socialdemocratici e sotto la sola bandiera socialdemocratica? Non lo credo, e continuo ad attenermi all'opinione da me espressa (a dire il vero in circostanze radicalmente diverse, ormai superate) nel Che fare?; penso cioè che sia sbagliato limitare l'adesione ai sindacati e la partecipazione alla lotta rivendicativa, economica, ai soli iscritti al partito socialdemocratico. Mi sembra che il soviet dei deputati operai, in questa organizzazione sindacale, debba tendere a includere nelle proprie file i deputati eletti da tutti gli operai, gli impiegati, i domestici, i braccianti, ecc., da tutti coloro che vogliono e possono combattere insieme per migliorare l'esistenza del popolo lavoratore, da tutti coloro che posseggono la più elementare lealtà politica, da tutti tranne che dai centoneri. Noi socialdemocratici, dal nostro canto, ci sforzeremo anzitutto di far entrare tutti (nei limiti del possibile) i membri di tutte le nostre organizzazioni di partito in tutti i sindacati; e, inoltre, cercheremo di utilizzare la lotta, combattuta in comune con i compagni proletari senza distinzione di opinioni, per diffondere con tenacia e fermezza l'unica concezione del mondo conseguente e realmente proletaria: il marxismo. Per poter svolgere quest'opera di propaganda e di agitazione cercheremo assolutamente di conservare, consolidare e sviluppare il nostro partito di classe, autonomo e coerente con i suoi principi, il partito del proletariato cosciente, il Partito operaio socialdemocratico di Russia. (...)
Ma questo lato della questione, riguardante la lotta economica, è relativamente semplice, e, forse, non suscita nemmeno particolari dissensi. Non si può dire lo stesso dell'altro lato del problema, cioè di quello che concerne la direzione e la lotta politica. A costo di sbalordire i lettori, devo tuttavia affermare subito che mi sembra sbagliato pretendere dal soviet dei deputati operai l'accettazione del programma socialdemocratico e l'adesione al Partito operaio socialdemocratico di Russia. Io credo che nella direzione della lotta politica siano allo stesso titolo assolutamente indispensabili oggi sia il soviet (trasformato nel senso che preciserò subito) che il partito.
Sbaglierò, forse, ma credo (dai dati incompleti e puramente 'libreschi' di cui dispongo) che sul piano politico il soviet dei deputati operai debba essere considerato come un governo rivoluzionario provvisorio in embrione. Credo che il soviet debba proclamarsi al più presto governo rivoluzionario provvisorio di tutta la Russia o creare (che è lo stesso, anche se in forma diversa) un governo rivoluzionario provvisorio.
La lotta politica è pervenuta ormai a un tal grado di sviluppo che le forze rivoluzionarie e quelle della controrivoluzione si bilanciano, o quasi, che il governo zarista è già impotente a schiacciare la rivoluzione e la rivoluzione non è ancora tanto forte da spazzar via il governo dei centoneri. La decomposizione del governo zarista è totale. Ma, imputridendo da vivo, esso contagia la Russia con il suo tossico cadaverico. Alla putrescenza delle forze zariste, controrivoluzionarie, è assolutamente indispensabile opporre subito, immediatamente, senza il minimo indugio, l'organizzazione delle forze rivoluzionarie. Quest'organizzazione si è sviluppata, soprattutto negli ultimi tempi, con eccezionale rapidità. Ne fanno fede la costituzione di distaccamenti dell'esercito rivoluzionario (le squadre di combattimento, ecc.) il rapido sviluppo delle organizzazioni socialdemocratiche di massa del proletariato, la creazione di comitati contadini da parte dei contadini rivoluzionari, le prime libere assemblee dei nostri fratelli proletari in divisa da marinai e da soldati, che si sono aperti un varco sulla strada difficile e dura, ma giusta e luminosa, della libertà e del socialismo.
Manca ormai solo l'unificazione di tutte le forze effettivamente rivoluzionarie, di tutte le forze che già operano sul terreno della rivoluzione. Manca un centro politico panrusso, vitale, attivo, che abbia profonde radici nel popolo, goda dell'assoluta fiducia delle masse, sia dotato di un'impetuosa energia rivoluzionaria, abbia solidi legami con i partiti rivoluzionari e socialisti organizzati. Questo centro può essere creato soltanto dal proletariato rivoluzionario, che ha condotto nel modo più brillante lo sciopero politico e sta oggi organizzando l'insurrezione armata di tutto il popolo, che ha già in parte conquistato alla Russia la libertà e le sta oggi conquistando la completa libertà.
Ci si domanda perché il soviet dei deputati operai non possa essere l'embrione di questo centro. Forse perché non ne fanno parte soltanto i socialdemocratici? Ma questo è un vantaggio. Abbiamo sempre sostenuto che è necessaria un'alleanza di lotta tra i socialdemocratici e i democratici rivoluzionari borghesi. Noi ne abbiamo parlato, e gli operai l'hanno realizzata. E hanno fatto bene. Quando ho letto, nella Novaia Gizn, la lettera di alcuni compagni operai, aderenti al partito socialista-rivoluzionario, che protestavano contro la subordinazione del soviet a un solo partito, non ho potuto fare a meno di pensare che questi compagni operai avevano praticamente ragione su moltissimi punti. Naturalmente, noi dissentiamo da loro nel modo di vedere; naturalmente, non si può parlare di fusione tra i socialdemocratici e i socialisti-rivoluzionari; ma non di questo si tratta. Secondo il nostro profondo convincimento, gli operai che condividono le opinioni dei socialisti-rivoluzionari e lottano nelle file del proletariato sono incoerenti, perché, mentre si battono per la vera causa proletaria, professano concezioni non proletarie. Contro questa incoerenza siamo tenuti a combattere, sul piano ideale, con la massima energia, ma in modo che non abbia a soffrirne l'imminente, urgente, concreta causa rivoluzionaria, a cui tutti aderiscono e che unisce tutti gli uomini onesti. Noi continuiamo a ritenere non socialiste, ma democratiche rivoluzionarie, le concezioni dei socialisti-rivoluzionari. Ma, ai fini della lotta, siamo tenuti a marciare con loro, pur senza infirmare la piena autonomia del partito. Il soviet è un'organizzazione di lotta e tale deve essere. Sarebbe assurdo e pazzesco respingere i democratici rivoluzionari devoti e onesti nel momento stesso in cui si realizza la rivoluzione democratica. Della loro incoerenza verremo a capo agevolmente, perché dietro le nostre concezioni c'è la storia, c'è, ad ogni passo, la realtà. E l'educazione alle concezioni socialdemocratiche, se non sarà fatta dalla nostra letteratura, sarà comunque compiuta dalla rivoluzione. (...)
A mio giudizio, il soviet dei deputati operai, in quanto centro di direzione politica della rivoluzione, è un'organizzazione non troppo ampia; anzi, è troppo ristretta. Il soviet deve proclamarsi governo rivoluzionario provvisorio, o costituire un tale governo, mobilitando necessariamente nuovi deputati, eletti non solo dagli operai, ma anzitutto dai marinai e dai soldati, che si sono battuti dappertutto per la libertà, e poi dai contadini rivoluzionari, infine dagli intellettuali borghesi rivoluzionari. Il soviet deve eleggere il solido nucleo del governo rivoluzionario provvisorio e integrarlo poi con i rappresentanti di tutti i partiti rivoluzionari e di tutti i democratici rivoluzionari (ovviamente, solo i rivoluzionari, non anche liberali). Noi non solo non temiamo una composizione così ampia ed eterogenea, ma anzi l'auspichiamo, perché, senza l'alleanza tra il proletariato e i contadini, senza l'intesa combattiva tra i socialdemocratici e i democratici rivoluzionari, il pieno successo della grande rivoluzione russa è impossibile. Si tratterà di un'alleanza temporanea, legata a compiti pratici, immediati e chiaramente definiti, mentre a guardia dei più importanti e radicali interessi del proletariato socialista, a guardia dei suoi scopi ultimi, vi sarà sempre il Partito operaio socialdemocratico di Russia, autonomo e coerente con i suoi principi. (...)
Ma sarà possibile formulare un programma di governo tanto completo da assicurare la vittoria alla rivoluzione e tanto ampio da creare le condizioni per un'alleanza di lotta, che escluda ogni reticenza, ambiguità, lacuna e ipocrisia? Risponderò che questo programma è già stato formulato in pieno dalla realtà. Questo programma è già stato accettato, in linea di principio, da tutti gli elementi coscienti di tutte le classi e di tutti gli strati della popolazione, compreso il clero ortodosso. Primo punto di questo programma deve essere la piena attuazione pratica della libertà politica, così ipocritamente promessa dallo zar. L'abrogazione di tutte le leggi che restringono la libertà di parola, di coscienza, di riunione, di stampa, di associazione e di sciopero, la soppressione di tutti gli istituti che conculcano queste libertà devono essere immediate, effettive, garantite e realizzate praticamente. Il programma deve prevedere la convocazione di un'Assemblea costituente che rappresenti realmente tutta la popolazione, che poggi sul popolo libero e armato, che abbia il potere e la forza di istituire un ordine nuovo in Russia. Il programma deve prevedere l'armamento del popolo. La necessità di armare il popolo è ormai presente nelle coscienze di tutti. Resta solo da condurre a termine e coordinare l'azione che è stata già intrapresa e che è in atto dappertutto. Nel programma del governo rivoluzionario provvisorio dev'essere inserita inoltre l'immediata concessione dell'effettiva e completa libertà alle nazionalità oppresse dal mostro zarista. La libera Russia è già nata. Il proletariato è già al suo posto di combattimento. Esso non permetterà che l'eroica Polonia sia ancora una volta schiacciata. Si getterà nella battaglia e, non solo con uno sciopero pacifico, ma con le armi in pugno, insorgerà per la libertà della Russia e della Polonia. Il programma deve sancire la giornata lavorativa di otto ore, già 'strappata' dagli operai, e altri provvedimenti improrogabili che si prefiggano di limitare lo sfruttamento capitalistico. Nel programma devono infine essere inclusi il passaggio di tutta la terra ai contadini, l'appoggio a tutti i provvedimenti rivoluzionari dei contadini riguardo alla confisca di tutta la terra (ma, ovviamente, nessun appoggio va dato alle illusioni 'ugualitarie' del piccolo agricoltore), l'istituzione dei comitati contadini rivoluzionari, che hanno già cominciato a formarsi spontaneamente.
Chi, se non i centoneri e il loro governo, si rifiuta oggi di ammettere che questo programma è improrogabile e praticamente urgente? Persino i liberali borghesi sono disposti ad accettarlo a parole! Ma noi dobbiamo tradurlo in atto con le forze del popolo rivoluzionario, dobbiamo unificare al più presto queste forze mediante la proclamazione del governo rivoluzionario provvisorio da parte del proletariato. Naturalmente, questo governo potrà avere un sostegno reale soltanto nell'insurrezione armata. E, del resto, il governo progettato non sarà altro che l'organo dell'insurrezione che già matura e si sviluppa. Quando l'insurrezione non aveva ancora assunto proporzioni evidenti per tutti, proporzioni tangibili - diciamo così -, era impossibile mettersi a creare in pratica un governo rivoluzionario. Ma oggi è indispensabile unificare politicamente l'insurrezione, organizzarla, darle un programma chiaro, trasformare i già folti distaccamenti dell'esercito rivoluzionario, che aumentano rapidamente di numero, in un sostegno e in uno strumento del nuovo governo effettivamente libero e popolare. La lotta è imminente, l'insurrezione inevitabile, lo scontro decisivo ormai molto vicino. È tempo di incitare apertamente il popolo a opporre allo zarismo in decomposizione il potere organizzato del proletariato, è tempo di indirizzare a tutto il popolo un manifesto in nome del governo rivoluzionario provvisorio, istituito dagli operai d'avanguardia.
Già oggi vediamo con chiarezza che dal seno del popolo rivoluzionario usciranno uomini capaci di compiere questa grande impresa, uomini dediti senza riserve alla rivoluzione e, principalmente, uomini dotati d'una fervida e illimitata energia. Già oggi vediamo con chiarezza che esistono i combattenti dell'esercito rivoluzionario che sosterrà questa causa; vediamo che quanto vi è di onesto, di vivo e di cosciente in tutte le classi della popolazione si allontana definitivamente dallo zarismo, mentre il nuovo governo dichiara guerra, una guerra implacabile, alla morente Russia feudale e poliziesca. (...)
Ecco come mi raffiguro la trasformazione del soviet dei deputati operai in governo rivoluzionario provvisorio. Ecco quali compiti affiderei per primi a tutte le organizzazioni del nostro partito, a tutti gli operai coscienti, allo stesso soviet, al congresso operaio che si tiene a Mosca e al congresso dell'Unione contadina".
(Lenin, I nostri compiti e il Soviet dei deputati operai, Opere complete, vol. 10, pagg. 11-19)
Tutti i partiti e i gruppi di ispirazione socialista partecipavano ed erano parte attiva, con i loro rappresentanti, della vita e dell'azione dei Soviet. Ma del Soviet, della sua funzione e ruolo politico, questi partiti e gruppi socialisti-bolscevichi, menscevichi, socialisti-rivoluzionari e trotzkisti fornivano un'analisi del tutto diversa, frutto della differente visione politica che essi avevano della rivoluzione russa che andava evolvendo e delle prospettive e sbocchi politici che auspicavano per essa.
Per il menscevismo la rivoluzione russa del 1905 era una rivoluzione prettamente borghese, alla cui testa doveva porsi la borghesia liberale con l'obiettivo di instaurare un regime parlamentare che esprimesse un governo borghese capace di attuare un programma di riforme democratiche, di trasformazione economica del paese e delle sue condizioni di sviluppo in senso capitalistico. Solo dopo che in Russia si fosse definitivamente completata questa trasformazione borghese e quando nei paesi capitalistici più avanzati dell'Europa la classe operaia avesse conquistato il potere; solo allora, secondo i menscevichi, la rivoluzione proletaria avrebbe potuto svilupparsi anche in Russia.
In base a questa analisi, la socialdemocrazia e la classe operaia avevano come compito quello di aiutare la borghesia liberale nella sua lotta contro l'autocrazia zarista e, come si legge sul n. 1 del 15 novembre 1905 nel giornale menscevico "Nacalo": "... allargare il quadro della rivoluzione borghese, portando avanti dall'interno gli interessi del proletariato e creando con la costituzione borghese stessa la base più ampia possibile per la rivoluzione sociale".
In questo quadro nel programma menscevico era esplicitato l'utilizzo tattico della linea del cosiddetto "autogoverno rivoluzionario", nel quale i Soviet assumevano un ruolo fondamentale. In particolare Martov spiega come l'"autogoverno rivoluzionario" altro non sia che l'espressione della pressione politica esercitata dalle masse rivoluzionarie attraverso i propri organismi rappresentativi, per costringere il regime zarista ad "aprirsi" alla democrazia borghese e a nuove forme di governo del paese.
"L'organizzazione di un simile autogoverno, che funzioni pubblicamente ovunque - scrive Martov sul giornale di Vienna Arbeiter Zeitung del 24 agosto 1905 - è la forma in cui deve avvenire la liquidazione dell'autocrazia, che non vuole inaugurare di sua volontà l'era costituzionale". Oltre a ciò i Soviet dovevano essere gli organismi di base nei quali confluivano la massa dei lavoratori senza partito, dove essi acquisivano una coscienza e una esperienza politica e dai quali la socialdemocrazia avrebbe attinto i suoi quadri, i militanti di quel grande partito di massa che si accingeva a sviluppare la sua battaglia a livello parlamentare nella nuova Duma di Stato. In ogni caso i Soviet erano, per i menscevichi, organismi temporanei e antitetici al partito.
"La coesistenza di due organizzazioni proletarie autonome - scrive il dirigente menscevico Martynov sul n. 2 del giornale menscevico Nacalo - una socialdemocratica e una ufficialmente apartitica, per quanto sotto l'influenza socialdemocratica, è un fenomeno anormale che prima o poi deve scomparire. Quando noi raccomandavamo la creazione di organismi dell'autogoverno rivoluzionario del proletariato, consideravamo questa forma d'organizzazione qualcosa di provvisorio, transitorio".
Ben diversa è l'analisi di Lenin e la pratica politica messa in atto dai bolscevichi.
Anche Lenin ritiene che il processo rivoluzionario in atto in Russia nel 1905 ha un carattere borghese; ma, in base all'analisi dei rapporti di classe che egli compie, giudica che, come Marx aveva già indicato analizzando la lotta rivoluzionaria del 1848, il proletariato deve comunque assumere un ruolo preminente nel processo rivoluzionario e nella realizzazione di quello che è l'obiettivo principale della rivoluzione: l'instaurazione della Repubblica democratica. L'alleato principale del proletariato, indispensabile per vincere la battaglia rivoluzionaria, è la piccola borghesia che, in Russia, è identificabile principalmente con la maggioranza dei contadini interessati a una lotta radicale contro i grandi proprietari fondiari, baluardo del regime autocratico zarista.

