Indice della bibliografia e primo capitolo Capitolo precedente Capitolo successivo Note

Stalin, la vita e l'opera

Capitolo 10
Consolidare il potere sovietico
 

Il X Congresso del P.C.(b)R.

Nel marzo 1921 si svolse il X Congresso del P.C.(b)R., un momento cruciale della vita sociale del paese e del processo di edificazione economico-politico della società socialista. La guerra civile era alle spalle, gli operai e i contadini sovietici avevano vittoriosamente respinto l'attacco controrivoluzionario condotto, organizzato e diretto dagli Stati imperialisti; le regioni periferiche della Russia e le nazioni dell'ex impero zarista si stavano definitivamente sbarazzando dei regimi fantoccio imposti dall'imperialismo, avviandosi con decisione sulla strada della formazione della grande Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. Era dunque necessario per il potere dei soviet intraprendere il cammino dell'edificazione economica dei tempi di pace. E, soprattutto, era necessario farlo avendo ben presente la disastrata situazione economica e le dure e drammatiche condizioni di vita in cui si trovavano gli operai e i contadini. Sette anni di guerra pressoché ininterrotta avevano stremato il paese, ridotto ormai in condizioni socioeconomiche veramente tremende. L'agricoltura, il settore prevalente dell'economia era al collasso; l'industria, nelle sue diverse componenti, quasi totalmente distrutta; così come la rete dei trasporti e il settore estrattivo e di trasformazione delle materie prime. Assolutamente carente era poi la produzione di energia elettrica. A tutto ciò va aggiunta una pesante crisi finanziaria che aveva portato a un generale aumento del costo della vita. E ad aggravare questa realtà già così critica, anche alcune situazioni contingenti quali ad esempio la smobilitazione dell'esercito che fece emergere un serio problema di disoccupazione e la gravissima carestia che si abbatterà di lì a poco, tra la primavera e l'estate del 1921, su un ampio territorio tra il Volga e l'Ural, il Caucaso settentrionale, parte dell'Ucraina e della Crimea. Essa, scrisse Lenin, fu una conseguenza "della arretratezza della Russia e di sette anni di guerra". Per circa trenta milioni di persone fu la fame più nera e più di tre milioni furono le vittime. Furono questi aspetti che concorsero al crescere di tensioni sociali soprattutto nelle campagne, dove si ebbero forti manifestazioni di protesta e in qualche caso delle rivolte di contadini, mentre in altre zone, gruppi di sbandati si dedicavano ad azioni di brigantaggio. Questa la situazione in Russia alla fine della guerra civile. Questa la situazione del paese di fronte ai delegati del X Congresso del P.C.(b)R., riunitosi dall'8 al 16 marzo per decidere come affrontare e risolvere questa situazione e il dramma del popolo sovietico.
Il comunismo di guerra con il suo impianto politico ed economico era stato necessario per affrontare la situazione generata dalla guerra civile e dall'aggressione imperialista. Lo Stato sovietico si fondava sull'alleanza tra la classe operaia e i contadini poveri e medi. La politica adottata dal governo all'indomani della vittoria rivoluzionaria di ripartizione della terra, aveva notevolmente sviluppato il ceto dei contadini medi che era diventato il più numeroso all'interno delle campagne. I contadini medi nel corso della guerra civile avevano sostenuto il governo sovietico, perché riconoscevano che era stato quel governo ad aver dato loro la terra. Era però indubbio che la politica del comunismo di guerra, con la requisizione forzata delle eccedenze dei prodotti agricoli e il divieto di commercio, aveva colpito pesantemente anche questi contadini, oltre che, naturalmente, il ceto ricco delle campagne.
