Colloquio di Stalin con la prima delegazione operaia americana il 9 settembre 1927
LENIN HA CONTINUATO E SVILUPPATO IL MARXISMO

Qui di seguito pubblichiamo alcune risposte di Stalin tratte dal "Colloquio con la prima delegazione operaia americana il 9 settembre 1927''. Il titolo dell'articolo è redazionale.

Prima domanda: Quali nuovi principi furono praticamente aggiunti al marxismo da Lenin e dal Partito comunista? Sarebbe giusto dire che Lenin credeva nella "rivoluzione creatrice'', mentre Marx era più incline ad attendere che lo sviluppo delle forze economiche arrivasse al suo culmine?
Risposta: Penso che Lenin non ha "aggiunto'' al marxismo nessun "nuovo principio'', come non ha soppresso nessuno dei "vecchi'' principi del marxismo. Lenin fu e resta il discepolo più fedele e più conseguente di Marx e di Engels, e si fonda interamente e completamente sui principi del marxismo. Ma Lenin non fu soltanto un realizzatore della dottrina di Marx e di Engels. Oltre a ciò, egli fu il continuatore della dottrina di Marx e di Engels. Cosa significa ciò? Ciò significa che egli ha sviluppato ulteriormente la dottrina di Marx e di Engels conformemente alle nuove condizioni di sviluppo, conformemente alla nuova fase del capitalismo, l'imperialismo. Questo significa che, sviluppando ulteriormente la dottrina di Marx nelle nuove condizioni della lotta di classe, Lenin ha portato al patrimonio generale del marxismo qualche cosa di nuovo in confronto a quello che fu dato da Marx e da Engels, in confronto a quello che poteva essere dato nel periodo del capitalismo preimperialistico; però quello che Lenin ha portato di nuovo al patrimonio del marxismo si basa interamente e completamente sui principi dati da Marx e da Engels. In questo senso appunto noi parliamo del leninismo come del marxismo dell'epoca dell'imperialismo e delle rivoluzioni proletarie. Ecco alcune questioni sulle quali Lenin ha dato qualche cosa di nuovo, sviluppando ulteriormente la dottrina di Marx.
In primo luogo, la questione del capitalismo monopolistico, dell'imperialismo, come nuova fase del capitalismo. Marx ed Engels dettero nel "Capitale'' un'analisi delle basi del capitalismo. Ma Marx ed Engels vissero nel periodo di dominio del capitalismo premonopolistico, nel periodo di quieta evoluzione del capitalismo e della sua "pacifica'' estensione su tutto il globo terrestre. Questa vecchia fase terminò alla fine del XIX e all'inizio del XX secolo, allorché Marx ed Engels non vivevano più. è comprensibile che Marx ed Engels potevano soltanto intuire le nuove condizioni di sviluppo del capitalismo che si crearono con la nuova fase del capitalismo, venuta a sostituire la vecchia fase, con la fase imperialista e monopolista di sviluppo, quando la graduale evoluzione del capitalismo venne ad essere sostituita da uno sviluppo a salti, catastrofico, del capitalismo, quando l'ineguaglianza di sviluppo e le contraddizioni del capitalismo si manifestarono con forza particolare, quando la lotta per i mercati di vendita e i mercati di esportazione del capitale, data la estrema ineguaglianza dello sviluppo, rese inevitabili delle guerre imperialiste periodiche, per delle nuove spartizioni periodiche del mondo e delle sfere di influenza.
Il merito di Lenin e, di conseguenza, ciò che vi è di nuovo in Lenin è che egli, fondandosi sulle tesi fondamentali del "Capitale'', ha dato un'analisi marxista scientifica dell'imperialismo, come ultima fase del capitalismo, mettendo in luce le sue piaghe e le condizioni della sua inevitabile catastrofe. Sulla base di questa analisi è sorta la nota tesi di Lenin che nel periodo dell'imperialismo è possibile la vittoria del socialismo nei singoli paesi capitalistici, presi separatamente.
In secondo luogo, la questione della dittatura del proletariato. L'idea fondamentale della dittatura del proletariato, come dominio politico del proletariato e come metodo d'abbattimento violento del potere del capitale, venne data da Marx e da Engels. In questo campo ciò che vi è di nuovo in Lenin è: a) che egli ha scoperto il potere dei Soviet come forma statale della dittatura del proletariato, utilizzando a questo scopo l'esperienza della Comune di Parigi e della rivoluzione russa; b) che egli ha spiegato il valore della formula della dittatura del proletariato dal punto di vista del problema degli alleati del proletariato, definendo la dittatura del proletariato come forma particolare dell'alleanza di classe del proletariato, che è il dirigente, con le masse sfruttate delle classi non proletarie (contadini, ecc.), che sono dirette dal proletariato; c) che egli ha sottolineato con forza particolare che nella società divisa in classi la dittatura del proletariato è il tipo più alto di democrazia, la forma della democrazia proletaria che esprime gli interessi della maggioranza (cioè degli sfruttati), in contrapposto alla democrazia capitalista, che esprime gli interessi della minoranza (cioè degli sfruttatori).
