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Stalin, la vita e l'opera

Capitolo 22
Dalla vittoria sul nazifascismo alla "guerra fredda"

 

La Conferenza di Potsdam

I capi di governo della coalizione anglo-sovietico-americana vincitrice del conflitto mondiale si riunirono nella Conferenza di Potsdam, una località nei pressi di Berlino, dal 17 al 25 luglio 1945 e, successivamente, dal 28 luglio al 2 agosto. La breve interruzione fu necessaria per la concomitanza nei giorni del vertice delle elezioni inglesi che sancirono l'affermazione dei laburisti e la sconfitta di Churchill.
In conseguenza di ciò nella prima fase parteciparono alla Conferenza Stalin, Truman - diventato presidente degli Stati Uniti dopo la morte di Roosevelt - e Churchill che dopo la sconfitta elettorale venne sostituito da Attlee.
A Potsdam venne sottoscritto un documento comune sulla Germania che prevedeva la messa al bando definitiva del partito nazionalsocialista, lo smantellamento dell'organizzazione statale nazista e del suo esercito, la ristrutturazione dell'apparato produttivo tedesco e la liquidazione della sua industria bellica, le problematiche inerenti le riparazioni di guerra e la possibilità per il popolo tedesco di ricostruire l'economia e il nuovo ordinamento politico del paese in una prospettiva di pace. Per quanto riguardava l'assetto territoriale della Germania la Conferenza di Potsdam decise la restituzione alla Polonia delle sue terre annesse al Reich, compresa la città di Danzica, fissandone i confini occidentali lungo l'Oder-Neisse fino alla frontiera con la Cecoslovacchia, mentre all'URSS andò la regione di Konisberg.
Al consiglio dei ministri degli esteri alleati venne demandata la preparazione dei trattati di pace con l'Italia, la Finlandia, la Bulgaria, la Romania, l'Ungheria e con la stessa Germania. L'URSS inoltre confermò il suo impegno ad entrare in guerra contro il Giappone. Il 9 agosto 1945 l'Armata Rossa e la Flotta rossa del Pacifico iniziarono le azioni belliche in estremo oriente contro il Giappone.
In sostanza la Conferenza di Potsdam riconfermò, nelle sue linee essenziali, quanto pochi mesi prima era stato deciso a Jalta. Ma a Potsdam emersero anche seri e preoccupanti atteggiamenti di ostilità anglo-americani verso l'URSS. Soprattutto Washington e Londra mal digerivano lo sviluppo dei sentimenti di amicizia, gratitudine e rispetto che nei popoli e nei nuovi governi degli Stati orientali d'Europa, e non solo, andavano crescendo nei confronti dell'Unione Sovietica. Per questo USA e Gran Bretagna tentarono in tutti i modi di imporre una "riorganizzazione" all'interno dei governi di quei paesi, Bulgaria e Romania in primo luogo, cercando di dare più forza e peso politico nelle coalizioni governative ai "vecchi" esponenti politici rispetto a quelli emersi nel vivo della lotta contro il nazifascismo.


L'URSS esce rafforzata. Il campo socialista

Dal conflitto mondiale l'URSS uscì assai più forte sia sul piano interno che su quello internazionale. Attaccando l'URSS i circoli imperialistici nazifascisti pensavano di fare in breve tempo un solo boccone di uno Stato debole sul piano sociale, economico e militare. La guerra dimostrò tutt'altro. La guerra dimostrò la saldezza e la forza dell'Unione Sovietica. Dimostrò il forte vincolo di fratellanza che accomunava i popoli delle diverse nazionalità nell'Unione delle Repubbliche; dimostrò la stretta unità esistente tra la classe operaia e i lavoratori sovietici, il governo sovietico e il partito bolscevico; dimostrò che il potere della dittatura del proletariato aveva un libero e convinto sostegno di massa ed era la diretta espressione della volontà popolare nel governo del paese; dimostrò la potenza militare dell'Armata Rossa, il suo stretto legame con il popolo, la sua natura di esercito rosso del popolo. Dimostrò, infine, la grande forza e la superiorità del sistema economico socialista che permise all'URSS di dare solide basi alla costruzione dello Stato socialista, di sostenere vittoriosamente lo sforzo bellico e, successivamente, portare a compimento in un periodo relativamente breve l'opera di ricostruzione.
