Il parlamento europeo: storia, poteri, funzioni, elezioni e legislature
Un inganno lungo quanto la storia dell'Ue imperialista
Il primo atto ufficiale col quale prende il via il processo di integrazione europea è la firma a Parigi il 18 aprile 1951 del Trattato che istituisce la Comunità economica del carbone e dell'acciaio (Ceca), da parte di Francia, Germania federale, Italia, Belgio, Olanda e Lussemburgo. La proposta della creazione dell'organismo era stata avanzata quasi un anno prima, il 9 maggio 1950, dal ministro degli Esteri francese, il democristiano Robert Schuman, che in una dichiarazione proponeva alla Germania di mettere in comune, sotto la direzione di un'Alta autorità, le rispettive produzioni di carbone e acciaio e invitava gli altri Stati europei a aderire all'iniziativa.
Tra le istituzioni della Ceca troviamo l'antenato dell'attuale parlamento europeo, l'Assemblea comune, voluta dai fautori dell'integrazione europea ufficialmente per "esercitare un controllo democratico" sull'alleanza imperialista. Essa si riunisce per la prima volta a Strasburgo il 10 settembre 1952. è composta da 78 rappresentanti (una sola donna) prescelti dai parlamenti nazionali, su indicazione diretta dei rispettivi governi, dei 6 Stati membri. Il primo presidente dell'Assemblea è il democristiano belga Paul Henri Spaak. L'assise di Strasburgo inaugura il suo ruolo di spettatore, seduto in prima fila ma senza diritti.

I trattati di Roma e la nascita della Cee
Il 25 marzo 1957 vengono firmati i Trattati di Roma che creano la Comunità economica europea (Cee) e la Comunità europea dell'Energia atomica (Euratom). Per le tre Comunità viene creata una nuova Assemblea composta da 142 membri, che tiene la sua sessione costitutiva il 19 marzo 1958 a Strasburgo. Il nome completo è Assemblea parlamentare europea, a presiederla è chiamato Robert Schuman. La definizione attuale di parlamento europeo debutterà il 30 marzo 1962.
Nell'Assemblea comune siedono "i rappresentanti dei popoli riuniti dalla Comunità" (art. 137 dei Trattati di Roma), in realtà i parlamentari europei continuano ad essere eletti dai parlamenti nazionali secondo una pratica lobbistica e di totale subordinazione al capitale monopolistico europeo. In generale i Trattati di Roma assegnano al parlamento europeo la funzione di controllo politico e la funzione consultiva, ma nessun potere decisionale. Il Consiglio, l'organo supremo composto dai capi di Stato o di governo della Comunità, o il Consiglio dei ministri per gli specifici settori, devono consultare il parlamento su materie secondarie, come il diritto di stabilimento, gli accordi di associazione, la politica agricola comune e quella dei trasporti. Ma questa consultazione non si traduce in un potere legislativo, poiché Consiglio e Commissione (l'altro organo esecutivo della Cee) rimangono gli unici organi in grado di influire sulle politiche nazionali dei singoli Stati membri.
Nel luglio 1967 la sostituzione dei contributi finanziari degli Stati membri con delle risorse proprie della Comunità, determina una flebile estensione dei poteri di bilancio del parlamento europeo, sanciti dal Trattato di Lussemburgo firmato il 22 aprile 1970. Un secondo accordo che pone l'assise di Strasburgo quale "guardiano" del bilancio comunitario viene firmato a Bruxelles il 22 luglio 1975.

L'inganno delle elezioni dirette
Intanto l'ingresso nel 1973 di Danimarca, Irlanda e Regno Unito nella Cee aveva portato il numero di parlamentari da 142 a 198. Ma la crescita dimensionale non cambia la sua natura e da più parti si capisce che le critiche all'assise di Strasburgo di non avere alcun legame con i cittadini possono diventare pericolose, fino a delegittimare il processo comunitario. Addirittura vengono anche dall'interno delle stesse istituzioni Cee: "un democratico sincero - dichiarerà, nel luglio 1971, un ex membro della Commissione al quotidiano tedesco `Die Zeit' - non può che provare vergogna nel vedere dei rappresentanti adulti, onestamente eletti nei loro paesi d'origine, recitare la farsa che debbono recitare. Essi possono o parlare di cose che non gli interessano affatto, oppure, se si interessano di veri problemi, non possono parlarne, e comunque non possono in alcun caso prendere una decisione".