In terzo luogo, la questione delle forme e dei metodi della edificazione vittoriosa del socialismo nel periodo della dittatura del proletariato, nel periodo transitorio dal capitalismo al socialismo, in un paese circondato da Stati capitalisti. Marx ed Engels consideravano il periodo della dittatura del proletariato come un periodo più o meno lungo, pieno di scontri rivoluzionari e di guerre civili, durante il quale il proletariato, trovandosi al potere, prende le misure di carattere economico, politico, culturale e organizzativo, necessarie per creare al posto della vecchia società capitalista la nuova società socialista, la società senza classi, la società senza Stato. Lenin si mantenne interamente e completamente sul terreno di queste tesi fondamentali di Marx e di Engels. In questo campo ciò che vi è di nuovo in Lenin è: a) che egli ha dimostrato la possibilità di edificare interamente la società socialista nel paese della dittatura del proletariato, circondato da Stati imperialisti, a condizione che questo paese non venga soffocato dall'intervento militare degli Stati capitalisti che lo circondano; b) che egli ha tracciato le vie concrete della politica economica ("nuova politica economica''), seguendo le quali il proletariato, avendo nelle mani le leve di comando dell'economia (industria, terra, trasporti, banche, ecc.), collega l'industria socializzata con l'economia agricola ("saldatura dell'industria con l'economia contadina'') e conduce così tutta l'economia al socialismo; c) che egli ha tracciato le vie concrete per attirare e condurre gradualmente le masse fondamentali dei contadini nella corrente dell'edificazione socialista attraverso la cooperazione, che costituisce, nelle mani della dittatura del proletariato, il più grande mezzo per la trasformazione della piccola economia contadina e per la rieducazione delle masse fondamentali dei contadini nello spirito del socialismo.
In quarto luogo, la questione dell'egemonia del proletariato nella rivoluzione, in ogni rivoluzione popolare, tanto nella rivoluzione contro lo zarismo quanto nella rivoluzione contro il capitalismo. Marx ed Engels abbozzarono le linee fondamentali dell'idea dell'egemonia del proletariato. Il nuovo in Lenin è che egli ha sviluppato ulteriormente e ha allargato questi abbozzi facendone un sistema armonico dell'egemonia del proletariato, un sistema armonico della direzione delle masse lavoratrici della città e della campagna da parte del proletariato, non solo nell'opera di abbattimento dello zarismo e del capitalismo, ma anche nell'opera di edificazione socialista durante la dittatura del proletariato. è noto che, grazie a Lenin e al suo partito, l'idea dell'egemonia del proletariato ha avuto un'applicazione magistrale in Russia. Questo spiega, tra l'altro, il fatto che la rivoluzione in Russia ha portato al potere il proletariato. Prima le cose avvenivano di solito in modo che gli operai durante la rivoluzione lottavano sulle barricate, versavano il loro sangue, abbattevano il vecchio regime, e il potere cadeva nelle mani dei borghesi, i quali in seguito opprimevano e sfruttavano gli operai. Così andarono le cose in Inghilterra e in Francia. Così andarono le cose in Germania. Da noi in Russia, le cose hanno seguito un altro corso. Da noi gli operai non sono stati soltanto la forza d'assalto della rivoluzione. Essendo la forza d'assalto della rivoluzione, il proletariato russo si è sforzato, nello stesso tempo, di essere l'egemone, il dirigente politico di tutte le masse sfruttate della città e della campagna, stringendole intorno a sé, staccandole dalla borghesia, isolando politicamente la borghesia. Ed essendo l'egemone delle masse sfruttate, il proletariato russo ha sempre lottato per prendere il potere nelle proprie mani e utilizzarlo per i suoi interessi, contro la borghesia, contro il capitalismo. Così appunto si spiega perché in Russia ogni azione rivoluzionaria potente, tanto nell'ottobre 1905, quanto nel febbraio 1917, ha portato sulla scena i Soviet dei deputati operai, come embrione del nuovo apparato del potere, destinato a schiacciare la borghesia, in contrapposto al parlamento borghese, vecchio apparato del potere, destinato a schiacciare il proletariato. Due volte da noi la borghesia tentò di restaurare il parlamento borghese e di por fine ai Soviet: nell'agosto 1917 al tempo del "Preparlamento'', prima della presa del potere da parte dei bolscevichi, e nel gennaio 1918, al tempo dell'"Assemblea costituente'', dopo la presa del potere da parte del proletariato, e ogni volta essa fu sconfitta. Perché? Perché la borghesia era già isolata politicamente, perché masse di milioni di lavoratori consideravano il proletariato come unico capo della rivoluzione e i Soviet erano già stati controllati e provati dalle masse, come il loro potere operaio, la cui sostituzione con un parlamento borghese sarebbe stata per il proletariato un suicidio. Non c'è quindi da stupirsi se da noi il parlamento borghese non ha attecchito. Ecco perché la rivoluzione in Russia ha portato al potere il proletariato. Tali sono i risultati della messa in pratica del sistema leninista dell'egemonia del proletariato nella rivoluzione.