"Dopo aver subito la rovinosa guerra imperialistica, - disse Lenin nel suo Rapporto al X Congresso - seguita da una prova quale una guerra civile di parecchi anni, il paese naturalmente non poteva continuare a esistere altrimenti che dedicando tutte le proprie forze al fronte. E, naturalmente, essendo rovinato, esso non poteva far altro che togliere ai contadini le loro eccedenze, persino senza dare loro nulla in cambio. Ciò era indispensabile per salvare il paese, l'esercito e il potere operaio e contadino. Noi dicevamo ai contadini: 'Certo, voi date il vostro grano in prestito allo Stato operaio e contadino, ma questo è l'unico modo per salvare il vostro Stato dai grandi proprietari fondiari e dai capitalisti'. Non potevamo comportarci diversamente nelle condizioni che c'imponevano gli imperialisti e i capitalisti con la loro guerra. Non avevamo altra scelta. Ma queste circostanze ci portarono a un punto tale che l'economia contadina, dopo una guerra così lunga, era divenuta così debole che si ebbe un cattivo raccolto a causa sia della diminuzione delle semine che del deterioramento dei mezzi di produzione, della diminuita produttività, della mancanza di mano d'opera, ecc. Il raccolto fu disastroso, e l'ammasso delle eccedenze alimentari, nonostante tutto migliore del previsto, fu accompagnato da un tale inasprimento della crisi, che forse ci riserva nei prossimi mesi difficoltà e calamità ancora maggiori. Dobbiamo riflettere attentamente su questa circostanza nell'analisi politica dell'anno che abbiamo vissuto e nella valutazione dei compiti politici per il nuovo anno. L'anno testé trascorso ha lasciato in eredità a quello seguente gli stessi compiti improrogabili".74
Il comunismo di guerra, quindi, era giustificato e, di fatto, accettato nel periodo della guerra civile. Ma, se mantenuto una volta sconfitta la controrivoluzione ed avviato il processo di costruzione pacifico, avrebbe certamente incontrato l'opposizione della classe dei contadini medi, rotto la loro alleanza con la classe operaia, privato la Stato sovietico della sua base sociale mettendone in serio pericolo la sua stessa esistenza. Lenin e Stalin si impegnarono quindi nel partito e nel governo a sviluppare una politica che mirasse coerentemente alla costruzione del socialismo partendo dalla reale condizione del paese. Una politica senza precedenti storici a cui fare riferimento e attingere esperienze, in grado di costruire uno Stato basato su un'economia e su rapporti sociali completamente nuovi, contando principalmente sulle proprie forze e capacità. Una politica, inoltre, che nella sua impostazione non desse per scontato l'estendersi della rivoluzione proletaria in Europa. La Russia sovietica e il partito bolscevico auspicavano fortemente che la rivoluzione socialista potesse trionfare in uno o più paesi dell'Europa occidentale. Tuttavia questa prospettiva non si delineò per l'immediato futuro, né per tempi relativamente brevi. Lenin nel suo Rapporto al X Congresso così si espresse in proposito: "Durante la riunione di questa mattina ho fatto notare che uno dei fattori più importanti del periodo trascorso - anche quest'argomento è strettamente legato all'attività del Comitato centrale - è dato dall'organizzazione del II Congresso dell'Internazionale comunista... Certo, l'Internazionale comunista che al tempo del congresso dell'anno scorso esisteva soltanto sotto forma di manifesti, ha cominciato ora a esistere come partito indipendente in ogni paese, e non solo come partito d'avanguardia: il comunismo è diventato il problema centrale di tutto il movimento operaio nel suo insieme... Questa è una nostra conquista e nessuno ce la può togliere! Ciò dimostra che la rivoluzione internazionale sta maturando e che, parallelamente, si inasprisce la crisi economica in Europa. Comunque, se da questi indizi deducessimo che in generale tra breve da quei paesi giungerà l'aiuto sotto forma di una rivoluzione proletaria duratura, saremmo semplicemente dei pazzi, e io sono convinto che, in questa sala, di pazzi non ce ne sono. In tre anni abbiamo imparato a capire che puntare sulla rivoluzione internazionale non vuol dire fare assegnamento su una data precisa e che il ritmo di sviluppo, sempre più rapido, potrebbe portare la rivoluzione per questa primavera, ma potrebbe anche non portarla. Dobbiamo quindi saper conformare la nostra attività con i rapporti di classe all'interno del nostro paese e degli altri paesi, in modo da essere in grado di mantenere la dittatura del proletariato per lungo tempo e, sia pure gradatamente, porre rimedio a tutte le calamità e le crisi che la colpiscono. Soltanto questa impostazione del problema sarà giusta e realistica".75
Impostando il lavoro che nell'immediato futuro avrebbe impegnato il CC del partito, Lenin pose all'attenzione dei delegati congressuali e del partito, problematiche e compiti relativi alla politica economica: "Nei rapporti tra il proletariato e i piccoli coltivatori esistono dei problemi ben difficili, dei problemi che non abbiamo ancora risolto. Parlo dei rapporti tra il proletariato vittorioso e i piccoli proprietari quando la rivoluzione proletaria si sviluppa in un paese dove il proletariato è in minoranza, dove la maggioranza è composta da elementi piccolo borghesi. La funzione del proletariato in tale paese consiste nel dirigere il passaggio di questi piccoli proprietari al lavoro socializzato, collettivo, comune. È teoricamente indiscutibile. Abbiamo trattato quest'argomento in tutta una serie di atti legislativi, ma sappiamo che non si tratta solo di legiferare, bensì di tradurre le leggi nella pratica, e sappiamo che ciò si ottiene quando si dispone di una grande industria molto forte, capace di offrire al piccolo produttore benefici tali da fargli vedere in pratica la superiorità della grande economia... Noi abbiamo non soltanto una minoranza, ma una piccola minoranza di