Una vergogna che non tocca in Italia il PCI che, sconfessando quella che era stata la sua politica di denuncia della Cee e del mercato unico europeo fin dalla sua nascita nel '57, dal marzo 1969 aveva autorizzato suoi membri a far parte del parlamento europeo. Tant'è che la conferenza di Parigi del 9 e 10 dicembre 1974, voluta all'unisono dal presidente francese di destra Valery Giscard d'Estaing e dal cancelliere tedesco socialdemocratico Helmut Schimdt, è costretta ad affrontare l'argomento, sottolinea che "elezioni dirette dovrebbero intervenire a partire dal 1978" e invita il parlamento a presentare delle proposte.
L'atto sulle elezioni a suffragio universale viene firmato a Bruxelles il 20 settembre 1976. Dopo la girandola di ratifiche il testo entra in vigore il primo luglio 1978: per il primo parlamento europeo "democraticamente eletto" si andrà alle urne il 7 e 10 giugno 1979, e i deputati della prima legislatura saranno 410. La decisione è unicamente quella di chiamare in causa gli elettori meccanicamente ogni 5 anni, per avallare e dare una base di massa all'operato dell'imperialismo europeo, mentre a detta delle teste d'uovo della borghesia europea e mondiale, fra cui si distingue il dissidente russo Sakharov, il valore di esempio di questa "eccezionale innovazione" è "formidabile per tutte le aree del mondo". A traghettare l'assise di Strasburgo dal vecchio sistema di elezione dei delegati dei parlamenti nazionali a quello a suffragio universale è il democristiano Emilio Colombo, che riveste la carica di presidente dal 1977 al 1979, allorché lascerà spazio alla liberale francese Simone Veil.
Nonostante l'entusiasmo profuso dai fautori della superpotenza europea l'affluenza alle urne non è affatto eccezionale. Nei nove Stati della Cee (la Grecia si aggiungerà nel 1981) la media dei votanti raggiunge il 63%. Eppure questo sarà il punto più alto, mai toccato in seguito. In Belgio e Lussemburgo, culla delle istituzioni Cee e dove il voto è obbligatorio, si registrano le percentuali più alte di affluenza alle urne, rispettivamente col 91,4% e 88,9% di votanti. Segue l'Italia con l'84,9%. In Gran Bretagna per contro solo il 32,2% si reca alle urne, mentre in Danimarca (47,8%) quasi un elettore su due si astiene. L'assemblea eletta pende a favore delle forze del "centro-sinistra".
Il più numeroso è il gruppo socialista con 124 deputati (28,5%). Il gruppo del partito popolare europeo (PPE, istituito nel 1976), di cui fa parte la DC, ottiene 117 deputati (27%). Seguono i democratici europei (ne fanno parte i conservatori britannici e danesi che nel 1992 confluiranno nel PPE) con 63 eurodeputati, il gruppo "comunista" con 48 deputati, il gruppo liberal-democratico (ne fanno parte i partiti liberale, repubblicano e radicale italiani) con 38 seggi, il gruppo dell'alleanza democratica europea (UDF e RPR francesi) con 22 seggi. Dopo l'ingresso della Grecia che porterà il numero di parlamentari a 434, questa la composizione degli schieramenti nazionali a Strasburgo: Francia, Germania federale, Gran Bretagna e Italia 81 seggi; Olanda 25; Belgio e Grecia 24; Danimarca 16; Irlanda 15; Lussemburgo 6.
Negli anni '80 il processo di integrazione europea accelera ed anche il parlamento di riflesso viene investito. Sempre e comunque in funzione di specchietto per le allodole. Il 19 giugno 1983 viene approvata la Dichiarazione di Stoccarda sull'Unione europea. Nel documento viene allargato il potere di controllo politico del parlamento europeo sulla Commissione, che ha luogo in due modi: attraverso la nomina del presidente della Commissione e il voto di fiducia sul programma dello stesso organo.
Le elezioni del 1984 si tengono all'insegna del "Trattato dell'Unione europea", un progetto di modifica dell'assetto istituzionale della Comunità redatto da Altiero Spinelli, un azionista e anticomunista eletto come indipendente nelle liste del PCI, che con demagogia, mistificazione ed accortezza intendeva rilanciare la Cee agli occhi dei popoli. Tale progetto, pur se ratificato dal parlamento di Strasburgo il 14 febbraio, viene ben presto affossato dal Consiglio europeo con la netta opposizione di Gran Bretagna, Danimarca e Grecia.
