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Stalin, la vita e l'opera

Capitolo 11
La ritirata è finita
 

 
L'XI Congresso del PC(b)R

Ad un anno esatto di distanza dal varo della Nep, Lenin tracciò il bilancio del lavoro svolto e sviluppò le linee guida per l'attività futura e i nuovi compiti. Lo fece nell'ambito dei lavori dell'XI Congresso del partito svoltosi dal 27 marzo al 2 aprile del 1922. Fu l'ultimo congresso al quale poté partecipare, dato l'aggravarsi del suo stato di salute. Lì espose il suo pensiero come era solito fare, in modo preciso e assai circostanziato.
"La questione principale - affermò Lenin nel suo Rapporto politico - è naturalmente la nuova politica economica, questione che ha dominato tutto l'anno testé trascorso... Nessun legame esisteva fra l'economia contadina e la nuova economia che noi cercavamo di creare. Esiste oggi? Non ancora. Incominciamo soltanto a stabilirlo. Tutto il significato della nuova politica economica, (...) è qui, e qui soltanto: trovare il legame tra l'economia contadina e la nuova economia che noi stiamo creando con immensi sforzi. In questo consiste il nostro merito; senza questo non saremmo dei rivoluzionari comunisti... Noi edifichiamo la nostra economia unitamente ai contadini. Questa economia dobbiamo ripetutamente modificarla e edificarla in modo tale che esista un legame fra il nostro lavoro nel campo della grande industria e dell'agricoltura socialista e il lavoro che ogni contadino compie come meglio può, cercando di uscire dalla miseria... Legarsi alle masse contadine, al semplice contadino lavoratore e incominciare ad avanzare molto, ma molto più lentamente di quanto avevamo sognato, però, in compenso, in modo tale che con noi avanzi realmente tutta la massa. Allora, a tempo opportuno, il moto si accelererà come oggi non possiamo neanche sognare. Questo è, a parer mio, il primo insegnamento politico fondamentale della nuova politica economica. Il secondo insegnamento, più specifico, è che le imprese statali e quelle capitalistiche devono essere messe alla prova per mezzo della competizione... Le società miste, che abbiamo incominciato a creare e di cui fanno parte capitalisti privati - russi e stranieri - e comunisti, sono una delle forme in cui si può impostare in modo giusto la competizione, in cui si può dimostrare che sappiamo, non peggio dei capitalisti, stabilire un legame con l'economia contadina, che possiamo soddisfarne i bisogni e aiutarla ad avanzare, anche nelle condizioni in cui versa, cioè nonostante tutta la sua arretratezza, dal momento che non è possibile trasformarla in breve tempo".
" 'l'ultima battaglia decisiva' - rimarcò Lenin a tutti i delegati dell'Assise comunista è - ... contro il capitalismo russo, che è generato e alimentato dalla piccola azienda contadina. Ecco dove nel prossimo futuro si svolgerà la battaglia, di cui non possiamo stabilire con precisione la data. Qui ci attende 'l'ultima battaglia decisiva': né vi potranno essere scappatoie politiche o di altro genere, poiché questo è un esame in competizione con il capitale privato. O supereremo questo esame, in competizione con il capitale privato, o faremo fiasco. Per sostenere questo esame abbiamo il potere politico, abbiamo una grande quantità di risorse di ogni genere, economiche e altre, abbiamo tutto ciò che volete, eccetto l'abilità. Ci manca l'abilità. Se quindi dall'esperienza dello scorso anno trarremo questo semplice insegnamento e lo terremo presente come guida per tutto il 1922, vinceremo anche questa difficoltà, nonostante sia maggiore della precedente, poiché è in noi stessi. Si tratta di qualcosa di diverso da un qualsiasi nemico esterno. È una difficoltà che consiste nel fatto di non voler noi stessi riconoscere la spiacevole verità alla quale non possiamo sfuggire, nel non volerci porre nella spiacevole situazione in cui dobbiamo porci: incominciare a studiare dal principio. Questo è il secondo insegnamento che, a parer mio, scaturisce dalla nuova politica economica... Il terzo, che è supplementare, riguarda il capitalismo di Stato. Peccato che non sia presente al congresso Bucharin. Avrei voluto discutere un pochino con lui, ma è meglio rimandare la cosa al prossimo congresso. Nella questione del capitalismo di Stato, ritengo in generale che la nostra stampa e il nostro partito commettono l'errore di cadere nell'intellettualismo, nel liberalismo. Ci stilliamo il cervello per comprendere il capitalismo di Stato e sfogliamo i vecchi libri. Ma vi si parla di tutt'altro: vi si parla del capitalismo di Stato che esiste nel regime capitalistico, ma non c'è nemmeno un libro che parli del capitalismo di Stato che esiste nel regime comunista. Nemmeno a Marx è venuto in mente di scrivere una sola parola a questo proposito, ed è morto senza lasciare nessuna citazione precisa o indicazione irrefutabile. Perciò dobbiamo cavarcela da soli... Perciò il capitalismo di Stato disorienta molti, moltissimi. Perché ciò non accada bisogna ricordare l'essenziale, cioè che il capitalismo di Stato, nella forma