L'alleanza del proletariato con i contadini
Spiega Lenin nell'articolo "Il proletariato e i contadini" pubblicato sulla Novaia Gizn il 12 novembre 1905: "Oggi la questione del movimento contadino è divenuta urgente non soltanto sul piano teorico, ma anche sul piano pratico immediato. Oggi dobbiamo trasformare le nostre parole d'ordine generali in appelli aperti del proletariato rivoluzionario ai contadini rivoluzionari. È ormai venuto il momento in cui i contadini operano come artefici consapevoli di un nuovo ordinamento della vita russa. Dall'evoluzione della coscienza dei contadini dipende ormai, in larga misura, l'andamento e l'esito della grande rivoluzione russa.
Che cosa vogliono i contadini dalla rivoluzione? Che cosa può dare la rivoluzione ai contadini? Ecco due quesiti, la cui soluzione è obbligatoria per ogni uomo politico, e in particolare per ogni operaio cosciente, che è uomo politico nel senso migliore della parola, non corrotto dal politicatismo borghese.
I contadini vogliono la terra e la libertà. Su questo non possono esservi due opinioni. Tutti gli operai coscienti appoggiano con tutte le forze i contadini rivoluzionari. Tutti gli operai coscienti vogliono che i contadini ricevano tutta la terra e la completa libertà e si battono per questo scopo. Tutta la terra non significa accontentarsi di concessioni parziali e di elemosine, non significa fare affidamento su un accordo tra i contadini e i grandi proprietari terrieri, ma sull'abolizione della grande proprietà terriera. Il partito del proletariato cosciente, la socialdemocrazia, si è pronunciato in questo senso con la massima energia: nel suo III Congresso, che si è tenuto nel maggio scorso, il Partito operaio socialdemocratico di Russia ha approvato una risoluzione nella quale si dice francamente che si appoggiano le rivendicazioni rivoluzionarie dei contadini fino alla confisca di tutte le terre di proprietà privata. (...)
'Completa libertà' significa elettività di tutti i funzionari e delle alte personalità che amministrano gli affari statali e sociali. 'Completa libertà' significa completa distruzione di un potere statale che non emani per intero ed esclusivamente dal popolo, che non sia eletto dal popolo, che non sia responsabile di fronte al popolo, che non sia revocabile dal popolo. 'Completa libertà' significa che non il popolo deve essere subordinato ai funzionari, ma invece i funzionari al popolo.
Beninteso, non tutti i contadini che combattono per la terra e la libertà hanno un atteggiamento pienamente consapevole nei confronti di questa lotta; né giungono a rivendicare la repubblica. Ma l'orientamento democratico delle rivendicazioni contadine è incontestabile. E pertanto ai contadini è garantito l'appoggio del proletariato. I contadini devono sapere che la bandiera rossa, innalzata nelle città, è una bandiera di lotta per le rivendicazioni immediate e fondamentali non solo degli operai industriali e agricoli, ma anche di milioni e decine di milioni di piccoli agricoltori.
I residui delle servitù della gleba, in ogni possibile forma e aspetto, schiacciano ancora tutta la massa dei contadini sotto un giogo spietato, a cui i proletari, innalzando la bandiera rossa, hanno dichiarato guerra.
Ma la bandiera rossa non sta a significare soltanto l'appoggio del proletariato alle rivendicazioni contadine. Significa anche rivendicazioni autonome del proletariato. Significa non solo lotta per la terra e la libertà, ma anche lotta contro ogni sfruttamento dell'uomo da parte dell'uomo, lotta contro la miseria delle masse popolari, lotta contro il dominio del capitale. E a questo punto sorge davanti a noi il secondo quesito: che cosa può dare la rivoluzione ai contadini? Molti amici sinceri dei contadini (fra i quali, ad esempio, i socialisti-rivoluzionari) non tengono conto di questo problema, non ne afferrano l'importanza. Credono che basti impostare e risolvere il primo problema: che cosa desiderano i contadini? Credono che basti ricevere la risposta: terra e libertà. È un grave errore. La completa libertà, la completa elettività di tutti i funzionari, compreso il capo dello Stato, non soppianta il dominio del capitale, non sopprime la ricchezza di pochi e la miseria delle masse. Nemmeno la completa abolizione della grande proprietà terriera sopprime il dominio del capitale e la miseria delle masse. Anche se la terra appartiene a tutto il popolo, solo chi possiede capitali, solo chi ha attrezzi, bestiame, macchine, scorte di sementi, denaro liquido in genere, ecc. può gestire un'azienda in maniera indipendente. Ma chi nulla possiede, all'infuori delle sue braccia, rimane senza dubbio schiavo del capitale, anche in una repubblica democratica, anche se la terra appartiene a tutto il popolo. L'idea di 'socializzare' la terra senza socializzare il capitale, l'idea che sia possibile, fino a che esistono il capitale e l'economia mercantile, il godimento ugualitario della terra, è un'idea sbagliata. (...)
La bandiera rossa degli operai coscienti significa quindi prima di tutto che noi sosteniamo con tutte le forze la lotta dei contadini per la libertà completa e per tutta la terra; e, inoltre che non ci fermiamo a questo, ma andiamo avanti. Oltre alla lotta per libertà e per la terra, combattiamo anche la lotta per il socialismo. La lotta per il socialismo è lotta contro il dominio del capitale. Combattono questa lotta anzitutto gli operai salariati, che dipendono direttamente e per intero dal capitale. Quanto ai piccoli proprietari, hanno anch'essi, in una certa misura, un capitale, e anch'essi non di rado sfruttano degli operai. Perciò nelle file dei combattenti per il socialismo non si trovano tutti i piccoli contadini, ma solo quelli che passano in maniera energica e cosciente dalla parte degli operai contro il capitale, dalla parte della proprietà comune contro la proprietà privata.
Ecco perché i socialdemocratici dicono che essi lottano insieme con tutti i contadini contro i grandi proprietari terrieri e la burocrazia; ma inoltre essi, i proletari della città, si battono contro il capitale insieme con i proletari della campagna. La lotta per la terra e per la libertà è una lotta democratica. La lotta per distruggere il dominio del capitale è una lotta socialista.
Inviamo dunque un caloroso saluto all'Unione contadina, che ha preso la decisione di lottare con compattezza ed energia, senza riserve o esitazioni, per la completa libertà e per tutta la terra. Questi contadini sono democratici autentici. Dobbiamo chiarire con pazienza, con tenacia, come si fa con alleati ai quali ci unisce una grande lotta comune, gli errori che essi commettono nell'intendere i compiti della democrazia e del socialismo. Questi contadini sono autentici democratici rivoluzionari, insieme con i qual dobbiamo combattere, e combatteremo, per la completa vittoria dell'attuale rivoluzione".
(Lenin: "Il proletariato e i contadini", 12 novembre 1905, Opere complete, vol. 10, pagg. 30-33)
Lenin dimostra anche quanto inconsistente sia il programma menscevico e la parola d'ordine presente in esso dell'"autogoverno rivoluzionario": esso, per Lenin, non è il prologo, ma l'epilogo dell'insurrezione nella situazione corrente la parola d'ordine corretta è invece quella del "governo rivoluzionario provvisorio".
"... Per il proletariato socialista - scrive Lenin -, per i contadini rivoluzionari e per tutti quelli che con decisione e irrevocabilmente si schierano dalla loro parte nella lotta per la libertà, il governo rivoluzionario provvisorio è un compito grande e importante, che si fa ogni giorno più urgente. La rivoluzione di ottobre, con le successive rivolte militari, ha a tal punto infiacchito l'autocrazia che gli organi del nuovo potere popolare hanno cominciato a fiorire spontaneamente sul terreno dissodato dallo sciopero politico e fecondato dal sangue di chi si è battuto per la libertà. Questi organi sono i partiti rivoluzionari e le organizzazioni di combattimento degli operai, dei contadini e degli altri elementi del popolo che conducono una lotta realmente rivoluzionaria. Questi organi realizzano in concreto l'alleanza tra il proletariato socialista e la piccola borghesia rivoluzionaria. Quest'alleanza nella lotta dev'essere da noi estesa e consolidata, plasmata e temprata, affinché gli organi del nuovo potere siano pronti a un secondo, imminente 17 ottobre, affinché tutti i combattenti per la libertà operino in tutta la Russia con un programma comune di riforme politiche immediate, in quanto forze organizzate, coerenti, pienamente consapevoli del proprio obiettivo, ben protette dai traditori, dagli esitanti e dai ciarlatani d'ogni risma. Per noi, che rappresentiamo il proletariato socialista, l'imminente rivoluzione democratica è solo un passo verso la grande meta della rivoluzione socialista. Convinti di questo, noi non ci fonderemo mai con i partiti e i gruppi piccolo-borghesi, benché forti, sinceri e rivoluzionari; sappiamo bene che sulla via del socialismo l'operaio e il piccolo proprietario dovranno inevitabilmente separarsi più d'una volta. Ma proprio nell'interesse del socialismo noi raduniamo oggi tutte le forze affinché la rivoluzione democratica venga attuata nel modo più rapido, completo e radicale. Per questo motivo realizzeremo, e già stiamo realizzando, un'alleanza provvisoria con tutta la democrazia rivoluzionaria nella lotta per raggiungere il nostro comune e immediato obiettivo politico. Per questo motivo, pur mantenendo in pieno la nostra fisionomia e indipendenza di partito, entreremo nei soviet dei deputati operai e negli altri organismi rivoluzionari. Vivano i nuovi organi del potere del popolo! Viva l'organo unitario, supremo e vittorioso del potere popolare!".
(Lenin: "L'autocrazia morente e i nuovi organi del potere popolare", 23 novembre 1905, Opere complete, vol. 10, pagg. 59-60).
Il proletariato, la socialdemocrazia, non possono fermarsi a metà strada. Secondo Lenin la rivoluzione democratica è solo la prima tappa a cui deve immediatamente seguire la rivoluzione socialista. Ed ecco perché è profondamente errata la posizione menscevica che "lascia" alla borghesia liberale la guida del processo rivoluzionario, l'egemonia del potere e il governo del Paese.
A questo proposito sono estremamente chiarificatrici le parole di Stalin che, nell'articolo "Il governo rivoluzionario provvisorio e la socialdemocrazia" pubblicato sul n. 1 del Proletariatis Brdzola dice: "La rivoluzione popolare avanza. Il proletariato si arma e alza la bandiera dell'insurrezione (...) Già si avvicina il tempo in cui scoppierà l'insurrezione generale e l'odiato trono dell'odiato zar sarà 'spazzato via dalla faccia della terra'. Il governo dello zar sarà abbattuto. Sulle sue rovine sarà creato il governo della rivoluzione, un governo rivoluzionario provvisorio che disarmerà le forze reazionarie, armerà il popolo e si accingerà senza indugio a convocare l'Assemblea costituente. (...)
Che cosa dovrà fare il governo provvisorio?
Dovrà disarmare le forze reazionarie, reprimere i nemici della rivoluzione, affinché non possano restaurare l'autocrazia zarista. Dovrà armare il popolo e favorire il compimento della rivoluzione. Dovrà assicurare la libertà di parola, di stampa, di riunione, ecc. Dovrà sopprimere le imposte indirette e introdurre l'imposta progressiva sui profitti e sulle successioni. Dovrà organizzare i comitati contadini che regoleranno le questioni della terra nelle campagne. Dovrà separare la chiesa dallo stato e la scuola dalla chiesa ...
Oltre a queste rivendicazioni generali, il governo provvisorio dovrà anche soddisfare le rivendicazioni di classe degli operai: libertà di sciopero e di organizzazione sindacale, giornata lavorativa di otto ore, assicurazione statale degli operai, condizioni igieniche di lavoro, istituzione degli 'uffici di collocamento', ecc.
In una parola, il governo provvisorio dovrà attuare completamente il nostro programma minimo e procedere senza indugio a convocare l'Assemblea costituente di tutto il popolo, che legalizzerà 'per sempre' i mutamenti intervenuti nella vita sociale.
Chi dovrà entrare nel governo provvisorio?
La rivoluzione la farà il popolo; e il popolo sono il proletariato e i contadini. È evidente che essi devono assumersi anche il compito di portare la rivoluzione a termine, di reprimere la reazione, di armare il popolo, ecc. Ma per tutto questo è necessario che il proletariato e i contadini abbiano nel governo provvisorio dei difensori dei loro interessi. (...)
Tutto sta bene, ci si dice, ma che vi è di comune tra il proletariato e i contadini?
Di comune vi è che entrambi odiano i residui del regime feudale, entrambi lottano a morte contro il governo dello zar, entrambi vogliono una repubblica democratica.
Questo però non ci può far dimenticare la verità, e cioè che la differenza fra loro è molto notevole.
In che cosa consiste questa differenza?
Nel fatto che il proletariato è nemico della proprietà privata, che odia gli ordinamenti borghesi, e la repubblica democratica gli è necessaria soltanto per raccogliere le forze e abbattere poi il regime borghese, mentre i contadini sono attaccati alla proprietà privata, sono favorevoli agli ordinamenti borghesi, e la repubblica democratica è loro necessaria per rafforzare le basi del regime borghese. (...)
La rivoluzione attuale è borghese, essa cioè non tocca la proprietà privata; di conseguenza i contadini oggi non hanno alcuna ragione di volgere le proprie armi contro il proletariato. Inoltre la rivoluzione attuale è decisamente contro il potere dello zar; di conseguenza i contadini sono interessati a congiungersi decisamente al proletariato, forza d'avanguardia della rivoluzione. È chiaro che anche il proletariato è interessato a sostenere i contadini e insieme con essi ad attaccare il nemico comune, il governo zarista. Non a caso il grande Engels dice che fino alla vittoria della rivoluzione democratica il proletariato deve attaccare gli ordinamenti esistenti insieme con la piccola borghesia. (...)
In altri termini, il proletariato e i contadini devono con sforzi congiunti farla finita col governo zarista, devono con sforzi congiunti reprimere i nemici della rivoluzione, e proprio per questo anche il proletariato, accanto ai contadini, deve avere nel governo provvisorio i difensori dei suoi interessi, i socialdemocratici.
Ciò è talmente chiaro, così evidente, che sarebbe anche superfluo parlarne.
Ma ecco, interviene la 'minoranza' e, avendo dubbi in proposito afferma ostinatamente: non si addice alla socialdemocrazia partecipare al governo provvisorio, ciò è in contrasto coi principi. (...)
Ai nostri menscevichi non sono piaciute le risoluzioni approvate dal terzo congresso del partito. Il loro significato genuinamente rivoluzionario ha messo in allarme la 'paludÈ menscevica e destato in essa la fregola della 'critica'. (...)
Esaminiamo però la 'critica', quale la troviamo nel n. 5 del Sozial-Demokrat. (...) 'Noi sappiamo che la grande rivoluzione francese ha istituito la repubblica senza avere un governo provvisorio' - essi scrivono. Tutto qui? Non sapete nulla di più, 'egregi signori'? È poco! Si dovrebbe saperne di più! Si dovrebbe anche sapere, per esempio, che la grande rivoluzione francese ha trionfato come movimento rivoluzionario borghese, mentre il 'movimento rivoluzionario russo o trionfa come movimento degli operai oppure non trionferà affatto', come dice giustamente G. Plekhanov. In Francia a capo della rivoluzione v'era la borghesia, mentre in Russia vi è il proletariato. Ivi era la prima che dirigeva le sorti della rivoluzione, qui è il secondo. E non è forse chiaro che data questa trasposizione delle forze rivoluzionarie dirigenti non si possono avere risultati identici per l'una o per l'altra classe? Se in Francia la borghesia, stando a capo della rivoluzione, ha goduto dei suoi frutti, dovrà essa goderli anche in Russia, nonostante che a capo della rivoluzione vi sia il proletariato? Si, dicono i nostri menscevichi, ciò che è accaduto , in Francia, deve accadere anche qui, in Russia. Questi signori, come un fabbricante di bare, prendono le misure su chi è ormai defunto da tempo e con questo metro misurano i vivi. Inoltre hanno commesso un falso considerevole: hanno tolto la testa all'oggetto che ci interessa, e hanno spostato sulla coda il centro della polemica. Noi, come tutti i socialdemocratici rivoluzionari, parliamo di instaurare una repubblica democratica. Essi invece hanno nascosto non si sa dove la parola 'democratica' e hanno cominciato a chiacchierare di 'repubblica'. 'Noi sappiamo che la grande rivoluzione francese ha instaurato la repubblica', essi predicano. Sì, ha instaurato la repubblica, ma quale: una repubblica veramente democratica? Tale, quale la rivendica il Partito operaio socialdemocratico della Russia? Ha dato questa repubblica al popolo il diritto del suffragio universale? Le elezioni di allora erano completamente dirette? Fu introdotta l'imposta progressiva sul reddito? Si diceva forse allora qualcosa del miglioramento delle condizioni di lavoro, della diminuzione della giornata lavorativa, dell'aumento del salario e così via...? No, ivi non vi era e non vi poteva essere nulla di tutto ciò, poiché gli operai non possedevano allora un'educazione socialdemocratica. Perciò i loro interessi nella repubblica francese di quel tempo furono dimenticati e trascurati dalla borghesia. È mai possibile, signori, che voi chiniate dinanzi a una simile repubblica le vostre 'venerabili' teste? È questo il vostro ideale? Buon viaggio! Ma ricordate, egregi signori, che l'inchinarsi dinanzi a una tale repubblica non ha nulla in comune con la socialdemocrazia e con il suo programma: questa è democrazia della peggiore specie. E voi introducete tutto ciò di contrabbando, coprendolo col nome di socialdemocrazia.
Oltre a ciò i menscevichi devono sapere che la borghesia della Russia col suo Zemski Sobor (Assemblea della terra. Nei secoli XVI e XVII assemblea dei rappresentanti della nobiltà, e in minima parte, dei ricchi mercanti, convocata periodicamente dagli zar per pronunciarsi sulle questioni più importanti. Alla fine del secolo XIX e al principio del XX, i populisti e i liberali rivendicavano la convocazione di un nuovo Zemski Sabor, con funzioni di Assemblea costituente) non ci offre neanche una repubblica del genere di quella francese. Essa non ha alcuna intenzione di distruggere la monarchia. Conoscendo benissimo la 'insolenza' degli operai là dove non vi è monarchia, essa si sforza di conservare intiera questa fortezza e di trasformarla in una propria arme contro il nemico inconciliabile, il proletariato. Anche a questo scopo essa conduce a nome del 'popolo' trattative con lo zar carnefice e gli consiglia, nell'interesse della 'patria' e del trono, di convocare lo Zamski Sobor per evitare l''anarchia'. È mai possibile che voi menscevichi non sappiate tutto questo?
Noi non abbiamo bisogno della repubblica che ha introdotto la borghesia francese nel secolo XVIII, ma di quella che rivendica il Partito operaio socialdemocratico della Russia nel XX secolo. Ma questa repubblica possono crearla solamente una insurrezione popolare vittoriosa con alla testa il proletariato e un governo rivoluzionario provvisorio da esso creato. Solo un tale governo provvisorio può provvisoriamente attuare il nostro programma minimo e proporre mutamenti in questo senso all'approvazione dell'Assemblea costituente da lui convocata.
I nostri 'critici' non credono che l'Assemblea costituente, convocata conformemente al nostro programma, possa esprimere la volontà del popolo (e come possono farsene un'idea, dal momento che non vanno oltre la grande rivoluzione francese avvenuta 115-116 anni fa?). 'Gli abbienti e le persone influenti - continuano i 'critici' - hanno tanti mezzi per manipolare le elezioni a proprio favore, che le chiacchiere sulla volontà effettiva del popolo sono completamente superflue. Affinché gli elettori non abbienti non esprimano la volontà dei ricchi, è necessaria una grande lotta, una lunga disciplina di partito' (quella che non viene riconosciuta dai menscevichi?). 'Anche in Europa (?), nonostante un'educazione politica di anni, tutto ciò non si è realizzato. Ed ecco, i nostri bolscevichi pensano che il governo provvisorio ha nelle sue mani questo talismano!'.
Ecco del codismo genuino! (...) Di rivendicare in Russia ciò che ancora non è stato realizzato in Europa non si può neanche parlare, c'insegnano i 'critici'! Ma noi sappiamo che non solo 'in Europa', ma neanche in America il nostro programma minimo è completamente realizzato e di conseguenza chi lo accetta e lotta per la sua attuazione in Russia, dopo la caduta dell'autocrazia, è, secondo i menscevichi, un incorreggibile sognatore, un povero Don Chisciotte! In una parola, il nostro programma minimo è errato, è utopistico e non ha nulla in comune con la 'vita' reale! Non è così, signori 'critici'? Proprio a questo voi ci portate. Abbiate allora più coraggio e dichiaratelo apertamente, senza sotterfugi! Allora sapremo con chi abbiamo a che fare e voi sarete liberati dalle formalità programmatiche a voi odiose! Ma voi parlate in modo così timido e vile della scarsa importanza del programma che molti, eccetto i bolscevichi naturalmente, pensano che voi riconosciate ancora il programma del Partito operaio socialdemocratico della Russia, approvato dal secondo congresso del partito. Ma a quale scopo questo fariseismo?
Ed ecco che siamo giunti all'origine delle nostre divergenze. Voi non credete al nostro programma e ne contestate la giustezza; noi, invece, partiamo sempre da esso, conformiamo ad esso tutte le nostre azioni!
Noi crediamo che 'gli abbienti e le persone influenti' non potranno ingannare e corrompere tutto il popolo, regnando la libertà di agitazione preelettorale. Noi contrapporremo infatti alla loro influenza e al loro denaro la veridica parola socialdemocratica (e di questa veridicità noi, a differenza di voi, non dubitiamo affatto) e così sventeremo le manovre fraudolente della borghesia. Voi non credete a questo e perciò tirate la rivoluzione dalla parte del riformismo. (...)
I nostri 'critici' sono in agitazione anche perché noi esigiamo dal governo rivoluzionario provvisorio l'attuazione del programma minimo, ed esclamano: 'Questa è un'incomprensione completa della questione; la questione è che le rivendicazioni politiche ed economiche del nostro programma possono essere realizzate soltanto attraverso la legislazione, mentre il governo provvisorio non è un'istanza legislativa'. (...) Non porta questo ragionamento l'impronta di un liberalismo volgare? E non è strano sentirlo dalla bocca di un rivoluzionario? (...)
Esaminiamo adesso con quale fondamento i menscevichi privano il governo rivoluzionario provvisorio della 'facoltà legislativa'. In primo luogo, fondandosi sulla considerazione che esso non è un organo legislativo, e in secondo luogo sul fatto che l'Assemblea costituente allora non avrebbe più nulla da fare. Ecco a quale vergogna arrivano questi ragazzini! A quanto pare essi non sanno neanche che la rivoluzione trionfante e il governo rivoluzionario provvisorio che ne esprime la volontà sono, fino alla formazione di un governo permanente, i padroni della situazione e possono di conseguenza abrogare e fare leggi! Se fosse altrimenti, se il governo rivoluzionario provvisorio non avesse questi poteri, la sua esistenza non avrebbe allora alcun senso e il popolo insorto non avrebbe creato quest'organismo. È strano che i menscevichi abbiano dimenticato l'abbicì della rivoluzione.
I menscevichi domandano: che cosa deve fare allora l'Assemblea costituente, se è il governo rivoluzionario provvisorio che attuerà il nostro programma minimo? Avete dunque paura, egregi signori, che l'Assemblea soffrirà per mancanza di lavoro? Non temete, lavoro ne avrà a sufficienza. Essa sanzionerà i mutamenti introdotti dal governo rivoluzionario provvisorio con l'ausilio del popolo insorto; elaborerà la costituzione del paese, di cui il nostro programma minimo sarà solamente una delle parti costitutive. Ecco quanto noi chiederemo all'Assemblea costituente!
'Costoro (i bolscevichi) non possono concepire la scissione fra la stessa piccola borghesia e gli operai, scissione che si rifletterà anche nelle elezioni, per cui il governo provvisorio cercherà di opprimere gli operai elettori a favore della propria classÈ, scrivono i 'critici'. Capisca chi può questa bella storia! Che cosa significa: 'il governo provvisorio cercherà di opprimere gli operai elettori a favore della propria classÈ!!? Di quale governo provvisorio parlano costoro, contro quali mulini a vento combattono questi Don Chisciotte? Ha detto forse qualcuno che se la piccola borghesia avrà da sola nelle sue mani il governo rivoluzionario provvisorio, essa difenderà gli interessi degli operai? Perché attribuire agli altri la propria ignoranza? (...) se si tratta di un governo rivoluzionario provvisorio in cui entrino anche i socialdemocratici, come potrà essere di composizione piccolo-borghese? Noi fondiamo i nostri argomenti circa la partecipazione al governo rivoluzionario provvisorio sul fatto che agli interessi della democrazia - dei contadini e della piccola borghesia urbana (che voi, menscevichi, invitate nel vostro partito) - non contraddice sostanzialmente l'attuazione del nostro programma minimo e perciò riteniamo possibile attuarlo insieme a essa. Se invece la democrazia ostacolerà la realizzazione di alcuni punti, allora i nostri delegati, sostenuti sulla piazza dai loro elettori, dal proletariato, cercheranno di realizzare questo programma con la forza, se questa forza esisterà (se essa non ci sarà, noi non entreremo, e non saremo nemmeno eletti a far parte del governo provvisorio). Come vedete, la socialdemocrazia deve entrare nel governo rivoluzionario provvisorio proprio per difendervi le posizioni socialdemocratiche, per non permettere cioè ad altre classi di ledere gli interessi del proletariato.
I rappresentanti del Partito operaio socialdemocratico della Russia nel governo rivoluzionario provvisorio dichiareranno guerra non al proletariato, come sembra ai menscevichi per incomprensione, ma, insieme col proletariato ai nemici del proletariato. Ma che avete a fare voi menscevichi con tutto ciò, che avete a fare con la rivoluzione e col suo governo provvisorio! Il vostro posto è là, nella 'Duma di stato
'". (Stalin: Il governo rivoluzionario provvisorio e la socialdemocrazia, 15 agosto 1905, Opere complete, vol. 1, pagg. 167-171, pagg. 178-190)
Radicalmente diversa rispetto al pensiero menscevico, è anche l'analisi che il bolscevismo fa del Soviet per quel che concerne sia la sua organizzazione, che la gestione del processo rivoluzionario e del governo postrivoluzionario. A differenza dei menscevichi, per i bolscevichi non c'è nulla di transitorio e di provvisorio nel Soviet e nell'organizzazione sovietica.
Organismo di base che nasce direttamente nella fabbrica, strumento di unità dell'intera classe operaia e dell'organizzazione ai vari livelli territoriali, espressione della democrazia operaia attraverso l'elezione diretta e la revocabilità immediata dei delegati da parte delle assemblee operaie; organo, infine, di direzione politica di massa. Il soviet, secondo Lenin, è nel processo rivoluzionario uno strumento non antitetico, ma complementare al Partito. Uno strumento dei rappresentanti di "tutti coloro che vogliono combattere e possono combattere insieme per migliorare l'esistenza del popolo lavoratore". Per questo Lenin esorta, immediatamente dopo la comparsa dei Soviet operai, le classi e i ceti sociali per loro natura alleati dalla classe operaia, a creare i loro Soviet. È esplicito in questo senso l'appello di Lenin ai contadini e ai soldati e marinai rivoluzionari a eleggere i propri "deputati" e dar vita ai loro Soviet. Questo al fine di realizzare ciò che secondo Lenin ancora manca in Russia "(...) un centro politico panrusso, vitale, attivo, che abbia profonde radici nel popolo, goda dell'assoluta fiducia delle masse, sia dotato di un'impetuosa energia rivoluzionaria, abbia solidi legami con i partiti rivoluzionari e socialisti organizzati".
Altrettanto chiara è per Lenin la funzione contingente e temporanea, ma assolutamente funzionale, e quindi stabile e duratura, del Soviet. Per questo egli già nel novembre del 1905 individua sul piano politico il Soviet come governo rivoluzionario. "Il soviet - afferma Lenin nella già citata lettera - deve proclamarsi governo rivoluzionario provvisorio, o costituire un tale governo, mobilitando necessariamente nuovi deputati eletti non slo dagli operai ma anzitutto dai marinai e dai soldati che si sono battuti dappertutto per la libertà, e poi dai contadini rivoluzionari, infine dagli intellettuali borghesi rivoluzionari".
La nascita e l'azione del Soviet dei deputati operai di Pietroburgo fu d'esempio e di stimolo alla diffusione in tutto l'impero russo dell'organizzazione sovietica. Per citarne solo alcuni basta dire che "Soviet dei deputati operai" sorgono nelle città di: Mosca, Kiev, Odessa, Lugansk, Mariupol, Perm, Nikolaev, Novorossijsk, Rostov, Smolensk, Samara, Soci, Voronez, Saratov, ecc. Soviet di governatorato furono creati a: Perm, Vladimir Ekaterinoslav, Mosca, Novocerkassk, Vjatka, Ufa. A Charbin, Mosca, Sebastopoli, Vladivostok e Cita si formarono invece i primi Soviet dei soldati; mentre operai e soldati insieme diedero vita ai Soviet di Irkutsk e Krasnojaersk.
La prima rivoluzione russa del 1905 si concluse con una sconfitta. Seguirono duri anni di reazione. I Soviet terminata l'onda rivoluzionaria, si sciolsero. Ma era solo questione di tempo. L'esperienza, infatti, era stata acquisita, il seme era stato gettato, pronto a germogliare e rifiorire. Ciò avvenne nel radioso 1917, quando i Soviet e l'organizzazione sovietica trionfarono in un altro, nuovo, indimenticabile e glorioso Ottobre.
La partecipazione della Russia zarista alla Prima guerra mondiale con il pesante fardello di conseguenze che da essa scaturì - prime fra tutte le indicibili sofferenze patite dai soldati al fronte, dagli operai, dai contadini e dal popolo lavoratore stretti nella morsa di condizioni di vita sempre più difficili e tragiche - mutò radicalmente la situazione politica e sociale determinatasi negli anni successivi alla sconfitta subita dalle masse popolari nei moti rivoluzionari del 1905.
Ciò determinò un nuovo, impetuoso sviluppo della lotta di classe nell'impero euroasiatico che, giorno dopo giorno, mese dopo mese, vide crescere e svilupparsi la forza e la riorganizzazione della classe operaia e della sterminata massa di contadini poveri presente nelle campagne ma anche, ed in maniera numericamente consistente e determinante, nell'esercito.
Già all'inizio del 1916 questa situazione si concretizzò in una crescita costante del movimento popolare rivoluzionario e in una crisi sempre più profonda e irreversibile del potere zarista.
In diverse regioni del paese si diffusero lotte contadine, mentre al fronte si manifestarono i primi episodi di fraternizzazione, frutto anche della propaganda e dell'azione dei bolscevichi fra le truppe, e aumentarono le diserzioni.
Il risveglio rivoluzionario coinvolse naturalmente anche le città e i centri industriali. La scintilla venne ancora una volta dalla capitale, per estendersi via via al resto del paese. A Pietrogrado gli operai diedero vita ad alcuni grandi scioperi. Tra i più importanti e significativi vanno segnalati quello del 9 gennaio che coinvolse circa centomila lavoratori e quello svoltosi in febbraio ad opera di ventimila operai della "Putilov". Di grande forza per adesione e compattezza furono poi gli scioperi effettuati dai lavoratori del Bacino del Donets e dei cantieri navali di Nikolsev.
Ma il tratto distintivo e peculiare che segnò il movimento rivoluzionario del 1916 fu il coinvolgimento in esso dei popoli e delle nazionalità non russe dell'impero zarista. Moti insurrezionali e di rivolta contro il regime di Nicola II scoppiarono nelle regioni dell'Asia centrale. Anche qui la causa determinante è rappresentata dalla guerra nella quale l'imperialismo russo si era gettato anima e corpo. La causa scatenante fu il decreto imperiale del luglio 1916 che imponeva l'arruolamento ai sudditi di nazionalità non russa, esenti fino a quel momento dal servizio di leva ed invece obbligati ora nelle operazioni di retrovia dell'esercito imperiale. Questo fu l'ultimo atto di una politica vessatoria utile a soddisfare le necessità belliche dello zarismo e della borghesia imperialista russa che aveva già colpito i lavoratori e le popolazioni delle diverse nazionalità imponendo loro, con un'esosità divenuta insostenibile, una tassazione sempre più pesante, continue requisizioni di beni e l'esproprio delle terre. Contro questa politica sciovinistica e oppressiva insorsero a partire dal luglio 1916 le popolazioni dell'Uzbekistan, del Kazakstan, del Turkmenistan e della Kirghizia.
Il 1916 fu dunque caratterizzato da un crescendo ininterrotto di lotte e scioperi che coinvolse all'incirca un milione di lavoratori, e che ebbe il suo apice nell'autunno-inverno. È in questa situazione politica che va sempre più radicalizzandosi mettendo all'angolo le forze reazionarie dell'autarchia zarista, che inizia in Russia il nuovo anno: il 1917. E fu in questo rinato clima rivoluzionario che tornarono vigorosamente in auge sulla ribalta della scena politica russa i Soviet.
La capitale dell'impero zarista, San Pietroburgo, divenne il cuore pulsante della rivoluzione che di lì a poco avrebbe spazzato via lo zarismo, cambiato radicalmente il volto della Russia e aperto uno scenario completamente nuovo sul piano internazionale. Da San Pietroburgo per estendersi ai borghi più remoti della nazione - anche se in modi e tempi non uniformi dato il diverso sviluppo della lotta di classe nelle varie regioni - si propagavano tanto le singole azioni di lotta, quanto i movimenti e le azioni politiche più rilevanti capaci di trasformare la fisionomia del paese, fino a far sorgere dalle ceneri dell'impero zarista la nuova Russia.
Un'ondata di possenti scioperi che coinvolse più di 670 mila lavoratori si sviluppò nel gennaio - febbraio 1917. A metà febbraio la classe operaia di Pietrogrado (così si chiamerà la capitale San Pietroburgo all'indomani della vittoriosa rivoluzione democratico-borghese del febbraio 1917) era mobilitata e in lotta. Nelle fabbriche gli operai in sciopero ritenevano ormai possibile e necessaria una ricostituzione del soviet. Fu così che fabbrica dopo fabbrica si cominciarono ad eleggere i delegati per il nuovo "Consiglio operaio". Anche le organizzazioni politiche socialdemocratiche, dei socialisti-rivoluzionari e dei gruppi sindacali illegali operarono per la ricostituzione del soviet. A seguito di queste iniziative il 27 febbraio 1917 viene formato il "Comitato esecutivo provvisorio dei deputati operai" diretto, in questa prima fase, essenzialmente da menscevichi e socialrivoluzionari. Presidente fu eletto il dirigente menscevico N. Ckheidze, deputato della III e IV Duma di Stato per il governatorato di Tiflis e capo del gruppo menscevico alla IV Duma, e vicepresidenti Kerenskij, in quel momento a capo del "Gruppo del Lavoro" alla IV Duma (raggruppamento democratico piccolo-borghese) e che dopo la rivoluzione di febbraio passerà con i socialisti-rivoluzionari, e l'altro menscevico Skobelev, anche lui deputato alla IV Duma di Stato. Il primo atto del ricostituito Soviet di Pietrogrado fu un decreto in base al quale si invitavano gli operai a completare l'elezione dei propri deputati al Consiglio, fissando la quota di rappresentanza a un deputato per ogni mille operai, e i militari dell'esercito e della marina a votare un deputato per ogni reparto. L' "Ordinanza nr. 1" del Soviet di Pietrogrado stabilendo il nuovo diritto di rappresentanza dei soldati, decretava altresì la piena autorità del soviet sulle unità della circoscrizione militare di Pietrogrado.
A seguito dell'avvenuta elezione dei delegati nelle fabbriche e nei reparti militari il Soviet dei deputati operai di Pietrogrado decise, nella sua terza riunione svoltasi il 1 marzo 1917, la sua trasformazione in "Soviet dei deputati operai e soldati".
Il 23 febbraio il Partito bolscevico lancia un appello agli operai in sciopero a Pietrogrado affinché la loro azione si sviluppi oltre che sul piano delle sole rivendicazioni economiche anche su quello più direttamente politico, investendo la questione del potere statale. I lavoratori delle fabbriche più grandi fanno immediatamente proprio quest'appello e nelle strade principali della capitale si svolgono le prime manifestazioni alle quali partecipano circa novantamila operai che chiedono espressamente la fine della guerra e l'abbattimento dell'autocrazia zarista. Il giorno successivo queste manifestazioni si intensificano così come si allarga il numero dei partecipanti ad esse. Il 25 febbraio a Pietrogrado lo sciopero politico è generale. Ad esso aderiscono più di 250 mila lavoratori; non solo operai, ma anche addetti ai trasporti e dipendenti delle aziende commerciali. Nello stesso giorno il Comitato pietroburghese bolscevico dirama un appello con la parola d'ordine: "Tutti nelle strade! Tutti alla lotta!". Contro i manifestanti si scatena una cruenta repressione. Su ordine diretto dello zar il generale Chabalov, comandante delle truppe della circoscrizione di Pietrogrado, ordinò di sparare sui dimostranti. Furono effettuati rastrellamenti che portarono ad arresti in massa che coinvolsero anche un gran numero di militanti e dirigenti bolscevichi. Ma la lotta non fu domata e il 26 febbraio lo sciopero politico generale si trasformò in insurrezione armata. Gli operai ovunque esortavano i militari ad unirsi a loro nella lotta contro l'autocrazia. Così fecero una squadra del reggimento Volynskij, imitata, il 27 febbraio, dall'intero reggimento e dai reggimenti Litovskij e Peobrazenskij. In quello stesso giorno più di sessantamila soldati della guarnigione di Pietrogrado passarono alla Rivoluzione e due giorni dopo, il primo marzo, essi erano già diventati centosettantamila.
Il mattino del 27 febbraio nel disperato tentativo di tenere in piedi il suo personale potere, Nicola II emanava il decreto di scioglimento della Duma. Ma al punto di sviluppo a cui era ormai giunta la lotta popolare rivoluzionaria in Russia, soltanto una vittoria del tentativo di repressione militare delle masse pietrogradesi avrebbe potuto salvare la monarchia imperiale dei Romanov. L'insurrezione armata degli operai e dei soldati della capitale stroncò in maniera definitiva questo tentativo e, con esso, anche il piano messo a punto dalla borghesia "progressista" russa, quella direttamente legata e finanziata dal capitalismo imperialistico inglese e francese, che fino a quel momento aveva tentato in ogni modo di mantenere saldo il potere autocratico zarista nel tentativo di meglio arginare lo sviluppo della lotta di classe delle masse popolari dell'impero, magari sbarazzandosi con congiure di palazzo di quelle che ottrobristi e cadetti avevano definito, il primo novembre 1916 in apertura della quinta sessione della IV Duma, le "forze oscure della corte", riferendosi apertamente alle figure più direttamente legate alla zarina Alice d'Assia, tra i quali Grigorij Rasputin ucciso nel dicembre 1916.
Dopo il decreto zarista di scioglimento della Duma i deputati dei partiti borghesi si riunirono al Palazzo di Tauride. Nella notte tra il 27 ed il 28 febbraio essi formarono un proprio "Comitato provvisorio della Duma" presieduto da Rodzjanko, con l'obiettivo di assumere il potere. Menscevichi e socialisti-rivoluzionari, le forze piccolo-borghesi maggioritarie nel Soviet di Pietrogrado, furono favorevoli a che il "Comitato della Duma" formasse il nuovo governo del paese.
Il primo "Governo provvisorio" composto in grande maggioranza da esponenti del partito cadetto, fu costituito il 2 marzo. Presieduto dal principe Lvov che ne resse anche il ministero degli interni, esso vide anche la partecipazione di Guckov ministro della guerra e della marina, di Miljukov ministro degli esteri e di Kerenskij, passato ai socialisti-rivoluzionari, come ministro della giustizia.
Gli ultimi atti della monarchia zarista si consumarono nella notte tra il 2 ed il 3 marzo 1917 con l'abdicazione di Nicola II in favore del fratello Michele Romanov e l'abdicazione dello stesso Michele il 3 marzo del 1917.
"La monarchia zarista è stata battuta, ma non ha ancora ricevuto il colpo di grazia". (1) Questa frase di Lenin ben rappresenta il possente tumulto storico mondiale rappresentato dalla rivoluzione russa del febbraio-marzo 1917, che per alcuni dei suoi protagonisti avrebbe dovuto rappresentare l'atto conclusivo e stabilizzante del potere borghese in Russia e del rilancio dell'imperialismo russo sul piano internazionale, ma che in realtà fu l'atto iniziale del grande sommovimento di classe rivoluzionario che porterà al potere gli operai e i contadini di Russia aprendo una pagina nuova e gloriosa nella storia dell'umanità.
Con la rivoluzione di febbraio si era di fatto concluso solo il primo atto della Rivoluzione russa.
Tre erano le forze in campo in Russia nel febbraio-marzo 1917; espressioni sul piano economico e politico, di classi, raggruppamenti di classe e ceti sociali ben definiti.
In primo luogo la monarchia zarista espressione diretta di un secolare sistema basato sul dominio dei proprietari feudali e sull'apparato burocratico, amministrativo e militare posto a fondamento del potere dell'autocrazia.
In secondo luogo la borghesia agraria ed industriale di Russia: quella dei latifondisti, dei neocapitalisti proprietari di fabbriche ed impianti, artefici del giovane ma irreversibile avvio del processo di industrializzazione del paese.
In terzo luogo la classe operaia, il neo costituito proletariato russo che ha un suo alleato naturale nella sterminata massa di poveri del paese ed in primo luogo nel bracciantato agricolo - i contadini poveri - che costituiscono il nucleo sociale numericamente più rilevante della Russia.
Con una metafora semplice Lenin fa un'analisi assai chiara di ciò che è stata la rivoluzione di febbraio.
"Questa rivoluzione di otto giorni - scrive Lenin nel marzo 1917 - è stata 'recitata', se è consentita la metafora, dopo una decina di prove parziali e generali; gli 'attori' si conoscevano tra loro, conoscevano la loro parte, il loro posto e il palcoscenico in lungo e in largo, conoscevano fin nelle minime sfumature d'un qualche rilievo le tendenze politiche e i metodi d'azione. (...) ad essa è stato necessario un grande, forte e onnipotente 'regista', capace, da un lato, di accelerare al massimo il corso della storia universale e, dall'altro, di generare crisi mondiali di incomparabile intensità, crisi economiche, politiche, nazionali e internazionali. Oltre alla straordinaria accelerazione della storia universale, sono state necessarie alcune svolte particolarmente brusche perché il carro insanguinato e infangato della monarchia dei Romanov potesse rovesciarsi di colpo.
Questo 'regista' onnipotente, questo vigoroso acceleratore si è avuto nella guerra mondiale imperialistica. (...)
La guerra imperialistica doveva, per oggettiva necessità, accelerare in modo eccezionale e inasprire al massimo la lotta di classe del proletariato contro la borghesia, doveva trasformarsi in guerra civile tra classi nemiche.
Questa trasformazione si è iniziata con la rivoluzione del febbraio-marzo 1917, la cui prima fase ci ha mostrato anzitutto che lo zarismo è stato colpito simultaneamente da due forze: da tutta la Russia della borghesia e dei grandi proprietari fondiari, con tutti i suoi inconsapevoli sostenitori e con i suoi consapevoli dirigenti, gli ambasciatori e i capitalisti anglo-francesi, da una parte; dal soviet dei deputati operai, che ha cominciato ad attirare a sé i deputati dei soldati e dei contadini, dall'altra parte
". (2)