In quinto luogo, la questione nazionale e coloniale. Marx ed Engels, analizzando ai loro tempi gli avvenimenti d'Irlanda, d'India, di Cina, dei paesi dell'Europa centrale, di Polonia e d'Ungheria, dettero le idee direttrici fondamentali circa la questione nazionale e coloniale. Lenin nelle sue opere si è fondato su queste idee. In questo campo ciò che vi è di nuovo in Lenin è: a) che egli raccoglie queste idee in un sistema armonico di concezioni circa le rivoluzioni nazionali e coloniali nell'epoca dell'imperialismo; b) che egli lega la questione nazionale e coloniale alla questione dell'abbattimento dell'imperialismo; c) che egli proclama che la questione nazionale e coloniale è parte integrante della questione generale della rivoluzione proletaria internazionale.
Infine, la questione del partito del proletariato. Marx ed Engels tracciarono le linee fondamentali della dottrina del partito come reparto d'avanguardia del proletariato, senza il quale (senza partito) il proletariato non può raggiungere la propria liberazione, né nel senso della presa del potere, né nel senso della trasformazione della società capitalista. In questo campo ciò che vi è di nuovo in Lenin è che egli ha sviluppato ulteriormente questi abbozzi in relazione alle nuove condizioni di lotta del proletariato nel periodo dell'imperialismo, dimostrando: a) che il partito è la forma superiore dell'organizzazione di classe del proletariato in confronto alle altre forme di organizzazione del proletariato (sindacati, cooperative, organizzazione statale), di cui il partito deve coordinare e dirigere il lavoro; b) che la dittatura del proletariato può essere realizzata soltanto attraverso il partito, che ne è la forza direttiva; c) che la dittatura del proletariato può essere totale soltanto nel caso in cui sia diretta da un solo partito, dal partito dei comunisti, il quale non divide e non deve dividere la direzione con altri partiti; d) che senza una disciplina di ferro nel partito non possono essere realizzati i compiti della dittatura del proletariato per schiacciare gli sfruttatori e trasformare la società di classe in società socialista.
Ecco, essenzialmente, quello che Lenin ha dato di nuovo nelle sue opere, concretizzando e sviluppando ulteriormente la dottrina di Marx, in relazione alle nuove condizioni di lotta del proletariato nel periodo dell'imperialismo.
Perciò si dice da noi che il leninismo è il marxismo dell'epoca dell'imperialismo e delle rivoluzioni proletarie.
Di qui si vede che il leninismo non può essere separato dal marxismo e tanto meno può essergli contrapposto.
Nella domanda della delegazione si dice ancora: "Sarebbe giusto dire che Lenin credeva nella `rivoluzione creatrice', mentre Marx era più incline ad attendere che lo sviluppo delle forze economiche arrivasse al suo culmine?". Penso che dire così sarebbe completamente errato. Penso che qualsiasi rivoluzione popolare, se essa è veramente tale, è una rivoluzione creatrice, perché abbatte il vecchio sistema e ne crea, ne costruisce uno nuovo. Naturalmente, non vi può essere nulla di creativo nelle cosiddette "rivoluzioni'', che capitano qualche volta, per esempio in Albania, sotto forma di "insurrezioni'' lillipuziane di alcune tribù contro delle altre. Però i marxisti non hanno mai considerato queste "insurrezioni'' lillipuziane come delle rivoluzioni. Non si tratta, evidentemente, di simili "insurrezioni'', ma della rivoluzione popolare di massa che solleva le classi oppresse contro le classi che le opprimono. E questa rivoluzione non può essere che creatrice. Marx e Lenin erano appunto per una simile rivoluzione e solo per essa. è chiaro che una simile rivoluzione non può sorgere in qualsiasi condizione, e può avvenire solo in determinate condizioni favorevoli d'ordine economico e politico.