in cui esiste nel nostro paese, non è analizzato in nessuna teoria, in nessuna pubblicazione, per la semplice ragione che tutti i concetti abituali connessi a queste parole riguardano il potere borghese in una società capitalistica. Ma la nostra è una società che è uscita dai binari capitalistici e che ancora non si è messa su nuovi binari; e alla direzione di questo Stato non si trova la borghesia, bensì il proletariato. Noi non vogliamo comprendere che quando diciamo 'lo Stato', questo Stato siamo noi, è il proletariato, è l'avanguardia della classe operaia... Il capitalismo di Stato è quel capitalismo che dobbiamo circoscrivere entro i limiti determinati, cosa che finora non siamo riusciti a fare. Ecco il punto. E sta a noi decidere che cosa deve essere questo capitalismo di Stato. Di potere politico ne abbiamo a sufficienza, del tutto a sufficienza, i mezzi economici a nostra disposizione sono pure sufficienti, ma l'avanguardia della classe operaia, che è stata portata in primo piano per dirigere, per stabilire i limiti, per distinguersi, per sottomettere e non essere sottomessa, non ha sufficiente abilità per farlo. Qui occorre soltanto dell'abilità, ed è quello che ci manca... Il nocciolo della questione sta nel comprendere che questo è il capitalismo che possiamo e dobbiamo permettere, che possiamo e dobbiamo mantenere entro certi limiti, perché questo capitalismo è necessario alle masse contadine e al capitale privato, che deve commerciare in modo tale da soddisfare i bisogni dei contadini. È necessario fare in modo che sia possibile il decorso abituale dell'economia capitalistica e della circolazione capitalistica, poiché ciò è indispensabile al popolo, e senza di ciò è impossibile vivere... Saprete voi comunisti, voi operai, voi parte cosciente del proletariato che si è accinta a dirigere lo Stato, saprete voi fare in modo che lo Stato che avete preso nelle vostre mani funzioni a modo vostro? Ed ecco, un anno è trascorso; lo Stato è nelle nostre mani, ma ha forse funzionato a modo nostro, nelle condizioni della nuova politica economica? No. Noi non vogliamo riconoscerlo: non ha funzionato a modo nostro. E come ha funzionato? La macchina sfugge dalle mani di chi la guida ...Il fatto è che la macchina non va nella direzione immaginata da chi siede al volante, anzi talvolta va nella direzione opposta. Questo è quel che più conta e che si deve ricordare nella questione del capitalismo di Stato. In questo settore fondamentale bisogna studiare incominciando dal principio, e solo quando saremo completamente convinti di questo e ne saremo coscienti, potremo essere certi che impareremo".
Rafforzare l'alleanza operai contadini
"Per un anno
- affermò poi Lenin, passando alla trattazione dei nuovi compiti - ci siamo ritirati. Ora a nome del partito dobbiamo dire: basta! Lo scopo perseguito con la ritirata è stato raggiunto. Questo periodo sta per finire o è già finito. Ora ci si pone un altro obiettivo: raggruppare le forze in un altro modo... La ritirata è finita; si tratta ora di raggruppare di nuovo le forze. Questa è la direttiva che deve emanare dal congresso, direttiva che dovrà por termine allo scompiglio, alla baraonda. Calmatevi, non stillatevi il cervello: ciò sarà contato al vostro passivo. Dovete dimostrare praticamente che non lavorate peggio dei capitalisti. I capitalisti stabiliscono un legame economico con i contadini per arricchirsi; voi dovete creare un legame con l'economia contadina per rafforzare il potere economico del nostro Stato proletario. Di fronte al capitalista avete un vantaggio, perché il potere statale e moltissimi mezzi economici sono nelle vostre mani, soltanto non sapete utilizzarli; ... Noi abbiamo il potere statale, disponiamo di una gran quantità di mezzi economici; se batteremo il capitalismo e creeremo un legame con l'economia contadina saremo una forza assolutamente invincibile. E allora l'edificazione del socialismo non sarà l'opera di quella goccia nel mare che si chiama partito comunista, ma di tutta la massa dei lavoratori; allora il semplice contadino vedrà che noi lo aiutiamo, e ci seguirà in modo tale che se anche questo passo sarà compiuto cento volte più lentamente, in compenso sarà un milione di volte più fermo e sicuro. Ecco in qual senso bisogna parlare di fermare la ritirata, e sarebbe bene fare, in questa o quella forma, di questa parola d'ordine una risoluzione del congresso... E qui bisogna formulare chiaramente una domanda: in che cosa consiste la nostra forza e che cosa ci manca? Di potere politico ne abbiamo assolutamente a sufficienza... La forza economica fondamentale è nelle nostre mani. Tutte le grandi aziende con un peso decisivo, le ferrovie, ecc. sono nelle nostre mani... Che cosa manca allora? È chiaro: manca la cultura fra i comunisti che hanno funzioni dirigenti... Sapranno i comunisti che occupano posti di responsabilità nella Repubblica federale russa e nel partito comunista capire che non sanno dirigere? che credono di guidare e in realtà sono guidati? Se lo capiranno impareranno