Con lo scandaloso avallo di tutta la cricca dei rinnegati consiglieri DS
Il Bossi del Sud Bassolino vara lo statuto neofascista, presidenzialista, federalista, e neoliberista della Campania
Il governatore della regione avrà poteri immensi, da nuovo duce. Ripristinato il motto mussoliniano "Dio, patria, famiglia"
Lottiamo per la Campania governata dal popolo e al servizio del popolo
Redazione di Napoli
L'approvazione del nuovo statuto da parte del consiglio regionale della Campania è avvenuta in prima lettura lo scorso 18 settembre, con 39 sì e 6 no. La carta costituzionale venne pubblicata sul Burc (Bollettino Ufficiale Regione Campania) il successivo 25 ottobre in attesa di un secondo pronunciamento del Consiglio per confermare la validità dei 75 articoli che compongono quello che attualmente è uno degli statuti più reazionari d'Italia e che più fedelmente segue le direttive federaliste volute dai governi di "centro-sinistra" e "centro-destra".
Come già denunciammo in prima battuta sul n. 9/2004 de Il Bolscevico, lo statuto è stato perseguito fortemente dal Bossi del Sud Antonio Bassolino. Egli non a caso si è ricandidato alla presidenza regionale in modo da poter usufruire degli amplissimi poteri contenuti in questo Statuto dalla natura neofascista e antipopolare, preferendo non candidarsi alle elezioni politiche nazionali come in un primo momento sembrava.
Cerchiamo di scandagliare articolo per articolo la "deliberazione 8/L" del consiglio regionale che dà i natali allo statuto neofascista, presidenzialista e federalista campano. Non prima però di aver ricordato che l'elaborazione e il varo finale dello statuto regionale e della relativa legge elettorale in Campania avvengono allo stesso modo in tutte le regioni italiane come adempimento della legge costituzionale del 28 febbraio 2001, ulteriormente modificata dal parlamento nero in questi mesi con l'articolo 123 ("In ogni Regione, lo statuto disciplina il Consiglio delle autonomie locali, quale organo di consultazione, di concertazione e di raccordo fra le Regioni e gli enti locali") e l'art. 127ter che introduce il "Senato federale della Repubblica" che si deve coordinare con comuni, province e città metropolitane e le regioni. In sostanza si sovverte lo Stato unitario, lo si trasforma in uno Stato federale a tutti gli effetti, spezzettandolo in tanti staterelli pari alle regioni del nostro Paese, alle quali verrà affidato il potere legislativo su moltissime materie prima di competenza delle istituzioni nazionali. Con il nuovo art. 117 della Costituzione nera, inoltre, la sanità, la scuola e la polizia locale passano alla competenza diretta dei nuovi Stati-regione (vedi Il Bolscevico n. 36/2004): una vera iattura che danneggerà soprattutto il Sud (e quindi anche la Campania) per permettere ai capitalisti delle regioni del Nord di competere meglio con le altre parti d'Europa nel mercato unico europeo e mondiale.

Principi generali e finalità
Quali sono i principi generali portanti e le finalità dello statuto campano? Si potrebbe pensare al diritto al lavoro, al diritto alla casa, alla salute (questi ultimi presenti, almeno formalmente, nella prima parte della Costituzione del 1948 ormai affossata dal regime), alla lotta contro la camorra, ecc., e invece? Tutt'altro. Il primo dato è quello che questa legge verrà elevata al rango di norma costituzionale, lo Statuto sarà messo quindi a pari livello delle Costituzioni nazionale ed europea. Altri principi, ribaditi in maniera martellante sono quelli del federalismo e della sussidiarietà, ossia il disimpegno definitivo dello Stato nelle materie attribuite alle Regioni che dovranno sbrigarsela da sole.
Inutile dire ancora una volta che per il Sud ci saranno le peggiori conseguenze visto che dovrà pagare di tasca propria i servizi sociali e quando non avrà i fondi necessari (come sta già facendo) darà tutto in mano ai privati. L'articolo 9, comma d difende ed esalta la libera concorrenza, la proprietà privata, la competizione e la privatizzazione ispirata al più becero liberismo e individualismo, frutto dell'ideologia liberale.
Si tratta quindi nei principi e nelle finalità di un peggioramento notevole rispetto alla Costituzione democratico-borghese, visto che difende apertamente e promuove il diritto, ma si dovrebbe chiamare occasione ghiotta, per i capitalisti di gettarsi nel mercato libero europeo in concorrenza con gli altri pescecani occidentali.
Non sfuggono a un lettore attento anche le novità, introdotte a tutti i costi dai rinnegati del comunismo e dai loro lacché, circa "le radici cristiane" e la difesa della famiglia borghese monogamica come perno del sistema. La Campania ha radici cristiane, recita l'art. 9 comma g. E da quando? Anche qui lo Statuto si colloca più a destra rispetto alla Costituzione del 1948, dimostrando formalmente e materialmente di essere fortemente reazionario, fortemente condizionato dalla volontà oscurantista delle gerarchie ecclesiastiche.

