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Stalin, la vita e l'opera

Capitolo 7
Commissario politico per le nazionalità

 
 
Nasce la RSFSR

Commissario del popolo per le nazionalità. Quest'importante e delicato impegno di governo, è stato svolto da Stalin dall'indomani della vittoria rivoluzionaria, fino al 1923. A esso si è dedicato senza risparmiare energie, consapevole di cosa rappresentasse per il neonato potere sovietico, creando un processo di costruzione del nuovo Stato che, partendo dalla nascita della RSFSR (Repubblica Sovietica Federativa Socialista Russa) portò, attraverso lo sviluppo della lotta rivoluzionaria e il consolidamento dei poteri sovietici in Russia e negli altri Stati dell'ex impero zarista, e la vittoria contro l'aggressione imperialista internazionale e la controrivoluzione interna, alla costruzione dell'URSS.
La competenza, la conoscenza approfondita delle problematiche legate alla questione nazionale e del pensiero scientifico marxista-leninista: ciò ha permesso a Stalin di sviluppare, realizzare ed essere artefice vittorioso di questo glorioso processo storico.
Quella relativa alle nazionalità è stata, nella vita e nella storia politico-sociale della Russia, una questione d'importanza primaria sia prima, sia dopo la Rivoluzione d'Ottobre. L'impero zarista fu non metaforicamente, ma in una concretezza crudele e spietata, una vera e propria "prigione dei popoli" che oppresse, saccheggiò e colonizzò popoli e nazioni in Europa, nel Caucaso e in Asia. Bielorussi, finlandesi, estoni, lettoni, lituani, moldavi, polacchi, ucraini e poi baskiri, calmucchi, ceceni, circassi, ciuvasci, kazaki, tartari, udmurti e ancora armeni, georgiani azerbaigiani, ecc.: tutti popoli assoggettati all'imperio e al dominio dello sciovinismo "grande russo", di una nazionalità che, oltretutto, non rappresentava nemmeno la maggioranza della popolazione, ma solo la più numerosa, il 43% degli abitanti dell'impero.
Per secoli l'autocrazia zarista ha conquistato, occupato e represso militarmente popoli e nazioni; vilipeso diritti e dignità di essi; impedito l'uso della lingua, degli usi e dei costumi nazionali; lasciato nell'analfabetismo pressoché totale le genti; depredate le risorse economiche e imposto forti tassazioni e una soffocante burocrazia amministrativa. Per questo la lotta per l'abbattimento dello zarismo e della borghesia, così come la costruzione della nuova società socialista, non potevano in alcun modo prescindere dalla "questione nazionale".
Il partito bolscevico ha sempre ritenuto questa, una questione fondamentale ed attribuito grande importanza alla sua soluzione. Lenin e Stalin sono stati gli artefici principali di questa soluzione, perché accomunati da un comune sentire e da una sostanziale identità di pensiero politico su questo problema. Lenin ha condiviso e apprezzato, indicandolo a modello per tutto il partito, l'operato pratico e organizzativo di Stalin, fin dal 1904, nella costruzione dell'organizzazione socialdemocratica in Caucaso. Un'organizzazione in lotta contro ogni nazionalismo e ogni forma di divisione nazionalistica, che unisse tutti i proletari sulla base dell'interesse di classe e, proprio per questo, in grado di sviluppare una corretta ed efficace lotta in difesa dei diritti delle nazionalità e delle minoranze nazionali.
Lenin ha altresì sostenuto e stimolato Stalin all'approfondimento teorico della "questione nazionale", convinto del grande contributo che, anche su questo piano, egli avrebbe potuto dare, così come in effetti ha dato con l'opera "Il marxismo e la questione nazionale e coloniale".
Scrivendo a M. Gorkij nel febbraio 1913, Lenin così si esprime: "...Riguardo al nazionalismo sono pienamente d'accordo con voi che bisogna occuparcene un po' più seriamente. Da noi ci si è messo un magnifico georgiano, e ora sta scrivendo per il Prosvestcenie un lungo articolo, dopo aver raccolto tutti i materiali austriaci e d'altra provenienza. Daremo sotto a questo lavoro...".48 Nell'articolo "Il programma nazionale del POSDR" così Lenin parla dello scritto di Stalin: "... Nella letteratura marxista teorica [..] i principi del programma nazionale socialdemocratico sono già stati lumeggiati [..] (in primo luogo dall'articolo di Stalin...)".49
In questa sua opera Stalin definisce innanzi tutto, attraverso l'analisi di condizioni e caratteristiche specifiche, il concetto di nazione: "... La nazione è una comunità stabile, storicamente formatasi, che ha la sua origine nella comunità di lingua, di territorio, di vita economica e di conformazione psichica, che si manifesta nella comune cultura. Con ciò è evidente che la nazione, come ogni altro fenomeno storico, sottostà alla legge del mutamento, ha la propria storia, il proprio principio e la propria fine. È necessario sottolineare che nessuna delle caratteristiche indicate, presa isolatamente, è sufficiente a definire la nazione. Anzi, basta che manchi una sola di queste caratteristiche, perché la nazione cessi di essere tale...".50 "La nazione - osserva poi Stalin - non è soltanto una categoria storica, ma una categoria storica di un'epoca determinata, l'epoca del capitalismo ascendente. Il processo di liquidazione del feudalesimo e di sviluppo del capitalismo è al tempo stesso un processo di unificazione delle popolazioni in nazione. Così, per esempio, sono andate le cose nell'Europa occidentale. Gli inglesi, i francesi, i tedeschi, gli italiani e altri si sono fusi in nazione durante l'ascesa vittoriosa del capitalismo, che trionfava sul frazionamento feudale... In maniera piuttosto diversa sono andate le cose nell'Europa orientale. Mentre in Occidente le nazioni si sviluppavano in stati, in Oriente si formavano stati plurinazionali, stati composti di parecchie nazionalità. Tali l'Austria-Ungheria e la