Sul piano internazionale l'URSS ha visto accresciute in maniera considerevole la sua importanza e la sua autorità. Ciò è stato determinato principalmente dal decisivo apporto dato dall'Armata Rossa alla liberazione di molti dei paesi occupati dalle truppe nazifasciste e giapponesi, dalla politica estera del governo sovietico volta ad instaurare strette relazioni d'amicizia con i dirigenti democratici e i movimenti di resistenza antifascisti di questi stessi paesi, nonché dall'azione della diplomazia sovietica capace di costruire un vasto fronte unito che ha isolato l'asse imperialista degli aggressori durante la guerra e, nello stesso tempo, ha cercato di sviluppare le condizioni necessarie per assicurare un futuro di pace all'umanità, il riscatto e la concreta emancipazione dei popoli succubi del dominio imperialista e neocoloniale, pari dignità, reciprocità, ed effettiva eguaglianza nei rapporti fra tutti gli Stati.
L'Unione Sovietica, dunque, non ebbe soltanto un ruolo decisivo nella vittoria militare, ma fu l'artefice fondamentale della vittoria sul nazifascismo riuscendo a raccogliere attorno a sé, in questa lotta, i popoli e le forze progressive del mondo. Anche i partiti comunisti di tutti i paesi dell'Europa che avevano dovuto subire l'occupazione e l'oppressione nazifascista uscirono notevolmente rafforzati dalla prova imposta dalla guerra. Nella maggior parte dei casi, essi furono capaci di mettersi alla testa dei rispettivi popoli e promuovere profonde trasformazioni nei diversi settori della società. In particolare ciò avvenne nei paesi dell'Europa orientale. Non appiattendosi semplicemente sul parlamentarismo e l'elettoralismo democratico-borghese, come fecero ad esempio Togliatti e gli altri revisionisti italiani, ma sviluppando una decisa azione di radicamento nella classe operaia, nei ceti contadini medio-poveri e negli strati progressisti della società, i movimenti comunisti di questi paesi riuscirono a sviluppare un'azione tesa ad unificare politicamente ed organizzativamente il movimento operaio. Forti dell'appoggio delle masse popolari ed alla guida dei Fronti democratici antifascisti, i partiti comunisti e operai iniziarono a promuovere, nei rispettivi paesi, incisive trasformazioni economiche e sociali. Innanzi tutto la riforma agraria, la liquidazione dei grandi proprietari fondiari, principali sostenitori dei regimi d'occupazione, e la distribuzione delle terre ai contadini. Poi la confisca di tutti i beni e delle proprietà di quanti avevano sostenuto e collaborato con il nazismo e la nazionalizzazione delle grandi industrie e delle banche. Ciò permise di indebolire notevolmente il capitale monopolistico e di assestare un colpo mortale alle vecchie forze reazionarie e monarchiche. Nei paesi dell'Europa orientale si affermarono così, anche a livello elettorale, nuovi governi in grado di affrancarsi dall'imperialismo, impegnarsi nel costruire le condizioni di uno sviluppo socialista e creare un nuovo ordinamento statale: la Repubblica Popolare.


Le mire egemoniche dell'imperialismo americano

La fine del conflitto, per contro, segnò la disfatta delle potenze imperialistiche più aggressive: l'Italia, il Giappone e, soprattutto, la Germania nazista. Il mondo capitalistico appariva mutato e, sostanzialmente, indebolito. Italia, Giappone e Germania erano annientate non solo militarmente, ma anche economicamente. La Francia usciva dal conflitto assai ridimensionata come grande potenza. Tra le potenze imperialistiche così come si erano delineate prima dell'inizio del conflitto, solo gli Stati Uniti e la Gran Bretagna rimasero tali alla fine della guerra. Anche se la Gran Bretagna, indebolita militarmente ed economicamente, venne a trovarsi in una situazione di dipendenza nei confronti degli Stati Uniti. Con la guerra, invece, i capitalisti americani si arricchirono notevolmente. Gli Stati Uniti rispetto a tutti gli altri paesi subirono un numero minore di vittime. Il popolo americano non aveva dovuto sopportare la fame e le dure condizioni di vita imposte da un esercito invasore e da un'occupazione militare, né il territorio e l'apparato produttivo degli USA avevano subito le pesanti distruzioni della guerra.