proletariato e un'enorme maggioranza di contadini. E le condizioni nelle quali abbiamo dovuto difendere la rivoluzione hanno fatto sì che la soluzione dei nostri problemi risultasse terribilmente difficile. Non potevamo dimostrare in pratica tutti i vantaggi della grande produzione poiché tale produzione è stata distrutta e costretta a condurre un'esistenza quanto mai grama e la si può rimettere in piedi soltanto imponendo sacrifici a quegli stessi piccoli coltivatori... Quando noi concentriamo tutta la nostra attenzione sulla ricostruzione economica, dobbiamo sapere che di fronte a noi sta il piccolo coltivatore, il piccolo proprietario, il piccolo produttore, il quale lavora per il mercato fino alla completa vittoria della grande produzione, fino alla sua ricostruzione, e questa ricostruzione non può avvenire sulla vecchia base: si tratta di un lavoro di molti anni, di non meno di un decennio, probabilmente anche di più, data la situazione disastrosa in cui ci troviamo. Fino a quel momento dovremo avere a che fare, per lunghi anni, con questo piccolo produttore in quanto tale, e la parola d'ordine della libertà di commercio sarà inevitabile. Il pericolo che questa parola d'ordine rappresenta non sta nel fatto che essa serve a mascherare le aspirazioni delle guardie bianche e dei menscevichi, bensì nel fatto che essa può diffondersi, nonostante l'odio di quella stessa massa contadina per le guardie bianche. Essa si diffonderà proprio perché risponde alle condizioni economiche di esistenza del piccolo produttore. Ed è muovendo da queste considerazioni che il CC ha preso la sua decisione e ha aperto la discussione sul problema della sostituzione del sistema dei prelevamenti con un'imposta; oggi ha posto direttamente questo problema al congresso, e voi l'avete approvato con la vostra risoluzione odierna... D'altro canto, il prelevamento delle eccedenze era una misura resa assolutamente necessaria dallo stato di guerra, ma che non corrisponde alle condizioni dell'economia contadina in tempo di pace più o meno sicura. Il contadino deve avere la certezza che egli darà un tanto e potrà disporre di tanto per il commercio locale. Tutta la nostra economia, sia nel suo insieme sia nelle sue singole parti, era condizionata da cima a fondo dallo stato di guerra. Tenendo conto di queste condizioni fummo costretti a raccogliere una determinata quantità di viveri, senza tenere in alcun conto le conseguenze che ciò avrebbe avuto nella circolazione sociale. Ora, quando dai problemi della guerra passiamo a quelli della pace, cominciamo a considerare diversamente l'imposta in natura: la consideriamo non soltanto dal punto di vista degli interessi dello Stato, ma anche da quello degli interessi delle piccole aziende contadine. Dobbiamo comprendere le forme economiche della rivolta dei piccoli coltivatori nei confronti del proletariato che si sono manifestate e che vengono acuite dalla presente crisi. Dobbiamo cercare di fare il massimo possibile a questo riguardo. Questo è per noi il problema più importante... Finora ci siamo conformati ai compiti che la guerra ci imponeva.
Ora dobbiamo conformarci alle condizioni dei tempi di pace... D'altro canto, durante questo periodo di transizione, in un paese dove predominano i contadini, dobbiamo saper prendere misure che diano ai contadini la sicurezza economica, il massimo numero di misure atte a migliorare la loro situazione economica. Finché non avremo cambiato i contadini, finché la grande produzione meccanizzata non li avrà trasformati, bisogna garantire loro la possibilità di fare liberamente i loro affari. La situazione in cui ci troviamo è fluida, la nostra rivoluzione è accerchiata da paesi capitalistici. E finché ci troviamo in questa situazione, dobbiamo cercare forme di rapporti molto complesse. Schiacciati dalla guerra, non abbiamo potuto concentrare la nostra attenzione sul modo come impostare i rapporti economici e trovare forme di convivenza tra il potere statale proletario - che ha nelle sue mani una grande industria incredibilmente rovinata - e i piccoli coltivatori, i quali, finché rimangono tali, non possono vivere se alle loro piccole aziende non viene garantito un determinato sistema di scambio. Ritengo che attualmente questo sia il problema economico e politico più importante per il potere sovietico... Noi guardiamo a questi fenomeni dal punto di vista della lotta di classe e non abbiamo mai nutrito dubbi sul fatto che i rapporti tra il proletariato e la piccola borghesia costituiscono un problema difficile, che esige, per la vittoria del potere del proletariato, misure complesse o, più precisamente, tutto un insieme di complesse misure di transizione... Quando il passaggio alla pace avviene mentre si attraversa una crisi economica, bisogna ricordare che è più facile edificare uno Stato proletario in un paese di grande industria che non in un paese nel quale predomina la piccola produzione... Non dimentichiamo che esistono diverse classi, che la controrivoluzione piccolo-borghese anarchica costituisce una fase politica che porta al dominio delle guardie bianche. Dobbiamo avere in merito una visione chiara, realistica, tenendo presente che qui è necessaria, da un lato, la massima compattezza, fermezza e disciplina all'interno del partito del proletariato, mentre, dall'altro lato, è necessaria tutta una serie di misure economiche che non abbiamo potuto per ora realizzare a causa della congiuntura militare. Dobbiamo riconoscere che sono necessarie le concessioni, l'acquisto di macchine e attrezzi per i bisogni dell'agricoltura, affinché scambiandoli col grano, si possano ristabilire tra il proletariato e i contadini rapporti tali che garantiscano la loro esistenza nelle condizioni dei tempi di pace
.76


La Nep

Lenin indicò con estrema chiarezza la necessità della svolta con il passaggio dal comunismo di guerra alla nuova politica economica (Nep).