Russia... In Russia, il compito di unificare le nazionalità fu assunto dai grandi-russi, che avevano alla loro testa una burocrazia militare aristocratica, forte e organizzata, formatasi storicamente...".51 "...Le condizioni economiche, politiche e culturali, nelle quali si trova una data nazione, sono l'unica chiave per decidere come precisamente essa debba organizzarsi, quali forme debba assumere la sua futura costituzione. È possibile , quindi, che per ogni nazione occorra dare al problema una particolare soluzione. Se c'è un caso nel quale sia necessario impostare dialetticamente un problema, questo caso è proprio quello della questione nazionale...".52 "...la lotta nazionale, nel quadro del capitalismo ascendente, è una lotta delle classi borghesi fra loro. Talvolta la borghesia riesce ad attirare il proletariato nel movimento nazionale, ed allora la lotta nazionale assume, esteriormente, un carattere 'popolare', ma solo esteriormente. Nella sua essenza, la lotta resta sempre borghese, vantaggiosa e utile soprattutto per la borghesia. Ma da ciò non consegue affatto che il proletariato non debba lottare contro la politica di oppressione nazionale. Le limitazioni alla libertà di trasferirsi da un luogo all'altro, la privazione del diritto di voto, le limitazioni all'uso della lingua, la soppressione di scuole ed altre persecuzioni colpiscono gli operai altrettanto, se non più, della borghesia. Una situazione simile non può che ritardare il processo di libero sviluppo delle forze spirituali nel proletariato delle nazioni oppresse. Non si può parlare seriamente di pieno sviluppo delle facoltà spirituali dell'operaio tartaro o ebreo, quando non gli si dà la possibilità di usare la lingua materna nelle adunanze e nelle conferenze, quando gli si chiudono le scuole. Ma la politica delle persecuzioni nazionalistiche è pericolosa per la causa del proletariato anche da un altro punto di vista. Essa distoglie l'attenzione di larghi strati della popolazione dai problemi sociali, dai problemi della lotta di classe, per dirigerla verso i problemi nazionali, verso i problemi 'comuni' al proletariato e alla borghesia. E ciò crea un terreno favorevole alla falsa predicazione della 'armonia d'interessi', favorisce la tendenza a mettere in ombra gli interessi di classe del proletariato, l'asservimento spirituale degli operai. Così si crea un ostacolo serio alla causa dell'unione dei proletari di tutte le nazionalità... Ma la politica di repressione non si limita a questo. Dal 'sistema' dell'oppressione, passa non di rado al 'sistema' dell'istigazione all'odio tre le nazioni, al 'sistema' dei massacri e dei pogrom...".53
Da questo punto di vista a nulla valgono la richiesta dell'autonomia nazionale e la richiesta di "istituzioni" ad hoc per garantire i diritti della minoranza nazionale e il suo sviluppo culturale.
"... Il problema - sottolinea Stalin - non sta evidentemente nelle 'istituzioni', ma negli ordinamenti generali del paese. Se nel paese non c'è democrazia, non c'è neppure garanzia di 'piena libertà di sviluppo culturale' delle nazionalità. Si può dire con sicurezza che quanto più un paese è democratico, tanto minori sono gli 'attentati' alla 'libertà delle nazionalità' e tanto maggiori le garanzie contro tali 'attentati'...".54Attraverso la critica argomentata delle teorie "austromarxiste" di Springer e Bauer, del Bund russo e del menscevismo del Caucaso, concretatosi nelle forme politiche dell'autonomia nazionale e del federalismo, forme che riconducono al nazionalismo borghese e che hanno frantumato e spaccato l'unità politico-organizzativa e finanche l'azione sindacale degli operai delle varie nazionalità tanto nell'impero austro-ungarico che in quello zarista, Stalin ha riaffermato la validità della teoria leninista del diritto delle nazioni all'autodecisione.
Scrive Stalin: "... Diritto all'autodecisione, cioè: solo la nazione stessa ha il diritto di decidere il proprio destino, nessuno ha il diritto di intromettersi a forza nella vita di una nazione, di distruggere le scuole e altre istituzioni, di abolirne le usanze e i costumi, di vietarne la lingua, di menomarne i diritti. Questo non significa certo che la socialdemocrazia sosterrà indistintamente tutte le usanze e le istituzioni di una nazione. Lottando contro la violenza esercitata ai danni di una nazione, essa difenderà solo il diritto della nazione a decidere del proprio destino e condurrà nel tempo stesso un'agitazione contro le usanze e le istituzioni dannose di questa nazione, affinché i lavoratori possano liberarsene. Diritto all'autodecisione significa che la nazione può organizzarsi secondo il proprio desiderio. Essa ha il diritto di organizzare la sua esistenza secondo i principi dell'autonomia. Essa ha il diritto di stabilire rapporti federativi con altre nazioni o di separarsi completamente da esse. La nazione è sovrana e tutte le nazioni hanno eguali diritti... I doveri della socialdemocrazia, che difende gli interessi del proletariato, e i diritti della nazione, che è composta di diverse classi, sono due cose diverse. Pur lottando per il diritto delle nazioni all'autodecisione, la socialdemocrazia si prefigge di metter fine alla politica di oppressione delle nazioni, di renderla impossibile, e con ciò di evitare la lotta fra le nazioni, di attenuarla, di ridurla al minimo. È sostanzialmente questo che distingue la politica del proletariato cosciente da quella della borghesia, che cerca di approfondire e di estendere la lotta nazionale, di protrarre e di acuire il movimento nazionale...".55
Ribadendo la convinzione e la fedeltà dei bolscevichi russi al diritto delle nazioni all'autodecisione, Stalin elabora ulteriormente la teoria marxista-leninista sulla questione nazionale, affrontando un'altra delle problematiche ad essa connessa.