Ora che la guerra finiva e che il mondo con l'aiuto insostituibile, determinante e decisivo di Stalin e dell'URSS si era liberato della belva nazifascista, l'imperialismo anglo-americano si preparava a risfoderare gli artigli contro il socialismo e l'Unione Sovietica, tornando alla vecchia politica di minaccia e di isolamento contro il paese dei Soviet già ampiamente praticata prima del conflitto. Ma ora l'URSS non era più sola. L'avanzata rivoluzionaria in molti paesi, infatti, stava segnando un consistente mutamento dei rapporti di forza internazionali in favore del socialismo con la nascita e lo sviluppo del campo socialista.
Gli accordi di Teheran, Jalta e Potsdam rappresentarono il tentativo di stabilire le condizioni per assicurare nel dopoguerra lo sviluppo di una prospettiva durevole di pace; di instaurare rapporti di convivenza e di cooperazione internazionale tra Stati a diverso regime economico e sociale; di garantire ai popoli del mondo la possibilità di decidere liberamente il proprio futuro e il proprio ordinamento politico-economico. Il raggiungimento di questi obiettivi era tra i principali scopi della politica estera sovietica. Nel mondo ormai vi erano due sistemi: il capitalismo e il socialismo. La loro esistenza era destinata a durare ancora per un lungo periodo. Il rafforzamento del prestigio internazionale dell'URSS; la formazione negli Stati dell'Europa orientale degli ordinamenti di democrazia popolare e il loro distacco dal sistema capitalistico; lo sviluppo della lotta di liberazione nei paesi coloniali e dipendenti; la grande e storica vittoria che di lì a poco sarà conquistata dal popolo cinese guidato da Mao e dal PCC e la formazione della Repubblica Popolare Cinese che, assieme alle Repubbliche popolari di Vietnam e Corea rafforzerà ulteriormente il campo socialista; modificheranno profondamente i rapporti di forza tra il sistema socialista e il sistema capitalista a vantaggio proprio del socialismo.
La conclusione della seconda guerra mondiale già delineava i tratti caratteristici e i sostanziali cambiamenti della situazione internazionale, così come il minaccioso dispiegarsi delle mire egemoniche del rafforzato imperialismo americano. Truman fin dal suo insediamento alla Casa Bianca, non aveva fatto mistero della volontà americana di "dirigere il mondo", di assoggettare ed imporre a tutti gli altri paesi la supremazia mondiale degli Stati Uniti d'America.
Iniziò così una subdola e mistificante campagna propagandistica volta a far credere che Stalin, a partire dalla Conferenza di Jalta, avrebbe preteso una spartizione dell'Europa di tipo imperialista tra le potenze vincitrici. In realtà furono proprio le potenze capitalistiche, Stati Uniti in testa e la Gran Bretagna con essi, che, per soddisfare le loro ambizioni imperialistiche e le loro brame di dominio sul mondo, violarono e denunciarono gli accordi da loro liberamente sottoscritti volti ad assicurare un'effettiva uguaglianza tra i popoli e il loro diritto ad essere liberi artefici del proprio destino. Così essi stracciarono anche ogni loro impegno volto a sradicare il fascismo, assicurare al mondo una pace durevole e promuovere una politica di cooperazione tra tutti gli Stati, anche a diverso regime economico e sociale.


Churchill a Fulton, prove di "guerra fredda"

Fu Churchill libero ormai da ogni "remora diplomatica" che, nel corso di una sua visita negli Stati Uniti, lanciò l'attacco all'URSS e al campo socialista con un intervento universalmente riconosciuto come l'inizio della "guerra fredda". Una guerra imperialista cruenta, combattuta con l'aggressione militare ed economica, per la conquista dell'egemonia nel mondo. Nel discorso pronunciato nel marzo 1946 al Westminster College di Fulton, nel Missouri, davanti al presidente americano Truman, Churchill accusò l'URSS di voler erigere una "cortina di ferro" fra l'est e l'ovest d'Europa ed esortò a sviluppare una più stretta alleanza tra Gran Bretagna e USA contro l'Unione Sovietica. Disse, tra l'altro, Churchill: "Un'ombra è calata sulla scena di recente così vivamente illuminata dalla vittoria degli Alleati. Nessuno sa che cosa intendano fare nell'immediato futuro la Russia e la sua organizzazione comunista internazionale, né quali siano i limiti, ammesso che esistano, delle loro tendenze espansionistiche e del loro