La formazione dei soviet in Russia (marzo-ottobre 1917)
Abbiamo visto quale fu la genesi del soviet di Pietrogrado. Per le masse popolari del paese, cioè per gli operai, per i soldati e per i contadini di Russia, il Soviet dei deputati operai e soldati di Pietrogrado divenne il simbolo della Rivoluzione e l'esempio da seguire. Fu dunque all'indomani della caduta della monarchia dei Romanov e fino alla vigilia della rivoluzione d'ottobre che il movimento dei soviet crebbe si estese e si radicò nell'intero paese.
La costituzione di soviet avvenne a partire dalle grandi città per poi progressivamente coinvolgere i medi e i piccoli agglomerati urbani, estendendosi infine ai villaggi e ai borghi agricoli della sterminata campagna russa. Una progressione questa, per niente casuale, ma chiarificatrice, anzi, di come i ceti sociali popolari si mossero nella costituzione dei propri organismi rivoluzionari. Il fatto stesso che i soviet sorsero all'inizio principalmente nei centri urbani industriali sta a significare infatti, che la classe operaia agì come forza propulsiva, unificatrice e di traino tra le masse popolari nella costruzione dell'organizzazione sovietica nazionale. Agli operai si aggiunsero ben presto i soldati, la componente sociale indubbiamente più interessata a far sì che la guerra finisse nel più breve tempo possibile. In molti casi, anzi, fin da subito essi si impegnarono insieme agli operai nella costituzione degli organismi sovietici. Questo avvenne soprattutto tra i militari delle guarnigioni e delle retrovie che, per loro dislocazione, erano più a contatto con il movimento operaio e, da esso, direttamente influenzati. E infatti parecchi dei circa 400 soviet che si contavano in Russia nel maggio 1917 erano consigli misti di operai e soldati. Un tempo relativamente più lungo occorse invece alla "sovietizzazione" dei reparti militari di stanza al fronte. Qui, una accelerazione del processo di costituzione dei soviet si ebbe soprattutto nell'estate del 1917, a seguito del disastroso esito avuto dall'assurda, avventurista e fallimentare offensiva militare ordinata dal governo provvisorio.
Più lento fu invece l'evolversi dell'organizzazione sovietica nelle campagne; organizzazione che, peraltro, assunse modalità e peculiarità proprie e in parte diverse all'interno del movimento sovietico. La causa prima di questa diversità è da ricercarsi nella composizione di classe della società rurale russa all'indomani della rivoluzione democratico-borghese del febbraio 1917. In essa erano presenti una minoranza di latifondisti possessori però della maggioranza delle terre coltivate, del bestiame e dei mezzi di produzione; un numero rilevante di contadini agiati proprietario di appezzamenti di terra più o meno grandi; e infine, priva di proprietà, la massa numericamente più rilevante della popolazione agricola composta dai lavoratori salariati e dai semiproletari delle campagne, dai braccianti, dai giornalieri, dai contadini poveri insomma.
Una società dunque, quella rurale russa, tipicamente mercantile; dove impera il principio borghese della proprietà privata; dove è ancora forte l'influenza dello zarismo e del suo deposto regime ai quali rimane fondamentalmente legata la classe dei latifondisti; una società che ha altresì nel suo strato inferiore un alleato potente e prezioso per il proletariato rivoluzionario russo e decisivo per l'affermarsi vittorioso della sua lotta per il socialismo.
Le prime forme di organizzazione contadina successive alla rivoluzione di febbraio si concretizzarono a partire dalla primavera del 1917. Non sono però, almeno inizialmente, forme di organizzazione sovietica sul tipo di quelle sorte fra gli operai e i soldati; bensì dei "comitati agrari".
Che non nascono nei villaggi direttamente eletti dal basso, ma nei diversi distretti di provincia e, per lo più, su iniziativa dei partiti impegnati nel governo provvisorio - socialisti-rivoluzionari e, in misura minore, menscevichi - e in appoggio e collaborazione con il governo provvisorio stesso. Sarà lo svilupparsi delle iniziative volte a favorire l'attuazione della riforma agraria e l'impulso che esse daranno alla lotta di classe nelle campagne che favorirà il nascere dei soviet dei deputati contadini, spesso in contrapposizione con gli stessi "comitati agrari". Ma non sarà certo questo un processo né lineare né univoco.
Inizialmente anche per quel che riguarda la formazione dei soviet dei deputati contadini non fu certo irrilevante l'azione dei socialisti-rivoluzionari. Rappresentanti politici principali della nuova borghesia agraria formata essenzialmente dalla classe dei contadini agiati, i socialisti-rivoluzionari e l'Unione delle cooperative, espressione economica del blocco agrario borghese e piccolo-borghese, si impegnarono direttamente nella formazione dei soviet dei deputati contadini principalmente per attenuare e rendere meno efficace l'azione dei soviet operai delle città, azione che diventava sempre più critica e ostile nei confronti della politica del governo provvisorio e sempre più orientata su posizioni rivoluzionarie. Sarà poi l'acuirsi delle contraddizioni sulla riforma agraria ed il diffondersi anche nelle campagne della teoria e della pratica rivoluzionarie dei bolscevichi che porterà ad una radicalizzazione dei soviet dei deputati contadini con l'elezione in essi di un numero sempre maggiore di delegati dei contadini poveri e al prevalere di una politica coerentemente rivoluzionaria.
L'opera teorica di Lenin, i suoi scritti, ci aiutano a "leggere" e capire la genesi e l'evolversi anche di questi avvenimenti. Scrivendo il 10 aprile 1917 il "Progetto di piattaforma del partito proletario", argomentando, al punto 13, sul Programma agrario, Lenin affermava:
"Nel momento attuale non possiamo sapere con esattezza se nel prossimo futuro una poderosa rivoluzione agraria si svilupperà nelle campagne russe. Non possiamo misurare precisamente la profondità della differenziazione di classe, che si è indubbiamente accentuata negli ultimi tempi, dei contadini in salariati agricoli, operai stagionali e contadini poveri ('semiproletari'), da una parte, e in contadini agiati e medi (capitalisti e piccoli capitalisti), dall'altra. Soltanto l'esperienza può risolvere e risolverà questi problemi.
Ma, come partito del proletariato, noi abbiamo l'assoluto dovere di presentare fin da ora un programma agrario e soprattutto di proporre le misure pratiche immediatamente realizzabili nell'interesse della rivoluzione agraria contadina in Russia.
Noi dobbiamo esigere la nazionalizzazione di tutte le terre, cioè il passaggio di tutte le terre del paese in proprietà del potere statale centrale. (...) Pertanto solo i soviet regionali e locali dei deputati contadini, e non i burocrati e i funzionari, avranno facoltà di disporre interamente delle terre e di determinare le condizioni locali di possesso e di godimento.
Allo scopo di migliorare la tecnica della produzione del grano e aumentare tale produzione, nonché al fine di sviluppare la grande azienda razionale e il controllo sociale su di essa, dobbiamo sforzarci, in seno ai comitati contadini, di fare di ogni grande proprietà fondiaria confiscata una grande azienda modello, sotto il controllo dei soviet dei deputati dei salariati agricoli.
Il partito del proletariato, in antitesi alla fraseologia e alla politica piccolo-borghesi che dominano tra i socialisti-rivoluzionari, (...) deve spiegare che il sistema della piccola azienda non può, in regime di produzione mercantile, emancipare l'umanità dalla miseria e dall'oppressione delle masse.
Il partito del proletariato, senza operare subito e obbligatoriamente una scissione nei soviet dei deputati contadini, deve spiegare la necessità di costituire soviet speciali di deputati dei salariati agricoli e soviet speciali di deputati dei contadini poveri (semiproletari) o di creare, quanto meno, speciali conferenze permanenti di deputati di queste categorie sociali come singole frazioni o come partiti all'interno dei comuni soviet di deputati contadini. In caso contrario, la dolciastra fraseologia piccolo-borghese dei populisti sui contadini in genere non farà che velare l'inganno della massa non abbiente da parte dei contadini agiati, i quali sono soltanto una varietà di capitalisti.
In antitesi alla predicazione liberale borghese o puramente burocratica, a cui si abbandonano molti socialisti-rivoluzionari e numerosi soviet di deputati degli operai e dei soldati, che consigliano ai contadini di non impadronirsi delle terre dei grandi proprietari fondiari e di non intraprendere la riforma agraria prima della convocazione dell'Assemblea costituente, il partito del proletariato deve incitare i contadini a realizzare subito e di propria iniziativa la riforma agraria e a procedere alla confisca immediata delle grandi proprietà fondiarie in base alle decisioni dei loro soviet locali.
In quest'azione è particolarmente importante insistere sulla necessità di aumentare la produzione dei generi alimentari per i soldati al fronte e per le città. Ogni danneggiamento o deterioramento del bestiame, degli attrezzi, delle macchine, dei fabbricati, ecc. è assolutamente inammissibile
". (3)
Successivamente, l'11 settembre 1917, quando già si espandeva in Russia il movimento per la riforma agraria, Lenin nello scritto "Contadini e operai" così argomentava:
"Il n. 88 delle Izvetsia del soviet dei deputati contadini della Russia, comparso il 19 agosto, contiene un articolo straordinariamente interessante, che dovrebbe diventare uno dei documenti fondamentali per ogni propagandista e ogni agitatore del partito in contatto con i contadini e per ogni operaio cosciente che diriga il suo lavoro verso la campagna o che abbia rapporti con essa.
Questo articolo è Il mandato modello redatto sulla base dei 242 mandati presentati dai deputati delle provincie al I congresso dei deputati contadini della Russia tenutosi a Pietrogrado nel 1917.
Sarebbe assai desiderabile che il soviet dei deputati contadini pubblicasse informazioni per quanto possibile particolareggiate su tutti questi mandati (se è assolutamente impossibile pubblicarne il testo completo, il che sarebbe evidentemente assai meglio). ... Uno studio scientifico della documentazione eccezionalmente preziosa fornita dai mandati contadini è impossibile senza queste informazioni complete. E noi marxisti dobbiamo tendere con tutte le nostre forze allo studio scientifico dei fatti sui quali si basa la nostra politica.
In mancanza di una documentazione migliore, il riassunto dei mandati (chiameremo così il mandato modello) resta, finché non sarà dimostrato che contenga qualche inesattezza di fatto, un documento unico nel suo genere, che ogni membro del nostro partito, lo ripetiamo, deve assolutamente avere. (...)
Le rivendicazioni agrarie dei contadini, secondo il riassunto dei mandati, consistono innanzi tutto nell'abolizione senza indennizzo della proprietà della terra in tutte le sue forme, compresa la proprietà contadina; nel trasferimento allo Stato e all'obstcina delle terre e delle aziende a coltura intensiva; nella confisca di tutte le scorte vive e morte delle terre confiscate (eccezion fatta per i contadini che hanno poca terra), e nel loro passaggio alla Stato e all'obstcina; nella proibizione del lavoro salariato; nella ripartizione egualitaria della terra tra i lavoratori con spartizioni periodiche, ecc. I contadini esigono, come provvedimento transitorio, prima della convocazione dell'Assemblea costituente, la promulgazione immediata di leggi che proibiscano la compravendita delle terre, l'abrogazione delle leggi che permettono di uscire dall'obstcina; sugli otrub, ecc.; sulla protezione delle foreste, dei luoghi per la pesca, ecc.; sull'annullamento dei contratti di affitto a lunga scadenza e sulla revisione dei contratti a breve scadenza, ecc.
Basta riflettere un pochino su queste rivendicazioni per constatare l'assoluta impossibilità di soddisfarle rimanendo alleati con i capitalisti, senza rompere completamente con questi, senza lottare in modo veramente risoluto, veramente implacabile contro la classe dei capitalisti, senza abbatterne il dominio.
Anche in questo, i socialisti-rivoluzionari ingannano se stessi e ingannano i contadini accettando e diffondendo l'idea che trasformazioni di tal genere siano possibili senza l'abbattimento del dominio dei capitalisti, senza il passaggio di tutto il potere statale al proletariato, senza che i contadini poveri sostengano i provvedimenti rivoluzionari più energici del potere proletario contro i capitalisti. E la formazione della sinistra dei "socialisti-rivoluzionari" è importante proprio perché indica l'approfondirsi, in seno a quel partito, della coscienza di tale inganno. (I socialisti-rivoluzionari di sinistra si organizzarono in partito autonomo, sostennero con il loro rappresentanti all'interno dei soviet l'insurrezione rivoluzionaria di Ottobre e il governo dei Commissari del popolo che da essa scaturì. Questo fino a quando la loro contrarietà allo stabilirsi della "disgraziata pace" di Brest-Litovsk e la loro partecipazione ad alcuni attentati organizzati e attuati contro di essa e contro esponenti bolscevichi, li fece ripiombare nell'infido pantano controrivoluzionario.)
(...) Un movimento operaio socialdemocratico esiste in Russia da più di vent'anni (partendo dai grandi scioperi del 1896). In questo lungo periodo, attraverso due grandi rivoluzioni, sempre la stessa questione corre come un filo rosso attraverso tutta la storia politica della Russia: sarà la classe operaia che condurrà i contadini in avanti, verso il socialismo oppure la borghesia liberale li farà retrocedere verso la riconciliazione con il capitalismo? (...)
La socialdemocrazia rivoluzionaria, che non ha mai rinunciato alla critica delle illusioni piccolo-borghesi dei socialisti-rivoluzionari, e non ha mai fatto blocco con loro se non contro i cadetti, lotta instancabilmente per strappare i contadini all'influenza dei cadetti e contrappone alle concezioni utopistiche, piccolo-borghesi del socialismo non la riconciliazione liberale con i capitalisti, ma la via rivoluzionaria proletaria che conduce al socialismo.
La guerra, che ha straordinariamente affrettato lo sviluppo del capitalismo e ne ha inesorabilmente aggravato la crisi, ha messo oggi il popolo dinanzi a questo dilemma immediato: o perire o compiere subito un passo risoluto verso il socialismo. E oggi l'abisso che divide il menscevismo semiliberale dal bolscevismo rivoluzionario proletario si rivela nettamente, praticamente, come problema dell'azione di decine di milioni di contadini.
Adattatevi al dominio del capitale, perché "noi" non siamo ancora maturi per il socialismo: così dicono ai contadini i menscevichi, sostituendo d'altra parte la questione astratta del "socialismo" in generale alla questione concreta della possibilità di guarire le piaghe aperte dalla guerra senza marciare risolutamente verso il socialismo.
Adattatevi al capitalismo, perché i socialisti-rivoluzionari sono degli utopisti piccolo-borghesi: così dicono ai contadini i menscevichi, che appoggiano, con i socialisti-rivoluzionari, il governo cadetto...
Ma i socialisti-rivoluzionari, battendosi il petto, assicurano i contadini che essi sono avversari di qualunque pace con i capitalisti, che non hanno mai considerato la rivoluzione russa come una rivoluzione borghese e che perciò si alleano proprio con gli opportunisti socialdemocratici e sostengono precisamente il governo borghese... I socialisti-rivoluzionari firmano tutti i programmi contadini possibili, anche i più rivoluzionari, per non applicarli, per metterli nel dimenticatoio, per ingannare i contadini con le promesse più vuote, abbandonandosi di fatto, da parecchi mesi, a una politica d'intesa con i cadetti in un ministero di coalizione.
Questo tradimento reale, flagrante, immediato, tangibile, degli interessi dei contadini da parte dei socialisti-rivoluzionari modifica profondamente la situazione. Bisogna tener conto di questo cambiamento. Contro i socialisti-rivoluzionari non ci si può limitare all'agitazione tradizionale, quale era da noi concepita nel 1902-1903 e nel 1905-1907. Non ci si può limitare alla confutazione teorica delle illusioni piccolo-borghesi sulla "socializzazione della terra", sul "possesso egualitario della terra", sulla "proibizione del lavoro salariato", ecc.
Eravamo allora alla vigilia della rivoluzione borghese, o nel corso di una rivoluzione borghese non compiuta, e l'obiettivo era innanzi tutto di condurre la rivoluzione fino al rovesciamento della monarchia. Oggi la monarchia è rovesciata. La rivoluzione borghese è compiuta nella misura in cui la Russia è diventata una repubblica democratica, alla direzione della quale si trova un governo di cadetti, di menscevichi e di socialisti-rivoluzionari. (...)
Soltanto i proletari e i contadini possono rovesciare la monarchia. Questo fu, in quel periodo, il principio fondamentale della nostra politica di classe. E quel principio era giusto. Il febbraio e il marzo 1917 non hanno fatto che confermarlo una volta di più.
Soltanto il proletariato, dirigendo i contadini poveri (i semiproletari, come dice il nostro programma), può metter fine alla guerra con una pace democratica, guarire le piaghe prodotte dalla guerra e fare i primi passi, divenuti assolutamente necessari, urgenti verso il socialismo; questo è oggi il principio che determina la nostra politica di classe.
Donde la conclusione seguente: il centro di gravità della propaganda e dell'agitazione contro i socialisti-rivoluzionari dev'essere spostato sul tradimento da loro commesso ai danni dei contadini. I socialisti-rivoluzionari non rappresentano la massa dei contadini poveri, rappresentano la minoranza dei contadini agiati. Non conducono i contadini all'alleanza con gli operai, li conducono all'alleanza con i capitalisti, cioè alla sottomissione al capitalismo. Hanno tradito gli interessi dei lavoratori e delle masse sfruttate per qualche posticino ministeriale, per il blocco con i menscevichi e con i cadetti. (...)
Il partito socialista-rivoluzionario vi ha traditi, compagni contadini. Ha tradito le capanne e si è schierato dalla parte dei palazzi, forse non dei palazzi del monarca, ma dei palazzi dove i cadetti, nemici mortali della rivoluzione, e soprattutto della rivoluzione contadina, siedono al governo con i Cernov, i Pescekhonov e gli Avxentiev.
Solo il proletariato rivoluzionario, solo l'avanguardia che realizza l'unità di questo proletariato, il partito bolscevico, può applicare nella realtà il programma dei contadini poveri, esposto nei 242 mandati. Perché il proletariato rivoluzionario s'incammina effettivamente verso la proibizione del lavoro salariato per la sola via sicura, attraverso l'abbattimento del capitale e non attraverso la proibizione di assumere un salariato. Il proletariato rivoluzionario s'incammina effettivamente verso la confisca delle terre, delle scorte, delle aziende agricole, verso ciò che i contadini vogliono e che i socialisti-rivoluzionari non possono dar loro.
Ecco come si deve oggi modificare la linea fondamentale dei discorsi dell'operaio ai contadini: noi operai possiamo darvi e vi daremo ciò che i contadini poveri vogliono e cercano, senza sapere dove e come cercarlo. Noi operai difendiamo contro i capitalisti i nostri interessi e nello stesso tempo gli interessi dell'immensa maggioranza dei contadini, mentre i socialisti rivoluzionari, alleandosi con i capitalisti, tradiscono tali interessi
". (4)
Lo sviluppo impetuoso e la radicalizzazione della lotta di classe avutosi anche e in misura notevole, grazie alla capacità del partito bolscevico - guidato dall'acume e dalla maestria impareggiabili ed insostituibili di Lenin - di interpretare la realtà oggettiva e di intervenire su una crisi politica, economica e sociale profondissima e generalizzata in cui la Russia era stata trascinata, determinò lo sbocco rivoluzionario culminato nella vittoriosa insurrezione operaia e popolare dell'Ottobre 1917. La creazione dello Stato operaio e contadino, l'instaurazione del governo di dittatura del proletariato, la lotta per la costruzione e la realizzazione del socialismo era il solo modo, l'unica strada percorribile per dare concreta e positiva soluzione ai bisogni della masse operaie e contadine di Russia, alle sue esigenze ed aspirazioni. Ogni altra soluzione avrebbe comportato il tradimento di questi bisogni, così come delle sue aspirazioni e dei suoi ideali. Ogni altra soluzione avrebbe comportato l'attuazione di una crudele e cruenta repressione che avrebbe annientato per un lunghissimo periodo di tempo la possibilità e la capacità di lotta di operai e contadini e falcidiato la vita stessa di milioni di loro.
Nel periodo che intercorre tra il febbraio e l'ottobre del 1917 la classe operaia russa prende sempre più coscienza della sua forza, della sua organizzazione ma, soprattutto, del suo ruolo nella società. Sempre più compattamente e massicciamente si schiera con la sua avanguardia politica, il Partito bolscevico; sempre più convintamente si appropria del suo ruolo politico: fa del soviet il suo contropotere e la sua forma di autogoverno, attira a sé ed al suo programma rivoluzionario la gran massa dei soldati e dei marinai, individua nel contadino povero il suo alleato naturale nella lotta rivoluzionaria per il socialismo, si organizza militarmente costituendo la propria milizia - la "guardia rossa" - che costituirà l'ossatura militare attraverso cui si realizzerà vittoriosamente l'insurrezione popolare, fa - infine - suo il grido di libertà e di indipendenza che sale dai popoli non russi dell'ex impero zarista ai quali, nel programma bolscevico, viene riconosciuto il pieno diritto alla separazione ad alla formazione di Stati propri.
Lenin all'inizio dell'aprile 1917 aveva definito "l'originalità del momento attuale in Russia come una fase di transizione dalla prima alla seconda tappa della rivoluzione". (5)
La prima fase si era concretizzata con la rivoluzione di febbraio 1917 attraverso cui il potere statale era passato dalla nobiltà terriera feudale guidata dallo zar alla borghesia. In questa prima fase la realtà della situazione evidenzia, secondo Lenin, un fatto preciso: "l'esistenza di una collaborazione di classe tra la borghesia e i contadini". (6)
"Quando questo fatto cesserà di essere un fatto - secondo l'analisi di Lenin -, quando i contadini si separeranno dalla borghesia, s'impadroniranno della terra contro di essa e prenderanno il potere contro di essa, allora avrà inizio una nuova fase della rivoluzione democratica borghese". (7)
E lo svolgersi degli avvenimenti dimostrerà quanto fosse giusta l'analisi che Lenin faceva della situazione. Infatti, spronando il partito bolscevico e le masse operaie, dei soldati e dei contadini alla lotta decisiva, Lenin scriverà sul 'Raboci put' nell'ottobre 1917: "In Russia è indubbio che la rivoluzione è a una svolta.
In questo paese contadino, con un governo rivoluzionario, repubblicano che gode l'appoggio dei partiti socialista-rivoluzionario e menscevico, i quali avevano fino a ieri il predominio in seno alla democrazia piccolo-borghese, si sviluppa una sollevazione contadina.
È incredibile ma è un fatto.
E noi bolscevichi non siamo meravigliati di questo fatto. Noi abbiamo sempre detto che il governo della famigerata "coalizione" con la borghesia è il governo del tradimento della democrazia e della rivoluzione, il governo della carneficina imperialista, il governo della difesa dei capitalisti e dei grandi proprietari fondiari contro il popolo.
Grazie all'inganno dei socialisti-rivoluzionari e dei menscevichi, esisteva ed esiste ancora in Russia, nella repubblica, in periodo di rivoluzione, accanto ai soviet, un governo di capitalisti e di grandi proprietari fondiari. Questa è la realtà amara e minacciosa. Come sorprendersi allora se in Russia, dove il popolo soffre per le calamità inaudite causate dal prolungamento della guerra imperialistica e dalle sue conseguenze è cominciata e si sviluppa la sollevazione contadina?(...)
Una sollevazione contadina, in un paese contadino, contro il governo del socialista-rivoluzionario Kerenski, dei menscevichi Nikitin e Gvozdev e degli altri ministri che rappresentano gli interessi del capitale e dei grandi proprietari fondiari! E la sollevazione è repressa, per ordine del governo repubblicano, con misure militari.
Si può ancora, dinanzi a questi fatti, restare onestamente fedeli alla causa del proletariato e nello stesso tempo negare che la crisi è matura, che la rivoluzione è giunta a una grande svolta, che la vittoria del governo sulla sollevazione contadina sarebbe oggi il funerale della rivoluzione, il trionfo definitivo della cricca di Kornilov?
È ovvio che se in un paese contadino, dopo sette mesi di repubblica democratica, le cose son potute arrivare fino a un'insurrezione contadina, ciò dimostra irrefutabilmente il fallimento della rivoluzione in tutto il paese, l'estrema gravità della crisi, la marcia delle forze controrivoluzionarie verso l'azione decisiva.
Questo è ovvio. Dinanzi a un fatto come l'insurrezione contadina, tutti gli altri sintomi politici, anche se contraddicessero l'imminenza di una crisi nazionale, sarebbero privi di qualsiasi valore.
Ma tutti i sintomi indicano invece che la crisi è matura in tutto il paese. (...)
Abbiamo visto le truppe della Finlandia e la flotta del Baltico staccarsi completamente dal governo. Vediamo l'ufficiale non bolscevico Dubasov dichiarare, a nome delle truppe al fronte, più rivoluzionariamente di tutti i bolscevichi, che i soldati non si batteranno più. Vediamo, dai rapporti ufficiali, che i soldati sono in uno stato di 'nervosismo' e che è impossibile rispondere dell''ordine' (cioè della partecipazione delle truppe alla repressione della sollevazione contadina). Vediamo infine che, nelle elezioni a Mosca, 14.000 soldati su 17.000 hanno votato per i bolscevichi.
Il risultato alle elezioni alle dume rionali di Mosca è uno dei sintomi più impressionanti della profonda svolta avvenuta nello stato d'animo della nazione. Tutti sanno che Mosca è una città più piccolo-borghese di Pietrogrado. Il proletariato di Mosca, in confronto a quello di Pietrogrado, ha legami molto più numerosi con la campagna, più simpatie per i contadini, è più vicino alla mentalità di questi ultimi. È un fatto incontestabile, dimostrato molte volte.
Ed ecco che a Mosca il numero dei voti raccolti dai socialisti-rivoluzionari e dai menscevichi cade dal 70% in giugno al 18%. La piccola borghesia si è staccata dalla coalizione, il popolo se ne è staccato: non è possibile dubitarne. I cadetti sono passati dal 17% al 30%, ma sono rimasti in minoranza, irrimediabilmente in minoranza, malgrado l'evidente passaggio nelle loro file dei socialisti-rivoluzionari e dei menscevichi di 'destra'. (...) Solo i bolscevichi hanno visto aumentare (da 34.000 a 82.000) il numero assoluto dei voti. Essi hanno ottenuto il 47% del totale dei voti. Non v'è neppur l'ombra di un dubbio che noi, insieme ai socialisti-rivoluzionari di sinistra, abbiamo oggi la maggioranza nei soviet, nell'esercito e nel paese. (...) E non v'è il benché minimo dubbio che, se i bolscevichi si lasciassero prendere nella trappola delle illusioni costituzionali, della 'fiducia' nel congresso dei soviet e nella convocazione della Costituente, dell''attesa' del congresso dei soviet ecc., siffatti bolscevichi non sarebbero che miserabili traditori della causa del proletariato. (...)
I bolscevichi tradirebbero i contadini, perché tollerare la repressione dell'insurrezione contadina da parte di un governo che perfino il Dielo Naroda paragona a quello di Stolypin, significa perdere la rivoluzione, perderla per sempre e irrevocabilmente. Si fa molto chiasso sull'anarchia e sulla crescente indifferenza delle masse. Come potrebbero le masse non essere indifferenti verso le elezioni, quando i contadini sono costretti all'insurrezione e quando la cosiddetta 'democrazia rivoluzionaria' tollera pazientemente la repressione militare dell'insurrezione contadina?!!
I bolscevichi si dimostrerebbero traditori della democrazia e della libertà, perché tollerare la repressione dell'insurrezione contadina in questo momento significa permettere di falsare le elezioni dell'Assemblea costituente, così come - e ancora peggio, più brutalmente - si è falsata la 'Conferenza democratica' e il 'Preparlamento'.
La crisi è matura. Tutto l'avvenire della rivoluzione russa è in giuoco. Tutto l'onore del partito bolscevico è in giuoco. Tutto l'avvenire della rivoluzione operaia internazionale per il socialismo è in giuoco.
La crisi è matura.
9 settembre 1917.
Fino a questo punto lo scritto può essere pubblicato; il seguito va distribuito ai membri del CC, dei comitati di Pietrogrado e di Mosca e dei soviet.
Che fare dunque? Bisogna aussprechen was ist, 'dire come stanno le cose', riconoscere la verità, e cioè che abbiamo nel CC e fra i dirigenti del partito una tendenza o un'opinione che vuole attendere il congresso dei soviet e che si pronuncia contro la presa immediata del potere (Trotzki, Kamenev e Zinoviev - nda), contro l'insurrezione immediata. Questa tendenza od opinione dev'essere vinta.
Altrimenti i bolscevichi si disonorerebbero per sempre e si liquiderebbero come partito.
Lasciar sfuggire l'occasione attuale e 'attendere' il congresso dei soviet sarebbe un'idiozia completa o un vero e proprio tradimento. (...) La vittoria dell'insurrezione è oggi assicurata ai bolscevichi: 1) Noi possiamo - se non 'aspettiamo' il congresso dei soviet - vibrare il colpo all'improvviso da tre punti: Pietrogrado, Mosca, flotta del Baltico; 2) abbiamo parole d'ordine che ci assicurano l'appoggio delle masse: 'Abbasso il governo che reprime l'insurrezione contadina contro i grandi proprietari fondiari!'; 3) siamo in maggioranza nel paese; 4) fra i menscevichi e i socialisti-rivoluzionari lo smarrimento è al colmo; 5) abbiamo la possibilità tecnica di prendere il potere a Mosca (la quale potrebbe anche cominciare per prima, al fine di sorprendere il nemico); 6) abbiamo a Pietrogrado migliaia di operai e di soldati in armi, che possono impadronirsi immediatamente del Palazzo d'Inverno e dello stato maggiore generale, della centrale telefonica e di tutte le grandi tipografie; non si riuscirà a cacciarci con la forza e si svilupperà nell'esercito una tale agitazione che sarà impossibile combattere il governo della pace, della terra ai contadini, ecc.
Se colpiremo improvvisamente e contemporaneamente in tre punti: a Pietrogrado, a Mosca e nella flotta del Baltico, abbiamo novantanove probabilità su cento di vincere con perdite minori di quelle subite il 3 - 5 luglio, perché le truppe non marceranno contro il governo della pace. Kerenski, anche se ha già a Pietrogrado una cavalleria 'fedele', ecc. colpito da due parti, vedendo l'esercito simpatizzare con noi, dovrà arrendersi. Se con tante probabilità di successo non prendiamo il potere, tutti i discorsi sul potere ai soviet diventeranno menzogne.
Non prendere il potere oggi, 'attendere', chiacchierare al Comitato esecutivo centrale, limitarsi a 'lottare per l'organo' (dei soviet), a 'lottare per il congresso', significa perdere la rivoluzione.
Visto che il CC ha perfino lasciato senza risposta le mie richieste insistenti in questo senso dopo l'inizio della Conferenza democratica, che l'organo centrale del partito sopprime nei miei articoli i brani che rilevano questi stridenti errori dei bolscevichi, come la decisione disonorevole di partecipare al Preparlamento, la concessione di un posto ai menscevichi nel presidium del soviet, ecc. ecc., io devo considerare questi fatti come una manifestazione 'sottile' del desiderio del CC di non discutere neppure la questione, un discreto accenno a chiudermi la bocca e un invito a ritirarmi.
Sono perciò costretto a chiedere di uscire dal CC, cosa che faccio riservandomi libertà di agitazione nella base del partito e nel congresso del partito.
Perché è mia convinzione profonda che se noi 'attendiamo' il congresso dei soviet e lasciamo passare il momento attuale, noi perdiamo la rivoluzione
". (8)
Alle dieci del mattino del 25 ottobre 1917 il Comitato Militare Rivoluzionario del Soviet di Pietrogrado diffuse l'appello redatto da Lenin "Ai cittadini di Russia".
In esso si annunciava che: "Il governo provvisorio è stato abbattuto. Il potere statale è passato nelle mani dell'organo del Soviet dei deputati operai e soldati di Pietrogrado, il Comitato militare rivoluzionario, che è alla testa del proletariato e della guarnigione di Pietrogrado". (9)
La capitale della Russia era infatti quasi totalmente sotto il controllo delle forze rivoluzionarie insurrezionali. Nel momento in cui si diffondeva l'appello del Comitato militare rivoluzionario al pieno controllo di Pietrogrado mancavano solo i quartieri di Piazza S. Isacco e del Palazzo d'Inverno.
"La causa per la quale il popolo ha lottato - concludeva l'appello del Comitato militare rivoluzionario - l'immediata proposta di una pace democratica, l'abolizione della grande proprietà fondiaria, il controllo operaio della produzione, la creazione di un governo sovietico, questa causa è assicurata.
Viva la rivoluzione degli operai, dei soldati e dei contadini!
". (10)