Nei dieci paesi membri le elezioni europee si svolgono dal 14 al 17 giugno 1984 e il livello di affluenza alle urne (61%) inizia la sua discesa. Disertano le urne in massa gli elettori di Gran Bretagna, solo il 32,6% di votanti, Irlanda (47,6%), Olanda (50,6%), Danimarca (52,4%), Francia (56,7%) e Germania federale (56,8%). A livello politico la composizione dell'europarlamento non fa rilevare grandi cambiamenti. La maggioranza dei seggi è ancora appannaggio dei socialisti, che con 164 deputati occupano il 31% dell'assemblea, mentre la seconda forza si conferma il PPE con 115 seggi (22%). Questa la mappa dei 518 seggi nazionali dopo l'ingresso di Spagna e Portogallo (1986), con elezioni nei due paesi nell'87: Francia, Germania federale, Gran Bretagna e Italia 81 deputati; Spagna 60; Olanda 25; Belgio, Grecia e Portogallo 24; Danimarca 16; Irlanda 15; Lussemburgo 6.

Al servizio della nascente superpotenza imperialista europea
Nel 1987 l'Atto unico europeo dà al parlamento di Strasburgo il "diritto" di esprimere un parere conforme per gli accordi di associazione e di ammissione nella Comunità di un nuovo Stato, per la stipulazione di accordi internazionali, sul diritto di soggiorno dei cittadini dell'Unione, per l'organizzazione e gli obiettivi dei fondi strutturali e del Fondo di coesione, per individuare i compiti e i poteri della futura Banca centrale europea, sui quali dovrà essere presa una decisione secondo il principio della maggioranza. Inoltre il parlamento deve partecipare attivamente a tutte le attività che riguardano la cooperazione politica tra i paesi membri e tra le Comunità europee ed altri paesi esterne ad esse. Viene introdotta la procedura di cooperazione per la politica sociale e altri settori. Secondo tale procedura, il Consiglio dei ministri stabilisce una posizione comune, che verrà presentata al parlamento, il quale a sua volta ha la facoltà di chiedere alla Commissione e al Consiglio tutte le informazioni che riguardano la posizione comune. Entro tre mesi il parlamento deve pronunciarsi positivamente o negativamente ed eventualmente proporre delle modifiche (emendamenti). Se il parlamento non si pronuncia o dà il suo appoggio alla posizione del Consiglio, quest'ultimo può adottare definitivamente l'atto, se invece non è d'accordo, il Consiglio potrà adottare l'atto ugualmente, una volta trovato il consenso di tutti i suoi componenti. Tutto qui. Lo stesso Altiero Spinelli aveva dichiarato il 16 gennaio 1986 durante una discussione a Strasburgo sull'Atto unico: "è assai difficile giustificare l'arroganza del Consiglio europeo e della Conferenza che hanno rifiutato ogni partecipazione del parlamento europeo all'elaborazione della riforma istituzionale". Lacrime di coccodrillo.
Emblematiche le dichiarazioni degli eurodeputati italiani Giancarlo Pajetta (PCI), Alberto Michelini e Carlo Casini (DC) rilasciate nell'aprile del 1989 per giustificare il loro assenteismo a Strasburgo. Il parlamento europeo "si limita ad emettere raccomandazioni", che "si è trasformato in un cimitero degli elefanti", dove "non si fanno leggi ma solo discussioni e turismo politico". E allora perché parteciparvi? Ma l'Urss e l'Est neoliberali e revisionisti si stanno sfaldando e alla superpotenza europea si presenta su un piatto d'argento un'occasione impensabile solo qualche mese prima. Per cui ancora una volta l'invito è quello di andare tutti alle urne nell'illusione di far credere agli elettori di spostare l'asse dell'Europa allargata verso la "democratizzazione" delle istituzioni comunitarie.
Nei dodici paesi europei si vota dal 15 al 18 giugno. Il livello di partecipazione al voto è il più basso finora registrato, tanto che la media Cee è del 58,5%. Se la Gran Bretagna si conferma capofila dell'astensionismo col 36,4% di votanti, in Danimarca, Olanda e Francia meno di un elettore su due si reca alle urne, mentre in Spagna e Portogallo i votanti raggiungono rispettivamente il 54,6% contro il 68,9% del 1987 e il 51,2% contro il 72,4%. Proprio i risultati dei due ultimi arrivati dimostrano la crescente sfiducia di massa verso l'Europa dei monopoli, che dopo la caduta del muro di Berlino di alcuni mesi dopo, si afferma come superpotenza imperialista a tutto tondo e le sue istituzioni antidemocratiche e nemiche dei popoli, compreso l'imbelle parlamento europeo.