"...Come regolarsi con le nazioni che per una ragione o per l'altra preferiranno restare entro uno stato unico? ...L'unica soluzione giusta - sostiene Stalin - è l'autonomia regionale, l'autonomia di determinate unità, come la Polonia, la Lituania, l'Ucraina, il Caucaso, ecc. La superiorità dell'autonomia regionale sta innanzi tutto nel fatto che, grazie ad essa, non si ha a che fare con un'entità fittizia, senza territorio, ma con una popolazione determinata che vive in un determinato territorio. Inoltre, essa non divide la popolazione per nazioni, non consolida barriere nazionali; al contrario, spezza queste barriere ed unisce la popolazione per aprire la strada ad un raggruppamento di altro genere, al raggruppamento di classe. Infine, offre la possibilità di utilizzare nel modo migliore le ricchezze naturali della regione e di sviluppare le forze produttive senza attendere le decisioni del centro comune, funzioni, tutte queste, estranee all'autonomia culturale-nazionale. Dunque: autonomia regionale, come elemento necessario per la soluzione della questione nazionale. È fuor di dubbio che nessuna regione costituisce un'unità nazionale compatta, perché in ogni regione esistono delle minoranze nazionali. Tali gli ebrei in Polonia, i lettoni in Lituania, i russi nel Caucaso, i polacchi in Ucraina, ecc. Si può temere perciò, che le minoranze vengano oppresse dalle maggioranze nazionali. Ma i timori hanno un fondamento solo nel caso in cui il paese conservi i vecchi ordinamenti. Date al paese una democrazia completa e i timori perderanno ogni ragion d'essere... Dunque, uguaglianza nazionale di diritti in tutti i suoi aspetti (lingua, scuola, ecc.) come elemento necessario per la soluzione della questione nazionale. Occorre una legge generale dello stato, emanata sulla base di una completa democratizzazione del paese, che proibisca senza eccezione tutte le forme di privilegi nazionali e qualsiasi oppressione o limitazione dei diritti delle minoranze nazionali. In questo, e solo in questo, può consistere la garanzia effettiva, e non sulla carta, dei diritti delle minoranze. Si può contestare o non contestare l'esistenza di un legame logico tra il federalismo organizzativo e l'autonomia culturale nazionale. Ma non si può contestare in fatto che quest'ultima crei un'atmosfera propizia per un federalismo sfrenato, che si trasformi in rottura completa, in separatismo... Non è un caso che l'autonomia nazionale e la federazione organizzativa vadano a braccetto. È anzi naturale. L'una e l'altra rivendicano un raggruppamento sulla base della nazionalità. L'analogia è fuori dubbio... Sappiamo a che cosa conduce il raggruppamento degli operai per nazionalità: distruzione del partito operaio unico, scissione dei sindacati in base alle nazionalità, acutizzazione degli attriti nazionali, crumiraggio nazionale, demoralizzazione completa nelle file della socialdemocrazia: questi sono i risultati del federalismo organizzativo. La storia della socialdemocrazia in Austria e l'attività del Bund in Russia lo dimostrano eloquentemente. L'unico mezzo per evitare tutto questo è l'organizzazione secondo i principi dell'internazionalismo. Unificare sul posto gli operai di tutte le nazionalità della Russia in collettività uniche e compatte, unificare queste collettività in un unico partito: questo è il compito. Va da sé che una tale organizzazione di partito non esclude ma presuppone una larga autonomia regionale all'interno del partito unico. L'esperienza del Caucaso dimostra quanto sia conveniente una organizzazione di questo genere. Se i caucasiani sono riusciti a superare gli attriti nazionali tra gli operai armeni e tartari, se sono riusciti a proteggere la popolazione da eventuali massacri e sparatoria, se oggi, a Bakù, in questo caleidoscopio di gruppi nazionali, non sono più possibili conflitti nazionali, se vi si è riusciti a convogliare gli operai nell'alveo unico di un movimento potente, in tutto questo ha avuto una parte non indifferente l'organizzazione internazionale della socialdemocrazia del Caucaso... Abbiamo così davanti a noi due tipi di organizzazione differenti in linea di principio: il tipo della unità internazionale e il tipo della 'separazione' organizzativa degli operai secondo le nazionalità. Finora, i tentativi di conciliare questi due tipi non hanno avuto successo... Non c'è via di mezzo: i principi vincono, ma non 'si conciliano'. Dunque: il principio dell'unione internazionale degli operai, come elemento indispensabile per la soluzione della questione nazionale".56
La costruzione dell'Urss
La politica sulla "questione nazionale" elaborata da Lenin e Stalin, ha dunque costituito un aspetto fondamentale e imprescindibile allo sviluppo della lotta rivoluzionaria in Russia e al successo dell'Ottobre; ma, al tempo stesso, è stata un fattore decisivo anche per l'azione del governo sovietico nella realizzazione dell'uguaglianza delle nazionalità, nell'affermazione dei loro diritti e nella creazione dell'URSS che ha rappresentato una grande e storica vittoria, sul piano mondiale, del potere sovietico, del partito bolscevico e del marxismo-leninismo.