La Nep si sviluppò attraverso l'adozione di una serie di misure in campo economico, di iniziative legislative e di provvedimenti finanziari sviluppatisi, e questo è l'aspetto centrale e fondamentale, attraverso una politica di rafforzamento del potere della dittatura del proletariato; dell'alleanza tra la classe operaia e i contadini poveri e medi; di una grande battaglia ideologica di massa tesa a rafforzare la coscienza socialista; del grande impegno per la crescita culturale e delle conoscenze tecniche e scientifiche degli operai e dei contadini per fare emergere da queste classi i nuovi quadri dirigenti dell'economia e dello Stato e, al tempo stesso, poter affrontare lo scontro di classe con la borghesia che la Nep avrebbe alimentato nel paese.
Era infatti quello della Nep un sistema di economia mista di mercato e di piano dove si confrontavano da un lato forme privatistiche di produzione mercantile e l'esistenza di un libero commercio che inevitabilmente mantenevano in vita elementi capitalistici nell'economia nazionale; e, dall'altro, i cardini dell'economia: grande industria, trasporti, energia, sistema bancario in mano allo Stato sovietico. Lo scopo primario era quello di creare le condizioni per uno scambio regolare di prodotti dell'industria con quelli dell'agricoltura per affrontare e risolvere i problemi sociali e di sviluppo sia delle città sia delle campagne.
Il primo provvedimento adottato con il varo della Nep fu l'abolizione del prelevamento delle eccedenze agricole e la sua sostituzione con l'imposta in natura, calcolata proporzionalmente sulla base del raccolto e del tipo di azienda contadina (maggiore per i contadini ricchi, inferiore per quelli medi, bassa e in alcune zone nulla per i contadini poveri). Assolto il pagamento dell'imposta, il resto del prodotto rimaneva nella disponibilità del contadino che poteva commerciarlo liberamente. La liberalizzazione del commercio al dettaglio fu attuata con un decreto governativo del marzo 1921. Altri provvedimenti nel quadro della Nep furono la revoca, nel maggio 1921, del decreto sulla nazionalizzazione della piccola industria; un nuovo assetto per le grandi imprese, che furono raggruppate in trust con gestione autonoma dei bilanci; lo sviluppo di forme cooperativistiche di produzione, di vendita e di consumo. Furono anche presi provvedimenti tesi a stabilizzare la moneta e incidere in modo positivo sui problemi legati all'inflazione e all'alto deficit del bilancio statale, stimato dal governo russo nel 1920 attorno ai settecento miliardi di rubli. Venne istituita una imposta straordinaria sulla ricchezza. Introdotta, per un periodo limitato di tempo, una nuova unità monetaria, il cervonec, e adottate altre iniziative sia dal Gosbank (Banca di Stato), che dal Narkomfin (Commissariato del popolo alle finanze) che riportarono il bilancio statale in pareggio nell'esercizio finanziario 1923-1924.