Dalle urne esce un parlamento con qualche scossone rispetto al passato: il gruppo dei socialisti guadagna punti e ottiene 180 seggi (34%) mentre perde colpi il PPE che raggiunge il 23% con 121 seggi. Arretrano le forze della destra classica mentre si indebolisce il gruppo che raccoglie i partiti revisionisti. Il 25 luglio il PCI abbandona da destra il gruppo "comunista" al parlamento europeo e si costituisce in gruppo autonomo.

A Maastrich nasce l'Unione europea
Il Trattato di Maastricht, firmato il 7 febbraio 1992, sancisce la creazione dell'Unione europea e della moneta unica. Al parlamento europeo viene conferito il diritto d'iniziativa, ossia a maggioranza dei suoi membri può richiedere alla Commissione "di presentare adeguate proposte sulle questioni per le quali reputa necessaria l'elaborazione di un atto della Comunità ai fini dell'attuazione del Trattato Cee (art.138B Trattato Cee modificato, art. 20A Trattato Euratom modificato). In pratica il parlamento di Strasburgo può sollecitare la Commissione ad occuparsi di alcuni problemi che devono essere affrontati con una legge dell'Ue.
Il Trattato di Maastricht estende inoltre ad altri settori la procedura di cooperazione: norme di esecuzione per quel che riguarda i fondi sociali e regionali, l'ecologia e gli aiuti allo sviluppo, politica dei trasporti e aiuti pubblici. Infine è introddotta la procedura di conciliazione (art.189 Trattato Cee modificato), riconoscendo al parlamento europeo il diritto di veto su questioni riguardanti l'ambiente, la libera circolazione dei lavoratori e dei servizi, la protezione dei consumatori, il mercato interno, la cultura e l'educazione. Secondo le nuove disposizioni, i provvedimenti legislativi che regolano queste materie dovranno essere approvate dal Consiglio a maggioranza qualificata (cioè 54 voti a favore su 76 membri del Consiglio) e da almeno 260 parlamentari. Se non si raggiunge un accordo è prevista la creazione di un "comitato di conciliazione", costituito da membri del parlamento e da membri del Consiglio dei ministri. Se il comitato non riesce a far raggiungere un accordo tra il parlamento europeo e il Consiglio, allora il progetto di legge cadrà definitivamente.
Il suo "rafforzamento" sbandierato dai Dodici si esaurisce dunque nell'ampliamento della "procedura di codecisione" che dà all'emiciclo di Strasburgo la possibilità sulla carta di legiferare congiuntamente col Consiglio dei ministri in certi settori. In realtà tale procedura viene rispettata sugli aspetti secondari o marginali, mentre quando si parla di misure fiscali, decisioni di politica economica, estera o militare esso viene completamente tagliato fuori. Anche le "nuove attribuzioni" non ne mutano il ruolo di semplice assemblea consultiva. Fra queste la possibilità di costituire una "commissione temporanea d'inchiesta" per esaminare eventuali trasgressioni nell'applicazione del diritto comunitario, la possibilità di ricevere petizioni, la designazione di un "mediatore" al quale potranno rivolgersi "i cittadini che si considerano vittime di una cattiva amministrazione da parte di una istituzione o organo comunitario".
Nel 1994 prende il via la quarta legislatura. Nei dodici Stati membri dell'Ue le elezioni per il rinnovo del parlamento europeo si svolgono tra il 9 e il 12 giugno. Di fatto i 123 milioni di astenuti delegittimano l'Ue imperialista. La percentuali dei votanti è del 56,8%. Alti tassi di astensione si registrano ovunque, anche in contesti tradizionalmente "partecipazionisti" come l'Italia, dove i votanti scendono al 74,8% dall'81,5% dell'89. Record astensionisti in Portogallo col 35,5% di votanti e Olanda (35,6%). Addirittura a Maastricht, città che ha dato il nome al Trattato dell'Unione europea, si recano alle urne solo il 25% degli elettori. Col 36,4% di votanti la Gran Bretagna si conferma tra i paesi con il più alto tasso di astensione dell'Unione, seguita dalla vicina Irlanda dove si registra la più bassa affluenza alle urne di sempre (44%) e il maggior incremento del non voto nell'Ue rispetto all'89 (+24,3%).