proselitismo... Da Stettino, nel Baltico, a Trieste, nell'Adriatico, un sipario di ferro è calato sul continente. Dietro ad esso si trovano tutte le capitali degli antichi Stati dell'Europa centrale ed orientale. Varsavia, Berlino, Praga, Vienna, Budapest, Belgrado, Bucarest e Sofia, tutte queste famose città e le popolazioni intorno ad esse si trovano in quella che debbo chiamare la sfera sovietica, e tutte sono soggette, in una forma o nell'altra, non solo all'influenza sovietica ma ad un'altissima e in molti casi crescente misura di controllo da Mosca. La sola Atene - la Grecia con le sue glorie immortali - è libera di decidere il proprio avvenire mediante elezioni, con osservatori britannici, americani e francesi. Il Governo polacco dominato dai russi è stato incoraggiato ad avanzare enormi ed ingiuste pretese sulla Germania, e sta avendo luogo in questo momento un'espulsione in massa di milioni di tedeschi, su una scala atroce e mai sognata prima d'oggi. I partiti comunisti, ch'erano assai piccoli in tutti quegli Stati orientali d'Europa, sono stati innalzati ad un predominio e ad un potere di gran lunga sproporzionati al numero dei loro aderenti e stanno ora tentando dovunque di conquistare il dominio totalitario. Governi polizieschi prevalgono quasi in ogni caso e fino a questo momento, tranne che in Cecoslovacchia, non esiste una democrazia autentica".147
In un'intervista alla "Pravda" rilasciata il 13 marzo 1946, Stalin, alla domanda del giornalista su come giudicasse il discorso di Churchill, rispose in questi termini: "Lo giudico un atto pericoloso, diretto a seminare i germi della discordia tra gli Stati alleati e a rendere difficile la loro collaborazione...
Di fatto il sig. Churchill si trova ora nella posizione dei provocatori di guerra. E il sig. Churchill non è solo in questo; egli ha degli amici non soltanto in Inghilterra, ma anche negli Stati Uniti d'America.
...Non c'è dubbio che la posizione del sig. Churchill è una posizione che porta alla guerra, è un appello alla guerra contro l'URSS... Il sig. Churchill afferma che 'Varsavia, Berlino, Praga, Vienna, Budapest, Belgrado, Bucarest, Sofia, tutte queste famose città, e la popolazione di queste regioni, si trovano nella sfera sovietica e sono tutte soggette, in una forma o nell'altra, non solo alla influenza sovietica, ma anche in notevole misura al controllo crescente di Mosca'. Il sig. Churchill qualifica tutto ciò come illimitate 'tendenze espansionistiche' dell'Unione Sovietica.
Non ci vuole molta fatica a dimostrare che qui il sig. Churchill calunnia in modo grossolano e imperdonabile sia Mosca che i suddetti Stati vicini dell'URSS.
In primo luogo, è completamente assurdo parlare di un controllo esclusivo dell'URSS a Vienna e a Berlino, dove esistono dei Consigli di controllo alleati formati dai rappresentanti dei quattro Stati e dove l'URSS ha solo un quarto dei voti. Capita che taluni non possono fare a meno di calunniare, ma non bisogna oltrepassare la misura.
In secondo luogo, non bisogna dimenticare la circostanza seguente. I tedeschi hanno invaso l'URSS attraverso la Finlandia, la Polonia, la Romania, la Bulgaria, l'Ungheria. I tedeschi poterono effettuare l'invasione attraverso questi paesi, perché in questi paesi esistevano allora governi ostili all'Unione Sovietica. In seguito all'invasione tedesca l'Unione Sovietica ha perduto irrimediabilmente nelle battaglie contro i tedeschi, e anche per l'effetto dell'occupazione tedesca e della deportazione di cittadini sovietici nelle galere tedesche, circa sette milioni di uomini. In altre parole, l'Unione Sovietica ha subito perdite in uomini di alcune volte superiori a quelle dell'Inghilterra e degli Stati Uniti d'America presi insieme. È possibile che in qualche luogo si sia propensi a relegare nel dimenticatoio queste colossali perdite del popolo sovietico, che hanno assicurato la liberazione dell'Europa dal giogo hitleriano. Ma l'Unione Sovietica non può dimenticarle. Si domanda che cosa ci sia di strano nel fatto che l'Unione Sovietica, volendo premunirsi per l'avvenire, cerca di ottenere che in questi paesi esistano governi che si comportino lealmente verso l'Unione Sovietica? Com'è possibile, se non si è pazzi, qualificare queste aspirazioni pacifiche dell'Unione Sovietica come tendenze espansionistiche del nostro Stato?