certamente, perché è possibile imparare; ma per far questo bisogna studiare, e da noi non si studia. Si sventolano ordini e decreti a destra e a sinistra, e il risultato è del tutto diverso da quello che si vorrebbe. L'emulazione, la competizione da noi posta all'ordine del giorno con la Nep, è una competizione seria. Sembrerebbe che dovrebbe svolgersi in tutti gli organismi governativi, ma in realtà è ancora una forma di lotta tra le due classi inconciliabilmente nemiche. È ancora una forma della lotta fra la borghesia e il proletariato, una lotta che non è ancora portata a termine e che perfino negli organismi centrali di Mosca, nel campo della cultura, non è stata vinta. Giacché spesso i funzionari borghesi sono più competenti dei nostri migliori comunisti, che hanno tutto il potere e tutte le possibilità, ma non sanno affatto servirsi di tutti i loro diritti e di tutto il loro potere... E ora che cos'è l'essenziale?... Noi siamo giunti alla conclusione che nella presente situazione l'essenziale sono gli uomini, l'essenziale è la scelta degli uomini ... l'essenziale sta nel fatto che a un comunista responsabile, il quale ha fatto molto bene tutta la rivoluzione, è stato addossato un lavoro industriale o commerciale di cui non capisce un'acca, e noi non possiamo discernere la verità, perché dietro alle sue spalle si nascondono affaristi e imbroglioni. Il fatto è che da noi non esiste il controllo pratico di ciò che viene eseguito. È un compito prosaico, minuto, sono minuzie, ma noi viviamo, dopo un grandioso rivolgimento politico, in condizioni tali che dobbiamo restare ancora per qualche tempo in mezzo al sistema e alle forme capitalistiche... scegliete gli uomini adatti e controllate l'esecuzione pratica, e questo il popolo lo apprezzerà. Nella massa del popolo noi siamo ancora come una goccia nel mare, e possiamo esercitare il potere soltanto quando sappiamo esprimere giustamente ciò di cui il popolo ha coscienza. Diversamente, il partito comunista non guiderà il proletariato, e il proletariato non guiderà le masse al suo seguito, e tutta la macchina andrà in pezzi. Ora per il popolo e per tutte le masse lavoratrici l'essenziale è solo che si dia un aiuto pratico a chi ne ha un bisogno disperato e ha fame, e che si faccia vedere che c'è un miglioramento reale, necessario al contadino e comprensibile. Il contadino conosce il mercato e conosce il commercio. Noi non abbiamo potuto introdurre una diretta distribuzione comunista. Per farlo ci mancavano le fabbriche e le attrezzature. Dobbiamo quindi dare al contadino ciò di cui ha bisogno attraverso il commercio, ma non peggio di quanto faceva il capitalista, altrimenti il popolo non potrà tollerare un tale governo. Questo è il fulcro della situazione. E se non accadrà nulla di imprevisto, ciò deve diventare il centro di tutto il nostro lavoro di quest'anno, alle tre seguenti condizioni. In primo luogo, a condizione che non vi sia un intervento armato. Con la nostra diplomazia noi facciamo tutto il possibile per evitarlo; ...Abbiamo di fronte a noi tutto il mondo borghese, che cerca solo la forma adatta per soffocarci. I nostri menscevichi e socialisti-rivoluzionari non sono null'altro che gli agenti di questa borghesia. Questa è la loro posizione politica. La seconda condizione è che la crisi finanziaria non sia troppo grave. Essa sta avvicinandosi. ... Se la crisi sarà troppo forte e grave, dovremo di nuovo riorganizzare molte cose e concentrare tutte le forze in un solo punto... E la terza condizione è quella di non commettere errori politici in questo periodo".82
Imparare, divenne la parola d'ordine. Era essenziale che i comunisti imparassero a gestire i settori economici e a commerciare: per sviluppare tanto l'agricoltura che l'industria; per rafforzare l'alleanza economica tra gli operai e i contadini; perché le organizzazioni statali fossero in grado di fare concorrenza al capitale privato nel campo del commercio; per sviluppare la circolazione dei prodotti fra città e campagna e per contrapporsi, sul piano pratico, all'attività dei commercianti borghesi, i nepman, che, approfittando della debolezza del commercio sovietico e anche dell'incapacità dei comunisti a commerciare, acquisivano un ruolo predominante nel settore del commercio dei generi di largo consumo.


Segretario generale del PC(b)R

L'XI Congresso del PC(b)R recepì le indicazioni di Lenin e anche se non sempre lineare fu l'applicazione coerente della politica leninista, essa portò, poco a poco, ad un certo miglioramento della situazione economica e, soprattutto, alla creazione delle condizioni necessarie a far sì, per dirla con Lenin, che la Russia della Nep potesse trasformarsi nella Russia socialista.
Questo cammino si compirà in maniera completa e definitiva sotto la guida attenta e vigile di Stalin. Al termine dell'XI Congresso, il 2 aprile 1922, egli fu infatti riconfermato nel CC. Il giorno successivo la sessione plenaria del CC istituì la carica di Segretario generale del CC. Carica alla quale, su proposta di Lenin, venne eletto Stalin.