Il nuovo parlamento europeo vede la crescita del PPE che conquista 181 seggi (28,9%) e avvicina il gruppo socialista, costituitosi come partito del socialismo europeo (PSE) dal '92, 214 seggi (34,2%). Nel 1996 dopo l'ingresso di Austria, Svezia e Finlandia nell'Ue la nuova distribuzione dei seggi, aumentati a 626, risulta la seguente: Germania 99, Francia, Regno Unito e Italia 87, Spagna 64, Olanda 31, Portogallo, Grecia e Belgio 25, Svezia 22, Austria 21, Finlandia e Danimarca 16, Irlanda 15, Lussemburgo 6.

I trattati di Amsterdam e Nizza e la Costituzione europea
Il Trattato di Amsterdam firmato il 2 ottobre 1997 prevede un'estensione della procedura di codecisione. Tuttavia i campi interessati, seppur maggiori, restano sempre di secondo piano e l'assise di Strasburgo viene tenuta fuori dai "giochi" che contano, quali quelli di politica economica, monetaria, estera e di difesa. Di secondo piano anche i maggiori poteri nella nomina dei membri della Commissione, oltre che del suo presidente, sempre designati dai governi degli Stati membri. Allegato al Trattato di Amsterdam è un protocollo sulle sedi delle istituzioni dell'Ue nel quale viene confermato che il parlamento europeo ha sede a Strasburgo, dove si tengono in linea di massima 12 tornate plenarie mensili. Quelle plenarie aggiuntive e le riunioni dei commissari parlamentari si svolgono invece a Bruxelles, mentre il segretariato generale del parlamento europeo e i suoi servizi restano a Lussemburgo.
Nel 1999 decolla la quinta legislatura. Dal 10 al 13 giugno vanno alle urne gli elettori dei quindici paesi Ue e per la prima volta nella storia delle consultazioni europee votano meno della metà degli aventi diritto, precisamente il 49,8%. Record alla Gran Bretagna con solo il 24% di votanti, poi Olanda (30%), Finlandia (31,4% contro il 60,3% del suo ingresso nella Ue di soli tre anni prima), Svezia (38,8%), Austria (49,4% contro il 67,7% del '96); in Germania i votanti calano addirittura del 15%. Il nuovo parlamento europeo consacra la maggioranza del PPE con 224 seggi contro i 180 del PSE, a seguito delle pesanti sconfitte dei governi borghesi dei socialdemocratici Blair, Jospin, Schroeder e D'Alema.
A conferma di come le consultazioni europee non incidano un'acca sul processo di integrazione della superpotenza imperialista europea delegittimata dall'elettorato, il 26 febbraio 2001 i Quindici siglano il Trattato di Nizza che entrerà in vigore il 1° febbraio 2003. Con esso l'Ue si attrezza per inglobare altri dieci paesi dell'Est e del Mediterraneo mentre al parlamento europeo accorda di nuovo il solo diritto di presentare ricorso alla Corte di giustizia europea alle stesse condizioni previste per le altre istituzioni. Viene fissato anche il suo numero di membri una volta raggiunta l'Ue a 25 paesi, ossia 732 deputati, con riduzioni proporzionali per tutti per far posto ai nuovi deputati.
Il resto è storia degli ultimi mesi. A partire dalla bozza di Costituzione europea in discussione dall'ottobre 2003. Le roboanti dichiarazioni dei Quindici sui poteri del parlamento europeo che risulterebbero "raddoppiati" cozzano con la lettura stessa del progetto di Costituzione. L'assise di Strasburgo, articolo 1-19 "esercita, congiuntamente al Consiglio dei ministri, la funzione legislativa e la funzione di bilancio, nonché funzioni di controllo politico e consultive, secondo le condizioni stabilite dalla Costituzione". Punto. Niente pieni poteri legislativi, come cianciano i rimbambiti della "sinistra" borghese italiani ed europei, mentre continuerà a non contare nulla per gli aspetti più importanti e decisivi.
Anzi a livello peggiorativo qualcosa è stato fatto. Come abbiamo denunciato sul numero scorso de "Il Bolscevico" l'adozione del nuovo regolamento del parlamento europeo, illegale e fascista, dà all'emiciclo di Strasburgo il diritto di selezione dei suoi inquilini. Solo i partiti che si identificano nell'Ue imperialista potranno farne parte e avere diritto ai finanziamenti. Un motivo in più per astenersi alle elezioni europee del 12 e 13 giugno 2004.