In perfetta sintonia e in stretta unità d'azione con Lenin, Stalin al X Congresso definì i compiti immediati del partito nella questione nazionale per dare concreta attuazione a tutte le "misure dirette a favorire il progresso economico, politico e culturale delle masse lavoratrici delle nazioni e popolazioni arretrate e dare loro la possibilità di raggiungere la Russia centrale proletaria più progredita".77


L'unità del partito

Il X Congresso affrontò anche il tema importantissimo dell'unità del partito. Certo non era la prima volta nella sua storia. Ma adesso la situazione era assai diversa. Ora in Russia si era instaurata la dittatura del proletariato, e la classe operaia attraverso la sua avanguardia politica organizzata esercitava direttamente il potere. Tutto il processo di costruzione del socialismo e l'esercizio del potere della dittatura del proletariato non potevano certo esaurirsi nei soli atti amministrativi e di governo. Esso implicava una lotta a fondo in tutta la società per rendere la classe operaia, tutti gli operai e non solo quelli comunisti, e i contadini suoi alleati, partecipi e coscienti della vita sociale, economica e politica del paese; artefici diretti della formazione e della gestione del nuovo Stato. Tutto questo sta a significare la grande importanza sia delle politiche da adottare in ordine a qualsiasi problematica, che del modo, del metodo attraverso cui queste politiche sono concretamente attuate. Illuminante a questo proposito, fu la forte discussione che si sviluppò nei mesi immediatamente precedenti il X Congresso del partito attorno alla questione sindacale, al ruolo dei sindacati nella società sovietica, ai metodi di lavoro in essi, ecc. Una discussione assai importante, perché strettamente connessa alla svolta di politica economica a cui si stava preparando il paese. L'obiettivo principale cui mirava la nuova politica economica era la ripresa dell'industria. La realizzazione di questo obiettivo era possibile solo attraverso il sostegno convinto della classe operaia e dei suoi sindacati. Per questo, gli operai dovevano essere pienamente consapevoli del pericolo rappresentato dallo sfacelo economico, un pericolo certo meno appariscente e tangibile rispetto all'aggressione armata imperialista e alla guerra civile, ma altrettanto pericoloso per la Repubblica sovietica. La maggioranza del partito e del CC era consapevole di questo e sosteneva fermamente la politica leninista, ma vi era anche chi, tra militanti e dirigenti, non era d'accordo; chi, rispetto ai nuovi compiti di edificazione pacifica, appariva disorientato, soprattutto fra quanti erano da poco approdati nel partito bolscevico o provenivano da altre organizzazioni dalle non certo salde radici marxiste, pronti anziché a porre e chiarire le questioni nel rispetto del centralismo democratico, a creare divisioni, a formare gruppi, a perdersi in lunghe ed inutili diatribe, a creare confusione. Per costoro lo scopo non era discutere o chiarire una questione, ma attaccare la linea del partito, il CC e Lenin. Ed anche in merito alla questione sindacale vi fu chi agì in questo modo. A porre la questione fu Trotzki con la pubblicazione di un opuscolo intitolato "Funzione e compiti dei sindacati" che Lenin definì sorprendente per "il numero di errori teorici e di palesi inesattezze ivi concentrate"; e l'intervento che lo stesso Trotzki fece alla Quinta Conferenza dei sindacati di Russia, nel quale lanciò una serie di parole d'ordine quali "statizzazione dei sindacati", "stringere le viti", "scuotere i sindacati", tendenti in buona sostanza a bloccare lo sviluppo della democrazia nelle organizzazioni sindacali, e ad imporre in essi "metodi militari". Sulla questione, Stalin intervenne con un importante articolo, pubblicato dalla Pravda il 19 gennaio 1921 dal titolo "I nostri dissensi". "I nostri dissensi vertono sulla questione dei modi con i quali rafforzare la disciplina del lavoro nella classe operaia, sui metodi di rivolgersi alle masse operaie che sono state attratte nella attività diretta a far rinascere l'industria, sulle vie da seguire per trasformare i sindacati, attualmente deboli, in sindacati potenti, effettivamente di produzione, capaci di far risorgere la nostra industria. Esistono due metodi: il metodo della coercizione (metodo militare) e il metodo della persuasione (metodo sindacale)... Un gruppo di militanti del partito, diretto da Trotzki, inebriato dai successi ottenuti con l'impiego dei metodi militari nell'esercito, ritiene possibile e necessario trapiantare questi metodi nell'ambiente operaio, nei sindacati, per raggiungere i medesimi successi nell'azione intesa a rafforzare i sindacati e nella rinascita dell'industria... All'opposto dell'esercito, la classe operaia rappresenta un ambiente sociale omogeneo, che è predisposto, per la sua situazione economica, al socialismo, è facilmente accessibile all'agitazione comunista, si organizza volontariamente nei sindacati e costituisce, per tutti questi motivi, il fondamento, l'essenza dello Stato sovietico. Nessuna meraviglia quindi che l'impiego prevalente dei metodi della persuasione sia stato alla base del lavoro pratico dei nostri sindacati di produzione. Di qui sono sorti metodi d'azione puramente sindacali, quali la chiarificazione, la propaganda di massa, lo sviluppo dell'iniziativa e dell'attività creatrice delle masse operaie, l'elettività, ecc. Trotzki sbaglia, perché misconosce la differenza che esiste fra l'esercito e la classe operaia, pone sullo stesso piano le organizzazioni militari e i sindacati, cerca, probabilmente per inerzia, di trasferire i metodi militari dall'esercito ai sindacati, alla classe operaia...