Il superpresidenzialismo bassoliniano ricalca quello di Mussolini e Berlusconi
Gli effetti più gravi sono quelli che derivano dall'instaurazione del superpresidenzialismo bassoliniano che ricalca l'idea di Mussolini e Berlusconi del cosiddetto "premierato forte", il cui scopo è accentrare tutto il potere nelle mani dell'"uomo della provvidenza" e di eliminare man mano la funzione del parlamento, ridotto a mera cassa di risonanza dell'esecutivo; così sarà anche per il consiglio regionale.
Il presidente è eletto a suffragio universale e diretto e i suoi poteri, da vero e proprio duce regionale, sono amplissimi. Vengono elencati negli articoli 49 e 50: nomina e revoca in piena autonomia la giunta e gli assessori regionali, anche esterni al consiglio, modifica le deleghe agli assessori in ogni momento e senza intralcio da parte di nessun organismo regionale. Ancora: per sfiduciare il presidente e la sua giunta ci deve essere il voto contrario della maggioranza assoluta dei componenti del Consiglio regionale (art. 52 e art. 55) su determinate materie, ma l'iniziativa può avvenire soltanto se la richiesta parte direttamente dal governatore o dalla sua giunta: un'ipotesi remota! Il voto contrario della maggioranza assoluta dei componenti del Consiglio su di un determinato provvedimento non comporta il ritiro definitivo del provvedimento che può essere riproposto e imposto direttamente dal presidente, significa in sostanza che il presidente può porre la fiducia sui provvedimenti presentati da lui stesso o dalla giunta per assicurarsi la loro approvazione e pena lo scioglimento del Consiglio stesso, presenta disegni di legge e ogni altro provvedimento d'iniziativa della giunta, promulga le leggi regionali, emette regolamenti, nomina gli organi di gestione delle agenzie regionali. Tutto questo con l'avallo, talvolta necessario, della giunta che però dovrà sottostare ai suoi diktat visto che, come detto il presidente "attribuisce e revoca gli incarichi all'interno della Giunta", che di conseguenza viene svuotata del suo vecchio ruolo di controllo del settore cui è chiamata a rispondere con gli assessori. Tutto questo in una stanza chiusa visto anche che "le sedute della giunta non sono pubbliche" (art. 53, comma 8), senza alcuna forma di controllo popolare.
In questo quadro è evidente la falsità dei richiami formali ai principi democratici e alla separazione dei poteri che servono solo a nascondere che il consiglio regionale non rappresenta affatto la "centralità politico-istituzionale della Regione" come ciancia ipocritamente l'art. 25, bensì un organo totalmente sottomesso al governatore-duce della giunta.
Non a caso per acquietare i consiglieri regionali (privati praticamente dei poteri sostanziali), lo statuto ha previsto all'art. 28 l'aumento delle poltrone da 60 a 80 consiglieri, la "determinazione della misura dell'indennità ed i rimborsi spettanti ai consiglieri regionali e le relative forme di previdenza", e l'equiparazione dello "status dei consiglieri regionali a quello dei parlamentari nazionali". Insomma, aumenteranno i consiglieri regionali (peraltro sempre più spettatori della politica del capo), tenuti a bada grazie ad una pioggia di migliaia e migliaia di euro, se non di milioni annui, che graveranno maggiormente sulle spalle del proletariato e delle masse popolari.

Il "nuovo" cavallo di battaglia di Bassolino: "dio, patria, famiglia"
Al pari di Mussolini, Bassolino e i suoi lacché rispolverano la triade fascista "dio, patria, famiglia"; L'art. 3, infatti, afferma senza mezzi termini: "La Regione riconosce l'apporto derivante (...) dalle radici religiose cristiane delle comunità campane". Salvaguardati gli interessi clericali nello statuto sparisce invece qualsiasi riferimento storico al valore dell'antifascismo, che aveva visto una polemica fortissima ad inizio 2004 con spaccature, malamente ricomposte, nella coalizione di "centro-sinistra". Risulta inutile, a questo punto, lo scarno richiamo "alla Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza" (art. 1), visto che di fatto si cancella la storia della nostra amata regione, nata dal sangue del proletariato e delle masse popolari, con l'eroica resistenza partigiana, culminata nella liberazione di Napoli nelle Gloriose Quattro Giornate (1943), che costò la vita o la deportazione a migliaia di campani.