Fin dai mesi successivi all'XI Congresso il difficile lavoro di ricostruzione dell'industria e dell'agricoltura della Russia sovietica, pur tra tante contraddizioni, alti e bassi e repentini aggiustamenti, cominciò ad ottenere i primi concreti e significativi risultati. Grazie alle condizioni create dalla Nep, cominciò ad aumentare la produzione e a svilupparsi il collegamento delle aziende contadine con il mercato. Lentamente, ma costantemente, miglioravano la situazione economica e le condizioni di vita del popolo. Nelle campagne l'obiettivo principale era l'incremento del raccolto e l'ampliamento dei terreni coltivabili. Ma non solo. Lo Stato sovietico si adoperò per divulgare tra i contadini le conoscenze di agronomia, per far conoscere e applicare i più moderni metodi di coltivazione ed allevamento del bestiame. Si crearono a questo scopo delle fattorie modello, dei centri di allevamento e delle basi di agronomia. Per sopperire all'ancora insufficiente capacità del sistema industriale di produrre la quantità di macchine e attrezzature agricole utili alla meccanizzazione dell'agricoltura, vennero creati dei centri di noleggio di queste macchine ai quali i contadini potevano rivolgersi per disporre dell'attrezzatura necessaria alle diverse fasi produttive. Venne organizzato il prestito da parte dello Stato delle sementi ai contadini e l'aiuto ai contadini stessi in caso di cattivo raccolto. Nel 1922 la RSFSR approvò il Codice agrario che impartì ordine legale alle forme di usufrutto della terra e ai vantaggi connessi alle forme collettive di sfruttamento della terra; al diritto dei contadini alla libera scelta di queste forme; alle condizioni per l'affitto della terra e per l'impiego del lavoro salariato nel quadro però, dell'assoluto rispetto della legislazione sovietica. I Codici agrari vennero istituiti anche nelle altre Repubbliche sovietiche sulla base delle esigenze locali e delle particolarità nazionali in esse presenti. Tutto ciò fu determinante per dare concretezza e possibilità di sviluppo ai rapporti di produzione socialisti nelle campagne attraverso l'incremento della cooperazione, dei colcos e dei sovcos in contrapposizione e in concorrenza con la piccola economia contadina generatrice di rapporti borghesi.
Nel campo dell'industria e in particolare della grande industria, lo Stato sovietico si mosse in primo luogo per favorirne il ripristino e la riorganizzazione. All'inizio, negli anni 1921 e 1922, gli sforzi si concentrarono principalmente nella rinascita dell'industria carbonifera, petrolifera, metallurgica e, nell'industria leggera, nel settore tessile. Già nel 1923 emergevano segni evidenti di ripresa dati soprattutto da un aumento significativo del numero di operai occupati e dal raggiungimento della produzione globale pari a circa il 35% del livello prebellico. Non era poco, visto il grado di distruzione dell'apparato produttivo da cui si era partiti.


Migliorare le condizioni di vita della classe operaia

Al centro delle preoccupazioni del partito bolscevico e del governo sovietico rimaneva comunque sempre il miglioramento delle condizioni materiali di vita della classe operaia. Ciò che, pur nelle condizioni difficili di quel periodo, si realizzò, rende giustizia delle spudorate e menzognere campagne propagandistiche messe in atto da quanti hanno voluto far credere che il potere sovietico mirava soltanto a consolidare "se stesso", infischiandosene della condizione materiale degli operai e dei contadini o, peggio ancora, a scapito di questa condizione materiale. E infatti, proprio in quegli anni, si fece molto anche per creare le condizioni per lo sviluppo dell'edilizia abitativa, per la ristrutturazione delle vecchie case e la costruzione di nuovi alloggi per gli operai e le loro famiglie.
Una parte notevole del bilancio statale venne inoltre investita nella sanità pubblica e nella costruzione di ospedali, sanatori e farmacie. I palazzi dello zar in Crimea, nel Caucaso e sul Mar Nero vennero adibiti a Case di cura e di riposo per i lavoratori e fu introdotto per gli operai e gli impiegati il servizio medico gratuito.
Ovunque nelle diverse Repubbliche sovietiche fu applicata la giornata lavorativa di otto ore e un orario ridotto per i giovani sotto i diciotto anni. Fu introdotta la parità salariale fra uomini e donne; fu istituito il sistema pensionistico e un sistema di assicurazione sociale per i lavoratori invalidi e per la disoccupazione.
Nel 1922 entrò in vigore la legislazione del lavoro. Ciò ancorché necessario, si era reso indispensabile con l'introduzione della Nep: a controllo, ma anche a garanzia delle proprietà e per regolare l'attività dei capitalisti nel rispetto delle leggi sovietiche e a salvaguardia dei diritti dei lavoratori. Nacque così il Codice del Lavoro. La sua elaborazione non fu opera di una cerchia ristretta di "specialisti" o di funzionari governativi, ma ebbe il contributo diretto della classe operaia attraverso il dibattito di massa e la partecipazione dei rappresentanti operai alla sua stesura e approvazione.