Il sig. Churchill afferma più oltre che 'il governo polacco, che si trova sotto il dominio dei russi, è istigato a commettere enormi e ingiusti attentati alla Germania'.
Qui ogni parola è una grossolana e oltraggiosa menzogna. La moderna Polonia democratica è governata da uomini insigni. Essi hanno dimostrato con i fatti di saper difendere gli interessi e la dignità della loro patria così come non seppero fare i loro predecessori. Con quale fondatezza il sig. Churchill afferma che i governanti della Polonia di oggi possono tollerare nel proprio paese il 'dominio' dei rappresentanti di un qualsiasi Stato straniero? Se a questo punto il sig. Churchill calunnia i 'russi' non è forse perché egli ha intenzione di seminare i germi della discordia nei rapporti tra la Polonia e l'Unione Sovietica?
Al sig. Churchill dispiace che la Polonia abbia compiuto una svolta nella sua politica in favore dell'amicizia e dell'alleanza con l'URSS. Ci fu un tempo in cui nei rapporti tra Polonia e Unione Sovietica predominavano gli elementi di conflitto e di contrasto. Questa circostanza dava la possibilità a uomini di Stato come Churchill di sfruttare questi contrasti, di mettere le mani sulla Polonia con il pretesto di difenderla dai russi, di spaventare la Russia agitando lo spettro di una guerra tra essa e la Polonia e di conservare per loro la posizione di arbitri. Ma questo tempo è passato, poiché l'inimicizia tra Polonia e Russia ha ceduto il posto all'amicizia fra di loro, e la Polonia, l'attuale Polonia democratica, non vuole più essere un giocattolo nelle mani degli stranieri...
Per quanto riguarda gli attacchi del sig. Churchill all'Unione Sovietica, in relazione all'estensione dei confini occidentali della Polonia grazie al recupero dei territori polacchi conquistati in passato dai tedeschi, qui, mi sembra, egli cambia apertamente le carte in tavola. Come è noto, la decisione relativa ai confini occidentali della Polonia fu presa alla Conferenza di Berlino delle tre Potenze, sulla base delle richieste della Polonia. L'Unione Sovietica ha dichiarato più volte di considerare giuste e legittime le richieste della Polonia. È molto probabile che al sig. Churchill questa decisione dispiaccia. Ma perché il sig. Churchill, che non risparmia i colpi alle posizioni russe in questa questione, nasconde ai suoi lettori il fatto che la decisione alla conferenza di Berlino fu presa all'unanimità, che a favore di questa decisione votarono non soltanto i russi, ma anche gli inglesi e gli americani? Perché il sig. Churchill ha bisogno di indurre in errore la gente?
Il sig. Churchill asserisce più oltre che 'i partiti comunisti, che erano insignificanti in tutti questi Stati dell'Europa orientale, hanno acquistato una forza eccezionale, che supera di molto la loro importanza numerica, e tendono ovunque a instaurare un controllo totalitario; i governi polizieschi prevalgono in quasi tutti questi paesi e al momento attuale non c'è, ad eccezione della Cecoslovacchia, nessuna vera democrazia'...
Il sig. Churchill vorrebbe che la Polonia fosse governata da Sosnkowski e Anders, la Jugoslavia da Mikhailovic e Pavelic, la Romania dal principe Stirbey e da Radescu, l'Ungheria e l'Austria da un qualche re della casa degli Asburgo e così via. Il sig. Churchill vuole convincerci che questi signori della greppia fascista possono assicurare 'una vera democrazia'. Questa è la 'democrazia' del sig. Churchill.
Il sig. Churchill sfiora la verità, quando parla dell'aumentata influenza dei partiti comunisti nell'Europa orientale. Bisogna però osservare che egli non è del tutto preciso. L'influenza dei partiti comunisti è cresciuta non soltanto nei paesi dell'Europa orientale, ma in quasi tutti i paesi dell'Europa, in cui prima dominava il fascismo (Italia, Germania, Ungheria, Bulgaria, Romania, Finlandia), o vi fu l'occupazione tedesca, italiana o ungherese (Francia, Belgio, Olanda, Norvegia, Danimarca, Polonia, Cecoslovacchia, Jugoslavia, Grecia, Unione Sovietica, ecc.).