Nasce la Repubblica dei Soviet
Nella sala delle cerimonie dello Smolny alle quattordici e trentacinque del 25 ottobre ebbe inizio una sessione straordinaria del Soviet dei deputati operai e soldati di Pietrogrado.
Il Comitato militare rivoluzionario comunicò al Soviet la vittoria dell'insurrezione rivoluzionaria e la destituzione del Governo provvisorio. Alla seduta Lenin partecipò con un Rapporto sui compiti del potere dei Soviet.
"La rivoluzione operaia e contadina - esordì nel Rapporto - sulla cui necessità hanno sempre parlato i bolscevichi si è compiuta.
Qual è il significato di questa rivoluzione operaia e contadina? Innanzi tutto il significato di questo rivolgimento è che da noi ci sarà un governo sovietico, un nostro organo del potere, senza nessuna partecipazione della borghesia. Le masse oppresse creeranno da sé il potere. Il vecchio apparato statale sarà distrutto dalle radici e sarà creato un nuovo apparato di direzione: organizzazioni sovietiche.
Da qui comincia una nuova pagina nella storia della Russia, e questa terza rivoluzione russa deve come ultimo risultato condurre alla vittoria del socialismo". Concludendo il suo Rapporto tra fragorosi applausi, Lenin affermava: "Ora abbiamo imparato a lavorare in pieno accordo. Lo attesta la rivoluzione appena avvenuta. Noi abbiamo una tale forza di organizzazione di massa che vincerà su tutto e porterà il proletariato alla rivoluzione mondiale.
In Russia dobbiamo ora accingerci alla costruzione di uno Stato proletario socialista.
Viva la Rivoluzione socialista mondiale!
(applausi fragorosi)"(11)
Sempre al palazzo Smolny alle ventidue e quaranta di quello stesso 25 ottobre si aprirono i lavori del II Congresso dei Soviet operai e soldati di tutta la Russia. Partecipavano ad esso 673 delegati in rappresentanza di 402 Soviet, un numero maggiore di quelli presenti al I Congresso che si era svolto nel giugno del 1917. Sul totale dei delegati 390 erano bolscevichi, 160 socialisti-rivoluzionari e, fra essi, la maggioranza erano socialisti-rivoluzionari di sinistra. Vi erano poi 72 delegati menscevichi, 14 menscevichi internazionalisti, mentre i restanti 37 delegati erano in massima parte "senza partito".
Fu il menscevico Dan, a nome del Comitato Esecutivo Centrale uscente, che diede inizio al II Congresso pan russo dei Soviet operai e soldati. I primi adempimenti congressuali alla cui risoluzione si impegnarono i delegati furono la nomina della direzione del Congresso sulla base del nuovo rapporto di rappresentanza presente nei Soviet e la proposta presentata dal leader dei menscevichi internazionalisti, Martov, di insediare una Commissione con il compito di iniziare una trattativa tesa alla formazione del nuovo governo socialista. In base alla rappresentanza proporzionale la direzione del Congresso passò ai bolscevichi che si dissero d'accordo e appoggiarono la proposta presentata da Martov per la formazione del nuovo governo.
Fu a questo punto che socialisti-rivoluzionari di destra e menscevichi - coloro i quali cioè avevano appoggiato e collaborato con la borghesia, direttamente partecipato con i cadetti al governo provvisorio e, fino a poche settimane prima, egemonizzato e diretto i Soviet - vistisi ora in minoranza nei Soviet e di conseguenza nei loro organi rappresentativi e irrimediabilmente sconfitti dal punto di vista politico decisero, unitamente a qualche altro opportunista, di auto estromettersi dal movimento sovietico, abbandonando il II Congresso panrusso dei Soviet marchiati a vita dal grido di "Traditori" e "Disertori" urlato loro dalla platea dei delegati.
Mentre si era nel vivo di questi accadimenti, al Congresso si udì distintamente il colpo di cannone a salve sparato dall'incrociatore "Aurora" che diede il via all'assalto al Palazzo d'Inverno, ultimo baluardo del vecchio regime e del governo provvisorio. All'una e cinquanta del 26 ottobre il Governo provvisorio della Russia veniva arrestato dal Comitato Militare Rivoluzionario del Soviet operai e soldati di Pietrogrado. Tra gli arrestati non figurava Kerenskij. Il capo del Governo provvisorio era infatti riuscito a fuggire dalla capitale la mattina del 25 ottobre a bordo di una vettura con bandiera americana. Alle tre e dieci del 26 ottobre ai delegati del II Congresso panrusso dei Soviet veniva letto il telegramma di Antonov-Ovseenko, a nome del CMR, con il quale si informava il Congresso dell'acquisito controllo del Palazzo d'Inverno e del trasferimento in arresto dei ministri del Governo provvisorio nella fortezza di Pietro e Paolo.
Alle cinque del mattino, l'alba del 26 ottobre 1917, il II Congresso dei Soviet operai e soldati di tutta la Russia terminò la sua prima seduta approvando con solo due voti contrari e dodici astenuti, il proclama "Agli operai, ai soldati e ai contadini" scritto da Lenin e presentato al Congresso, a nome della frazione bolscevica, da Lunaciarskij.
"... Forte della volontà dell'immensa maggioranza degli operai, dei soldati e dei contadini, - sanciva il documento - forte della vittoriosa insurrezione compiuta a Pietrogrado dagli operai e dalla guarnigione, il congresso prende il potere nelle proprie mani. Il governo provvisorio è caduto. La maggioranza dei membri del governo provvisorio è già arrestata. (...)
Il congresso statuisce: tutto il potere, in tutte le località, passa ai Soviet dei deputati degli operai, dei soldati e dei contadini i quali debbono assicurare un effettivo ordine rivoluzionario." (12)
I primi due Decreti della nuova Russia rivoluzionaria furono approvati dal II Congresso pan russo dei Soviet operai e soldati nel corso della sua seconda seduta apertasi alle ventuno del 26 ottobre 1917. Entrambi i decreti furono presentati da Lenin e approvati, all'unanimità, il "Decreto sulla pace" e, a maggioranza con un voto contrario e otto astenuti, il "Decreto sulla terra" comprendente anche il mandato ai comitati fondiari, già elaborato nell'estate precedente sulla base di 242 mandati contadini.
Il II Congresso dei Soviet procedette anche all'elezione del suo nuovo Comitato Esecutivo Centrale e alla formazione del primo governo operaio e contadino, il Sovnarkom (Consiglio dei Commissari del popolo), a presiedere il quale fu chiamato Lenin. Il primo Consiglio dei Commissari del popolo fu un governo di soli bolscevichi. Questo non per volontà o "imposizione" degli stessi bolscevichi, ma per la decisione assunta dai socialisti rivoluzionari di sinistra di non entrare nel Sovnarkom. Questa scelta fu assunta nel tentativo di lasciare aperto qualche spiraglio per ricomporre la scissione avvenuta con la frazione di destra del partito. Speranza dimostratasi peraltro vana. Infatti dopo aver abbandonato il II Congresso dei Soviet i socialisti-rivoluzionari di destra e i menscevichi, unitamente al partito cadetto e ad altri gruppi borghesi e controrivoluzionari, diedero vita ad un cosiddetto "comitato panrusso per la difesa della patria" che promulgò un "appello" nel quale senza alcun ritegno e in spregio alla verità definirono l'insurrezione rivoluzionaria d'ottobre come un putsch militare bolscevico. La realtà dei fatti, ma soprattutto gli avvenimenti successivi e la storia successiva della Russia socialista, dimostrano quanto calunniose e menzognere siano state e continuino a essere tutte le ipotetiche e patetiche asserzioni che nel corso degli anni sono state diffuse dalla storiografia borghese e revisionista che definiscono la rivoluzione socialista d'ottobre essenzialmente come un colpo di stato perpetrato da Lenin e dai bolscevichi contro la volontà delle masse popolari, operaie e contadine, russe. Scrive Lenin: "Oggi le cose non stanno più come prima del 20-21 aprile, del 9 giugno, del 3 luglio, perché vi era allora un'effervescenza spontanea che noi, partito, o non percepivamo (20 aprile) o frenavamo e indirizzavamo verso una manifestazione pacifica (9 giugno e 3 luglio). Sapevamo perfettamente, in quei momenti che i Soviet non erano ancora nostri, che i contadini credevano ancora nel metodo Liberdan-Cernov e non nel metodo bolscevico (l'insurrezione), che non potevamo perciò avere la maggioranza del popolo e che per conseguenza l'insurrezione sarebbe stata prematura.
Allora l'idea della lotta finale decisiva non s'imponeva affatto alla maggioranza degli operai coscienti. Neppure una delle organizzazioni di partito poneva la questione. Quanto alla grande massa poco cosciente, essa non era ancora in uno stato d'animo di raccoglimento, non aveva ancora la risolutezza della disperazione, e manifestava soltanto una eccitazione spontanea, nell'ingenua speranza che le sarebbe bastato un semplice 'intervento', una semplice manifestazione, per 'influire' sui Kerenski e sulla borghesia.
Per l'insurrezione ci vuole ben altro. Occorre da una parte la risolutezza cosciente, ferma, incrollabile dei lavoratori coscienti di battersi fino alla fine. Ma dall'altra parte occorre la cupa disperazione delle grandi masse, le quali sentano che le mezze misure non possono ormai più salvare niente, che è impossibile 'influenzare' il governo, che gli affamati 'spezzeranno tutto, schiacceranno tutto, anche anarchicamente', se i bolscevichi non sapranno dirigerli nella lotta decisiva.
Ora lo sviluppo della rivoluzione ha determinato di fatto tanto fra gli operai quanto fra i contadini precisamente questi due stati d'animo: la ponderatezza fra gli elementi coscienti e istruiti dall'esperienza e l'odio quasi disperato contro i capitalisti e i responsabili delle serrate fra le grandi masse. (...)
Le masse si dividono in elementi coscienti che attendono la loro ora e in elementi incoscienti pronti a cadere nella disperazione: ma le masse oppresse ed affamate non sono deboli.
... Un partito marxista, d'altra parte, non può ridurre l'insurrezione a una congiura militare...
Il marxismo è una dottrina estremamente profonda e complessa. Non è strano perciò che si possano incontrare frammenti di citazioni di Marx - soprattutto se fatte a sproposito - tra gli 'argomenti' di coloro che si staccano dal marxismo. Una congiura militare è blanquismo se essa non è organizzata dal partito di una classe determinata, se coloro che l'organizzano non hanno valutato giustamente il momento politico in generale e la situazione internazionale in particolare; se il partito non ha la simpatia, dimostrata concretamente, della maggioranza del popolo; se lo sviluppo degli avvenimenti rivoluzionari non ha condotto alla distruzione pratica delle illusioni conciliatrici della piccola borghesia; se non si è conquistata la maggioranza degli organi - del genere dei 'Soviet'- riconosciuti 'muniti di pieni poteri' o diversamente considerati tali per la lotta rivoluzionaria; se non vi è nell'esercito (nel caso che gli avvenimenti si svolgano in tempo di guerra) uno stato d'animo completamente maturo di ostilità contro un governo che prolunga una guerra ingiusta, contro la volontà del popolo; se le parole d'ordine dell'insurrezione (come 'Tutto il potere ai Soviet', 'La terra ai contadini', 'Proposta immediata di una pace democratica a tutti i popoli belligeranti', 'Annullamento immediato dei trattati segreti, abolizione della diplomazia segreta' ecc.) non hanno la più larga diffusione e la massima popolarità; se gli operai avanzati non sono convinti della situazione disperata delle masse e sicuri dell'appoggio delle campagne, appoggio dimostrato da un importante movimento contadino o da un'insurrezione contro i grandi proprietari fondiari e contro il governo che li difende; se la situazione economica del paese permette seriamente di sperare in una soluzione favorevole della crisi con i mezzi pacifici e parlamentari.
Non vi pare che basti? Nel mio opuscolo I bolscevichi conserveranno il potere statale? (che uscirà, spero, in questi giorni) ho citato un brano di Marx che si riferisce effettivamente alla questione dell'insurrezione e stabilisce le norme dell'insurrezione considerata come 'un'arte'.
Sono pronto a scommettere che se s'invitano i chiacchieroni, che oggi gridano contro la congiura militare, ad aprire la bocca per spiegare la differenza tra 'l'arte' dell'insurrezione armata e una condannabile congiura militare, o ripeteranno ciò che si è detto sopra o si copriranno di vergogna e faranno ridere tutti gli operai. Provatevi un po', carissimi pseudomarxisti! Cantateci una canzonetta contro la 'congiura militare'!" (13)