In questo storico processo Stalin è stato in prima linea: indiscutibilmente artefice e dirigente decisivo. Base di questo processo e guida nella realizzazione dei futuri rapporti tra i popoli e le nazionalità, è la "Dichiarazione dei diritti dei popoli della Russia", firmata da Lenin e Stalin e promulgata il 2 novembre 1917. In questa "Dichiarazione", scritta da Stalin, erano affermati i principi fondanti dei futuri rapporti tra i popoli e le nazionalità della Russia: diritto alla libera autodecisione fino alla separazione e alla formazione di uno Stato indipendente, diritto alla sovranità, all'uguaglianza, abolizione dei privilegi e delle restrizioni, sviluppo completo (politico, economico, sociale e culturale) delle minoranze nazionali e delle etnie presenti sul territorio russo.
Fu il III Congresso dei Soviet della Russia, svoltosi dal 10 al 18 gennaio 1918, a sancire la nascita della RSFSR (Repubblica Socialista Federativa Sovietica della Russia) approvando il progetto di risoluzione sugli organismi federali della Repubblica della Russia, presentato da Stalin. Questi i cinque punti del progetto di risoluzione:
"1) La Repubblica socialista sovietica della Russia è fondata sulla unione volontaria dei popoli della Russia, come Federazione delle Repubbliche sovietiche di questi popoli.
2) Supremo organo del potere entro i confini della Federazione è il Congresso dei soviet dei deputati operai, soldati e contadini di tutta la Russia, convocato almeno ogni tre mesi.
3) Il Congresso dei soviet dei deputati operai, soldati e contadini di tutta la Russia elegge il Comitato esecutivo centrale di tutta la Russia. Negli intervalli tra un congresso e l'altro, organo supremo è il Comitato esecutivo centrale di tutta la Russia.
4) Il governo della Federazione, il Consiglio dei Commissari del popolo, viene eletto e sostituito totalmente o parzialmente dal Congresso dei soviet di tutta la Russia o dal Comitato esecutivo centrale di tutta la Russia.
5) La forma con cui le Repubbliche sovietiche delle singole regioni e le regioni che si distinguono per particolarità di costumi e per composizione etnica partecipano al governo federale, così come la delimitazione delle sfere d'azione delle istituzioni federali e regionali della Repubblica della Russia vengono stabilite immediatamente dopo la costituzione delle repubbliche regionali sovietiche dal Comitato esecutivo centrale di tutta la Russia e dai Comitati esecutivi centrali di queste repubbliche".57
Il 20 novembre Stalin sottopone all'approvazione del Consiglio dei Commissari del popolo l'appello del governo sovietico "A tutti i musulmani lavoratori della Russia e dell'Oriente". In esso si dichiaravano liberi e inviolabili i diritti alla fede religiosa, ai costumi, alle istituzioni nazionali e culturali; si denunciavano tutti gli accordi segreti stipulati dal governo zarista e tacitamente confermati dal governo provvisorio dopo la Rivoluzione di febbraio, in merito alla presa di Costantinopoli, alla divisione della Persia e della Turchia; si impegnava il governo sovietico alla restituzione delle reliquie religiose e nazionali sottratte a questi popoli dal regime oppressore zarista, tra cui il "Sacro Corano di Osman" sottratto a Samarcanda e portato nella biblioteca imperiale; si invitavano, infine, i popoli dell'Oriente a prendere in mano con decisione il loro destino, sviluppando l'organizzazione della classe operaia e degli strati poveri dei contadini e la loro unità sul terreno della lotta di classe.
Fedeli a questi principi e a questa politica, il Commissariato del popolo alle nazionalità e il Governo sovietico accettarono tutte le richieste che, nelle forme diverse - autonomia, federazione, indipendenza -, vennero presentate dalle varie nazionalità; non facendo tuttavia mancare appoggio alcuno alla lotta rivoluzionaria che i popoli e i Soviet delle varie regioni dell'ex impero zarista svilupparono contro le rispettive borghesie e contro l'imperialismo. Su questo fronte Stalin si è impegnato in prima persona, svolgendo un ruolo attivo e dirigente nella lotta per la creazione di diverse repubbliche sovietiche: da quella Ucraina alla Bielorussa a quelle delle regioni della Transcaucasia e dell'Asia centrale.
Il governo sovietico legiferò sull'indipendenza degli ex protettorati di Bukharà e Khivà; fu il primo governo a riconoscere il pieno diritto della Polonia all'autodecisione e ad esistere come Stato indipendente. Riconobbe, il 4 dicembre 1917, l'indipendenza dell'Ucraina e successivamente quella della Bielorussia e delle Repubbliche di Lituania, Lettonia ed Estonia. Contemporaneamente in queste regioni si sviluppò l'appoggio internazionalista a sostegno delle rispettive lotte rivoluzionarie per l'affermazione del potere sovietico. E più tardi, nel fuoco della lotta contro l'aggressione imperialista e la controrivoluzione interna, vi fu il primo importantissimo accordo tra la RSFSR e le Repubbliche sovietiche di Ucraina, Bielorussia e del Baltico, che portò all'unione militare e alla creazione del comando unico dell'Armata Rossa.