L'aumentata influenza dei comunisti non può essere considerata un fatto casuale. È un fenomeno completamente razionale. L'influenza dei comunisti è aumentata, perché nei duri anni del dominio fascista in Europa i comunisti si sono rivelati combattenti risoluti, audaci e pieni di abnegazione contro il regime fascista e per la libertà dei popoli. Il sig. Churchill ricorda talvolta nei suoi discorsi 'gli uomini semplici che vivono in case modeste', dando loro, da gran signore, delle manate sulle spalle e fingendosi loro amico. Ma questi uomini non sono così semplici come può sembrare a prima vista. Essi, questi 'uomini semplici', hanno le loro opinioni, la loro politica, sanno difendersi. Essi, questi milioni di 'uomini semplici', hanno battuto in Inghilterra Churchill e il suo partito, dando il loro voto ai laburisti. Essi, questi milioni di 'uomini semplici', hanno isolato in Europa i reazionari, fautori della collaborazione con il fascismo, e hanno dato la loro preferenza ai partiti democratici di sinistra. Essi, questi milioni di 'uomini semplici', avendo provato i comunisti nel fuoco della lotta e della resistenza al fascismo, hanno deciso che i comunisti meritano pienamente la fiducia del popolo. In questo modo è aumentata l'influenza dei comunisti in Europa. Tale è la legge dello sviluppo storico.
Certo, al sig. Churchill non piace un tale sviluppo degli avvenimenti, ed egli lancia l'allarme, facendo appello alla forza. Ma a Churchill non piacque nemmeno l'apparizione del regime sovietico in Russia dopo la prima guerra mondiale. Anche allora egli lanciò l'allarme e organizzò la campagna militare dei '14 Stati' contro la Russia, con il proposito di far girare all'indietro la ruota della storia. Ma la storia si rivelò più forte dell'intervento di Churchill, e le contorsioni donchisciottesche del sig. Churchill lo portarono allora a subire una completa sconfitta. Io non so se il sig. Churchill e i suoi amici riusciranno, dopo la seconda guerra mondiale, a organizzare una nuova campagna militare contro 'l'Europa orientale'. Ma se vi riusciranno, il che è poco verosimile, perché milioni di 'uomini semplici' montano la guardia alla causa della pace, ebbene si può dire con sicurezza che essi saranno battuti così come furono battuti in passato, ventisei anni or sono"
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La divisione della Germania

Il maturare di questa nuova politica aggressiva dell'imperialismo americano e del suo principale alleato, la Gran Bretagna, si manifestò con preoccupante chiarezza attorno al problema tedesco. Si è visto come nella Conferenza di Teheran del 1943 USA e Gran Bretagna erano orientati verso un deciso smembramento della Germania. In particolare, prevedevano la suddivisione politica di quel paese in cinque piccoli Stati, il ridimensionamento del suo potenziale industriale, e uno sviluppo economico centrato essenzialmente sull'agricoltura. Fautore di questa politica era l'allora ministro delle finanze del governo Roosevelt, Henry Morgenthau. Ben presto, però, questo piano trovò una decisa opposizione nei potentati economici americani che avevano interesse a sviluppare stretti legami economici con il capitale monopolistico tedesco. Tutto questo, nel quadro di una Germania economicamente, politicamente e militarmente sottomessa e subordinata agli Stati Uniti d'America.
All'interno della coalizione alleata antinazista, l'Unione Sovietica era decisamente impegnata da un lato a distruggere alla radice il sistema hitleriano e la sua base economica, sociale ed ideologica; ma, anche, a non identificare i legittimi interessi del popolo e della nazione tedesca con il nazismo. Gli antifascisti e i democratici tedeschi trovarono proprio nell'URSS l'alleato più sincero. Col suo netto rifiuto nella Conferenza di Teheran ad acconsentire a qualsiasi ipotesi di smembramento della Germania, Stalin volle affermare appunto il diritto del popolo tedesco, una volta liberatosi definitivamente dal nazismo, a decidere della sua rinascita e del suo sviluppo economico in una prospettiva democratica e di pace. Così anche a Jalta, pur ribadendo i loro convincimenti circa lo smembramento della Germania, Roosevelt e Churchill ben consapevoli della posizione sovietica non esposero piani concreti sul problema tedesco. Stalin il 9 maggio 1945, all'indomani della capitolazione hitleriana, nel suo messaggio al popolo sovietico ribadì che: "L'Unione Sovietica celebra la sua vittoria, pur non proponendosi né di smembrare, né di annientare la Germania".149
Con ben altro metodo e volontà politica, i governi di Washington e Londra attuarono la "loro" soluzione del problema tedesco in totale spregio e violazione dello spirito di Jalta e degli accordi di Potsdam. In quella conferenza si era infatti raggiunto un accordo in merito al ruolo e alla funzione che dovevano guidare la temporanea occupazione e gestione alleata della Germania, divisa in quattro zone controllate e amministrate da USA, URSS, Gran Bretagna e Francia. Scopo principale era attuare la demilitarizzazione del paese, la sua denazificazione e democratizzazione.