Lo Statuto dei Soviet
Il II Congresso dei Soviet dei deputati operai e soldati di tutta la Russia terminò i suoi lavori alle sei del mattino del 27 ottobre 1917. Fu un congresso storico in quanto aveva proclamato la vittoria dell'insurrezione rivoluzionaria; sancito il passaggio del potere ai Soviet; instaurato il governo della dittatura del proletariato e avviato la trasformazione dei Soviet in organismi vivi e pulsanti del nuovo sistema di potere statale. L'organizzazione sovietica all'indomani della Rivoluzione d'Ottobre si andò strutturando con celerità in tutto il paese divenendo non solo il simbolo, ma l'espressione concreta della democrazia rivoluzionaria che si organizzava a partire dai singoli luoghi di lavoro, dai casali, dai villaggi, dai comuni, dalle grandi città e poi su attraverso i distretti, le regioni fino ad arrivare al Soviet supremo dello Stato. Questo attraverso lo schema dello Statuto generale dei Soviet che, di essi, attraverso le otto sezioni in cui era diviso, ne indicava ruolo e compiti principali.
Nei suoi tratti essenziali lo schema dello Statuto dei Soviet indicava:
Scopi dell'organizzazione dei Soviet: individuati essenzialmente nell'organizzazione di massa generalizzata e capillare degli operai, dei contadini, dei soldati e dei cosacchi e nella lotta alle forze e agli elementi della controrivoluzione e per il rafforzamento della Repubblica sovietica e delle conquiste portate dalla Rivoluzione d'Ottobre e da essa acquisite.
Basi e ordine di rappresentanza: a) ogni Soviet di delegati è costituito da uno o due rappresentanti nominati da ognuna delle organizzazioni di operai, contadini, soldati, cosacchi, siano esse partiti, leghe operaie, comitati, ecc. presenti nelle città, nei paesi, nei villaggi o casali; b) i contadini di ogni singolo paese, villaggio o casale eleggono uno o due rappresentanti al Soviet di Comune. I contadini di ogni Comune eleggono due rappresentanti al Soviet di Distretto; c) i cosacchi eleggono due o tre rappresentanti per ogni villaggio al Soviet regionale e un rappresentante per ogni casale o paese al Soviet di villaggio; d) nelle città dove gli operai e gli altri lavoratori urbani non supera il numero di 6000 persone, la rappresentanza si effettua: 1- ogni azienda che impiega 100 persone nomina un rappresentante, 2- se ne impiega da 100 a 200 ne nomina due, tre se da 200 a 300 e così via, 3- le aziende che impiegano meno di 50 persone, si accordano, se è possibile, con aziende affini e mandano un rappresentante comune al Soviet. Quelle che non possono assolutamente fare un combinazione del genere mandano il loro rappresentante, e) i soldati e i marinai delle guarnigioni locali nominano al Soviet due rappresentanti per ogni compagnia, squadrone e comando mentre gli addetti al commissariato, agli ospedali, ai corpi di riserva o ad altre piccole unità nominano ognuna un rappresentante al Soviet.
Norme generali per gli eletti al Soviet:
- ogni membro eletto al Soviet deve presentare il certificato dei suoi mandatari al Comitato per la verifica del mandati;
- se un membro del Soviet non ottempera alle istruzioni dei suoi mandatari, questi hanno il diritto di revocarlo e di eleggerne un altro in sua vece;
- ogni singola sezione del Soviet quindi operai, contadini, cosacchi, ha diritto di cooptare a sé lavoratori ritenuti, per le loro conoscenze e capacità, necessari ed esperti fino ad un quinto del numero dei membri della sezione. I cooptati nelle sessioni generali dei Soviet, nei loro comitati e sezioni hanno diritto al voto consultivo.
1. Sezioni del Soviet. Ognuno dei Soviet è composto di quattro sezioni: operai, contadini, soldati e cosacchi; ognuna delle sezioni elegge con voto diretto, eguale e segreto ed in maniera proporzionale al numero dei membri dei gruppi e partiti in esse rappresentati, un Consiglio di presidenza composto da un presidente, due vicepresidenti e due segretari che dirige tutto il lavoro delle sezioni.
2. Elezione del Consiglio di presidenza e del Comitato Esecutivo. I Consigli di presidenza delle sezioni del Soviet costituiscono il Consiglio di presidenza generale che nomina il presidente generale di tutte le sezioni, i due vicepresidenti e i due segretari. L'Assemblea generale del Soviet inoltre, elegge un Comitato esecutivo proporzionale ad ogni gruppo e partito rappresentato ed in numero non superiore ad un quarto del numero totale dei membri del Soviet. Del Comitato esecutivo entrano a far parte su basi di eguaglianza con gli altri membri, tutti i componenti del Consiglio di presidenza.
3. Funzioni del Consiglio di presidenza. Il Consiglio di presidenza è l'organo direttivo dell'intero Soviet. Esso è tenuto ad attenersi scrupolosamente e strettamente nella sua attività, alle indicazioni ed alle istruzioni del Comitato esecutivo e dell' Assemblea generale del Soviet. Il Consiglio di presidenza deve inoltre rendere conto della sua attività al Comitato esecutivo e all'intero Soviet il quale ha il pieno diritto di revocarne e sostituirne i membri in ogni tempo e periodo.
4. Funzioni del Comitato esecutivo. Il Comitato esecutivo è l'organo decisionale sugli affari correnti del Soviet. Presidente del Comitato esecutivo è nominato il presidente o uno dei vicepresidenti del Consiglio di presidenza generale del Soviet. Le questioni affrontate dal Comitato esecutivo sono approvate o respinte a maggioranza relativa di voti. Su questioni di straordinaria importanza si accetta anche un rapporto della minoranza, che deve essere messo a verbale e comunicato all'Assemblea generale. Solo le questioni di importanza straordinaria sono sottoposte alla deliberazione dell'Assemblea generale. Una seduta del Comitato esecutivo è considerata legale quando è presente non meno della metà dei suoi membri. Le assenze ingiustificate sono notificate dal Consiglio di presidenza agli elettori dei membri assenti e sancite con la privazione del diritto di voto per due sedute. Le sedute del Comitato esecutivo possono essere aperte o riservate. Le sedute straordinarie possono essere indette dal presidente, dai vice presidenti o da tre membri del Comitato esecutivo. I componenti del Comitato esecutivo devono essere avvertiti di una riunione straordinaria non meno di due ore prima del suo inizio. La seduta straordinaria è valida indipendentemente dal numero dei partecipanti ad essa.
5. Sedute generali. Le sedute generali del Soviet sono indette dal Consiglio di presidenza ogni qualvolta sia necessario e comunque non mai meno di due volte al mese. Una seduta generale può essere indetta anche su domanda di 1/5 dei membri del Soviet. Tutte le questioni sottoposte alla discussione dell'Assemblea generale devono essere state prima discusse dal Comitato esecutivo o dal Consiglio di presidenza. Le sedute generali sono considerate legali quando è presente la metà dei membri del Soviet e le sedute straordinarie con qualsiasi numero di membri. Le sedute possono essere aperte o riservate su decisione del Consiglio di presidenza o dell'assemblea stessa.
6. Istituzioni di Comitati. I Comitati sono eletti dall'Assemblea generale, dal Comitato esecutivo o dal Consiglio di presidenza. I Comitati di revisione e di controllo sono eletti solo dall'Assemblea generale. Il presidente del Comitato presenta la relazione sul lavoro del Comitato stesso al Comitato esecutivo, al Consiglio di presidenza e all'Assemblea generale. Ogni Comitato ha il diritto di libera cooptazione di persone esperte con voto consultivo.
Assieme allo Statuto dei Soviet vennero poi definite le Istruzioni sui diritti e doveri dei Soviet:
1. I Soviet di delegati operai, soldati e contadini, essendo organi locali, sono indipendenti per quanto riguarda le questioni di carattere locale, ma agiscono sempre secondo i decreti del Governo centrale dei Soviet, come pure di quelli dei corpi maggiori dei loro (Soviet di distretto, provinciali e regionali) di cui essi fanno parte.
2. Ai Soviet, quali organi del Governo, spetta il compito dell'amministrazione e del servizio in tutti i rami della vita locale; amministrativo, economico, finanziario ed educativo.
3. Per l'amministrazione i Soviet applicano tutti i decreti e le decisioni del Governo centrale, prendono le misure atte a dare al popolo le più larghe informazioni intorno a tali deliberazioni, emanano ordinanze obbligatorie, fanno requisizioni e confische, impongono ammende, sopprimono organi contro-rivoluzionari della stampa, arrestano, sciolgono organizzazioni pubbliche che incitino ad un'opposizione attiva, o all'abbattimento del Governo dei Soviet.
Nota. - I Soviet riferiscono al Governo centrale del Soviet su tutte le misure da essi prese e su tutti gli avvenimenti importanti locali.
4. I Soviet eleggono nel loro seno un organo esecutivo incaricato di mettere in esecuzione le loro deliberazioni e di sbrigare il lavoro di corrente amministrazione. Nota 1- I Comitati militari rivoluzionari, quali organi combattenti sorti durante la rivoluzione, sono aboliti. Nota 2- Come misura transitoria è permesso nominare Commissari in quei distretti e in quelle provincie dove il potere dei Soviet non è sufficientemente ben stabilito o dove il Governo dei Soviet non è esclusivamente riconosciuto.
I Soviet, quali organi di Governo, hanno credito sui fondi dello Stato per tre mesi fino alla presentazione di bilanci dettagliati.
Successivamente il 9 gennaio 1918, il Collegium dipendente dal Commissario del popolo per gli Interni, votò le Istruzioni sull'organizzazione dei Soviet:
In tutti i Soviet , in luogo delle vecchie, antiquate istituzioni governative, devono essere organizzati i seguenti dipartimenti o commissariati:
1. Amministrazione - si occupa degli affari interni e dei rapporti con l'estero della Repubblica, e, tecnicamente, unifica tutti gli altri dipartimenti.
2. Finanze - cui spetta la compilazione del bilancio locale, la riscossione delle tasse locali e di Stato, l'applicazione delle norme per la nazionalizzazione delle banche, l'amministrazione della Banca del Popolo, il controllo sulle erogazioni dei fondi nazionali, ecc.
3. Ministero dell'Economia nazionale - cui spetta organizzare la manifattura dei più necessari prodotti delle fabbriche, officine e industrie domestiche; determinare il quantitativo di materie prime e combustibili, e il modo di ottenerli e distribuirli; organizzare e rifornire l'economia agraria (rurale), ecc.
4. Terra - cui spetta fare un esatto catasto dei terreni, delle foreste, delle acque, e di altre ricchezze, e stabilire la loro distribuzione allo scopo di utilizzarle.
5. Lavoro - che deve organizzare e riunire i Comitati delle Leghe operaie, di fabbriche e officine, le associazioni di contadini, ecc., e altresì creare società di assicurazione di ogni specie.
6. Vie di comunicazione - cui spetta provvedere alla nazionalizzazione delle ferrovie e delle linee di navigazione, e la direzione di questo importantissimo ramo della economia Nazionale, e alla costruzione di nuove strade di importanza locale, ecc.
7. Poste, telegrafi e telefoni - che deve aiutare e sviluppare queste aziende dello Stato.
8. Educazione pubblica - che vigila sull'educazione e sull'istruzione del popolo nelle scuole e fuori della scuola, apre scuole nuove, giardini d'infanzia, università, biblioteche, circoli, ecc., applica le disposizioni per la nazionalizzazione delle tipografie, per la pubblicazione di periodici e dei libri necessari, e per la loro diffusione fra la popolazione, ecc.
9. Legale - che deve liquidare le vecchie Corti di giustizia, organizzare le Corti del popolo e di arbitrato, prendere in cura i luoghi di detenzione, riformarli, ecc.
10. Medico-sanitario - cui spetta la vigilanza sanitaria e igienica, l'organizzazione dell'assistenza medica accessibile a tutti, e il rifornimento sanitario degli stabilimenti urbani e rurali, ecc.
11. Stabili pubblici - cui tocca risolvere il problema delle abitazioni, della vigilanza sugli edifici pubblici confiscati, della costruzione di nuovi edifici.
Nota - Ai Soviet si consiglia di servirsi di tutto il materiale di organizzazione degli zemstvo e delle istituzioni municipali, con adatti mutamenti, allorché formano i dipartimenti.
Nella stessa seduta fu approvato il progetto di decreto che stabilisce i limiti delle provincie, dei distretti, ecc., come segue:
1. Tutte le questioni concernenti i mutamenti avvenuti nei confini di provincie, di distretti, di comuni, debbono essere risolte dai Soviet locali dei delegati di operai, soldati e contadini.
2. Quando parti di una provincia o di un territorio sono incluse in un'altra, le questioni tecniche e i malintesi che possono nascere, sono trattati dalle commissioni miste dei Soviet provinciali interessati o dal loro Congresso.
3. Eguale procedura è da seguirsi quando i confini di un distretto o di un comune sono rettificati a danno di un altro.
4. Territori, province distretti e comuni possono anche essere divisi in parti, formando nuove unità economico-amministrative.
5. Informazioni particolareggiate su tutti questi cambiamenti debbono essere comunicate con un rapporto al Commissario degli affari interni.

La costruzione del nuovo Stato socialista
I primi decreti promulgati dal potere dei Soviet furono delle vere e proprie leggi rivoluzionarie attraverso le quali contemporaneamente allo smantellamento del vecchio ordinamento, vennero costruiti gli organismi istituzionali del nuovo Stato che rispecchiavano i nuovi rapporti sociali creatisi nel Paese. La rivoluzione socialista attuando il suo compito fondamentale, l'istituzione della dittatura del proletariato, dava concreta attuazione anche a quelle trasformazioni che la rivoluzione democratico-borghese avrebbe dovuto realizzare e che, invece, non aveva neanche abbozzato. Ciò consisteva principalmente nella liquidazione di tutto il retaggio feudale di cui era intrisa la società zarista: la proprietà fondiaria sulla terra, la rigida stratificazione sociale della popolazione, l'ingerenza e la commistione della Chiesa nello Stato ed il suo soffocante controllo sull'insegnamento e sulla gestione della scuola; le leggi che regolavano la famiglia e il matrimonio; la politica di oppressione dei popoli delle diverse nazionalità.
Questi nuovi decreti furono inoltre la base sulla quale si andava a costruire il nuovo Stato socialista, ma anche gli strumenti concreti che ebbero a disposizione le masse operaie e contadine per appropriarsi con sempre maggiore coscienza delle nuove idee e renderle poi vive applicandole nella realtà. È assai utile ed istruttivo quindi segnalare e conoscere alcune tra le più importanti e significative di queste leggi che seguirono i primi storici decreti "Sulla pace" e "Sulla terra".
Il 30 ottobre 1917 il Bollettino nr. 2 del Governo provvisorio operaio e contadino pubblica il "Decreto sulla giornata di lavoro di otto ore, la durata e la ripartizione del tempo di lavoro".
Composto di 25 articoli, il decreto stabiliva tra l'altro:
1. La presente legge comprende: tutte le aziende di commercio e di produzione, senza tener conto della loro importanza, della loro forma giuridica, e di tutte le persone che vi lavorano come salariate.
2. È considerato come tempo di lavoro e come numero giornaliero di ore di lavoro tutto il tempo durante il quale l'operaio, in conformità al contratto di lavoro (articoli 48, 60, 96, 98 e 103 degli Statuti del lavoro industriale) è obbligato a rimanere nell'azienda industriale a disposizione della direzione per l'esecuzione dei lavori. I.- Nei lavori sotterranei, il tempo nel quale avviene la discesa e l'uscita dalla miniera è contato come tempo di lavoro. II.- Il tempo di lavoro degli operai obbligati ad andare ad eseguire certi lavori fuori dell'azienda industriale, verrà fissato da un accordo speciale con gli operai stessi.
3. Il tempo di lavoro, determinato dal Regolamento interno delle aziende (...), non deve oltrepassare 8 ore nelle 24 e 48 ore per settimana, compreso il tempo necessario alla pulizia delle macchine o per mettere lo stabilimento in ordine. La vigilia di Natale (24 dicembre) e della Pentecoste il lavoro deve cessare a mezzogiorno.
4. Dopo 6 ore di lavoro al massimo dev'esservi un'interruzione libera perché gli operai possano riposare e nutrirsi.. Questa interruzione deve durare almeno un'ora. Si chiamano "interruzioni libere del lavoro" quelle che sono indicate nel regolamento interno: durante queste interruzioni l'operaio può disporre del suo tempo e abbandonare l'azienda. Durante le interruzioni del lavoro, le macchine, gli apparecchi di trasmissione e i telai meccanici debbono essere fermati. Si fa eccezione a questa regola per i lavori soprannumerari, che sono regolati dagli articoli 18-22 di questa legge; per le macchine e le trasmissioni, che funzionano per la ventilazione, per attingere acqua, per l'illuminazione, ecc., nei rami della produzione o in conseguenza di condizioni tecniche speciali (per esempio, la fondita, la lavatura delle tele, ecc., rimaste incompiute). Tali lavori non possono essere interrotti. I.- Nelle aziende, nelle quali il lavoro è considerato dal legislatore o dalla Camera generale del lavoro come continuo e dove il lavoro è effettuato, per 24 ore, da tre squadre, le regole dell'interruzione libera non valgono; è però obbligatorio lasciare la libertà agli operai di prendere il loro nutrimento durante il tempo di lavoro. II.- Se in certe condizioni di lavoro l'operaio non può assentarsi per prendere il suo nutrimento, un locale conveniente dovrà essere predisposto a questo scopo. L'allestimento di locali infatti è obbligatorio per gli operai che manipolano le materie (piombo, mercurio, ecc.) riconosciute nocive per disposizioni dell'Amministrazione generale degli affari delle fabbriche, officine e miniere (o dell'organo che la sostituisce).
5. La durata totale delle interruzioni nelle 24 ore non deve superare due ore.
6. Il tempo di notte è compreso tra le 9 di sera e le 5 del mattino.
7. Il lavoro notturno è vietato alle donne di ogni età ed agli operai che hanno meno di 16 anni (...)
10. Per quel che riguarda l'assunzione delle persone minorenni che non hanno raggiunto l'età di 18 anni, oltre alle regole precedentemente esposte, dovranno essere osservate le regole seguenti: i fanciulli sotto i 14 anni non possono essere operai salariati; b- il tempo di lavoro degli operai che non hanno raggiunto 18 anni è limitato a 6 ore nelle 24 ore al massimo. A partire dal 1° gennaio 1919 sarà vietato ad ogni persona sotto i 15 anni di essere salariata. A partire dal 1° gennaio 1920 questo divieto si estenderà ad ogni persona che non superi i 20 anni di età.
11. Nell'elenco dei giorni feriali nei quali non è permesso di lavorare (...) sono comprese tutte le domeniche e i giorni feriali seguenti: 1° gennaio, 6 gennaio, 27 febbraio, 25 marzo,1° maggio, 15 agosto, 14 settembre, 24 e 26 dicembre, il venerdì e sabato santo, il lunedì e martedì di Pasqua, il giorno dell'Ascensione e il lunedì di Pentecoste. I.- È permesso a coloro che non sono cristiani di comprendere come giorni feriali altri giorni diversi dalle domeniche in conformità alle leggi della loro religione. Inoltre sono obbligatori per essi, come giorni feriali, gli altri indicati, eccettuati quelli non indicati nella nota seguente. II.- Secondo il desiderio della maggioranza degli operai delle aziende, stabilimenti, ecc., i giorni feriali: 1-6 gennaio, 15 agosto, 14 settembre, 26 dicembre, il sabato santo e il lunedì di Pasqua possono essere sostituiti con altri giorni liberi (...)
15. Nelle aziende o nelle produzioni particolarmente nocive, nelle quali gli operai soggiacciono a condizioni molto svantaggiose e nelle quali c'è pericolo di intossicazioni professionali (per esempio nelle officine di essiccazione ad alta temperatura, nelle officine di mercurio, di lavatura delle tele, ecc.), il tempo di lavoro indicato negli art. 3, 5 ed 8 può subire altre diminuzioni. La lista di tali lavori, con l'indicazione della durata compatibile coll'igiene per ogni speciale lavoro,sarà elaborata contemporaneamente alle altre condizioni di lavoro dalla Amministrazione generale degli affari delle fabbriche, officine e miniere (o dall'organo che la sostituisce).
16. Il lavoro eseguito nel sottosuolo è vietato alle donne di ogni età ed alle persone dei due sessi che non abbiano raggiunto i 18 anni. (...)
18. Il lavoro eseguito dall'operaio in più di due ore regolamentari fissate dalle prescrizioni, è considerato come lavoro supplementare. Il lavoro supplementare non è autorizzato se le condizioni indicate negli articoli 19-22 di questa legge sono osservati. La remunerazione per il lavoro supplementare è doppia.
19. Gli operai sotto i 18 anni e le donne di ogni età non sono autorizzati ad eseguire lavoro supplementare. Il lavoro supplementare degli operai di oltre i 18 anni non è autorizzato che dopo una decisione delle organizzazioni operaie e nei seguenti casi: a- quando il lavoro supplementare è necessario per compiere un lavoro incominciato, che per circostanze impreviste (arresto occasionale della produzione), non poté essere terminato nel tempo normalmente necessario (secondo il regolamento interno), quando l'arresto di tale lavoro presenta un certo pericolo o rischio di deteriorare il materiale e gli strumenti di produzione (in questa categoria rientrano, per esempio, la produzione chimica, la fusione dei metalli, ecc.); b- per l'esecuzione dei lavori che sono necessari, se si vuole evitare certi pericoli che minacciano le persone ed i beni, o per evitare gli infortuni che potrebbero deteriorare il materiale, di cui il buono stato è indispensabile al funzionamento dei servizi delle acque, all'illuminazione, del riscaldamento, delle canalizzazioni e delle comunicazioni pubbliche urgenti; c- per i lavori di riparazione indispensabili in caso di deterioramento subito dalle caldaie, dai motori, dagli apparecchi di trasmissione, e in generale in caso di avarie impreviste sopravvenute nelle macchine, apparecchi, costruzioni (edifici, dighe, pozzi di miniera, ecc.), le quali possono determinare un'interruzione del lavoro in un intero stabilimento e in edifici da esso dipendenti; d- per i lavori temporanei da eseguire in una parte dello stabilimento distrutto da un incendio, da un crollo, ecc., e di cui la ricostruzione come condizione della ripresa del lavoro in tutto lo stabilimento è indispensabile. (...)
21. Tutti i lavori supplementari sono inscritti a parte sui libretti di lavoro degli operai con l'indicazione del salario corrispondente; inoltre ogni operaio deve avere nei registri dell'amministrazione un conto esatto e completo dei lavori supplementari che ha eseguiti.
22. Il lavoro supplementare eseguito nelle condizioni menzionate negli articoli 19-21 non è autorizzato che per 50 giorni all'anno per ogni parte dello stabilimento. Per stabilire il controllo, si fa un conto a parte di ogni giornata in cui è stato eseguito lavoro supplementare in una delle parti, anche se non è stato fatto che da uno solo.
23. La durata del lavoro supplementare per ogni operaio preso individualmente non deve in alcun caso superare 4 ore ogni due giorni successivi.
24. Fino al momento prossimo in cui cesseranno le ostilità, le decisioni che restringono la durata dei lavori supplementari (art. 19-23) e quelle che riguardano le interruzioni di lavoro (art.4-6) possono non essere applicate se interviene un accordo con gli operai e le organizzazioni operaie.
25. La presente legge deve essere comunicata telegraficamente e messa in vigore immediatamente. Le infrazioni a questa legge sono passibili del carcere per un anno al massimo.
In nome della Repubblica russa:
Per il Commissario del popolo al lavoro: J. Larin
Pietrogrado, 29 ottobre 1917.
Bollettino nr. 4 del Governo provvisorio operaio e contadino del 3 novembre 1917:
"Dichiarazione dei diritti dei popoli di Russia:
(...) Il Congresso dei Soviet del giugno scorso ha dichiarato il diritto dei popoli di disporre liberamente di se medesimi. Il secondo Congresso dei Soviet nel mese di ottobre di quest'anno confermò anche più risolutamente e più nettamente questo diritto immutabile dei popoli di Russia. Al fine di applicare la volontà di tali Congressi, il Consiglio dei Commissari del popolo ha deciso, per quel che riguarda le questioni di nazionalità, di basare la sua attività sui seguenti principi:
1° Eguaglianza e sovranità dei popoli di Russia.
2° Diritto dei popoli di Russia di disporre liberamente di se medesimi, fino alla completa separazione e costituzione in Stati indipendenti.
3° Abolizione di tutte le restrizioni e di tutti i privilegi nazionali o nazionali religiosi.
4° Libero sviluppo delle minoranze nazionali e dei gruppi etnici che abitano sul territorio della Russia.
(...) I decreti concreti che ne derivano saranno elaborati immediatamente dopo la costituzione della Commissione per gli affari delle nazionalità.
In nome della Repubblica russa:
Il presidente del Consiglio dei Commissari del popolo: V. Ulianov-Lenin.
Il Commissario del popolo per gli affari delle nazionalità: J. Dzugazvili-Stalin.
Pietrogrado, 2 novembre 1917".
Successivamente, il 20 novembre 1917, il Consiglio dei Commissari del popolo approvò l'"Appello ai lavoratori musulmani della Russia d'Oriente" in cui solennemente:
- Dichiarava che d'ora in avanti le istituzioni nazionali e culturali, i costumi e le fedi religiose di questi popoli erano liberi e inviolabili.
- Denunciava tutti gli accordi segreti stipulati dal governo zarista e successivamente fatti propri dal governo provvisorio, inerenti la presa di Costantinopoli e la divisione della Persia e della Turchia.
- Disponeva la restituzione ai popoli che dalla Russia erano stati oppressi delle reliquie nazionali e religiose di cui lo zarismo si era indebitamente e fraudolentemente appropriato.

