Con i tagli della finanziaria 2003
BERLUSCONI NEGA IL DIRITTO ALLA SALUTE E AFFOSSA LA SANITA' PUBBLICA
Meno posti letto, chiusura di ospedali, vincoli alle prescrizioni diagnostiche, reintrodotti stabilmente i ticket sanitari, terme a pagamento, blocco delle assunzioni del personale
5 MILIARDI DI EURO IN MENO NEL FONDO SANITARIO NAZIONALE

La legge finanziaria 2003 è nei suoi tratti fondamentali, al di là delle menzogne di Berlusconi e dei suoi ministri Fini, Tremonti e Bossi, liberista, recessiva, anti-meridionalista, lesiva dell'autonomia degli enti locali, permissiva verso gli evasori fiscali e gli esportatori di capitali all'estero, antipopolare e antisociale. Non per caso, ancora agli inizi della discussione in parlamento, la manovra economica del governo, una mazzata di ben 20 miliardi di euro, ma potrebbe divenire assai più pesante visto che facendo i conti nel bilancio mancano ancora 12 miliardi di euro, ha suscitato crescenti contestazioni non solo da parte della Cgil, del mondo della scuola e dell'università, delle forze del "centro-sinistra'', ma anche da parte di quelle forze imprenditoriali e sindacali firmatarie del "patto per l'Italia'' del 5 luglio scorso.
Confindustria e Confcommercio, ad esempio hanno alzato la voce come non accadeva da tempo a difesa degli interessi dei padroni. Il berlusconiano di ferro D'Amato, è arrivato a dire che questa è "una delle peggiori finanziarie mai scritte''. La Cisl di Pezzotta e la Uil di Angeletti, sempre più in difficoltà a tenere le posizioni filogovernative assunte nei mesi precedenti, hanno iniziato a prendere le distanze e a minacciare iniziative di lotta.
Uno dei settori maggiormente colpiti dalla scure del governo è la sanità pubblica, attraverso le misure scritte in finanziaria e attraverso la riduzione dei finanziamenti alle regioni e ai comuni che porteranno a un drastico peggioramento dei servizi sanitari e assistenziali di loro competenza. Misure che in sintesi comportano il taglio di migliaia di posti letto, la chiusura di centinaia di piccoli ospedali, la reintroduzione in forma stabile dei ticket sanitari, l'aumento della compartecipazione alle spese per i farmaci, vincoli ai medici per le prescrizioni e sanzioni per i dirigenti aziendali che sforano il budget della spesa, il pagamento di una sostanziosa franchigia per avere diritto alla cure nelle terme, il blocco delle assunzioni di personale, un insufficiente stanziamento per rinnovare il contratto nazionale di lavoro della categoria, il mancato afflusso di 5 miliardi di euro nel Fondo nazionale sanitario; già sottostimato di 15 miliardi di euro rispetto alle necessità.
Non si capisce come il ministro della salute, Girolamo Sirchia, qualche giorno prima dell'approvazione in Consiglio dei ministri della finanziaria abbia potuto affermare che "per la sanità non ci dovrebbero essere tagli. Io non li ho visti'' e come i suddetti Fini, Tremonti e Bossi abbiano potuto ripetere la barzelletta secondo cui "nella sanità non è previsto alcun taglio''. Quando la stessa "relazione tecnica'' sulla manovra economica parla di riduzione della spesa sanitaria di 8 miliardi di euro nei prossimi tre anni derivanti: dalla revisione del prezzo dei farmaci e del prontuario (700 milioni); dall'introduzione di un ticket di 70 euro sulle cure termali (31 milioni); dall'aumento dello sconto sui rimborsi a carico delle farmacie (141 milioni). Per non dire del ritorno definitivo dei ticket sulla diagnostica, i farmaci, le protesi e i ricoveri ospedalieri. Quei ticket che, sulla base delle decisioni assunte dal governo Amato, nel gennaio del 2003 avrebbero dovuto scomparire definitivamente.