La Nep fu la politica adottata dai comunisti russi per operare al meglio per la ricostruzione e il rilancio economico del paese. Il CC leninista era assolutamente cosciente degli spazi di iniziativa che questa politica avrebbe lasciato al capitalismo, così come dei pericoli ad essa connessa. Era però altrettanto cosciente che, dopo l'Ottobre, il socialismo si poteva e si doveva instaurare in Russia. Questo a vantaggio del proletariato e del popolo russo, ma anche a vantaggio della classe operaia internazionale, del suo progresso, dello sviluppo della sua lotta rivoluzionaria. E per raggiungere questo importante e storico obiettivo, la costruzione del socialismo in URSS, la Nep era l'unica via percorribile, ad essa non c'era alternativa. Lenin nel X e XI congresso del partito bolscevico tracciò la strada e lanciò apertamente la sfida della competizione tra socialismo e capitalismo, sottolineando con forza come la classe operaia, attraverso la sua organizzazione politica d'avanguardia, il partito comunista, e l'apparato statale sovietico dovessero attrezzarsi al meglio per affrontare questa sfida e sostenere lo scontro. La lotta di classe e solo essa, infatti, avrebbe deciso chi, tra il proletariato e la borghesia russi, avesse vinto questa sfida.


Il XII Congresso del PC(b)R

Ecco come Stalin un anno dopo, nell'aprile del 1923, nel suo Rapporto organizzativo al XII Congresso del PC(b)R, il primo svoltosi senza la presenza di Lenin, inquadrò i seguenti problemi: l'apparato statale - attraverso cui la classe operaia, guidata dal partito, esercita la sua direzione sui contadini e gli strati sociali che costituiscono la base sociale della rivoluzione -; e il partito stesso, come organismo e come apparato che stabilisce le direttive e ne controlla l'attuazione.
L'apparato statale - dice Stalin - "... è il principale apparato di massa che lega la classe operaia, rappresentata al potere dal suo partito, con i contadini, e dà alla classe operaia, rappresentata dal suo partito, la possibilità di dirigere i contadini. Mi riferisco direttamente, per questa parte del mio rapporto, a due noti articoli del compagno Lenin (si tratta degli articoli "Come riorganizzare l'ispezione operaia e contadina" e "Meglio meno, ma meglio", ndr). A molti l'idea sviluppata dal compagno Lenin nei suoi due articoli è sembrata assolutamente nuova. A mio avviso, l'idea sviluppata in questi articoli assillava Vladimir Ilic sin dall'anno scorso. Voi ricordate certamente il suo rapporto politico dell'anno scorso. Egli disse che la nostra politica è giusta, ma che l'apparato funziona in modo difettoso e perciò la macchina non si muove nella direzione in cui dovrebbe, ma sbanda... La politica è giusta, il conducente è magnifico, il tipo della macchina è buono, poiché è sovietico, ma alcuni pezzi che compongono la macchina statale, cioè certi dirigenti dell'apparato statale, sono cattivi, non sono nostri. Perciò la macchina funziona male e si ha in complesso una deformazione della giusta linea politica. Non si ha l'attuazione, ma la deformazione della linea politica. Il tipo dell'apparato statale, ripeto, è giusto, ma alcune sue parti costitutive sono ancora estranee a noi, burocratiche, per metà zariste e borghesi. Noi vogliamo avere nell'apparato statale uno strumento al servizio delle masse popolari, e alcuni individui che fanno parte di questo apparato statale lo vogliono trasformare in una greppia. Ecco perché l'apparato statale, nel suo complesso, funziona male. Se non ne correggeremo i difetti, non potremo andare lontano, anche se abbiamo una linea politica giusta: questa linea verrà snaturata, si avrà una rottura tra la classe operaia e i contadini. Accadrà che, sebbene noi siamo al volante, la macchina non risponderà ai comandi. Si andrà incontro al fallimento. Queste sono le idee che Lenin ha sviluppato fin dall'anno scorso e che solo quest'anno ha elaborato in un sistema armonico di riorganizzazione della Commissione centrale di controllo e della Ispezione operaia e contadina; questo apparato di controllo, una volta riorganizzato, deve trasformarsi in una leva per rinnovare tutti i pezzi che compongono la macchina, per sostituire i vecchi pezzi inservibili con dei nuovi, se vogliamo effettivamente far muovere la macchina nella direzione in cui deve procedere. Questa, in sostanza, la proposta del compagno Lenin... Il problema si pone in questi termini: o miglioreremo gli apparati economici, ne ridurremo l'organico, li semplificheremo, li renderemo più a buon mercato, li completeremo con persone molto vicine al nostro partito, e allora raggiungeremo l'obiettivo per cui abbiamo introdotto la cosiddetta NEP, vale a dire l'industria produrrà per fornire il massimo dei prodotti industriali alla campagna e ottenerne i generi alimentari indispensabili, e instaureremo così stretti legami fra l'economia contadina e quella industriale. Oppure non raggiungeremo questo obiettivo e andremo incontro al fallimento. E ancora: o lo stesso apparato statale, l'apparato tributario, sarà semplificato, ridotto, ne saranno cacciati via i ladri e i bricconi, e allora potremo prendere ai contadini meno di quel che prendiamo oggi e l'economia nazionale reggerà alla prova; oppure questo apparato si trasformerà in un organismo fine a se stesso, ... e tutto quello che si prenderà ai contadini dovrà essere speso per mantenere l'apparato stesso, e allora si avrà il fallimento politico.