Dodicesima domanda: Potete darci una breve caratteristica della società futura che il comunismo tenta di creare?
Risposta: La caratteristica generale della società comunista è stata data nelle opere di Marx, di Engels e di Lenin. Se si vuol dare brevemente l'anatomia della società comunista, si può dire che essa sarà una società: a) in cui non vi sarà la proprietà privata degli strumenti e dei mezzi di produzione, che saranno proprietà sociale, collettiva; b) in cui non vi saranno classi e potere statale, ma vi saranno dei lavoratori dell'industria e dell'agricoltura che, organizzati in una libera associazione di lavoratori, si amministreranno economicamente da se stessi; c) in cui l'economia nazionale, organizzata secondo un piano, sarà basata su una tecnica superiore, tanto nel campo dell'industria, quanto in quello dell'agricoltura; d) in cui non vi sarà contrasto fra la città e la campagna, fra l'industria e l'agricoltura; e) in cui i prodotti saranno distribuiti secondo il principio dei vecchi comunisti francesi: "Da ciascuno secondo le sue capacità, ad ognugno secondo i suoi bisogni''; f) in cui la scienza e l'arte godranno di condizioni sufficientemente favorevoli per fiorire nel modo più completo; g) in cui la personalità, libera dalle preoccupazioni per il pane quotidiano e dalla necessità di adattarsi ai voleri dei "potenti del mondo'', diventerà veramente libera. E così via. è chiaro che noi siamo ancora lontani da questa società.
Per ciò che riguarda le condizioni internazionali indispensabili al trionfo completo della società comunista, esse si formeranno e cresceranno nella misura in cui cresceranno le crisi rivoluzionarie e le esplosioni rivoluzionarie della classe operaia nei paesi capitalisti. Non si deve immaginare che la classe operaia di un paese o di alcuni paesi marcerà verso il socialismo e, ancor meno, verso il comunismo, e i capitalisti degli altri paesi se ne staranno a guardare con indifferenza, le braccia incrociate. Ancor meno si può immaginare che la classe operaia dei paesi capitalisti accetterà di assistere come semplice spettatrice allo sviluppo vittorioso del socialismo in questo o quel paese. In realtà, i capitalisti faranno tutto ciò che è in loro potere per soffocare questi paesi. In realtà, ogni passo serio verso il socialismo, e più ancora verso il comunismo, in questo o in quell'altro paese, sarà inevitabilmente accompagnato dall'irresistibile slancio della classe operaia dei paesi capitalisti verso la conquista della dittatura e del socialismo in questi paesi. Così, nel corso dello sviluppo ulteriore della rivoluzione internazionale, si formeranno, su scala mondiale, due centri, il centro socialista che attrarrà a sé i paesi che tendono al socialismo, e il centro capitalista che attrarrà a sé i paesi che tendono al capitalismo. La lotta di questi due centri per il possesso dell'economia mondiale deciderà del destino del capitalismo e del comunismo in tutto il mondo. Perché la disfatta definitiva del capitalismo mondiale è la vittoria del socialismo sull'arena dell'economia mondiale.
Note:
1. Comune di Parigi, primo "governo della classe operaia'' (Marx) nella storia. Assunse il potere in seguito all'insurrezione del proletariato parigino nel marzo del 1871. Aiutato dall'esercito di occupazione prussiano, il governo reazionario francese affogò nel sangue la Comune di Parigi.
2. Preparlamento, assemblea permanente creata dalla borghesia all'inizio dell'ottobre 1917 e composta dai rappresentanti di varie organizzazioni sociali per lottare contro i Soviet. Il "Preparlamento'' fu organizzato in modo che nel suo seno la maggioranza fosse assicurata ai rappresentanti della borghesia e ai suoi agenti: i menscevichi e i socialisti-rivoluzionari. Fin dalla sua prima seduta la frazione bolscevica, dopo aver letto una dichiarazione, abbandonò il Preparlamento e in seguito lo boicottò. Tale tattica era stata stabilita dal Comitato centrale del partito su proposta di Lenin e di Stalin, contro i traditori Kamenev e Zinoviev, che, partecipando al Preparlamento, tentavano, a mezzo di un accordo coi menscevichi e i socialisti-rivoluzionari, di far fallire l'insurrezione armata.