Il 5 giugno 1945 i quattro comandanti militari, con l'autorizzazione dei rispettivi governi, firmarono la dichiarazione che sanciva regole e scopi delle amministrazioni d'occupazione e l'istituzione del Comitato di Controllo che rappresentava il massimo organo di potere della Germania per il periodo d'occupazione. Non era prevista dunque la formazione di un governo tedesco, ma si convenne che, principalmente sul piano economico, si doveva agire guardando alla Germania come ad un'entità unita e, infatti, per specifici e importanti settori come ad esempio finanze, industria, commercio con l'estero, comunicazioni e trasporti si crearono dipartimenti statali tedeschi sotto la supervisione del Comitato di Controllo.
Nel luglio 1945 il Comitato di Controllo iniziò la sua attività. Ma soprattutto a partire dal 1946 con il dispiegarsi del vento aggressivo e antisovietico della "guerra fredda", cominciò col perdere progressivamente ogni sua funzione propulsiva e di controllo stabilita dagli accordi internazionali, ormai considerati dall'imperialismo americano vuoti pezzi di carta.
Nella zona orientale della Germania, sotto il controllo sovietico, già dal giugno 1945 fu riammessa la formazione dei partiti antifascisti che dovevano contribuire alla totale eliminazione del nazismo e alla ricostituzione dell'iniziativa e dell'attività democratica. Furono istituiti nuovi organi di amministrazione locale costituiti da rappresentanti dei partiti democratici appartenenti al blocco antifascista. Fu avviata inoltre con discreto successo la ricostruzione economica, soprattutto in campo agricolo con l'attuazione della riforma agraria e, con più difficoltà, in campo industriale. Questo sia perché la zona orientale della Germania era quella che aveva subito i danni materiali più gravi dalla guerra, sia perché la maggior parte dell'apparato produttivo industriale tedesco si trovava nella zona occidentale del paese. In concomitanza con la ripresa dell'attività di ricostituzione economica, l'amministrazione militare sovietica operò anche per la riattivazione dell'attività sindacale e delle stesse organizzazioni sindacali. In base alle direttive sulla demilitarizzazione e la denazificazione che prevedevano lo smantellamento totale delle forze armate aeree, marittime e terrestri della Germania, delle formazioni e delle organizzazioni naziste, delle SS, delle SA, della Gestapo, ecc., il comando sovietico ne impose lo scioglimento, nonché il sequestro e la confisca di tutti i beni.
Il Comitato di Controllo alleato emanò i decreti sulla denazificazione: scioglimento e messa fuorilegge del partito nazista; divieto di diffusione di opere a carattere nazista e della propaganda nazista; allontanamento dei nazisti, dei collaborazionisti e degli esponenti collusi col vecchio regime da tutti gli incarichi istituzionali e di rilevante responsabilità in campo economico e sociale; punizione dei criminali di guerra nazisti. Il 20 novembre 1945 ebbe inizio il processo di Norimberga conclusosi con la condanna a morte di dodici tra i maggiori esponenti del regime hitleriano tra cui Goring, Ribbentrop e Frank, tre condanne all'ergastolo e, altre quattro, a pene detentive di diversa entità.
Il comando sovietico nella zona orientale di propria competenza pose particolare attenzione nell'epurazione dei nazisti, così come alla possibilità di libero reinserimento sociale per quanti avevano appartenuto al partito nazista in modo passivo, o costretti dalla situazione, e che seppero coerentemente rompere con il loro passato e con l'ideologia fascista.