Queste considerazioni, secondo la mia opinione, hanno guidato Vladimir Ilic quando scriveva questi articoli. Le proposte del compagno Lenin hanno anche un altro aspetto. Egli non mira solo a migliorare l'apparato e a rafforzare al massimo la funzione dirigente del partito - giacché il partito ha edificato lo stato, lo deve anche migliorare - ma si riferisce evidentemente anche al lato morale della questione. Egli vuole ottenere che nel paese non resti nessun grosso papavero, per quanto altolocato, del quale gli uomini semplici possano dire: per costui non esiste la legge. Questo il lato morale che costituisce il terzo aspetto della proposta di Ilic; questa proposta pone precisamente il compito di epurare non solo l'apparato statale, ma anche il partito da quelle tradizioni e da quelle abitudini burocratiche che compromettono il nostro partito. Passo ora al problema della scelta dei dirigenti, che è il problema di cui Ilic ha già parlato all'XI Congresso. Se è evidente per noi che il nostro apparato statale per la sua composizione, per le sue abitudini e tradizioni è insoddisfacente, per cui ci sovrasta la minaccia di una rottura fra gli operai e i contadini, è chiaro che la funzione dirigente del partito non deve esprimersi solo nel dare delle direttive, ma anche nel porre in determinati posti uomini capaci di comprendere le nostre direttive e capaci di realizzarle onestamente. Non occorre dimostrare che fra il lavoro politico del Comitato Centrale e il lavoro organizzativo non si può tracciare una barriera invalicabile. Qualcuno di voi forse potrà pensare che una volta tracciata una buona linea politica tutto finisca qui. No, in questo caso si è solo a metà dell'opera. Dopo avere tracciato una giusta linea politica è indispensabile scegliere i dirigenti in modo da mettere nei vari posti uomini che sappiano tradurre in pratica le direttive, che siano capaci di comprenderle, di adottarle come proprie e sappiano applicarle. In caso contrario la politica perde il suo significato, diventa uno sterile gesticolio. Ecco perché la Commissione quadri, cioè quell'organo del Comitato centrale che deve fare il censimento dei nostri principali militanti sia alla base che al vertice e distribuirli, acquista un'enorme importanza. Secondo l'andamento che ha avuto fino ad oggi, l'attività della Commissione quadri si è limitata al censimento e alla distribuzione dei compagni nell'ambito dei comitati circondariali, provinciali e regionali. Per farla breve: questa commissione si è limitata a questo... ora che il lavoro è sviluppato in profondità e l'opera di edificazione si è allargata ovunque, non è possibile rinchiudersi nell'ambito dei comitati circondariali e regionali. È indispensabile abbracciare tutte le branche di direzione, nessuna esclusa, e tutti i quadri dirigenti dell'industria, mediante i quali il partito tiene nelle sue mani il nostro apparato economico, realizza la sua funzione dirigente. Per questo il Comitato centrale aveva deciso di allargare l'apparato della Commissione quadri, sia al centro che alla periferia, per poter affiancare ai dirigenti dei sostituti incaricati dell'organizzazione dell'economia e dei Soviet, e a questi ultimi dei collaboratori che eseguano il censimento del corpo dirigente delle imprese e dei trust, degli organismi economici alla periferia e al centro, nei Soviet e nel partito. I risultati di questa riforma non hanno tardato a farsi sentire. In breve tempo si è riusciti a censire l'organico dei dirigenti dell'industria, che comprende circa milletrecento direttori. Il 29% di questi sono membri del partito e il 70% sono elementi senza partito. Potrebbe sembrare che nelle imprese principali predominino gli elementi senza partito, data l'alta percentuale di questi ultimi, ma ciò è falso. Risulta che quel 29%, costituito da direttori comunisti, dirige le imprese più grandi, che comprendono complessivamente circa trecentomila operai, mentre quel 70%, costituito da direttori senza partito, dirige imprese che comprendono in tutto non più di duecentocinquantamila operai dell'industria. Gli elementi senza partito dirigono le piccole imprese, mentre i membri del partito dirigono quelle grandi. Inoltre, fra i direttori membri del partito gli ex operai sono il triplo dei non operai. Ciò vuol dire che alla base, nelle cellule principali, non si segue, nel campo dell'edificazione industriale, l'esempio degli organi superiori, del Consiglio superiore dell'economia nazionale e delle sue sezioni, dove abbiamo pochi comunisti, ma le forze comuniste e innanzitutto operaie hanno già incominciato a rendersi padrone degli stabilimenti. È interessante che dal punto di vista della qualità, della capacità, vi siano più elementi capaci fra i direttori comunisti che fra i direttori senza partito. Ne deriva che il partito nel distribuire gli elementi comunisti nelle imprese non si lascia guidare da considerazioni esclusivamente di partito, come quella di rafforzare l'influenza del partito nelle imprese, ma anche da considerazioni pratiche. Con questo metodo non ci guadagna solo il partito come tale, ma anche tutta l'edificazione economica, giacchè si trovano più direttori capaci fra i comunisti che fra gli elementi senza partito".