FINANZIARIA E PIANO SANITARIO NAZIONALE
Le misure previste nella finanziaria su questo versante sono strettamente collegate ai precedenti provvedimenti di legge del ministro Sirchia che, nel loro insieme, portano alla negazione del diritto alla salute in quanto tale, trasformando in merce la prevenzione, la cura e la riabilitazione, affossano il Servizio sanitario nazionale e spalancano le porte alla sanità privata. In particolare il decreto del 22 novembre 2001 che definisce i "livelli essenziali di assistenza'' (Lea), e impone il pagamento di tutte le altre prestazioni; il nuovo piano sanitario nazionale 2002-2004 approvato alla fine di marzo di quest'anno e votato a devolution, deregulation, privatizzazioni e tagli a tutto spiano.
Nella manovra economica non c'è scritto ma il taglio di ben 5 miliardi di euro (10 mila miliardi di lire) al fondo sanitario nazionale c'è, di fatto. Nel patto di stabilità con le regioni dell'agosto scorso il governo si era impegnato in questo senso, con la postilla che sarebbe stato onorato in presenza di un determinato quadro macroeconomico. Una scappatoia questa che il governo ha colto al volo. E pensare che a livello europeo l'Italia è agli ultimi posti in quanto a spesa sanitaria e sociale. Secondo gli esperti il fondo sanitario nazionale italiano sarebbe sottostimato di circa 15 miliardi di euro. Ma c'è di più! Nella finanziaria sono stati azzerati i fondi di investimento destinati alla ristrutturazione di ospedali e strutture sanitarie. La legge che li prevedeva aveva una copertura di 4.204 miliardi di lire. Alle seguenti regioni: Sicilia, Calabria, Puglia, Abruzzo, Molise alle quali spettavano rispettivamente in lire 120 miliardi, 771 miliardi, 1.497 miliardi, 423 miliardi, 178 miliardi. Tali fondi destinati alle necessarie opere di risanamento e ammodernamento sono stati ora cancellati.

I TAGLI
La riduzione del numero dei posti letto a 5 per 1000 abitanti ha come conseguenza il taglio di 16 mila posti letto e la chiusura di 300 piccoli ospedali che in determinate zone del Paese rappresentano l'unica struttura sanitaria esistente. Il raddoppio del ticket da 36,15 a 70 euro sulle cure termali, salvo che, bontà loro, per i grandi invalidi, che potranno continuare ad usufruirne gratuitamente, aggrava la spesa sanitaria delle famiglie, specie quella degli anziani che ne fanno maggiormente uso e allo stesso tempo rischia di mettere in seria crisi il settore che fornisce questo servizio.
Per quanto riguarda i farmaci: si è già detto che gli odiosi i ticket torneranno a taglieggiare i pazienti. A ciò si aggiunga che il nuovo prontuario deciso dalla Cuf (Commissione unica per il farmaco) nella lista dei farmaci ha soppresso la fascia B, a parziale pagamento, lasciando nel prontuario solo due fasce: quella A gratuita e quella C a totale carico del malato. Ma vi è una stretta anche per la diagnostica e le prescrizioni specialistiche. A questo proposito la finanziaria prevede la nascita di un Commissione unica sui dispositivi medici (Cud) che avrà un compito analogo a quello della Cuf.
Ma, lo ripetiamo, un peggioramento grave dei servizi sanitari e assistenziali pubblici sul territorio saranno la conseguenza inevitabile della riduzione del 2 per cento dei trasferimenti finanziari correnti alle regioni e ai comuni (223 milioni di euro), della mancata compartecipazione all'Irpef (260 milioni) e di altre mancate entrate per un totale complessivo di 1.100 milioni di euro.
Il blocco delle assunzioni del personale sanitario, esclusi gli infermieri visto che su tutto il territorio nazionale ne mancano almeno 40 mila, l'obbligo di straordinari il sabato e la domenica per "ridurre'' le liste di attesa, la minaccia di licenziamento dei direttori delle Asl (Aziende sanitarie locali) e di sanzioni nei confronti delle regioni che, anche con giustificato motivo, portano i bilanci in rosso, completano il quadro.
Nella finanziaria non si parla della reintroduzione generalizzata delle mutue sanitarie private. Molto probabilmente il governo vorrà fare questo passo successivamente, attraverso la legge delega messa in mano al ministro Sirchia.

9 ottobre 2002