Riconosciuti l'indipendenza dell'Ucraina, Finlandia, Armenia e l'autodeterminazione della Polonia
Sulla base di questi documenti la Russia sovietica ed il suoi Governo, su iniziative e progetti preparati dal Commissariato del popolo per le nazionalità diretto da Stalin, ratificarono:
- 20 novembre 1917. Il riconoscimento dell'indipendenza all'emirato di Bukharà e al canato di Khivà, dichiarandoli liberi da tutti gli obblighi loro imposti dal governo zarista.
- 4 dicembre 1917. Il riconoscimento dell'indipendenza dell'Ucraina.
- Dicembre 1917. Il riconoscimento dell'indipendenza della Finlandia.
- Dicembre 1917. Il riconoscimento all'Autodeterminazione dei popoli dell'Armenia turca.
- Il potere sovietico, inoltre, non solo si pronunciò a favore dell'autodeterminazione della Polonia, ma, primo fra tutti, riconobbe il suo diritto a una esistenza indipendente. Gli oggetti antichi e le opere d'arte sottratti dallo zarismo alla Polonia furono ad essa restituiti e presso il Commissariato del Popolo per le nazionalità fu creato un ufficio speciale per il disbrigo degli affari che riguardavano i cittadini polacchi che risiedevano in Russia.
Bollettino nr. 17 del Governo provvisorio operaio e contadino del 24 novembre 1917:
"Il diritto di revoca dei delegati".
Nessuna istituzione elettiva o assemblea di rappresentanti può essere considerata come veramente democratica e come rappresentante realmente la volontà del popolo se non a condizione che riconosca ed applichi il diritto di revoca dei delegati da parte dei loro elettori. ... Il sistema elettorale proporzionale essendo più democratico del sistema maggioritario, esige misure più complicate per la realizzazione del diritto di revoca, cioè della vera soggezione dei delegati al popolo. Ma ogni rifiuto ad introdurre il diritto di revoca che fosse basato su questo fatto, ogni indugio nella sua adozione, ogni restrizione nella sua applicazione sarebbe un tradimento verso la democrazia ed un'abiura completa dei principi e dei problemi fondamentali della grande Rivoluzione di Russia. ... Perciò il Comitato esecutivo centrale del Congresso pan russo dei Soviet dei Delegati operai, soldati e contadini decide:
Il Congresso dei Soviet dei Delegati operai, soldati e contadini convocato su basi di parità in ogni collegio elettorale corrispondente, ha diritto di fissare le rielezioni per tutte le istituzioni municipali, provinciali ed in generale rappresentative, non eccettuata l'Assemblea costituente.
I Soviet debbono fissare le rielezioni in caso in cui queste fossero domandate da più della metà degli elettori del collegio elettorale corrispondente.
Le rielezioni procedono nell'ordine abituale sulle strette basi del sistema elettorale proporzionale. I rappresentanti neo-eletti sostituiscono dal momento della loro elezione i rappresentanti eletti antecedentemente.
Il Comitato esecutivo centrale accetta il decreto all'unanimità con due astensioni.
18 dicembre 1917: "Decreto concernente i matrimoni, le nascite e le registrazioni di Stato civile".
D'ora in poi la Russia riconosce soltanto il matrimonio civile. Il matrimonio civile è celebrato secondo queste norme:
4. Coloro che desiderano contrarre matrimonio dichiarano la loro intenzione oralmente o per iscritto all'ufficio municipale di stato civile (regionale, distrettuale, di città, di zemstvo) del luogo di loro residenza. Nota.- Il matrimonio religioso è un affare privato e riguarda soltanto i contraenti; mentre quello civile è obbligatorio. (...)
5. L'ufficio di stato civile trascrive l'atto firmato sul registro e quindi dichiara che il matrimonio è effettivamente legale. All'atto di contrarre il matrimonio le parti sono libere di decidere se assumeranno il nome della moglie o del marito o i due nomi insieme. Le parti ricevono subito una copia del certificato, quale prova del matrimonio contratto. (...)
7. La registrazione delle nascite viene fatta dallo stesso ufficio per la registrazione dei matrimoni. (...)
10. I figli illegittimi debbono avere lo stesso trattamento dei legittimi per quel che riguarda i loro obblighi verso i genitori, nonché i diritti e gli obblighi di legge del genitore verso di loro. Coloro che si dichiarano e si firmano genitori del bambino sono riconosciuti per tali. I falsi testimoni sono puntiti penalmente per falsa testimonianza e la registrazione è annullata.
11. La registrazione delle morti è fatta nel luogo in cui esse avvengono presso l'ufficio che registra i matrimoni e le nascite in uno speciale registro. .....
13. Alle istituzioni cui è affidata la cura dei cimiteri è fatto divieto di mettere ostacoli al seppellimento fatto con rito puramente civile.
14. La registrazione delle morti, delle nascite, ecc., è tolta alle istituzioni religiose amministrative e trasferita alle amministrazioni municipali.
18 dicembre 1917: "Divorzio".
1) Il matrimonio è annullato su domanda di ambedue o anche di una sola delle parti
6) Verificato che la petizione per annullamento è fatta propria da una o da ambedue le parti interessate, il giudice personalmente e da solo, annulla e rilascia il certificato e ne manda copia all'ufficio di registrazione dove fu registrato prima il matrimonio.
7) Quando un matrimonio è annullato per consenso delle due parti, queste devono nella petizione stabilire quale cognome i divorzianti e i loro figli adotteranno. Se è fatta da uno solo, ognuno conserva il proprio nome. In caso non siano d'accordo il cognome dei bambini è stabilito dal giudice, e, in caso di dissenso delle parti, dal tribunale locale.
8) In caso di accordo delle parti, il giudice stabilisce con quale di esse debbono vivere i minorenni e quale dei genitori deve provvedere al mantenimento e all'educazione dei figli, e anche se e in quale misura il marito è obbligato a passare vitto e mantenimento alla moglie divorziata.
9) Se non è possibile un accordo, tutto è rimesso alla decisione di una causa civile nel tribunale locale, restando al giudice la decisione temporanea dell'assegnazione dei figli e del temporaneo mantenimento di essi e della moglie.
10) Perciò le cause ed i giudizi sulla illegalità o invalidità o scioglimento di matrimonio spettano al tribunale locale.
11) Gli effetti di questa legge si applicano a tutti i cittadini della Repubblica russa, indipendentemente dalla loro professione di fede.
12) Sono quindi dichiarate illegali e decadute tutte le sentenze in materia pronunciate dalla chiesa greco-cattolica, dal Sinodo e da qualsiasi altra istituzione religiosa. Esse devono essere rinnovate davanti ai tribunali locali, e i registri passati ai dipartimenti regionali.
Bollettino nr. 9 del Governo provvisorio operaio e contadino del 12 novembre 1917.
"Abolizione dei titoli e degli ordini":
4. Tutti gli ordini feudali fin qui esistenti in Russia, tutte le divisioni dei cittadini in diversi Stati, tutti i privilegi e le restrizioni dell'ordinamento feudale, tutte le organizzazioni e istituzioni corrispondenti nonché tutti i ranghi civili, sono annullati.
5. Tutte le denominazioni degli ordini (nobile, mercante, borghese, contadino, ecc., i titoli di principe, di conte, ecc.), e quelli dei ranghi civili (consigliere segreto, consigliere di Stato, ecc.) sono annullati. È stabilita una denominazione comune per tutta la popolazione della Russia: cittadino della Repubblica russa.
6. I beni delle istituzioni corporative della nobiltà passano immediatamente in mano delle corrispondenti amministrazioni autonome provinciali.
7. I beni delle società corporative degli ordini dei mercanti e dei borghesi passano immediatamente sotto la amministrazione dei Comuni urbani corrispondenti.
8. Tutte le istituzioni corporative degli ordini, i loro affari, le loro procedure, e i loro archivi debbono essere immediatamente trasmessi alle amministrazioni dei Comuni o alle amministrazioni autonome municipali corrispondenti.
9. Tutte le leggi e gli articoli corrispondenti in vigore fin qui sono abrogati.
10. Il presente decreto entra in vigore dal giorno della sua pubblicazione e deve essere immediatamente messo in esecuzione dai Soviet locali dei Delegati operai, soldati e contadini.
Approvato dal Comitato esecutivo centrale dei Soviet dei Delegati operai e soldati nella seduta del 10 novembre 1917.
Il presidente del Comitato esecutivo centrale dei Delegati operai e soldati: K. J. Sverdlov
Il presidente del Consiglio dei commissari del popolo: V. Ulianov-Lenin
Il gerente degli affari del Consiglio dei commissari del popolo: V. Bronc-Bruievic.
Il segretario del Consiglio dei Commissari del popolo: N. Gorbunov.

Separazione della Chiesa dallo Stato
Bollettino nr. 13 del Governo provvisorio operaio e contadino del 23 gennaio 1918.
"Separazione della Chiesa dallo Stato e della Scuola dalla Chiesa":
4. La Chiesa è separata dallo Stato.
5. Entro i confini della Repubblica è vietato emanare leggi locali di qualsiasi specie, che restringano o limitino la libertà di coscienza o che istituiscano qualsiasi preponderanza o privilegio in base a credenze o ad opinioni confessionali dei cittadini.
6. Ogni cittadino può professare quella qualsiasi religione che gli piace o può non professarne alcuna. Tutte le privazioni di diritti concessi all'esercizio di una qualsiasi religione e o il non esercizio di alcuna religione sono abolite . Nota.: Da tutti gli atti ufficiali è esclusa qualsiasi indicazione di appartenenza o di non appartenenza religiosa dei cittadini.
7. Le funzioni delle istituzioni di Stato e delle altre istituzioni di diritto pubblico non sono accompagnate da alcun rito o cerimonia religiosa.
8. Il libero esercizio dei riti religiosi è garantito, fino a che non turbino l'ordine pubblico e non siano accompagnati da attentati ai diritti dei cittadini della Repubblica dei Soviet. I poteri locali hanno il diritto di prendere tutti i provvedimenti indispensabili per garantire in questo caso l'ordine e la sicurezza pubblica.
9. Nessuno può, col pretesto delle sue opinioni religiose, sfuggire all'adempimento dei suoi doveri civili. Eccezioni a questa regola, stante la sostituzione di un dovere civile con un altro, sono ammesse in ogni caso particolare su decisione del tribunale del popolo.
10. Il giuramento religioso è abolito. Nei casi indispensabili sarà data soltanto una promessa solenne.
11. Gli atti dello stato civile sono stabiliti unicamente dal potere civile, specialmente dalle sezioni d'anagrafe dei matrimoni e delle nascite.
12. La Scuola è separata dalla Chiesa. L'insegnamento dei dogmi religiosi non è ammesso in alcun istituto di insegnamento nazionale o pubblico, e in quelli privati nei quali si impartiscano corsi di istruzione generale. I cittadini possono insegnare e studiare la religione privatamente.
13. Tutte le società ecclesiastiche e religiose sono soggette alle leggi generali sulle società ed unioni private e non godono di alcuna prerogativa e di alcun sussidio né da parte dello Stato, né da parte delle sue istituzioni locali autonome e indipendenti.
14. La raccolta forzata di collette e di imposte in favore delle società ecclesiastiche e religiose, nonché le misure di coercizione o di punizione da parte di quelle società sui loro soci, non sono ammesse.
15. Nessuna società ecclesiastica o religiosa ha il diritto di possedere. Queste società non hanno i diritti di una persona giuridica.
16. Tutto ciò che possiedono le società ecclesiastiche o religiose esistenti viene dichiarato patrimonio del popolo. Gli edifici e gli oggetti del culto, su decisioni speciali dei poteri dello Stato locali o centrali, sono messi gratuitamente a disposizione delle rispettive società religiose.
Il presidente del Consiglio dei Commissari del popolo: V. Ulianov-Lenin
I Commissari del popolo: Podwoiskj; Algassov; Trutowskj; Sclikter; Proscjan; Mengiskj; Scliapnicov; Petrowskj.
Il gerente di affari del Consiglio dei Commissari del popolo: Bronc-Bruievic.
Sul piano dell'economia in generale e dell'organizzazione economica in particolare, il Governo sovietico intervenne in primo luogo con le leggi inerenti il "Controllo operaio", la "Nazionalizzazione delle banche" e le "Commissioni dei prezzi".

Il controllo degli operai nella fabbrica
Bollettino nr. 12 del Governo provvisorio operaio e contadino del 16 novembre 1917.
"Il controllo degli operai nella fabbrica"
Per garantire il regolare svolgimento dell'economia popolare in tutte le aziende industriali, commerciali, bancarie, navali, dei trasporti, di cooperative, di associazioni produttive, ecc., che si valgono del lavoro salariato o danno lavoro a domicilio, viene istituito il controllo operaio della produzione, degli acquisti e delle vendite dei prodotti e delle materie prime, dei depositi, nonché della parte finanziaria delle aziende.
Il controllo operaio viene esercitato da tutti gli operai di una data azienda per mezzo delle loro istituzioni elette; ad esempio: i Comitati operai d'officine e di fabbrica, i Consigli degli anziani di fabbrica, ecc. Nella composizione di queste istituzioni debbono partecipare anche i rappresentanti degli impiegati a stipendio fisso e del personale tecnico.
Viene creato per ogni grande città, provincia o regione industriale un Consiglio locale del controllo operaio che, essendo l'organo del Consiglio dei delegati operaio, soldati e contadini, sarà composto dai rappresentanti dei Sindacati professionali operai, dei Comitati operai di officina, di fabbrica, e delle Cooperative operaie.
Fino alla convocazione del Congresso dei Consigli del controllo operaio, viene costituito a Pietrogrado il Consiglio pan russo del controllo operaio, .....
Annesse agli organi superiori del controllo operaio sono istituite delle Commissioni di specialisti revisori (tecnici, contabili, ecc.), i quali possono essere inviati o per iniziativa di questi organi, o in seguito a una domanda degli organi inferiori del controllo operaio, ad ispezionare i rami finanziario e tecnico di un'azienda.
Gli organi del controllo operaio hanno diritto di sorvegliare la produzione, di stabilire il minimo di produttività dell'azienda e di prendere delle misure per valutare il prezzo di costo degli articoli prodotti.
Gli organi del controllo operaio hanno diritto di controllare tutta la corrispondenza d'affari dell'azienda: per ogni corrispondenza nascosta i proprietari son responsabili davanti ai tribunali. Il segreto commerciale è abolito. I proprietari sono obbligati a presentare agli organi del controllo operaio tutti i libri ed i rapporti per l'anno in corso, nonché quelli degli anni trascorsi.
Le decisioni degli organi del controllo operaio sono obbligatorie per i proprietari dell'azienda. Esse non possono essere abrogate che dopo decisione degli organi superiori del controllo operaio.
L'imprenditore o l'amministrazione dell'azienda hanno tre giorni di tempo per ricorrere davanti all'organo corrispondente superiore del controllo operaio contro tutte le decisioni degli organi inferiori del controllo stesso.
In tutte le aziende, i proprietari, i rappresentanti degli operai e degli impiegati a stipendio fisso, che sono eletti per fare applicare il controllo operaio, sono responsabili di fronte allo Stato dell'ordine, della disciplina e della conservazione dei beni. Coloro che si sono resi colpevoli di aver nascosto del materiale, dei prodotti, delle ordinazioni, di aver tenuto irregolarmente la contabilità dell'azienda, di aver commesso abusi ed altri fatti simili, saranno tradotti davanti al Tribunale penale.
I consigli regionali del controllo operaio (secondo l'art. 3) giudicano su tutte le controversie e tutti i conflitti tra gli organi inferiori del controllo operaio, nonché sui reclami formulati dai proprietari delle aziende. Essi elaborano e dettano, inoltre, secondo le peculiarità della produzione e le condizioni locali, istruzioni e norme entro i limiti delle disposizioni e delle indicazioni del Congresso pan russo del controllo operaio.
12) Il Congresso pan russo del Controllo operaio elabora i piani generali del controllo operaio e le istituzioni, detta disposizioni obbligatorie, regolarizza i rapporti reciproci tra i Consigli regionali del controllo operaio e, finalmente, funziona come tribunale superiore per tutti gli affari connessi al controllo operaio.
13) Il Congresso pan russo del controllo operaio coordina l'attività degli organi del controllo operaio coordina l'attività degli organi del controllo operaio con quello di tutte le altre istituzioni, che si occupano dell'organizzazione dell'economia popolare. Una disposizione che regola i rapporti tra il Consiglio pan russo del controllo operaio e le altre istituzioni che organizzano e dirigono l'economia popolare sarà elaborato separatamente.
14) Tutte le leggi e circolari che limitano l'attività dei Consigli e dei Comitati di operai, di impiegati a stipendio fisso, di fabbriche e di officine sono annullate.
In nome del Governo della Repubblica russa:
Il presidente del Consiglio dei Commissari del popolo: V. Ulianov-Lenin
Il Commissario del popolo al lavoro: A. Scliapnikov
Il gerente degli affari del Consiglio dei Commissari del popolo: W. Bronc-Bruievic
Il segretario del Consiglio dei Commissari del popolo: N. Gorbunov.
Approvato dal Comitato esecutivo centrale dei Soviet dei delegati operai e soldati il 14 novembre 1917.
Bollettino nr. 35 del Governo provvisorio operaio e contadino del 17 dicembre 1917.
"Nazionalizzazione delle banche".
Nell'interesse dell'organizzazione regolare dell'economia pubblica, al fine di sradicare completamente la speculazione bancaria, per liberare con tutti i mezzi possibili gli operai, i contadini e tutta la popolazione lavoratrice dallo sfruttamento esercitato dal capitale bancario, nonché al fine di organizzare una banca popolare unica, che servirà veramente agli interessi del popolo e delle classi povere delle Repubblica russa, il Comitato esecutivo centrale decreta:
Tutte le aziende bancarie sono dichiarate monopolio dello Stato.
Tutte le banche per azioni e le banche di sconto esistenti sono unificate con la Banca di Stato.
L'attivo e il passivo delle aziende liquidate sono assunti dalla Banca di Stato.
Il modo col quale si procederà alla fusione delle banche private nella Banca di Stato è stabilito da un decreto speciale.
La direzione provvisoria degli affari delle banche private è affidata al Consiglio della Banca di Stato.
Gli interessi dei piccoli depositanti sono interamente garantiti.
Importantissima decisione fu poi quella relativa alla istituzione del Consiglio Supremo dell' Economia Nazionale e dei Consigli regionali e locali dell'Economia nazionale.
"Il Consiglio Supremo dell'Economia Nazionale ":
Il Supremo Consiglio dell'Economia nazionale è istituito sotto il Consiglio dei Commissari del popolo.
Il compito del Consiglio superiore dell'Economia nazionale è l'organizzazione dell'economia nazionale e delle finanze dello Stato. A questo scopo esso elabora le condizioni generali e un piano per regolare la vita economica del paese, coordina ed unifica l'attività delle istituzioni regolatrici centrale e locali (Comitati per i combustibili, i metalli, i trasporti, ecc., e i rispettivi Commissariati del popolo per il commercio e l'industria, per la agricoltura, le finanze, la guerra, la marina, ecc.) del Consiglio pan russo del Controllo operaio, nonché delle attività corrispondenti delle organizzazioni di fabbrica e professionali della classe operaia.
Il Consiglio supremo dell'Economia nazionale ha il diritto di confiscare, di requisire, di sequestrare e di consorziare obbligatoriamente i vari rami industriali e commerciali, e di prendere altri provvedimenti nel campo della produzione, della distribuzione e delle finanze dello Stato.
Tutte le istituzioni esistenti per regolare l'economia nazionale sono subordinate al Consiglio Supremo dell'Economia nazionale, che ha il diritto di riformarle.
Il Consiglio Supremo dell'Economia nazionale è formato: a- dal Consiglio pan russo del Controllo operaio, di cui il personale è determinato dal decreto del 14 novembre 1917; b- di rappresentanti di tutti i Commissariati del popolo; c- di persone esperte, invitate con voto consultivo.
Il Consiglio supremo dell'Economia nazionale è diviso in sezioni e reparti (come combustibile, metallo, mobilitazione, finanze, ecc.), e il numero e la sfera di attività di queste sezioni e reparti sono stabiliti dall'intero Consiglio.
I reparti del Consiglio supremo dell'Economia nazionale regolano i diversi rami della vita economica, e preparano i provvedimenti dei rispettivi Commissariati del popolo.
Il Consiglio supremo dell'Economia nazionale forma, al di fuori dei suoi membri, un ufficio di 25 persone, per coordinare il lavoro corrente delle sezioni e dei reparti e per l'adempimento di compiti che esigono un immediato esame.
Tutti i progetti di legge e i provvedimenti generali per regolare l'economia nazionale sono sottoposti al Consiglio dei Commissari del popolo attraverso il Consiglio supremo dell' Economia nazionale.
Il Consiglio supremo dell'Economia nazionale unifica e dirige i Soviet dei delegati operai, soldati e contadini che comprendono gli organi locali del controllo operaio, ed inoltre i Commissari del lavoro, del commercio, dell'industria, ecc. In assenza dei corrispondenti rami economici, il Consiglio supremo dell'Economia nazionale forma gli organi locali. Tutte le decisioni del Consiglio supremo dell'Economia nazionale sono impegnative per i reparti dei Soviet locali che costituiscono gli organi del Consiglio supremo dell'Economia nazionale.