Il decreto "Dell'Unificazione delle repubbliche sovietiche della Russia, dell'Ucraina, della Lettonia, della Lituania e della Bielorussia per combattere l'imperialismo mondiale" fu approvato il 1 giugno 1919 dal CEC (Comitato esecutivo centrale dei Soviet) della Russia e dai rappresentanti dei governi sovietici Ucraini, Bielorussi e degli Stati baltici. Con esso si unificarono i Consigli economici e i Commissariati delle finanze, del lavoro e dei trasporti. Fu stabilito un unico comando militare e un unico esercito, la gloriosa Armata Rossa, di cui le forze ucraine andarono a formare la 12ª e 14ª armata, quelle lettoni la 15ª e quelle della Bielorussia e della Lituania la 16ª armata. Tutto ciò costituì un fattore decisivo nella sconfitta militare dell'aggressione imperialista e delle guardie bianche, così come nello sviluppo vittorioso della lotta rivoluzionaria nelle restanti regioni dell'ex impero zarista.
Uno sviluppo diverso ebbe la situazione in Finlandia. Qui era presente un partito socialdemocratico forte e organizzato, ma con una maggioranza orientata su posizioni conciliatrici. Alle elezioni per la formazione della Dieta, svoltesi nel maggio 1917, i socialdemocratici ottennero la maggioranza assoluta. A giugno la Dieta finlandese aveva proclamato la propria sovranità, ma fu sciolta e chiusa d'autorità dal governo provvisorio di Pietrogrado. Le successive elezioni del parlamento furono invece vinte, sebbene con un risicato margine di voti, dai partiti borghesi che trovarono tuttavia una situazione nuova, rispetto alla richiesta d'indipendenza, dato che, nel frattempo, in Russia si era affermata la Rivoluzione d'Ottobre. Fu in questa situazione che, nel novembre 1917, si svolse a Helsinki il Congresso del Partito Operaio Socialdemocratico finlandese. In rappresentanza dei bolscevichi russi e del nuovo governo sovietico, partecipò al Congresso, Stalin.
In quella sede, il 14 novembre, egli pronunciò un importante intervento, il suo primo discorso pubblico in qualità di Commissario del popolo per le nazionalità. Così si espresse: "Compagni! Sono stato delegato a venire da voi per portarvi un saluto a nome della rivoluzione operaia russa, che ha scosso dalle fondamenta le basi del regime capitalistico. Sono venuto per salutare il vostro congresso a nome del governo degli operai e dei contadini della Russia, a nome del Consiglio dei Commissari del popolo, sorto nel fuoco di questa rivoluzione. Ma non sono venuto soltanto per salutarvi. Vorrei, anzitutto, darvi il lieto annuncio delle vittorie della rivoluzione russa, della disorganizzazione dei suoi nemici, vorrei dirvi che in questa atmosfera, in cui la guerra imperialistica sta agonizzando, le possibilità di vittoria per la rivoluzione vanno aumentando di giorno in giorno... Hanno tentato infine di intimidirci con la minaccia dello smembramento della Russia, del suo frazionamento in numerosi stati indipendenti; a questo proposito hanno detto che la proclamazione da parte del Consiglio dei Commissari del popolo del diritto delle nazioni all'autodecisione era un 'fatale errore'. Ma io debbo dichiarare nella maniera più categorica che non saremmo democratici (non dico poi socialisti!) se non riconoscessimo ai popoli della Russia il diritto alla libera autodecisione. E sostengo che tradiremmo il socialismo se non prendessimo tutte le misure atte a stabilire una fiducia fraterna tra gli operai della Finlandia e quelli della Russia. Ma ciascuno sa che se non si riconosce decisamente al popolo finnico il diritto alla libera autodecisione non si può pensare di stabilire una tale fiducia. Importa a questo punto riconoscere non solo a parole, anche se in forma ufficiale, questo diritto. Importa dire che questo riconoscimento verrà confermato coi fatti dal Consiglio dei Commissari del popolo, il quale lo tradurrà in atto senza esitazioni. Il tempo delle parole è infatti passato. È giunto il momento in cui l'antica direttiva: 'Proletari di tutti i paesi, unitevi!', deve essere attuata. Completa libertà di organizzare la propria vita per il popolo finlandese, come per gli altri popoli della Russia! Volontaria e sincera unione del popolo finlandese con il popolo russo! Nessuna tutela, nessun controllo sul popolo finlandese! Questi sono i principi ai quali si ispira la politica del Consiglio dei Commissari del popolo... Compagni! Ci son giunte notizie secondo le quali il vostro paese sta attraversando press'a poco la stessa crisi di governo che attraversò la Russia alla vigilia della Rivoluzione d'Ottobre. Ci son giunte notizie secondo le quali si tenta d'impaurire anche voi con la fame, il sabotaggio, ecc. Permettetemi di dirvi, sulla base dell'esperienza derivante dalla pratica del movimento rivoluzionario in Russia, che se anche questi pericoli fossero reali, non è affatto vero che non possono essere superati. Questi pericoli possono essere superati se si agisce con decisione e senza esitazioni. In un'atmosfera di guerra e di sfacelo, in un'atmosfera in cui il movimento rivoluzionario divampa in Occidente e le vittorie della rivoluzione operaia in Russia si moltiplicano, non esistono pericoli e difficoltà che possano fermare il vostro impeto. In quest'atmosfera può mantenersi e vincere un solo potere, il potere socialista. In quest'atmosfera una sola tattica è adatta, la tattica di Danton: audacia, audacia e ancora audacia! E se vi occorrerà il nostro aiuto, noi ve lo daremo, tendendovi la mano con spirito fraterno. Di ciò potete essere sicuri".58
Come si vede, in questo discorso Stalin ha tracciato alcuni principi che sono stati e rimangono un cardine fondamentale del marxismo-leninismo e dell'internazionalismo proletario. In primo luogo l'impossibilità per un governo rivoluzionario, quindi autenticamente democratico e socialista, di venire meno all'impegno di garantire la piena applicazione del principio dell'autodecisione per i popoli e le nazioni che ad esso hanno diritto. In secondo luogo che il destino di un popolo deve essere frutto della volontà di quello stesso popolo e non coartato o imposto ad esso. In terzo luogo, la necessità di sviluppare appieno l'appoggio e l'aiuto internazionalista proletario alla lotta rivoluzionaria della classe operaia e delle masse oppresse di ogni paese.