Ecco poi la norma sul familismo bassoliniano: "La regione promuove ogni iniziativa per favorire il riconoscimento ed il sostegno alla famiglia fondata sul matrimonio e sulle unioni familiari" (art. 9 comma h), senza specificare quali sono queste "unioni familiari" e mettendo comunque in primo piano la concezione mussoliniana della famiglia borghese e cattolica quale "società naturale fondata sul matrimonio" (art. 74). Tutto ciò che intacca queste concezioni familiste sembra essere sgradito al Bossi del Sud. A farne le spese le coppie di fatto, quelle gay, le lesbiche e i transessuali.
Ma Bassolino non si ferma e per la sua patria d'azione, la Campania, inventa una sorta di patriottismo regionale. Sembra quasi che l'attuale governatore voglia creare una nuova patria di cui si considera il capo incontrastato, specularmente a quel che pensa Bossi delle regioni del Nord. A questo scopo ha intrapreso negli ultimi mesi una serie di operazioni diplomatiche e commerciali con i Paesi del Nord Africa per promuovere l'immagine della Campania nell'area del Mediterraneo, ha aperto un ufficio di rappresentanza della Campania negli Usa, facendo gravare il tutto, almeno 1 milione di euro l'anno, sul bilancio della regione quindi sul popolo campano. Chi gliel'ha data l'autorizzazione? L'articolo 9, al comma u, che sottolinea che occorre mantenere "i legami con i campani emigrati nel mondo" e gli altri articoli, che gli conferiscono poteri simili a quelli dei ministri degli Esteri. Scopo reale: aprire nuovi e più appetitosi mercati per far diventare grande la sua immagine di megalomane e ingrassare le tasche dell'alta borghesia e dei pescecani padronali nostrani con le loro ambizioni imperialiste nel mondo.
L'imbroglio del federalismo "solidale"
Il federalismo "solidale" di Bassolino è sempre stato, fin dalla sua nascita, un grande imbroglio, visto che di solidale le masse popolari, dopo più di dieci anni di governi di "centro-sinistra", non hanno avuto un bel nulla, mentre questa formula federalista di Bassolino ha permesso a lui e ai suoi accoliti di fargli da battistrada per ottenere il più agognato presidenzialismo.
In maniera ridondante e insistente vengono indicati, come principi fondamentali quelli di autonomia e sussidiarietà, voluti dai governi di "centro-sinistra", soprattutto quello del rinnegato D'Alema. Tutt'altro che chiari sono invece quelli di "adeguatezza" e "differenziazione", definiti come fondamentali, ma con un significato tutto da definire. Questi principi rendono di fatto la regione "autonoma" soprattutto economicamente, tanto che gli artt. 60 e 61 regolano l'autonomia finanziaria e tanto che si possono stabilire ed applicare con legge regionale tributi, balzelli ed entrate propri; in più la regione può emettere addirittura una sorta di Bor, "buoni ordinari regionali", per finanziare spese di investimento, nel triste ricordo dei Boc, inaugurati da Bassolino con il suo mandato a neopodestà di Napoli negli anni '90, i quali hanno indebitato ulteriormente le già disastrate casse del comune partenopeo.
Gli inganni del femminismo borghese e del "bilancio partecipato"
Molti sono gli attacchi inferti dallo Statuto, direttamente o indirettamente, a diritti che dovrebbero essere ormai sanciti e che invece sono sotterrati e sostituiti con degli inganni, delle pallottole di zucchero per renderli più dolci.
Ne fanno le conseguenze i diritti degli omosessuali sacrificati, come detto, sull'altare del familismo di stampo mussoliniano, ma anche le donne e le coppie sterili. Ad esempio, la fecondazione eterologa viene attaccata all'art. 9 comma g, che stabilisce: "Il riconoscimento del principio che il patrimonio genetico di ogni individuo è bene indisponibile". Per coprire questi sconci martellanti ci sono riferimenti al femminismo piccolo-borghese (rappresentato dalla dizione "pari opportunità" voluta fortemente dalla lobby "Emily") e al "bilancio partecipato", per tenere a bada la base dei DS, PdCI e PRC e per circuire movimenti, intellettuali progressisti e giovani dei centri sociali.
I primi sono un palese inganno ripetuto più volte nello Statuto, tanto che all'articolo 17, Bassolino e i suoi compari progettano di costituire più organismi di "pari opportunità" e di indagini conoscitive sulla condizione della donna: entrambi peraltro senza poteri definiti. I secondi, ossia la creazione di svariati organismi che chiamano in causa la partecipazione diretta popolare secondo i criteri del "bilancio partecipato", sono uno specchietto per le allodole, una formula smascherata da tempo da noi marxisti-leninisti perché non consegna affatto al popolo il controllo e il governo delle istituzioni.