Appare evidente che Trotzki non ha capito la differenza che passa fra organizzazione operaia e organizzazione militare, non ha capito che la contrapposizione dei metodi militari a quelli democratici (sindacali) è necessaria e inevitabile nel momento della fine della guerra e della rinascita dell'industria, che perciò è errato e nocivo trasferire i metodi militari nei sindacati... Questa incomprensione è la fonte degli errori di Trotzki... Alcuni pensano che le discussioni sulla democrazia nei sindacati siano vuote declamazioni... Altri ritengono che la democrazia nei sindacati sia, in sostanza, una concessione, ...che si tratti di un accorgimento diplomatico piuttosto che di un vero e proprio principio da seguire. È superfluo dire che sia gli uni che gli altri compagni errano profondamente. La democrazia nei sindacati, vale a dire quello che è d'uso chiamare 'metodi normali di democrazia proletaria all'interno dei sindacati', è una democrazia cosciente, propria delle organizzazioni operaie di massa, che presuppone la coscienza della necessità e dell'utilità dell'impiego sistematico dei metodi della persuasione verso le masse di milioni di operai organizzati nei sindacati. Senza questa coscienza la democrazia diventa una parola senza senso. Finché c'era la guerra e il pericolo era alle porte, gli appelli delle nostre organizzazioni 'per aiutare il fronte' incontravano la viva adesione degli operai, giacché il pericolo del disastro era troppo tangibile,... Allora non era difficile sollevare le masse. Ma adesso che il pericolo militare è eliminato e il nuovo pericolo, il pericolo economico (lo sfacelo economico), è ben lontano dall'essere altrettanto tangibile per le masse, è impossibile sollevare le grandi masse semplicemente con degli appelli... Per mettere in movimento milioni di operai contro lo sfacelo economico è necessario stimolare lo spirito di iniziativa, la coscienza, l'attività delle larghe masse, è necessario persuaderle, sulla base dei fatti concreti, che lo sfacelo economico costituisce un pericolo altrettanto reale e mortale del pericolo militare di ieri; è necessario far partecipare, attraverso sindacati organizzati in modo democratico, milioni di operai al lavoro per far rinascere la produzione. Soltanto così è possibile trasformare la lotta degli organi economici contro lo sfacelo economico in un compito che stia a cuore a tutta la classe operaia. Senza di questo è impossibile vincere sul fronte economico. In breve: la democrazia cosciente, il metodo della democrazia proletaria all'interno dei sindacati è l'unico metodo giusto dei sindacati di produzione... Nel suo discorso conclusivo, alla discussione svoltasi nell'assemblea del gruppo comunista al Congresso dei Soviet, Trotzki ha protestato contro l'introduzione dell'elemento politico nelle discussioni sui sindacati, sostenendo che la politica non vi ha nulla a che vedere. Bisogna dichiarare che Trotzki ha completamente torto. Non credo sia necessario dimostrare che nello stato operaio e contadino non può essere attuata nessuna decisione importante, che abbia un valore generale per lo Stato, soprattutto se riguarda direttamente la classe operaia, se questa decisione non riflette, in un modo o nell'altro, la situazione politica del paese. E, in generale, non è serio, è ridicolo, separare la politica dalla economia. Ma appunto perciò è necessario che ogni decisione del genere venga valutata in via preliminare anche dal punto di vista politico... La Repubblica socialista federativa sovietica della Russia e le repubbliche con lei federate contano adesso circa 140 milioni di abitanti. L'ottanta per cento di essi è costituito da contadini. Per dirigere questo paese è necessario che il potere sovietico abbia dalla sua parte la incrollabile fiducia della classe operaia, giacché soltanto per mezzo della classe operaia e con le forze della classe operaia è possibile dirigere questo paese. Ma per conservare e rafforzare la fiducia della maggioranza degli operai, è necessario sviluppare sistematicamente la coscienza, la attività, l'iniziativa della classe operaia, è necessario educare sistematicamente la classe operaia nello spirito del comunismo, organizzandola nei sindacati, facendola partecipare all'opera di edificazione dell'economia comunista. È evidentemente impossibile assolvere questo compito con i metodi della coercizione e 'scuotendo' i sindacati dall'alto, giacché questi metodi scindono la classe operaia... Oltre a ciò è facile comprendere come, in linea di massima, sia inconcepibile sviluppare con metodi coercitivi la coscienza delle masse e accrescere la loro fiducia nel potere sovietico. È evidente che soltanto 'con i metodi normali della democrazia proletaria all'interno dei sindacati', soltanto con i metodi della persuasione, sarà possibile assolvere il compito di rendere compatta la classe operaia, di aumentare la sua iniziativa e rafforzare la sua fiducia nel potere sovietico, fiducia che è tanto necessaria adesso per sollevare il paese alla lotta contro lo sfacelo economico. Come vedete, anche la politica parla a favore dei metodi della persuasione"
.78
Dietro a Trotzki, si mossero altri gruppi che si organizzarono in frazioni. Il gruppo denominatosi del "centralismo democratico" guidato tra gli altri da Sapronov, Ossinski e Smirnov, che rivendicava la piena libertà per le frazioni. L'"opposizione operaia" guidata da Scliapnikov e dalla Kollontai, che voleva affidare la gestione dell'economia nazionale al "congresso panrusso dei produttori", annullando la funzione dirigente del partito e il suo ruolo di avanguardia cosciente e organizzata della classe operaia. Funzione e ruolo che essi, nella loro visione anarco-sindacalista, affidavano e identificavano non nel partito comunista, ma nei sindacati. Nel CC vi furono poi alcuni dirigenti, Bucharin, Preobragenski, Sokolnikov, Serebriakov, che cercarono di coprire l'azione frazionistica dei trotzkisti, schierandosi di fatto a difesa di quanti agivano contro il partito, per dividerlo e lacerarlo. L'operato di costoro venne definito da Lenin "il colmo del decadimento ideologico". Lenin alla testa del CC condusse nel X Congresso una battaglia politica tenace e aperta per l'unità del partito, contro le tesi sostenute dai frazionisti, in primo luogo quella anarco-sindacalista del gruppo dell'"opposizione operaia" , chiarendo che il partito non avrebbe lasciato spazio alcuno a quanti, con il pretesto della libertà di critica, agivano per dividere e disgregare il partito. Lenin scrisse e presentò al Congresso due Risoluzioni, entrambe approvate, sulla deviazione sindacalista e anarchica e sull'Unità del partito.