"I Consigli regionali e locali dell'Economia nazionale":
Per organizzare e regolare tutta la vita economica di ogni regione industriale, in relazione con le condizioni generali e con gli interessi locali, sotto il Soviet regionali dei Delegati operai, soldati e contadini, sono organizzati dei Consigli regionali dell'Economia nazionale, quali istituzioni locali per organizzare e regolare la produzione, diretti dal Consiglio Supremo della Economia nazionale, ed operanti sotto il controllo generale dei rispettivi Soviet dei delegati operai, soldati e contadini.
Il Consiglio regionale dell'Economia nazionale è formato: a- di un collegio eletto nei Congressi misti di organizzazioni di produttori e di commissioni di fabbrica (minerari, commerciali, industriali, dei trasporti, ecc.) ed anche nei Congressi di commissioni agrarie convocati dai Soviet dei delegati operai, soldati e contadini; b- di rappresentanti dei Soviet dei delegati operai, soldati e contadini e di cooperative democratiche; c- di rappresentanti la direzione tecnica, amministrativa e commerciale delle aziende (in numero non superiore a un terzo dei componenti il Consiglio). Rappresentanti dei reparti partecipano alle deliberazioni del Consiglio regionale dell'Economia nazionale con voto consultivo. ...
Il Consiglio regionale dell'Economia nazionale elegge un Comitato direttivo che dirige tutte le attività del Consiglio, i suoi reparti, le sezioni e gli uffici. Il Consiglio regionale dell'Economia nazionale elegge una presidenza che costituisce la presidenza della Commissione esecutiva e delle Commissioni separate del Consiglio regionale dell'Economia regionale. ...
Tutte le decisioni del Consiglio regionale dell'Economia nazionale hanno carattere obbligatorio, e debbono essere eseguite da tutte le istituzioni e dalle direzioni delle aziende. Le decisioni del Consiglio regionale dell'Economia nazionale possono essere sospese o annullate solo dal Consiglio Supremo dell' Economia nazionale.
La vittoria della Rivoluzione d'Ottobre scaturì in buona parte dalla capacità che ebbe la classe operaia di essere classe egemone nel processo rivoluzionario, facendosi riconoscere come tale dagli altri ceti poveri, subalterni e sfruttati della Russia, attirando a sé soldati e contadini, realizzando quindi una forte e stabile unità della maggioranza del popolo russo, decisiva per la creazione del nuovo Stato operaio e contadino.
Questa capacità fu il frutto dell'azione politica a tutto campo, sviluppata cioè sul piano teorico, ideologico e del lavoro di massa, realizzato dal P.C.(b)R. grazie alla direzione attenta, saggia e assai ferma che ad esso non fece mai mancare Lenin.
Lenin che assieme ad altri, Plekhanov in primo luogo, introdusse e fece conoscere l'opera di Marx ed Engels in Russia; che contribuì alla nascita e alla formazione del P.O.S.D.R.; che all'interno del movimento socialdemocratico russo ed internazionale propose e sviluppò una politica basata sui principi del marxismo di cui era attento studioso e profondo conoscitore. Utilizzando con sapienza il metodo della dialettica marxista, Lenin compì un'analisi mirabile della situazione del suo tempo contrassegnata dall'entrata in scena dell'imperialismo, dal suo espandersi, dal suo imporsi in un'epoca che ancora oggi vede il suo dominio gravare come un macigno sulla classe operaia, sulle masse sfruttate e sui popoli oppressi del nostro mondo. Il leninismo ha saputo così arricchire il marxismo; renderlo capace di affrontare con successo lo sviluppo della lotta di classe nelle nuove condizioni storiche; difenderlo e salvaguardarlo dagli attacchi della borghesia, dalle ammalianti quanto spregevoli sirene dell'opportunismo e dai colpi demolitori di vecchi e nuovi revisionismi. Lenin nella sua azione teorico e pratica, ha sempre ricercato l'unità della classe operaia e la sua salvaguardia così come, di riflesso, la salvaguardia dell'unità del partito. Questo però senza mai sacrificare ad essa i principi rivoluzionari del marxismo; avendo sempre presente che l'obiettivo primario della lotta di classe è l'abbattimento e la distruzione della società e dello Stato borghesi, la fine della dittatura capitalistica e l'instaurazione della dittatura del proletariato, la creazione di uno Stato che, nuovo nel suo apparato e fermo nei suoi obiettivi, si dedichi alla edificazione sul piano economico, sociale e politico del socialismo.
Senza teoria rivoluzionaria non vi può essere Partito rivoluzionario, senza Partito rivoluzionario non vi può essere rivoluzione. Sempre la storia ha dimostrato e continua a dimostrare come questo principio basilare del marxismo-leninismo-pensiero di Mao è, senza eccezione né smentite, una verità dalla quale non si può né si deve prescindere, una verità assoluta.
Il P.C.(b)R. ha saputo attraverso la sua azione unire sul piano ideologico e politico la classe operaia, rappresentarne gli interessi immediati e profondi inerenti le condizioni di vita e di lavoro, guadagnarne la fiducia e la direzione rendendola cosciente del suo ruolo nella società e nella storia, di esserne infine la reale avanguardia portando anche a militare nelle sue file la parte di essa più combattiva e cosciente che, del Partito, è divenuta componente numericamente sempre più consistente oltre ché decisiva e salda nella sua direzione politica e organizzativa.
Questo ruolo e funzione del P.C.(b)R. non è venuto certo meno con la vittoria rivoluzionaria dell'Ottobre. L'essere guida e direzione della classe operaia nel periodo pre rivoluzionario significa, a maggior ragione, continuare ad esserlo nel dopo rivoluzione, esercitando questa funzione anche in tutti gli organismi costituenti il nuovo apparato statale. Borghesi e revisionisti si sono stracciati le vesti gridando a squarciagola che il potere sovietico altro non fu che l'espressione della "feroce dittatura del partito bolscevico" in relazione, soprattutto ma non solo, all'affermarsi del partito unico nella società sovietica, senza peraltro soffermarsi in un'analisi seria delle condizioni oggettive e soggettive che questa situazione hanno determinato. Se si è Partito del proletariato, espressione cioè dell'avanguardia organizzata e cosciente della classe operaia, lo si è solo in quanto carne di quel corpo e non in virtù di strane alchimie o di particolari e fuggevoli condizioni. Sarebbe ben strano dunque che in uno Stato operaio e contadino che si prefigge l'edificazione del socialismo come compito primario, che affida alla classe operaia il ruolo dirigente della società e che assume come forma di governo la dittatura del proletariato, il partito rivoluzionario della classe operaia non si facesse carico della realizzazione del suo programma e non si assumesse in prima persona l'onere del governo, dell'amministrazione e della gestione dell'apparato investendo in esse i suoi uomini migliori per qualità e capacità. Questo il partito bolscevico ha fatto nel miglior modo possibile nella situazione storica in cui operava, non perdendo mai di vista l'obiettivo principale che era quello di far trionfare il socialismo e di edificare concretamente il tipo di società preconizzata da Marx ed Engels; lottando strenuamente contro chi dentro lo stesso partito bolscevico e fuori di esso, si opponeva alla realizzazione di questo obiettivo. La società sovietica ed il suo governo come vedremo, non sono stati né sempre uguali né uniformi, ma si sono formati, modificati e plasmati, com'è giusto che sia anche in una fase di transizione e di costruzione del socialismo, nell'evolvere della lotta di classe.
Rilevante per il consolidamento del nuovo Stato operaio e contadino nato dalla Rivoluzione d'Ottobre fu il II Congresso (straordinario) dei Soviet contadini di tutta la Russia svoltosi a Pietrogrado dal 23 novembre all'8 dicembre del 1917. Questo Congresso infatti sconfessò la vecchia dirigenza in cui prevalevano a maggioranza i socialisti-rivoluzionari di destra, respinse ogni tentativo di questo partito di screditare il nuovo potere sovietico al quale il Congresso espresse anzi piena fiducia approvando tutti i decreti che erano stati fin lì varati dal governo provvisorio operaio e contadino. Il II Congresso dei Soviet contadini elesse quindi il nuovo Comitato esecutivo composto da 81 socialrivoluzionari di sinistra, 20 bolscevichi, 1 socialrivoluzionario massimalista e 6 senza partito. Forte di questo risultato, il partito socialista-rivoluzionario di sinistra si pronunciò per un accordo governativo con i bolscevichi. Ciò portò il 9 dicembre 1917 alla formazione di un governo sovietico di coalizione composto da 11 Commissari del popolo bolscevichi e 7 socialrivoluzionari di sinistra. Tra questi ultimi figuravano: Kolegaev, nominato Commissario del popolo per l'agricoltura; Stejnberg, Commissario del popolo per la giustizia e Proscjan, Commissario del popolo per le poste e i telegrafi. Il governo di coalizione rimarrà in carica fino al febbraio 1918 allorché i socialisti-rivoluzionari di sinistra ne usciranno per la loro opposizione ai negoziati di pace di Brest-Litovsk.
Alla fine del 1917, dunque, la struttura dell'organizzazione sovietica non era una struttura unica. Vi erano cioè da un lato i Soviet dei deputati degli operai e dei soldati e, dall'altro, i Soviet dei deputati contadini. Nulla di strano allora, in quella situazione. Essa rifletteva l'esatto sviluppo storico del movimento sovietico formatosi e cresciuto in modo ineguale fra gli operai rispetto ai contadini e, territorialmente, in tempi diversi: molto prima cioè nelle città, di quanto sia avvenuto nelle campagne. Finché, come nel periodo pre rivoluzionario e pre insurrezionale, compiti e funzioni principali dei Soviet erano essenzialmente la rappresentanza diretta e democratica degli operai, dei soldati e dei contadini; l'espressione concreta della loro volontà e capacità di auto organizzazione; lo strumento vivo di coordinamento, di gestione e di direzione delle lotte economiche e politiche, la divisione organizzativa dei Soviet non ne inficiava la capacità di azione e di sviluppo. Diverso, assai diverso, sarebbe stato ora, dopo la vittoria rivoluzionaria di Ottobre che aveva di fatto trasformato ed elevato i Soviet a organo basilare e supremo del nuovo assetto istituzionale; espressione e simbolo, al tempo stesso, del potere operaio e contadino.
Questa divisione cessò di esistere all'inizio del 1918. Il 13 gennaio, infatti, si riunì il III Congresso panrusso dei Soviet contadini nel quale erano rappresentati 340 Soviet provinciali e di distretto. Nella prima ed unica seduta svolta i delegati contadini votarono ed approvarono la decisione di unirsi al III Congresso panrusso dei Soviet operai e soldati, anch'esso in corso di svolgimento a Pietrogrado. L'Assise i cui lavori si erano aperti il 10 gennaio, divenne dunque il III Congresso panrusso dei Soviet dei deputati operai, soldati e contadini.
"... Ricordate - disse Lenin ai delegati nel suo discorso di chiusura del III Congresso - che tutte le grandi rivoluzioni si sono sempre sforzate di distruggere dalle fondamenta il vecchio regime capitalistico, hanno sempre aspirato non solo a conquistare i diritti politici, ma anche a strappare la stessa direzione dello Stato dalle mani delle classi dominanti, degli sfruttatori e degli oppressori dei lavoratori, quali che essi fossero, per porre per sempre un limite ad ogni sfruttamento e ad ogni oppressione. Le grandi rivoluzioni hanno sempre cercato appunto di distruggere questo vecchio apparato statale di sfruttamento senza però mai riuscire a farlo fino in fondo. Ed ecco che la Russia, grazie alla particolarità della sua situazione economica e politica, ha per prima realizzato questo passaggio della gestione dello Stato nelle mani degli stessi lavoratori. Ed ora noi, su un cammino ripulito da ogni storico ciarpame costruiremo il possente e luminoso edificio della società socialista. Si crea un nuovo tipo di potere statale, mai visto finora nella storia, chiamato dalla volontà della rivoluzione a ripulire la terra da ogni sfruttamento violenza e schiavitù. ..." (Lenin: Opere complete, Vol. 26, pag. 456-457).

La prima Costituzione sovietica (1918)
A sancire in maniera alta e solenne la formazione di questo "nuovo tipo di potere statale", auspicato e preannunciato da Lenin, fu la promulgazione della Costituzione (Legge Fondamentale) della Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa, approvata nella Sessione del 10 luglio 1918 del V Congresso panrusso dei Soviet. Questa prima Costituzione sovietica si articolava in sei parti, 16 Capitoli e 90 Articoli.
La Prima Parte (Capitoli I-IV) era costituita dalla Dichiarazione dei Diritti del Popolo Lavoratore e Sfruttato, approvata dal III Congresso panrusso dei Soviet nel gennaio 1918. In essa si stabiliva che:
Art. 1 - La Russia viene dichiarata Repubblica dei Soviet dei deputati degli operai, dei soldati e dei contadini. Tutto il potere, centrale e locale, appartiene a questi Soviet.
Art. 2 - La Repubblica Sovietica Russa viene costituita come federazione di repubbliche sovietiche nazionali sulla base di una libera unione di nazioni libere.
Art. 3 - Proponendosi come scopo fondamentale di sopprimere qualsiasi forma di sfruttamento dell'uomo da parte dell'uomo, di abolire completamente la divisione della società in classi, di reprimere implacabilmente gli sfruttatori, di instaurare l'organizzazione socialista della società e di assicurare la vittoria del socialismo in tutti i Paesi, il III Congresso panrusso dei Soviet (...) delibera quanto segue: a) Nell'attuazione della socializzazione della terra, la proprietà privata sulla terra è abolita... b) Tutte le foreste, il sottosuolo e le acque ... sono patrimonio nazionale. c) Come primo passo verso il totale trasferimento in proprietà della Repubblica Sovietica Operaio-contadina delle fabbriche, delle officine, delle miniere, delle ferrovie e degli altri mezzi di produzione e di trasporto, viene confermata la legge sovietica sul controllo operaio e sul Consiglio Superiore dell'Economia Nazionale, al fine di assicurare il potere dei lavoratori sugli sfruttatori. d) Il III Congresso panrusso dei Soviet considera la legge sovietica sull'annullamento (disconoscimento) dei prestiti conclusi dal governo dello zar, dei proprietari fondiari e della borghesia come il primo colpo inferto al capitale bancario e finanziario internazionale, ... e) Si conferma il trasferimento di tutte le banche in proprietà dello Stato Operaio-contadino, come una delle condizioni della liberazione delle masse lavoratrici dal giogo del capitale. f) Al fine di sterminare gli strati parassitari della società e di organizzare l'economia, viene istituito il servizio generale obbligatorio del lavoro. g) Allo scopo di assicurare alle masse lavoratrici la totalità del potere e di eliminare qualsiasi possibilità di restaurazione del potere degli sfruttatori, viene decretato l'armamento dei lavoratori, la formazione di un'Armata Rossa Socialista degli operai e dei contadini e il disarmo completo delle classi possidenti...
Art. 7 - Il III Congresso panrusso dei Soviet (...) ritiene che ora, nel momento della lotta decisiva del proletariato contro i suoi sfruttatori, non vi debba essere posto per questi ultimi in alcun organo del potere. Il potere deve appartenere interamente ed unicamente alle masse lavoratrici ed ai loro rappresentanti plenipotenziari: i Soviet dei deputati degli operai, dei soldati e dei contadini...
La Seconda Parte della Costituzione (Cap. V) ne indica le "Disposizioni Generali":
Art. 9 - Il compito fondamentale della Costituzione della Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa - [Costituzione] destinata al periodo transitorio attuale - consiste nell'instaurazione della dittatura del proletariato delle città e delle campagne e dei contadini più poveri, sotto forma di un forte potere sovietico panrusso, al fine di schiacciare totalmente la borghesia, di eliminare lo sfruttamento dell'uomo da parte dell'uomo e di insediare il socialismo, ...
Art. 17 - Al fine di assicurare ai lavoratori l'effettivo accesso alla cultura, la R.S.F.S.R. si prefigge come compito di dare un'istruzione completa, generale e gratuita agli operai e ai contadini più poveri.
Art. 18 - La R.S.F.S.R. considera il lavoro come un obbligo di tutti i cittadini della Repubblica e proclama il motto: "Chi non lavora non mangia".
Art. 19 - Al fine di tutelare in ogni modo possibile le conquiste della Grande Rivoluzione Operaio-contadina, la R.S.F.S.R. considera la difesa della patria socialista come un obbligo di tutti i cittadini della Repubblica ed istituisce il servizio militare generale obbligatorio. Il diritto d'onore di difendere la rivoluzione con le armi in pugno è concesso solo ai lavoratori: gli elementi non laboriosi della popolazione sono invece sottoposti all'espletamento di altri obblighi militari.
Art.20 - In forza della solidarietà dei lavoratori di tutte le nazioni, la R.S.F.S.R. accorda tutti i diritti politici dei cittadini russi agli stranieri che risiedano sul territorio della Repubblica Russa per ragioni di lavoro e che appartengono alla classe operaia oppure ai contadini che non si avvalgano di lavoro altrui, e riconosce ai Soviet locali il diritto di accordare a tali stranieri i diritti della cittadinanza russa senza ulteriori difficoltose formalità.
Art. 21 - La R.S.F.S.R. concede diritto di asilo a tutti gli stranieri perseguitati per reati politici e religiosi.
Art. 22 - Riconoscendo uguali diritti ai cittadini indipendentemente dalla loro razza o nazionalità, la R.S.F.S.R. dichiara incompatibile con le leggi fondamentali della Repubblica la costituzione o la tolleranza di privilegi o di preferenze di qualsiasi genere attribuiti in base alla razza o alla nazionalità, come pure qualunque oppressione di minoranze nazionali o la limitazione della loro uguaglianza giuridica.
Art. 23 - Guidata dagli interessi della classe operaia nel suo insieme, la R.S.F.S.R. priva individui e gruppi particolari di quei diritti che essi esercitino a detrimento degli interessi della rivoluzione socialista.
La Terza Parte della Costituzione (Cap. VI - XII) evidenzia la "Struttura del Potere Sovietico":
Art. 24 - Il Congresso panrusso dei Soviet è il potere superiore della R.S.F.S.R. ....
Art. 26 - Il Congresso panrusso dei Soviet è convocato dal Comitato Esecutivo Centrale panrusso (VCIK) dei Soviet almeno due volte l'anno. .....
Art. 28 - Il Congresso panrusso dei Soviet elegge il Comitato Esecutivo centrale panrusso dei Soviet, che non deve avere più di 200 membri...
Art. 30 - Nell'intervallo tra due congressi, il Comitato Esecutivo Centrale panrusso dei Soviet è il potere superiore della Repubblica.
Art. 31 - Il Comitato Esecutivo Centrale panrusso dei Soviet è l'organo superiore di legislazione, amministrazione e controllo della R.S.F.S.R...
Ar. 33 - Il Comitato Esecutivo Centrale panrusso dei Soviet esamina ed approva i progetti dei decreti ed altre proposte presentate dal Consiglio dei Commissari del popolo o da singoli dicasteri; esso emana anche [propri] decreti e ordinanze.
Art. 34 - Il Comitato Esecutivo Centrale panrusso dei Soviet convoca il Congresso panrusso dei Soviet, al quale rende conto della propria attività e presenta relazioni sulla politica generale e su questioni particolari.
Art. 35 - Il comitato Esecutivo Centrale panrusso dei Soviet nomina il Consiglio dei Commissari del popolo per l'amministrazione generale degli affari della R.S.F.S.R. e le sezioni (commissariati del popolo) per la direzione dei settori particolari dell'amministrazione.
Art. 36 - I membri del Comitato Esecutivo Centrale panrusso dei Soviet operano nelle sezioni (commissariati del popolo) o eseguono mandati particolari del Comitato stesso.
Art. 37 - Al Consiglio dei Commissari del popolo spetta l'amministrazione generale degli affari della R.S.F.S.R.
Art. 38 - Nell'attuazione di questo compito il Consiglio dei Commissari del popolo emana decreti, ordinanze, circolari e in generale adotta tutti i provvedimenti necessari per uno svolgimento regolare e rapido della vita dello Stato.
Art. 39 - Il Consiglio dei Commissari del popolo informa immediatamente il Comitato Esecutivo Centrale panrusso dei Soviet di tutte le proprie deliberazioni e di tutte le proprie decisioni.
Art. 40 - Il Comitato Esecutivo Centrale panrusso dei Soviet ha diritto di annullare o sospendere qualsiasi deliberazione o decisione del Consiglio dei Commissari del popolo.
Art. 41 - Tutte le deliberazioni e le decisioni del Consiglio dei Commissari del popolo che abbiano grande importanza dal punto di vista della politica generale sono sottoposte all'esame e all'approvazione del Comitato Esecutivo Centrale panrusso dei Soviet. Nota. - Le misure che richiedono immediata applicazione possono essere attuate direttamente dal Consiglio dei Commissari del popolo.
Art. 42 - I membri del Consiglio dei Commissari del popolo sono preposti ai singoli commissariati del popolo.
Art. 43 - Sono istituiti diciotto commissariati del popolo, e precisamente [i commissariati del popolo]: a) per gli affari esteri; b) per la guerra; c) per la marina; d) per gli affari interni; e) per la giustizia; f) per il lavoro; g) per la previdenza sociale; h) per l'istruzione; i) per le poste e i telegrafi; l) per gli affari delle nazionalità; m) per le finanze; n) per le comunicazioni; o) per l'agricoltura; p) per il commercio e l'industria; q) per gli approvvigionamenti; r) per il controllo di Stato; s) per il Consiglio Superiore dell'Economia Nazionale; t) per la sanità...
Nella Quarta Parte della Costituzione (Cap. XIII - XV) era trattato il "Diritto Elettorale Attivo e Passivo".
Art. 64 - Godono del diritto di eleggere e di essere eletti ai Soviet, indipendentemente dalla loro confessione religiosa, nazionalità, residenza, ecc., i cittadini qui appresso elencati della R.S.F.S.R., di entrambi i sessi e che al momento delle elezioni abbiano compiuto diciotto anni: a) tutti coloro che traggono i loro mezzi di sussistenza dal lavoro produttivo e socialmente utile, nonché le persone che, svolgendo un'attività domestica, permettano ai primi di compiere il loro lavoro produttivo, e cioè: gli operai e gli impiegati di qualsiasi genere e categoria occupati nell'industria, nel commercio, nell'agricoltura, ecc., i contadini e i coltivatori-cosacchi che non si servano di lavoro salariato al fine di ottenere un profitto; b) i soldati dell'esercito e della marina sovietici; c) i cittadini che rientrino nelle categorie enumerate ai punti "a" e "b" del presente articolo e che abbiano perduto, in qualsiasi misura, la propria capacità lavorativa; ...
Art. 65 - Non eleggono e non possono essere eletti, pur potendo far parte delle categorie sopra enumerate: a) le persone che ricorrono al lavoro salariato al fine di ottenere un profitto; b) le persone che vivono di redditi non lavorativi, come, interessi di capitale, redditi di impresa, entrate patrimoniali, ecc.; c) i commercianti privati, i mediatori, e gli intermediari commerciali; d) i monaci, il clero e tutti coloro che sono al servizio di Chiese e culti religiosi; e) gli impiegati e gli agenti dell'antica polizia, del corpo speciale della gendarmeria e dei servizi di sicurezza, nonché i membri della casa regnante di Russia; f) le persone riconosciute, con le modalità stabilite, minorate o inferme di mente, come pure le persone sotto tutela; g) le persone che siano state condannate per reati motivati da profitto personale e per reati infamanti, durante il periodo fissato dalla legge o dalla sentenza penale...
La Quinta e Sesta Parte della Costituzione (Cap. XVI) stabilivano infine le "Norme sul Bilancio" (art. 79 / 88) e "Stemma e Bandiera della R.S.F.S.R." (art. 89 e 90).
Abbiamo visto come l'articolo 9 capitolo V della Legge Fondamentale approvata il 10 luglio 1918 definisca questa come la "Costituzione destinata al periodo transitorio attuale". Questa affermazione sottolinea in primo luogo che nel sistema sovietico la Costituzione nella sua interezza non è affatto una legge stabilita una volta per sempre contenente oltre a norme di "regole e ordine" della società e dello Stato anche quelle "alte aspirazioni" a cui giungere prima o poi, ma destinate, nei fatti, a rimanere chimere irrealizzabili. Nel sistema sovietico la Costituzione sancisce, traduce e codifica in Legge solo tutto ciò che è stato conquistato e concretamente realizzato. In secondo luogo il diritto sovietico, non è qualcosa di statico ma è, invece, in costante evoluzione.
Nel sistema sovietico è con il metodo materialistico e dialettico proprio del marxismo-leninismo che ci si approccia al diritto. Farsi sempre guidare dalla bussola del marxismo-leninismo, attenersi ai suoi principi fondamentali, applicare la sua metodologia nell'analisi, nell'elaborazione e nel lavoro concreto è stato fondamentale nella Russia sovietica per navigare il mare spesso agitato ed allora ancora pressoché sconosciuto della edificazione socialista. Il diritto è nello Stato borghese quell'insieme di norme e regole - l'"ordine sociale" potremmo definirlo - attraverso cui si realizza quella che, nella sua essenza, è la funzione dello Stato nella società capitalistica: assicurare (cioè protrarre nel tempo, riperpetuare) il dominio e lo sfruttamento della borghesia e del capitale sul proletariato e il lavoro salariato in generale.

Il diritto sovietico
Non è così nel socialismo! Lo Stato socialista infatti, pur essendo una forma più avanzata, democratica e superiore di Stato, rimane pur sempre e consapevolmente, una forma imperfetta e transitoria di organizzazione sociale. Utile e necessaria tuttavia per il passaggio alla società superiore, la società comunista nella quale, estinte le classi e superate ogni forma di sfruttamento e di ineguaglianza, scompariranno anche, perché privi ormai di ogni ragione d'essere, il diritto e lo Stato. Nella società socialista il diritto non è dunque la codificazione di un ordine sociale regolatore di rapporti e controversie tra individui che rimane fisso, immutabile e valido per "tutte le stagioni", ma è sostanzialmente uno strumento direttamente condizionato dalla infrastruttura economica e dalla sua evoluzione, utile anch'esso a trasformare la società e a spingerla in avanti sulla strada che porta al raggiungimento dell'ideale comunista. Sulla base di queste considerazioni lo sviluppo del diritto sovietico si inserisce anch'esso a pieno titolo nel più ampio processo economico, sociale e politico legato alla costruzione e alla realizzazione del socialismo e che nella storia della Russia sovietica può essere sinteticamente suddiviso in due fasi principali.
Prima fase: quella del passaggio dal capitalismo al socialismo, della distruzione dello Stato borghese e dell'edificazione dello Stato socialista, che data essenzialmente dall'ottobre 1917 fino al 1936. Questa prima fase della storia della Russia sovietica si è sviluppata articolandosi attraverso tre periodi ben distinti e chiaramente definibili:
1) Il comunismo di guerra: quello della strenua difesa della Rivoluzione e del potere operaio e contadino dagli assalti e dall'attacco congiunto delle armate dell'imperialismo internazionale e della controrivoluzione interna (1917-1921).
2) La Nuova Politica Economica (NEP) e l'avvio del processo di industrializzazione del paese (1921-1927).
3) La collettivizzazione dell'agricoltura, il progressivo sviluppo dell'industrializzazione e il varo della politica dei piani quinquennali (1928-1936).
Seconda fase: quella dello sviluppo del socialismo realizzato e dello Stato socialista che va dal 1937 al 1953, anno della morte di Stalin.
Attraverso le quattro Costituzioni che si sono succedute nell'arco dei trentasei anni successivi alla Rivoluzione d'Ottobre, si possono cogliere i tratti distintivi di quel processo sconvolgente e grandioso che ha portato alla nascita e allo sviluppo dell'URSS quale primo Stato socialista.