Al neoliberismo ma soprattutto alla deriva neofascista, presidenzialista e federalista dello statuto, non si può porre rimedio con operazione demagogiche ed elettoralistiche come il "reddito di cittadinanza" (art. 79, comma r), né con il cosiddetto "municipio partecipato" consistente nel "dibattito annuale sullo stato della Regione, al fine di contribuire alla costituzione di una opinione pubblica regionale". Gli organismi di "pari opportunità" e consulta immigrati (art. 17), del consiglio delle autonomie locali (art. 21), del Consiglio regionale dell'economia e del lavoro (Crel) (art. 23), del Consiglio regionale dell'istruzione e della formazione (Crif) (art.24) sono tutte intercapedini vuote che Bassolino e le sue "teste d'uovo" hanno voluto per dare un alone di partecipazione diretta delle associazioni, degli organismi democratici e delle masse che però, come più volte richiamato dagli articoli sopra citati, possono solo esprimere pareri consultivi dei quali poi il presidente e la sua giunta possono tranquillamente infischiarsene, come sempre, visto la loro non vincolatività. Questo mucchio di uffici senza poteri andranno ad ingrossare la burocrazia delle istituzioni locali in camicia nera che, come ai tempi Mussolini, erano uno strumento per opprimere e tenere sotto controllo il popolo.
La profonda antipopolarità di questo Statuto regionale è appena mascherata da queste operazioni di facciata tipiche delle amministrazioni di "centro-sinistra". è il caso anche del diritto al lavoro (art. 7), dove si parla di "incentivazione" alla piena occupazione attraverso un "lavoro libero e capace di garantire una vita dignitosa ad ogni persona e dove si dice che la Regione opera per rimuovere gli ostacoli di ogni tipo che possono impedirlo o limitarlo". Come dire: se non possiamo rimuoverli questi ostacoli, non si potrà avere una piena occupazione, la quale d'altra parte dovrebbe essere "incentivata", come se i relatori già ponessero come assodato il fatto che in Campania la piena occupazione ci fosse realmente, scordando che i disoccupati sono più di un milione, secondo le stime ufficiali.

Affossiamo lo Statuto antipopolare. Lottiamo per la Campania governata dal popolo e al servizio del popolo
Tra le norme apertamente antipopolari c'è la limitazione del referendum abrogativo, "non è ammesso per le leggi di bilancio, tributarie, finanziarie, di governo del territorio, di tutela ambientale e di stato giuridico dei consiglieri regionali, leggi relative ai rapporti internazionali e con l'UE, leggi di modifica o revisione statutaria" (articolo 13 comma 4). Un'ingiustificata limitazione all'azione popolare in settori, guarda caso, strategici per i signori del palazzo, per estromettere il popolo da qualsiasi decisione su temi che hanno grande rilevanza per la sua vita quotidiana. Viceversa, uno degli articoli centrali dello Statuto che sicuramente vedrà piena attuazione pratica è quello che sancisce "la libertà della attività di impresa", la difesa "della economia di mercato e della libera concorrenza", nonché la possibile "partecipazione o addirittura promozione da parte della Regione di aziende, consorzi e società privati" (art. 27 commi l e m).
In attesa dell'approvazione definitiva dello Statuto regionale (che dovrebbe avvenire entro il 15 gennaio) e della relativa legge elettorale, il dibattito si è assopito, con la connivenza della stampa di regime che non tratta più l'argomento, per far meglio ingoiare il rospo alle masse popolari campane. Anche le "arrabbiate" federazioni provinciali del PRC e del PdCI, che prima avevano abbaiato, non hanno morso, e sono rientrate come al solito nella loro cuccia, preoccupandosi di alimentare il dibattito intorno alle elezioni regionali del 2005.
Noi marxisti-leninisti respingiamo con forza questo Statuto, invitiamo le masse popolari a costituire comitati referendari per abrogarlo e rivendichiamo come priorità assoluta un piano straordinario immediato per l'industrializzazione e lo sviluppo della Campania per contrastare la dilagante disoccupazione, ricettacolo di camorra e miseria.
Ci vuole un lavoro stabile, a salario intero, a tempo pieno e sindacalmente tutelato per tutti i disoccupati e i lavoratori: questo agognato obiettivo si potrà raggiungere in pieno solo con la Campania governata dal popolo e al servizio del popolo. Per questo invitiamo i campani fautori del socialismo, antifascisti, antimperialisti, antipresidenzialisti, astensionisti, a creare le istituzioni rappresentative delle masse popolari attraverso i Comitati Popolari e le Assemblee popolari di quartiere e di città basati sulla democrazia diretta.
Facciamo fuoco e fiamme per affossare lo Statuto neofascista, presidenzialista, federalista e neoliberista del nuovo piccolo duce Bassolino! Disertiamo le urne, annulliamo la scheda o lasciamola in bianco alle prossime elezioni regionali! Delegittimiamo le istituzioni in camicia nera!
Lottiamo per la Campania governata dal popolo e al servizio del popolo!

12 gennaio 2005