Il 18 dicembre 1917 Lenin e Stalin firmarono il decreto che riconobbe l'indipendenza della Finlandia. Alla seduta del CEC della Russia del 22 dicembre, Stalin svolse la relazione sull'indipendenza della Finlandia nella quale affermò: "Alcuni giorni fa i rappresentanti della Finlandia si sono rivolti a noi chiedendo l'immediato riconoscimento della completa indipendenza della Finlandia e la ratifica della sua separazione dalla Russia. In risposta il Consiglio dei Commissari del popolo ha deciso di accogliere questa richiesta e di emanare un decreto sulla completa indipendenza della Finlandia... Evidentemente il Consiglio dei Commissari del popolo non poteva comportarsi altrimenti, perché se un popolo, per mezzo dei suoi rappresentanti, chiede il riconoscimento della sua indipendenza, un governo proletario che si basi sul principio della concessione ai popoli del diritto all'autodecisione, deve acconsentire. La stampa borghese asserisce che noi abbiamo condotto il paese alla completa rovina, che abbiamo perduto tutta una serie di paesi, tra i quali la Finlandia. Ebbene, compagni, noi non potevamo perderla, perché di fatto essa non è mai stata nostra. Se avessimo trattenuto la Finlandia con la violenza, ciò non avrebbe affatto voluto dire che sarebbe stata nostra... I principi della socialdemocrazia, le sue parole d'ordine e le sue aspirazioni consistono nella creazione di quell'atmosfera di mutua fiducia tra i popoli da tanto tempo auspicata, e solo su questo piano realizzeremo la parola d'ordine: 'Proletari di tutti i paesi, unitevi!'. Tutto ciò è a tutti noto da lunga data. Se noi esaminiamo con maggiore attenzione il modo con cui la Finlandia ha ottenuto la sua indipendenza vediamo che di fatto il Consiglio dei Commissari del popolo ha dato, suo malgrado, la libertà non al popolo, non ai rappresentanti del proletariato finlandese, ma alla borghesia finlandese, la quale per uno strano concorso di circostanze si è impadronita del potere ed ha ricevuto l'indipendenza dalle mani dei socialisti della Russia. Gli operai ed i socialdemocratici finlandesi si sono trovati nella condizione di dover ricevere la libertà non direttamente dalle mani dei socialisti russi, ma per mezzo della borghesia finlandese. Pur ravvisando in questo fatto una tragedia del proletariato finlandese, non possiamo fare a meno di rilevare che i socialdemocratici finlandesi solo a causa della loro irresolutezza e della loro incomprensibile viltà non hanno compiuto con decisione i passi necessari per prendere essi stessi il potere e strappare la loro indipendenza dalle mani della borghesia. Si può biasimare il Consiglio dei Commissari del popolo, gli si possono rivolgere critiche, ma nessuno potrebbe asserire che il Consiglio dei Commissari del popolo non mantiene le promesse fatte, dato che non esiste al mondo una forza tale da poter costringere il Consiglio dei Commissari del popolo a non tener fede ai suoi impegni. L'abbiamo dimostrato quando, con perfetta imparzialità, abbiamo preso in considerazione le richieste presentante dalla borghesia finlandese circa la concessione dell'indipendenza alla Finlandia e abbiamo immediatamente proceduto alla promulgazione del decreto che sancisce questa indipendenza. Possa l'indipendenza della Finlandia facilitare la causa della liberazione degli operai e dei contadini di quel paese e creare una solida base per l'amicizia fra i nostri popoli!".59
Quello che è stato l'impegno di Stalin come Commissario del popolo per le nazionalità e le concrete realizzazioni frutto di quest'impegno, sono sintetizzate in un articolo che Stalin scrisse per la "Pravda". La radice di queste realizzazioni è nell'attuazione dei principi che Stalin aveva esposti nell'opera "Il marxismo e la questione nazionale" e, di essi costituiscono, al tempo stesso, il naturale e progressivo sviluppo storico. Scrive Stalin nell'articolo "La politica del potere sovietico nella questione nazionale in Russia" pubblicato il 10 ottobre 1920 sul n. 226 della "Pravda": "Tre anni di rivoluzione e di guerra civile in Russia hanno mostrato che senza il mutuo appoggio della Russia centrale e delle sue regioni periferiche la vittoria della rivoluzione è impossibile, ed è impossibile la liberazione della Russia dagli artigli dell'imperialismo... Tanto maggiore è l'importanza che acquista la garanzia di una solida unione tra il centro e le regioni periferiche della Russia. Di qui la necessità di stabilire determinati rapporti, determinati legami tra il centro e le regioni periferiche della Russia, tali da garantire una stretta, indissolubile unione tra di loro. Di che genere debbono essere questi rapporti, quali forme debbono assumere? In altri termini, in che cosa consiste la politica del potere sovietico circa la questione nazionale in Russia?... Mentre divampa una lotta mortale tra la Russia proletaria e l'Intesa imperialistica per le regioni periferiche si prospettano soltanto due vie d'uscita: o insieme alla Russia, e si ha allora la liberazione delle masse lavoratrici delle regioni periferiche dal gioco imperialistico; o insieme all'Intesa, e si ha allora l'inevitabile giogo capitalistico... Naturalmente le regioni periferiche della Russia, le nazioni e le stirpi che popolano queste regioni, come, in generale, tutte le altre nazioni, hanno l'imprescrittibile diritto di separarsi dalla Russia, e se una qualsiasi di queste nazioni decidesse nella sua maggioranza di separarsi dalla Russia, come fece la Finlandia del 1917, la Russia probabilmente prenderebbe nota del fatto e sancirebbe la separazione. Ma non si tratta qui dei diritti delle nazioni, che sono