"Da qualche mese - si legge nella prima di queste Risoluzioni - nelle file del partito si è nettamente rivelata una deviazione sindacalista e anarchica che rende necessari la lotta ideologica più decisa, l'epurazione e il risanamento del partito. Questa deviazione è parzialmente dovuta all'entrata nelle file del partito di ex menscevichi e di operai e contadini che non hanno ancora completamente assimilato l'ideologia comunista; ma è soprattutto dovuta all'influenza esercitata sul proletariato e sul PCR dall'elemento piccolo-borghese, che è particolarmente forte nel nostro paese, il che inevitabilmente genera delle oscillazioni verso l'anarchismo... L'espressione di questa deviazione... sono le tesi e le altre pubblicazioni del cosiddetto gruppo dell''opposizione operaia'. Abbastanza significativa è, per esempio, la tesi seguente: 'Il compito di organizzare la gestione dell'economia nazionale spetta al congresso dei produttori di tutta la Russia, riuniti in sindacati di produzione, che eleggono un organo centrale che diriga tutta l'economia nazionale della repubblica' ...In primo luogo, nel concetto di 'produttori' sono compresi il proletario, il semiproletario, il piccolo produttore di merci; ci si scosta quindi radicalmente dal concetto fondamentale della lotta di classe e dall'esigenza fondamentale di distinguere nettamente le classi. In secondo luogo, puntare sulle masse senza partito o civettare con esse, come fa la tesi citata, costituisce una deviazione non meno radicale del marxismo. Il marxismo insegna... che soltanto il partito politico della classe operaia, cioè il partito comunista, è in grado di raggruppare, di educare, di organizzare l'avanguardia del proletariato e di tutte le masse lavoratrici, unica capace di resistere alle oscillazioni piccolo-borghesi di queste masse, alle inevitabili tradizioni o recidività di grettezza o di pregiudizi corporativi che si riscontrano tra il proletariato e di dirigere l'azione unificata di tutto il proletariato, cioè di dirigere politicamente il proletariato e, per il suo tramite, tutte le masse lavoratrici. Senza di ciò la dittatura del proletariato è irrealizzabile. La concezione sbagliata della funzione del partito comunista nei suoi rapporti col proletariato senza partito e, per quanto riguarda il primo e il secondo fattore, con tutta la massa lavoratrice, costituisce un radicale allontanamento teorico dal comunismo e una deviazione verso il sindacalismo e l'anarchismo della quale è permeata tutta l'ideologia dell''opposizione operaia'...".79
Lenin peraltro chiarisce con acutezza cosa si deve intendere per "deviazione", evidenziando la precisa volontà e la cura che devono ispirare il partito nel recuperare a sé, quanti vogliono e possono rimanere un tutt'uno con il partito. "Dicendo 'deviazioni' - precisa Lenin, - sottolineiamo che non vi scorgiamo ancora nulla di definitivamente costituito, nulla di assoluto e di completamente definito, ma soltanto l'inizio di un orientamento politico che il partito non può fare a meno di giudicare... La deviazione non è ancora una corrente definita; è una cosa che si può correggere. Della gente si è un po' allontanata dalla giusta via o incomincia ad allontanarsene, ma è ancora possibile correggerla. È questo, a mio parere, ciò che esprime la parola russa 'deviazione'. Essa sottolinea che non c'è ancora nulla di definitivo, che è una cosa facile da correggere, esprime il desiderio di mettere in guardia e di porre il problema in tutta la sua pienezza, sul piano dei principi.80
Nella Risoluzione sull'Unità del partito, infine, Lenin evidenzia la necessità di combattere energicamente per estirpare dal partito il bubbone del frazionismo. Ecco, in sintesi, i sette punti della Risoluzione.