Nelle zone occidentali della Germania i capi delle forze armate di occupazione americana, britannica e francese, in base alle indicazioni provenienti dai rispettivi governi dimostrarono, con il loro operato, il progressivo distacco dagli accordi scaturiti dalle conferenze alleate, incrinando l'attività e il funzionamento stesso del Comitato di Controllo. Sul piano della demilitarizzazione furono violate le principali decisioni del Comitato di Controllo. In particolare inglesi e americani mantennero le basi militari e le fortificazioni esistenti nei loro settori. I reparti dell'esercito furono mantenuti sottoforma di "battaglioni di lavoro", né furono smantellati gli arsenali bellici e altre installazioni militari. La denazificazione venne "attuata" tramite la distribuzione capillare di questionari zeppi di decine di domande. Una montagna di carta che nessuno controllò, ma che permise a molti attivisti e militanti nazisti di sfuggire alle proprie responsabilità ed alla giusta punizione. Oltre a ciò per determinate categorie di persone quali industriali, scienziati, specialisti dei vari settori economici ed anche alcuni militari, furono promulgate leggi "ad hoc" che li mantennero attivi in cariche e ruoli dirigenti, mentre dalle commissioni di denazificazione venivano estromessi gli antifascisti tedeschi e, soprattutto, i comunisti.
Sul piano economico i più importanti monopoli industriali quali Siemens, Krupp, ecc., rimasero sotto il diretto controllo dei capitalisti tedeschi che avevano dato il loro incondizionato appoggio a Hitler. Di fatto vennero solo attuati cambiamenti azionari e create nuove società fittizie che mantennero inalterato il controllo della proprietà ai vecchi padroni, così come praticamente intatta rimase la grande proprietà terriera. Con decisioni unilaterali ed arbitrarie dal punto di vista degli accordi internazionali gli inglesi assunsero il controllo diretto delle miniere e delle industrie della Ruhr, i francesi quello degli stabilimenti industriali nella regione della Saar, mentre gli Stati Uniti attraverso il "piano Marshall" puntarono al controllo economico e politico del paese.
Nella riunione dei ministri degli esteri delle quattro potenze svoltasi a Mosca nel 1947, ancora una volta Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia proposero lo smembramento della Germania. Molotov ribadì la totale contrarietà dell'Unione Sovietica a questa proposta e la volontà di Mosca di arrivare ad uno Stato autonomo ed unitario della Germania come unica soluzione in grado di soddisfare le legittime aspettative e le aspirazioni del popolo tedesco e creare le condizioni di una pace durevole. Molotov propose di far esprimere direttamente il popolo tedesco attraverso un plebiscito sulla forma istituzionale da dare alla Germania, ricevendo un netto rifiuto dai suoi interlocutori.
L'atteggiamento delle potenze capitalistiche era ormai chiaro. Nel dicembre 1946 USA e Gran Bretagna costituirono la cosiddetta "Bizona". Si procedette in pratica all'unificazione dei settori anglo-americano, sottraendoli al controllo del Comitato alleato. La "Bizona" assunse di fatto sotto il profilo economico, politico e istituzionale l'assetto di uno Stato autonomo, ormai isolato dal resto del paese.
L'URSS tentò ancora una volta di bloccare il piano di divisione della Germania. Alla fine del 1947 si svolse a Londra la riunione dei ministri degli esteri alleati, anche se questo termine alla luce degli atti e degli atteggiamenti concreti appariva ormai un termine assai improprio. In questa riunione l'Unione Sovietica propose nuovamente l'adozione di un programma concordato per la smilitarizzazione, la democratizzazione e la ricostruzione economica di tutta la Germania. Propose l'elezione di un governo tedesco democratico e unitario col quale giungere alla stipulazione del trattato di pace. Ma tutto fu inutile. Nel 1948 anche la zona tedesca controllata dalla Francia venne unita alla "Bizona". Nel giugno 1948 venne istituito il cosiddetto "Consiglio parlamentare" con la presidenza di Adenauer. I governi di Washington, Londra e Parigi lavorarono alacremente alla formazione del nuovo Stato. Nell'aprile 1949 approvarono lo "Statuto d'occupazione" della zona occidentale del paese col quale vennero "superati" gli accordi interalleati di Jalta, Potsdam, nonché quelli scaturiti dall'attività del Comitato di Controllo. Lo "Statuto d'occupazione" fu anche lo strumento attraverso il quale Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia esercitarono il loro diretto controllo sul governo tedesco della Repubblica Federale Tedesca, nata ufficialmente nel settembre 1949 e che sancì la separazione della Germania e del suo popolo.
Un mese dopo, nell'ottobre 1949, si costituì la Repubblica Democratica Tedesca il cui primo atto ufficiale fu l'invio a tutti i governi di una dichiarazione di fedeltà del governo di questo Stato agli accordi di Potsdam.