incontestabili, bensì sulla volontà delle masse popolari sia del centro che delle regioni periferiche, si tratta del carattere, determinato di questi interessi, dell'agitazione che il nostro partito deve condurre se non vuole rinnegare se stesso, se vuole esercitare un'influenza sulla volontà delle masse lavoratrici delle varie nazionalità e dare a questa volontà un determinato orientamento. Ebbene, gli interessi delle masse popolari indicano che la richiesta di separazione delle regioni periferiche nell'attuale stadio della rivoluzione è profondamente controrivoluzionaria. Allo stesso modo deve essere esclusa la cosiddetta autonomia culturale nazionale come forma di unione tra il centro e le regioni periferiche della Russia. L'esperienza dell'Austria-Ungheria (patria dell'autonomia culturale nazionale) negli ultimi dieci anni ha mostrato quanto questo tipo di autonomia, come forma di unione tra le masse lavoratrici di varie nazionalità di uno stato plurinazionale, sia effimero e privo di vitalità... Rimane l'autonomia regionale delle zone periferiche che si distinguono per particolarità di costumi e per composizione etnica, come l'unica forma razionale di unione tra il centro e le regioni periferiche, autonomia che deve unire le regioni periferiche della Russia al centro con i legami dell'unione federativa. Cioè proprio quella autonomia sovietica che il potere sovietico ha proclamato fin dai primi giorni della sua esistenza e che viene adesso attuata nelle regioni periferiche sotto forma di comuni amministrative e di repubbliche sovietiche autonome. L'autonomia sovietica non è qualcosa di cristalizzato e di fissato una volta per sempre; essa ammette le più svariate forme e i più svariati gradi di sviluppo... Tre anni di politica sovietica intesa a risolvere la questione nazionale in Russia hanno mostrato che, realizzando l'autonomia sovietica nelle sue svariate forme, il potere sovietico si trova sulla giusta strada, perché solo grazie a questa politica è riuscito a penetrare nei più remoti meandri delle regioni periferiche della Russia, a elevare a una vita politica le masse più arretrate e diverse per nazionalità, a collegare queste masse con il centro per mezzo dei più svariati canali, compito che nessun governo al mondo non solo non ha risolto, ma non si è neppure posto (si aveva paura di farlo!). La suddivisione amministrativa della Russia, fondata sull'autonomia sovietica, non è ancora ultimata... Attuando la suddivisione amministrativa fondata sull'autonomia regionale, la Russia ha fatto un grandissimo passo in avanti sulla strada del raggruppamento delle regioni periferiche attorno al centro proletario, sulla strada dell'avvicinamento del governo alle larghe masse popolari di queste regioni... Per rafforzare tale unione occorre, innanzitutto liquidare quel particolarismo delle regioni e quello spirito campanilistico, quel carattere patriarcale e quella mancanza di cultura, quella sfiducia verso il centro che sono rimasti nelle regioni periferiche, come eredità della feroce politica dello zarismo... Per consolidare l'unione tra la Russia centrale e le regioni periferiche bisogna che questa sfiducia sparisca, bisogna creare una atmosfera di mutua comprensione e di fraterna fiducia. Ma per far sparire la sfiducia bisogna anzitutto aiutare le masse popolari delle regioni periferiche a liberarsi dei resti del giogo patriarcale feudale, bisogna eliminare, eliminare di fatto e non soltanto a parole, tutti i privilegi dei colonizzatori, bisogna che le masse popolari sentano i benefici materiali della rivoluzione. In breve: bisogna dimostrare alle masse che la Russia centrale proletaria difende i loro, e soltanto i loro interessi, e dimostrarlo non solo con misure repressive contro i colonizzatori e i nazionalisti borghesi, misure che spesso le masse assolutamente non comprendono, ma innanzitutto, con una conseguente e ponderata politica economica... I comunisti delle regioni periferiche... debbono istituire in queste regioni l'istruzione generale, se vogliono liquidare l'ignoranza del popolo, se vogliono avvicinare spiritualmente il centro e le regioni periferiche della Russia. Ma per far ciò occorre sviluppare una scuola nazionale locale, un teatro nazionale, istituzioni culturali nazionali, elevare il livello culturale delle masse popolari delle regioni periferiche, perché non occorre dimostrare che l'ignoranza e la mancanza di cultura sono il nemico più pericoloso del potere sovietico... Il potere sovietico non può essere considerato un potere staccato dal popolo; al contrario esso è un potere unico nel suo genere, espresso dalle masse popolari russe e loro familiare, è vicino... Ma per divenire familiare, il potere sovietico deve anzitutto divenire comprensibile. Occorre che tutti gli organismi sovietici nelle regioni periferiche, i tribunale, gli organismi amministrativi, quelli economici, gli immediati organi del potere (ed anche gli organismi del partito), siano composti per quanto è possibile di persone del posto, che conoscano i costumi, il carattere, gli usi, la lingua della popolazione locale; che in queste istituzioni si faccia entrare tutti i migliori uomini appartenenti alle masse popolari del luogo; che le masse lavoratrici locali vengano fatte partecipare in tutti i campi al lavoro di direzione del paese, compreso il lavoro per le formazioni militari; che le masse vedano che il potere sovietico e i suoi organi sono opera dei loro stessi sforzi, personificazione delle loro speranze... solo in questo modo si può rendere il potere sovietico comprensibile e vicino alle masse lavoratrici delle regioni periferiche.