"1) Il congresso richiama l'attenzione di tutti i membri del partito sul fatto che l'unità e la compattezza della sue file, la garanzia di una completa fiducia reciproca tra i membri del partito e di un vero affiatamento nel lavoro, che incarni effettivamente l'unità d'intenti dell'avanguardia proletaria, sono assolutamente necessarie in questo momento in cui un complesso di circostanze accentua i tentennamenti tra gli strati piccolo-borghesi della popolazione. 2) Tuttavia, ancor prima della discussione generale sui sindacati, nel partito si sono manifestati alcuni sintomi di frazionismo, sono cioè apparsi gruppi con una piattaforma propria e con una certa tendenza a isolarsi e a creare una propria disciplina di gruppo. Tali sintomi di frazionismo si sono avuti... sia nel gruppo della cosiddetta 'opposizione operaia', sia, parzialmente, nel gruppo del cosiddetto 'centralismo democratico'. È necessario che tutti gli operai coscienti comprendano chiaramente quanto dannoso e inammissibile sia ogni genere di frazionismo, in quanto, anche se i rappresentanti dei singoli gruppi desiderano salvaguardare l'unità del partito, esso porta inevitabilmente a indebolire l'affiatamento nel lavoro e a intensificare i reiterati tentativi dei nemici che si sono infiltrati nel partito al governo di approfondire la scissione e di utilizzarla a vantaggio della controrivoluzione. La sommossa di Kronstadt è stata forse l'esempio più lampante del modo in cui i nemici del proletariato sfruttano ogni deviazione dalla linea comunista rigorosamente conseguente... Questi fatti dimostrano chiaramente che le guardie bianche cercano, e vi riescono, di travestirsi da comunisti e persino da comunisti di estrema sinistra, pur di indebolire e di abbattere il baluardo della rivoluzione proletaria in Russia... 3) Nella propaganda su questo argomento si deve spiegare particolareggiatamente, da un lato, come il frazionismo danneggi e metta in pericolo l'unità del partito e l'attuazione dell'unità di intenti dell'avanguardia proletaria, condizione principale per il successo della dittatura del proletariato e, dall'altro lato, il carattere originale dei nuovi metodi tattici seguiti dai nemici del potere sovietico... Questi nemici fanno adesso ogni sforzo per aggrapparsi alle divergenze in seno al Partito comunista russo e per far progredire in un modo o nell'altro la controrivoluzione trasferendo il potere alla tendenza politica apparentemente più vicina al potere sovietico... 4) Nella lotta pratica contro il frazionismo è necessario che ogni organizzazione di partito vigili con molto rigore affinché non sia tollerata nessuna azione frazionistica. La critica, assolutamente necessaria, dei difetti del partito deve essere fatta in modo che ogni proposta pratica sia inviata subito, senza ritardo, nella forma più chiara possibile, agli organi dirigenti, locali e centrali, del partito perché la discutano e decidano. Chi formula una critica deve inoltre tener presente, per la forma in cui esprimerla, la situazione del partito, accerchiato da nemici, mentre il contenuto deve, con la sua partecipazione diretta al lavoro dei soviet e del partito, verificare in pratica come correggere gli errori del partito o di singoli suoi membri. Ogni analisi della linea generale del partito, o la valutazione della sua esperienza pratica, il controllo dell'adempimento delle sue decisioni, o lo studio dei modi atti a correggere gli errori, ecc., non debbono in nessun caso essere discussi preventivamente da gruppi costituiti attorno ad una 'piattaforma', ecc., ma debbono essere esclusivamente sottoposti alla discussione immediata di tutti i membri del partito... 5) ... Il partito continuerà instancabilmente, sperimentando metodi nuovi, a lottare con tutti i mezzi contro il burocratismo, per estendere la democrazia e lo spirito d'iniziativa, per scoprire, smascherare ed espellere gli intrusi insinuatisi nel partito, ecc. 6) Perciò il congresso dichiara sciolti e ordina di sciogliere immediatamente, senza eccezioni, tutti i gruppi formatisi attorno a qualsiasi piattaforma (come, ad esempio, il gruppo dell''opposizione operaia', quello del 'centralismo democratico', ecc.). L'inadempienza di questa decisione del congresso deve avere, assolutamente e immediatamente, come conseguenza l'espulsione dal partito. 7) Per ottenere una severa disciplina in seno al partito e in tutta l'attività dei soviet, e per raggiungere la massima unità, eliminando qualsiasi frazionismo, il congresso dà pieni poteri al Comitato centrale di applicare, nei casi di violazione della disciplina o di ricostituzione o di tolleranza delle frazioni, tutte le sanzioni del partito, compresa l'espulsione, e per i membri del Comitato centrale la retrocessione a candidati e persino, come misura estrema, l'espulsione dal partito...".81
La Risoluzione sull'unità del partito, approvata dal X Congresso, rimarrà un atto fondamentale a difesa del partito e del potere operaio e contadino in URSS.