Questo è quanto Stalin ebbe a sottolineare in merito all'apparato statale; ecco cosa indicò, invece, relativamente al partito.
"Passo alla terza parte del mio rapporto: il partito come organismo e il partito come apparato... Quel che è più interessante nello sviluppo del nostro partito, per quanto riguarda il miglioramento della sua composizione sociale, è che la precedente tendenza all'aumento degli elementi non proletari nel partito a spese degli elementi operai è cessata nel periodo considerato, ed è subentrata una svolta: si è osservato che la percentuale degli operai iscritti al partito tende, in modo ben determinato, ad aumentare a spese degli elementi non proletari. Questo è appunto il successo al quale miravamo prima dell'epurazione e che abbiamo ottenuto. Non dirò che in questo campo abbiamo fatto tutto; siamo ancora lontani dall'aver condotto a termine l'opera. Ma abbiamo raggiunto una svolta, abbiamo raggiunto un minimo di omogeneità, abbiamo assicurato la composizione operaia del partito e, evidentemente, in futuro dovremo marciare su questa strada, verso l'ulteriore riduzione degli elementi non proletari e l'ulteriore aumento degli elementi proletari nel partito... È evidente che bisogna rafforzare le barriere contro l'afflusso degli elementi non proletari, perché nel momento attuale, nelle condizioni della NEP, mentre il partito è incontestabilmente sottoposto all'influenza nefasta degli elementi della NEP, è necessario ottenere in esso la massima omogeneità e, comunque, la prevalenza decisiva degli elementi operai a spese di quelli non operai. Il partito deve necessariamente fare ciò, se vuole continuare ad essere il partito della classe operaia... Nelle istanze inferiori purtroppo la forza del nostro partito non è così grande come si potrebbe pensare. La debolezza principale dell'apparato del nostro partito risiede appunto nella debolezza dei nostri comitati circondariali, nella mancanza di riserve, di segretari circondariali. Ritengo che se non abbiamo ancora preso completamente nelle nostre mani gli apparati principali che collegano il nostro partito alla classe operaia, apparati dei quali ho parlato nella prima parte del mio rapporto (alludo alle cellule, alle cooperative, alle assemblee delle delegate, alle associazioni della gioventù), se gli organi provinciali non si sono ancora completamente resi padroni di questi apparati, ciò deriva appunto dal fatto che siamo troppo deboli nei circondari. Ritengo che questo sia il problema essenziale. Penso che uno dei compiti principali del nostro partito sia quello di creare presso il Comitato centrale una scuola per segretari circondariali, aperta ai militanti contadini e operai più attaccati al partito e più capaci. Se il partito potesse entro l'anno venturo raggiungere l'obiettivo di formare attorno a sé una riserva di duecento o trecento segretari circondariali, che si potrebbero poi mettere a disposizione dei comitati provinciali per facilitare il loro lavoro di direzione dei circondari, il partito si assicurerebbe così la direzione di tutti gli apparati di trasmissione con carattere di massa. Allora nessuna cooperativa di consumo, nessuna cooperativa agricola, nessun comitato di fabbrica e di officina, nessuna assemblea di donne, nessuna cellula delle associazioni della gioventù, nessun apparato di massa sarebbe sottratto all'influenza predominante del partito. Passiamo ora agli organi regionali. L'esperienza dell'anno scorso ha dimostrato che il partito e il Comitato Centrale hanno avuto ragione di creare organi regionali in parte eletti e in parte nominati. Il Comitato Centrale, esaminando nel suo complesso il problema della divisione amministrativo-territoriale, è giunto alla conclusione che nell'organizzazione degli organi regionali del partito è necessario passare gradualmente dal principio della designazione a quello della elettività, considerando che questo passaggio creerà indubbiamente un'atmosfera morale favorevole attorno ai comitati regionali del partito e faciliterà al Comitato Centrale il lavoro di direzione del partito. Passo al problema del miglioramento degli organi centrali del partito... vi è una questione, quella dell'allargamento dello stesso Comitato Centrale, questione che è stata più volte discussa in seno al CC e che a suo tempo ha suscitato seri dibattiti... Io esporrò brevemente le ragioni che militano a favore dell'allargamento del Comitato Centrale. Attualmente la composizione dell'apparato centrale del nostro partito è la seguente: il nostro Comitato Centrale conta ventisette membri, si riunisce una volta ogni due mesi, e ha nel suo seno un nucleo di dieci-quindici compagni i quali sono tanto assuefatti alla direzione del lavoro politico ed economico dei nostri organismi, che rischiano di diventare una specie di pontefici della direzione. Può darsi che questo fatto sia positivo, ma presenta un lato molto pericoloso: questi compagni che hanno raccolto una grande esperienza di direzione possono essere affetti da presunzione, rinchiudersi in se stessi e staccarsi dal lavoro fra le masse. Se alcuni membri del Comitato Centrale, o, diciamo, quel nucleo di quindici compagni, sono diventati tanto esperti