Alcuni compagni vedono nelle repubbliche autonome della Russia, e in genere nell'autonomia sovietica, un male temporaneo ma necessario, che non poteva essere evitato a causa di certe circostanze, ma contro il quale è necessario lottare in modo che col tempo possa essere eliminato. Non occorre dimostrare che questa opinione è assolutamente errata e, in ogni caso, non ha niente a che vedere con la politica del potere sovietico nei confronti della questione nazionale...Uno dei più seri ostacoli che si oppongono alla realizzazione dell'autonomia sovietica è la grande deficienza di intellettuali locali nelle regioni periferiche, la mancanza di istruttori per tutti, assolutamente tutti, i settori del lavoro sovietico e di partito. Tale mancanza non può non ostacolare sia il lavoro educativo che quello rivoluzionario costruttivo nelle regioni periferiche. Ma proprio per questo sarebbe insensato, dannoso, allontanare i gruppi, già così poco numerosi, di intellettuali del posto, i quali probabilmente vorrebbero mettersi al servizio delle masse popolari, ma non lo possono fare forse perché, non essendo comunisti, ritengono di essere circondati da un'atmosfera di sfiducia e temono possibili repressioni. Verso questi gruppi può essere applicata con successo una politica che miri a farli partecipare al lavoro sovietico, una politica tendente ad inserirli nel lavoro dell'industria, dell'agricoltura, dell'approvvigionamento e d'altro genere, per ottenere la loro graduale sovietizzazione... Ma anche se si utilizzano i gruppi di intellettuali del posto si è ancora ben lontani dal poter soddisfare il bisogno che si ha di istruttori. Nel medesimo tempo è necessario sviluppare una ricca rete di corsi e di scuole nelle regioni periferiche, per tutti i rami dell'amministrazione, al fine di creare, con la gente del posto, quadri di istruttori. Poiché è chiaro che se non vi sono tali quadri l'organizzazione della scuola, dei tribunali, degli organi amministrativi e delle altre istituzioni, in cui venga adottata la lingua nazionale, sarà resa estremamente difficile. Un ostacolo non meno serio per la realizzazione dell'autonomia sovietica è la fretta, che spesso si trasforma in grossolana mancanza di tatto, mostrata da alcuni compagni nella sovietizzazione delle regioni periferiche. Quando questi compagni, in regioni che sono rimaste indietro per un intero periodo storico rispetto alla Russia centrale, in regioni nelle quali non è stato ancora del tutto liquidato l'ordinamento medievale, decidono di addossarsi l''eroico sforzo' di attuare il 'comunismo puro', si può dire con certezza che da tale impresa cavalleresca, da tale 'comunismo' non uscirà niente di buono. A questi compagni noi vorremmo ricordare un noto punto del nostro programma secondo il quale: 'Il PC della Russia si attiene al punto di vista storico-classista, e tiene conto del grado di sviluppo storico raggiunto da una determinata nazione; se si trova sulla strada dal medioevo alla democrazia borghese o su quella dalla democrazia borghese alla democrazia sovietica o proletaria, ecc.'... In breve: dalle imprese cavalleresche per l''immediata comunistizzazione' delle masse popolari arretrate bisogna passare ad una politica cauta e ponderata che incanali gradatamente queste masse nell'alveo generale dello sviluppo sovietico.
Tali sono in generale le condizioni pratiche per realizzare l'autonomia sovietica, la cui attuazione assicurerà l'avvicinamento spirituale ed una salda unione rivoluzionaria del centro e delle regioni periferiche della Russia. La Russia sovietica sta compiendo un esperimento mai visto fino ad ora al mondo, quello di organizzare la collaborazione fra un'intera serie di nazioni e di stirpi nell'ambito di uno stato proletario unitario, collaborazione fondata sui principi della fiducia reciproca, sui principi dell'intesa volontaria, fraterna. Tre anni di rivoluzione hanno mostrato che questo tentativo ha tutte le possibilità di riuscita"
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Questo esperimento senza precedenti nel mondo si concretizzerà nella creazione di un unico, nuovo Stato nazionale. Si realizzerà attraverso l'adesione volontaria ad esso della RSFSR, della Repubblica sovietica dell'Ucraina, di quella Bielorussa e della Federazione della Transcaucasia, comprendente le Repubbliche sovietiche di Georgia, Armenia e Azerbaijan. Sarà ufficialmente sancito il 30 dicembre 1922 con la nascita dell'URSS decretata dal I Congresso dei Soviet dell'Unione.
Questa grande e storica conquista del socialismo è stata realizzata grazie al contributo determinante che ad essa ha dato Stalin. Essa rappresenta un merito storico di Stalin!