Dal capitalismo al socialismo. La distruzione dello Stato borghese e l'edificazione dello Stato socialista
"Schiacciare totalmente la borghesia". Questo era uno dei principali e ineludibili obiettivi del programma rivoluzionario e dell'azione del governo operaio e contadino indicato nella prima Costituzione sovietica come assolutamente necessario per la realizzazione del socialismo nel paese. Per raggiungere questo scopo era necessario agire su diversi piani: eliminare la causa prima che determina la nascita, lo sviluppo e il riperpetuarsi della classe borghese, puntare cioè ad abolire in maniera totale e definitiva la proprietà privata dei mezzi di produzione; reprimere duramente e con estrema fermezza qualsiasi tentativo controrivoluzionario; creare tutte le condizioni necessarie a neutralizzare gli attacchi, le lotte, i tentativi di delegittimazione e il sabotaggio che la borghesia e i ceti sociali ad essa ideologicamente e politicamente legati, possano mettere in atto contro lo Stato sovietico e i suoi organi, contro il potere e il governo della dittatura del proletariato e contro l'organizzazione e lo sviluppo dell'economia socialista e dei suoi mezzi e modi di produzione; lavorare attivamente e con pazienza per educare gli individui appartenenti a questa classe e le persone allevate e influenzate dalla sua ideologia e dal suo stile di vita a nuovi valori, al lavoro innanzitutto, per far conoscere loro la cultura e l'ideologia propri del proletariato, una concezione del mondo a loro finora sconosciuta e trasformarli così in uomini nuovi, in cittadini sovietici a tutti gli effetti. Tutto questo, com'è ovvio, non poteva essere fatto né con un tratto di penna, né dall'oggi al domani. La storia sovietica ha dimostrato che occorre tempo, molto tempo, per creare "uomini nuovi"; occorre passare attraverso fasi diverse, anche cruente e occorre un lavoro continuo, implacabile, tenace e paziente che richiede tanta fatica e molte energie e che non sempre raggiunge lo scopo fissato e regala il frutto sperato.
In particolare per combattere e reprimere le forze ostili al nuovo potere sovietico e garantire la sicurezza statale fu creata, con disposizione del Consiglio dei commissari del popolo del 20 dicembre 1917, la "Commissione Straordinaria panrussa per la lotta contro la Controrivoluzione e il Sabotaggio", in sigla Veceka o VCK e comunemente denominata Ceka. A dirigere questa Commissione straordinaria nel periodo della sua esistenza (1917-1922) furono Felix Dzerzinskij e Jakov Peters che figurano anche tra i principali organizzatori della Commissione stessa.
Scrive Jakov Peters: "... da Dzerzinskij si radunarono circa sette persone. Fu creata così la VCK. Il Consiglio dei Commissari del Popolo con una delibera del 20 dicembre 1917(...) istituì la Commissione e ne approvò il regolamento. Presidente fu nominato il compagno Dzerzinskij. Il Sovnarkom (Consiglio dei commissari del popolo - nda) incaricò la Commissione straordinaria di affrontare in un primo tempo due, poi tre importantissimi compiti, poiché alla lotta contro la controrivoluzione e il sabotaggio fu aggiunta anche la lotta contro la speculazione. Era presto detto di lottare contro la speculazione, quando a Pietrogrado, dopo la Rivoluzione d'Ottobre, i generi alimentari erano sufficienti soltanto per pochi giorni! Ovunque imperava quasi esclusivamente il commercio privato, che sfruttava il periodo transitorio, periodo di caos, di confusione e di difficoltà alimentari, per riempirsi le tasche. Non era altresì facile lottare contro il sabotaggio, quando tutti i funzionari, a partire dagli ex principi e dignitari già al servizio dello zar, fino ai cancellieri e alle dattilografe, influenzati ideologicamente dai menscevichi e dai socialisti rivoluzionari e foraggiati materialmente dalla borghesia, scendevano in sciopero contro il potere proletario, contro i Soviet.
Non era semplice neppure lottare contro la controrivoluzione, quando Pietrogrado brulicava di ufficiali e funzionari zaristi che ordivano piani di lotta contro il potere sovietico, quando esisteva legalmente "il Comitato di salvezza della patria e della rivoluzione", nel quale si erano schierati tutti i nemici del potere proletario, quando esisteva ancora la stampa menscevica e borghese che riempiva quotidianamente le sue pagine di calunnie rabbiose contro il potere sovietico. Inoltre durante il caos e la confusione, c'erano non pochi che volevano sfruttare il momento transitorio per l'accaparramento personale, per le rapine, il brigantaggio, il teppismo, i pogrom da ubriachi, ecc...
Era estremamente difficile trovare collaboratori per l'apparato. Quando traslocammo da Smol'ny alla sede dell'ex prefettura della città, in via Gorokovaja 2, tutto l'apparato della VCK era composto soltanto da alcune persone; la cancelleria si trovava nella borsa di Dzerzinskij, mentre la cassa, prima di 1000 rubli, in seguito di 10.000 rubli, ricevuti per l'organizzazione della VCK, io stesso, in qualità di tesoriere, la tenevo in un cassetto nel tavolo. Inizialmente alla VCK venivano assunti soltanto i comunisti. E solo gradualmente vi furono ammessi anche gli operai senza partito, che seguivano fedelmente il Partito bolscevico. Non si poteva contare sugli intellettuali senza partito, e nemmeno riuscimmo ad attirare al lavoro nella VCK tutti i comunisti che volevamo. La guerra civile non aveva insegnato a comprendere la dialettica della lotta tra il nuovo e il vecchio mondo. Non era certamente piacevole fare perquisizioni e arresti, ma non tutti si rendevano conto che, anche se avevamo vinto, per mantenere il potere dovevamo condurre una lotta senza quartiere, senza fermarci di fronte a nessuna difficoltà, e che non potevamo abbandonarci ad alcun sentimentalismo, altrimenti ci avrebbero sconfitti, soffocati e saremmo nuovamente diventati schiavi. A volte Dzerzinskij faticava a convincere i compagni a lavorare nella VCK. Inoltre vi erano non poche altre difficoltà. Il Consiglio dei Commissari del Popolo fu composto inizialmente da due partiti: comunisti e socialisti rivoluzionari di sinistra. A quei tempi il Commissariato del popolo per la Giustizia era diretto dal socialista rivoluzionario Steinberg, il quale frenava ogni passo, più o meno risoluto, nella lotta contro i nemici del potere sovietico e cercava di sottomettere la VCK al suo controllo... di farabutti, allora, ce n'erano tanti. Alcuni giorni dopo la formazione del Sovnarkom, fu arrestato l'ex principe Eboli, trovato in possesso di carta intestata e timbri falsi del Sovnarkom, del VCIK, della VCK e del Commissariato del popolo agli Interni. In base a falso mandato e a nome della VCK, egli faceva perquisizioni e si impossessava di preziosi e di denaro. Solo un uomo risoluto come Dzerzinskij, con la sua fermezza ed instancabile energia, potè superare tutti questi ostacoli, conquistare fiducia verso di sé e verso la VCK, crearne l'apparato, cementarlo di ferrea disciplina e combattere efficientemente la controrivoluzione, il sabotaggio e la speculazione". (Jakov Peters: Organizzazione della VCK. Tratto da "La Rivoluzione d'Ottobre. Memorie e testimonianze dei protagonisti").
Il 6 febbraio 1922 la Commissione Straordinaria per la lotta alla Controrivoluzione e al Sabotaggio terminò la sua attività in concomitanza con la nascita della Direzione Politica di Stato (GPU) che fu una sezione di attività del Commissariato del Popolo per gli Affari Interni (NKVD).
L'attività controrivoluzionaria della borghesia nel periodo immediatamente successivo alla Rivoluzione d'Ottobre fu rabbiosa e feroce fino a giungere, nel periodo della guerra civile e dell'aggressione imperialistica, all'uso indiscriminato del terrore di massa (Terrore bianco). Di fronte a tutto questo il potere sovietico non indietreggiò di un passo e rispose in maniera ferma, energica e senza alcuna pietà. Al terrore si rispose con il terrore e non solo sui campi di battaglia.
In questo frangente Lenin si mostrò una volta di più assai chiaro ed estremamente deciso.
In una lettera del 17 maggio 1922 al Commissario del popolo per la Giustizia, Kurski, ad esempio, egli si espresse in questi termini: "Compagno Kurski, ad integrazione del nostro colloquio vi invio l'abbozzo di un paragrafo supplementare per il codice penale. Ovviamente, si tratta di una brutta copia, che ha bisogno di essere elaborata e messa a punto. L'idea fondamentale è chiara - spero - nonostante tutti i difetti di una brutta copia: porre in aperto risalto una tesi di principio, giusta (e non soltanto in senso strettamente giuridico), motivante l'essenza e la giustificazione del terrore, la sua necessità, i suoi limiti. Il tribunale non deve eliminare il terrore; prometterlo significherebbe ingannare se stessi o ingannare gli altri; bisogna giustificarlo e legittimarlo sul piano dei principi, chiaramente, senza falsità e senza abbellimenti. La formulazione deve essere quanto più larga possibile, poiché soltanto la giustizia rivoluzionaria e la coscienza rivoluzionaria decideranno delle condizioni di applicazione pratica più o meno larga. Saluti comunisti. Lenin Variante 1: La propaganda, l'agitazione, la partecipazione ad una organizzazione o il concorso prestato a organizzazioni (propaganda e agitazione) che servano ad appoggiare la parte della borghesia internazionale che non riconosce l'uguaglianza dei diritti del sistema comunista di proprietà (che subentra al capitalismo) e cerca di rovesciarlo con la violenza mediante l'intervento, il blocco, lo spionaggio o il finanziamento della stampa o attraverso altri mezzi simili, sono passibili della pena capitale, commutata, in caso di circostanze attenuanti, in privazione della libertà o in espulsione all'estero. ..." (Lenin, Opere complete, Vol. 33, pag. 325-326 ).
Con la vittoria della Rivoluzione d'Ottobre il vecchio sistema giudiziario si dissolse e vennero abolite tutte le leggi che contrastano apertamente con i compiti e gli obiettivi del nuovo potere sovietico. Con decreto del 22 novembre 1917 vennero costituiti i Tribunali operai e contadini e i Tribunali Popolari Locali, eletti dai Soviet. Essi furono al tempo stesso amministratori ed erogatori di giustizia, ma, anche, strumenti di educazione delle masse lavoratrici ai principi e ai caratteri nuovi propri della giustizia socialista. Il sistema giuridico e giudiziario sovietico è nato e si è forgiato e perfezionato, passo dopo passo, sentenza dopo sentenza, nell'esperienza acquisita in anni di concreto e quotidiano lavoro. Quanto si è compiuto in tutti i settori della vita sociale nel periodo del "comunismo di guerra" è frutto delle circostanze eccezionali che hanno caratterizzato quel momento. Ciò che allora contava più di ogni altra cosa era stroncare la controrivoluzione che aveva scatenato la guerra civile, cacciare le truppe dell'imperialismo internazionale che aveva aggredito la R.S.F.S.R., riportare la pace in un paese distrutto e ad un popolo esausto dopo sette anni di guerra. Tutti i provvedimenti presi in quel periodo riguardanti l'economia e la politica così come i rapporti sociali e giuridici tra le classi sociali e tra i cittadini e le istituzioni sovietiche erano destinati al raggiungimento di questi obiettivi ma, nel contempo, questi provvedimenti e le talvolta anche eccessive disposizioni che li accompagnavano, servirono, come spesso e instancabilmente andava ripetendo Lenin, ad insegnare agli operai e ai contadini poveri ad essere attivi in prima persona, ad appropriarsi delle nuove istituzioni e, in esse, a prendere le decisioni che si ritenevano giuste e necessarie. Solo così, dopo averlo strenuamente difeso, si è potuto dar modo al potere sovietico di sviluppare la sua opera edificatrice di un nuovo ordine economico, sociale e politico.

La nuova politica economica e l'avvio del processo di industrializzazione del paese
Conquistata la pace bisognava ora ricostruire un paese quasi interamente distrutto, ripristinandone in primo luogo l'apparato e la capacità produttive. Era necessario a questo scopo utilizzare tutte le forze e le energie economiche presenti nella Russia sovietica. L'adozione della strategia necessaria al raggiungimento dei nuovi obiettivi comportava la modifica ed in alcuni casi anche l'abbandono di decisioni e provvedimenti precedentemente assunti soprattutto in materia economica. La sostituzione del prelevamento delle eccedenze agricole con un'imposta in natura calcolata proporzionalmente al raccolto e al tipo di azienda agricola fu il primo provvedimento che segnò il passaggio dal "comunismo di guerra" alla "nuova politica economica" (NEP).
La NEP prevedeva di essere e fu nei fatti, un sistema di economia mista. In essa accanto alla struttura portante dell'economia (grande industria, sistema bancario, energia, trasporti) interamente nazionalizzato, era attiva ed operante anche un'economia di mercato formata da aziende a proprietà e capitale privati e da forme di libero commercio delle merci. Nell'economia nazionale sovietica si mantenevano dunque in vita elementi capitalistici e questo apriva nel paese un confronto, una "competizione" il cui esito non era affatto scontato. Come ebbe a dire Lenin: "... Nuova politica economica significa sostituire ai prelevamenti una imposta, significa passare in misura notevole alla restaurazione del capitalismo. ... Il problema fondamentale consiste, dal punto di vista strategico, nel vedere chi saprà approfittare prima di questa nuova situazione. Tutto il problema sta nel vedere chi seguiranno i contadini, se seguiranno il proletariato che si sforza di costruire una società socialista, oppure il capitalismo che dice: 'Torniamo indietro, è più sicuro, altrimenti, con questa trovata del socialismo, chissà dove si va a finire!' Ecco in cosa consiste tutta la guerra attuale: chi vincerà? Chi saprà approfittare prima della situazione? Il capitalista, al quale noi stessi apriamo la porta e perfino alcune porte (e molte porte che noi non conosciamo si aprono a nostra insaputa e contro di noi), oppure il potere statale proletario? ..." (Lenin: La NEP e i centri di educazione politica, Opere complete, Vol. 33, pagg. 50-51)
Ben consapevole di ciò il potere sovietico non ebbe esitazione alcuna a mettersi in giuoco e ad affrontare con realismo politico ed estrema decisione la situazione.
Il 15 novembre 1922 con Ordinanza del Comitato Esecutivo Centrale Panrusso dei Soviet del 9 novembre 1922 venne abrogato il Codice delle leggi del lavoro del 1918 ed entrò in vigore il nuovo Codice Sovietico del Lavoro. Il Codice Sovietico del Lavoro concretizzò in maniera precisa attraverso un vero e proprio corpo di leggi quelle che erano state le principali rivendicazioni dei lavoratori: la giornata lavorativa di 8 ore; il riposo e i congedi annuali; la protezione del lavoro minorile e femminile; le assicurazioni sociali; le specificità inerenti i trattamenti pensionistici, ecc. Fissato il quadro generale delle norme che disciplinavano il lavoro, le condizioni particolari sia categoriali che aziendali venivano regolate sulla base dei contratti collettivi. La definizione dei contratti collettivi prevedeva essenzialmente tre passaggi: - obiettivi principali e direttive generali alla base del contratto collettivo venivano stabilite dal Consiglio centrale dei sindacati con i Commissariati del popolo interessati; - sindacati e amministrazioni centrali dei diversi settori industriali stipulavano poi accordi di carattere generale nei quali venivano indicati i compiti economici di ciascuna azienda relativamente alla produzione, alla produttività, all'elevamento del livello medio salariale, alle somme da destinare alla costruzione di case popolari, all'ampliamento dei servizi sociali e culturali per i lavoratori, nonché quelle da investire nel campo della sicurezza sul lavoro; infine in ogni azienda, veniva stipulato il contratto fra il Comitato di fabbrica e la direzione d'impresa sulla base degli accordi generali e dopo una approfondita e ampia discussione che coinvolgeva tutti gli operai. Nessun contratto collettivo poteva comunque derogare dal Codice Sovietico del Lavoro nel senso, cioè, di stabilire norme o disposizioni che potessero creare condizioni meno favorevoli per i lavoratori. Allo stesso modo nessun contratto individuale, poteva derogare dal contratto collettivo.
Il 1 dicembre 1922 entrò in vigore anche il Codice agrario. In esso erano affermati i principi fondamentali della nuova politica rurale sovietica. Assai importante, il Codice agrario, perché proprio nelle campagne e nell'economia agricola a livello di proprietà, produzione e commercio, erano maggiormente concentrati gli elementi borghesi e più attive le forze capitalistiche presenti nella Russia sovietica. Proprio analizzando il Codice agrario si può ben capire cosa intendesse Lenin quando per spiegare la NEP e la sua inevitabilità e difendere questa politica non solo dalle critiche ma anche dagli sconsiderati attacchi dell'opposizione di "sinistra" anche all'interno del partito bolscevico, egli la paragonava alla ritirata di un esercito che guardando al particolare momento di difficoltà ma anche consapevole della sua forza, decideva non di abbandonarsi allo sconforto e fuggire caoticamente di fronte al nemico, ma di ritirarsi, invece, con ordine e prepararsi altresì a sferrare l'attacco decisivo per vincere la guerra. Il Codice agrario confermava la proprietà dello Stato su tutto il patrimonio agricolo, forestale,delle acque e del sottosuolo; confermava che le terre coltivabili venivano date ai contadini che ne erano in effettivo possesso esclusivamente in diritto d'uso e ne vietava pertanto la compravendita, l'ipotecabilità e la donazione. Rispetto alla precedente normativa veniva introdotta l'ereditarietà del diritto d'uso. Si ribadiva quindi il diritto del contadino non alla proprietà della terra, ma al suo uso illimitato nel tempo destinato all'unico scopo del lavoro da svolgersi in maniera sia individuale che associata. "Le associazioni terriere, con sistema associativo di coltivazione, - si esplicitava nell'art.104 del Codice - si formano allo scopo di utilizzare, nel modo più conveniente, il lavoro dei propri membri e di esercitare la conduzione agricola in base ad un accordo volontario dei coltivatori che ne entrano a far parte". In buona sostanza la NEP mentre dava nuovo spazio alla produzione e al commercio privati per dare ossigeno ad un'economia ormai al collasso, creava anche le basi per il concreto sviluppo di un forte movimento cooperativistico nei diversi settori dell'agricoltura: produzione, allevamento, consumo. Movimento cooperativistico che ha rappresentato il trampolino di lancio per introdurre forme collettive di produzione e di organizzazione (Kolchoz), per la trasformazione dell'agricoltura e l'affermazione del socialismo nelle campagne.
Nel periodo della NEP oltre ai provvedimenti di carattere economico e finanziario furono adottate anche misure ed iniziative tese a garantire l'elevamento culturale e l'approfondimento delle conoscenze tecnico-scientifiche degli operai e dei contadini; a rafforzare l'unità e l'alleanza politica tra la classe operaia ed i ceti poveri e medi dei contadini; al consolidamento della dittatura del proletariato ed al buon funzionamento dello Stato e dei suoi apparati.
Si posero allora solide fondamenta per l'alfabetizzazione di massa, per l'elevamento culturale dei lavoratori e del popolo e per la scolarizzazione della gioventù. Si svilupparono il sistema dell'istruzione popolare e la "Trudovaja skola" la "scuola di lavoro", così si chiamò la nuova scuola russa. Ruolo e funzione del sistema dell'istruzione popolare e elaborazione e applicazione della pedagogia socialista spettarono al Commissariato del popolo per l'Istruzione.

La nascita dell'URSS
Fu questo il periodo nel quale si affrontarono anche le questioni e i problemi inerenti l'ordinamento giuridico e la riorganizzazione del sistema di amministrazione della giustizia. In particolare venne stabilito il principio della "legalità socialista" ed istituita la "Prokuratura" come organo di controllo dell'applicazione e del rispetto di questo principio sia da parte dei cittadini che da parte dell'Amministrazione e dei Soviet locali con riferimento, per questi ultimi, alla conformità degli Atti emanati e all'attività dei suoi rappresentanti. Fu creata una struttura territoriale a gerarchia piramidale di tribunali. Il Tribunale Popolare era composto da tre giudici due dei quali, denominati assessori del popolo, erano cittadini scelti, per la durata dei dibattimenti, tra la popolazione. Nel processo venne inserito un nuovo livello, la procedura d'appello. Per quanto riguarda l'espiazione delle pene comminate dai Tribunali popolari, il "tradizionale" sistema carcerario venne sostituito con un sistema di rieducazione basato sul lavoro. Questo in conformità anche con la Costituzione che stabiliva nel lavoro un dovere per tutti i cittadini sovietici secondo il principio "chi non lavora non mangia". È del 1926 l'istituzione della "Direzione principale dei campi di lavoro correttivi" (GULAG).
Oltre a ciò vennero promulgati i codici penale e di procedura penale; i codici civile e di procedura civile ed il codice della famiglia.
Fu sempre nel periodo della NEP che si realizzò anche il processo di formazione di uno Stato plurinazionale degli operai e dei contadini nel quale il PC(b)R si era incessantemente e assiduamente impegnato attraverso un duro lavoro di educazione e di organizzazione. Di grande importanza fu, a questo scopo, la risoluzione "Sui compiti immediati del Partito nella questione nazionale", approvata al X Congresso del PC(b)R sulla base di una particolareggiata e approfondita relazione di Stalin. Il grande piano di ricostruzione dell'economia nazionale che era proprio della NEP necessitava, del resto, per la sua realizzazione dell'utilizzo e dell'unificazione delle risorse di tutte le repubbliche, da quelle centrali e quelle delle estreme regioni periferiche. Le diverse regioni avevano inoltre già cominciato a sperimentare una proficua divisione del lavoro che si rivelò decisiva allorché venne varato il piano di elettrificazione del paese. Ma non erano solo ragioni economiche a spingere le repubbliche verso l'Unione.
La necessità di difesa militare nei confronti dell'imperialismo internazionale, ma anche quella dello sviluppo delle relazioni diplomatiche e dell'incremento del commercio estero, premevano in questa direzione.
Infine, tutte le Repubbliche sovietiche avevano uno scopo comune: la costruzione del socialismo. Fu il consolidamento del potere dei Soviet nelle Repubbliche sovietiche di Ucraina, Bielorussia e Russia e la formazione della Federazione delle Repubbliche sovietiche della Transcaucasia, nata dall'unificazione delle Repubbliche di Armenia, Georgia e Azerbajgian a rendere possibile e concretizzare la nascita dell'Unione. Il X Congresso dei Soviet della RSFSR, il IV Congresso dei Soviet della Bielorussia, il VII Congresso dei Soviet dell'Ucraina ed il I Congresso dei Soviet della Transcaucasia si pronunciarono tutti in favore della formazione dell'Unione eleggendo i propri delegati al Congresso costitutivo.
Il 30 dicembre 1922, 2.215 delegati in rappresentanza proporzionale della popolazione delle quattro Repubbliche, parteciparono al I Congresso dei Soviet dell'Unione che sancì la nascita dell'URSS attraverso l'approvazione della Dichiarazione (principi giuridici dello Stato federale: libera unione per le Repubbliche esistenti e per quelle che si sarebbero formate in futuro; uguaglianza di diritti, fraternità di rapporti fra i popoli sovietici nello spirito proprio dell'internazionalismo proletario) e del Trattato (modalità paritarie e libere fra le Repubbliche di adesione e di uscita dell'Unione Sovietica; formazione e competenze degli organi dirigenti del potere statale). Come Atto finale del suoi lavori il I Congresso dei Soviet dell'URSS elesse il Comitato Esecutivo Centrale dell'Unione quale organo supremo del potere statale nel periodo fra i congressi. Nella sua Sessione dell'estate del 1923 il Comitato Esecutivo Centrale dell'Unione Sovietica promulgò la Costituzione dell'URSS approvata poi, definitivamente, nel gennaio del 1924 dal II Congresso dei Soviet dell'URSS.
Punti cardine della Costituzione del 1924 erano: la totale uguaglianza, sovranità, parità di diritti e doveri dei popoli dell'URSS davanti allo Stato; la volontarietà di adesione all'Unione e la eventuale libera uscita da essa; la competenza dell'Unione per quanto riguardava tutti i problemi inerenti la difesa del paese e l'organizzazione delle forze armate, le vie di comunicazione, la politica estera ed il commercio estero. Per quanto riguarda l'aspetto istituzionale, la Costituzione dell'URSS prevedeva per il Comitato Esecutivo Centrale una composizione bicamerale con uguali diritti: il Soviet dell'Unione, eletto al Congresso da tutti i delegati e il Soviet delle Nazionalità, eletto dai rappresentanti delle diverse repubbliche e regioni nazionali.
 
 
 
NOTE:
  
(1) Lenin: "Lettere da lontano (lettera prima)", 7 (20) marzo 19917, Opere complete, Editori riuniti, Vol. 23, pag. 306
(2) ibidem, pagg. 300 - 301
(3) Lenin: "I compiti del proletariato nella nostra rivoluzione. (Progetto di piattaforma del partito proletario)", 10 (23) aprile 1917, Opere complete, Editori riuniti, Vol. 24, pagg. 64-65
(4) Lenin: "Dal diario di un pubblicista", 11 settembre (29 agosto) 1917, Opere complete, Editori riuniti, Vol. 25, pagg. 263-269
(5) Lenin: "Lettere sulla tattica", 8-13 (21-26) aprile 1917, Opere complete, Editori riuniti, Vol. 24, pag. 36
(6) ibidem, pag. 40
(7) ibidem, pag. 40
(8) Lenin: "La crisi è matura", 20 (7) ottobre 1917, Opere complete, Editori riuniti, Vol. 26, pagg. 64-71
(9) Lenin: "Ai cittadini di Russia" Opere Complete, Editori Riuniti, Vol. 26, Pag. 222
(10) Ibidem
(11) Lenin: "Rapporto sui compiti del potere dei Soviet", Op. cit., Vol. 26, pag. 223
(12) Lenin: "Agli operai, ai soldati e ai contadini", Op. cit., Vol. 26, pag. 229
(13) Lenin: "Lettera ai compagni", Op. cit., Vol. 26, pagg. 194-195-197-198

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