e tanto abili da non commettere, nove volte su dieci, nessun errore nell'elaborare le direttive, questo è un fatto molto positivo. Ma se non hanno attorno a loro una nuova generazione di futuri dirigenti legati strettamente al lavoro di base, questi militanti altamente qualificati possono con ogni probabilità fossilizzarsi e staccarsi dalle masse. In secondo luogo, il nucleo formatosi all'interno del Comitato Centrale e che si è vigorosamente sviluppato nell'attività di direzione, diventa vecchio, ha bisogno di essere sostituito. Conoscete le condizioni di salute di Vladimir Ilic. Sapete che anche i membri restanti del nucleo fondamentale del Comitato Centrale sono piuttosto esauriti. Ma, disgraziatamente, non esiste ancora un nuovo nucleo che li possa sostituire. Creare dei dirigenti di partito è molto difficile: ci vogliono anni, cinque, dieci, più di dieci anni... Ed è tempo di pensare a formare un nuovo nucleo di dirigenti. Abbiamo un mezzo che serve a tale scopo: mettere al lavoro nel Comitato Centrale nuovi militanti e nel corso del lavoro spingerli avanti, fare avanzare i più capaci e i più indipendenti, coloro che hanno la testa sulle spalle. Con i libri non si creano i dirigenti. I libri aiutano a progredire, ma da soli non creano il dirigente. I quadri dirigenti sorgono solo nel lavoro di partito. Solo eleggendo al Comitato Centrale nuovi compagni, offrendo loro la possibilità di provare tutto il peso del lavoro di direzione, possiamo riuscire a formare una nuova leva di dirigenti, che nello stato attuale delle cose ci è tanto necessaria. Ecco perché penso che il congresso commetterebbe un errore molto grave se non approvasse la proposta del Comitato Centrale di portare il numero dei suoi membri almeno a quaranta. A conclusione del mio rapporto - sottolinea, infine, Stalin - devo rilevare un fatto che... deve essere sottolineato come un fatto di grande importanza. Si tratta dell'unità del nostro partito, di quella compattezza senza esempi che ha reso possibile al nostro partito di evitare la scissione durante una svolta come la NEP... Come è noto queste svolte portano con sé il distacco dalla compagine del partito di un certo gruppo di militanti, e nel partito comincia a determinarsi se non la scissione almeno una situazione confusa... L'attuale svolta verso la NEP, dopo la nostra politica offensiva, è stata una svolta brusca. Ed ecco che durante questa svolta, nel corso della quale il proletariato, rinunciando temporaneamente all'offensiva, ha dovuto ritirarsi sulle vecchie posizioni e rivolgersi alle retrovie contadine per non rompere i legami con esse, (...), durante questa brusca svolta il partito non solo non ha subito una scissione, ma ha saputo mantenere un buon ordine... Questa è la garanzia che il nostro partito vincerà".83
Da quest'ultima parte del rapporto di Stalin al XII Congresso del PC(b)R si può capire quanto importante sia stata la battaglia di Lenin e del CC per l'unità del partito, e come per mantenere questa unità fosse indispensabile non abbassare mai la guardia sul fronte politico-ideologico. Questa lotta politico-ideologica vide contrapporsi in Russia il partito comunista, ai partiti che in quel periodo erano espressione diretta del blocco sociale borghese, in particolare il partito menscevico e quello socialista-rivoluzionario. Ma la lotta politico-ideologica non si esauriva nello scontro e nell'antagonismo tra il partito comunista, da un lato, e i menscevichi e i socialisti-rivoluzionari, dall'altro. Questo, anzi, era forse l'aspetto meno difficile e insidioso di questa lotta. L'aspetto più pericoloso era l'insinuarsi dei nemici di classe e dell'ideologia borghese nelle file stesse del partito proletario. Lenin ha ben sviluppato tutta questa problematica nel corso della battaglia politica per l'unità del partito, sostenuta, come s'è visto, al X Congresso. Più volte, poi, è tornato a insistere sull'argomento. "In tempi come questi - scrisse il 20 settembre 1921 - l'obiettivo più importante che la rivoluzione deve perseguire è un miglioramento all'interno del paese... un miglioramento del lavoro, della sua organizzazione, dei suoi risultati, un miglioramento per quanto riguarda la lotta contro l'influenza dell'elemento piccolo-borghese e piccolo-borghese anarchico che disgrega il proletariato e il partito. Per ottenere questo miglioramento bisogna epurare il partito dagli elementi che si staccano dalle masse (per non parlare, s'intende, degli elementi che disonorano il partito agli occhi delle masse)... Bisogna epurare il partito dagli imbroglioni, dai burocrati, dai disonesti, dai comunisti incostanti e dai menscevichi che hanno ridipinto la 'facciata', ma sono rimasti menscevichi nell'animo".84
Quanto questi insegnamenti di Lenin siano stati utili e vitali alla rivoluzione sovietica e al partito comunista sovietico, stretto attorno al CC leninista e a Stalin, suo Segretario generale, lo dimostrerà, negli anni a venire, la capacità del partito di respingere e di schiacciare tutti gli attacchi mossi contro di esso da quanti, trotzkisti in testa, hanno voluto attentare alla sua unità, alla sua integrità politico-ideologica e alla sua fedeltà al marxismo-leninismo.