Una repressione degna della polizia ai tempi di Mussolini
LE TESTIMONIANZE DELLE VITTIME DEI PESTAGGI A NAPOLI
Di seguito pubblichiamo stralci di alcune agghiaccianti testimonianze rilasciate da decine di manifestanti vittime delle torture e delle sevizie inferte loro dalla polizia fascista alla caserma Raniero durante la manifestazione noglobal del 17 marzo 2001 a Napoli.
41. I.
Ho 19 anni. Sono entrata in piazza Municipio ballando e sono andata verso i giardinetti... Non ho fatto in tempo a vedere l'oggetto, il lacrimogeno, che mi ha colpita in faccia, sono caduta a terra in ginocchio e non ho visto più niente: credo di aver perso conoscenza.
Sono stata medicata. Quattro punti sopra l'occhio senza anestesia, ma dovevo averne almeno sei di punti. Poi mi hanno detto di passare al drappello di polizia dell'ospedale per ritirare il referto. Lì un poliziotto mi ha detto di seguirlo, io mi sono chiusa in bagno... L'agente mi ha aspettata fuori la porta e mi ha portata nella caserma di polizia Raniero. Appena arrivati mi hanno tirato fuori dalla macchina, mi hanno spinto, sputato in faccia ed insultata ("zingara, stronza comunista, troia'').
Stavo ancora inginocchiata quando hanno cominciato a picchiarmi, a picchiarci tutti, mi hanno presa a calci sulla schiena, sui reni, sul sedere. Ci insultavano, a me hanno detto "Guarda sta troia, se almeno ci facesse scopare servirebbe a qualcosa''.
Poi mi hanno fatta alzare e portata nel bagno. L'agente donna che doveva farmi la perquisizione aveva chiuso la porta, ma da fuori invece l'hanno bloccata dicendo "Lascia aperto qui dentro ci puzza!''.
Mi ha fatta spogliare: si è presa i lacci, un fermacapelli, la cintura, tutti i volantini che avevo. Tutto ciò a porte aperte. Mi hanno strappato la macchina fotografica. Hanno distrutto il rollino e mi hanno rotto la macchina fotografica.
Alle 18.00 mi hanno fatto delle foto segnaletiche e dopo circa mezz'ora ho firmato un verbale di perquisizione.

43 S.C.
...In piazza Municipio 5 o 6 poliziotti e carabinieri si sono avventati su di me colpendomi furiosamente ed in maniera continuata per diversi minuti con calci e manganellate.
Ad un certo punto mi hanno sollevato ed io gli ho chiesto che mi portassero via purché la smettessero; per tutta risposta sono stato gettato da due di loro ai piedi di altri cinque carabinieri che hanno ricominciato a picchiarmi e sputarmi fino al momento in cui uno di loro ha intimato: "basta, lo stiamo ammazzando''.
Quando sembrava che avessero smesso e si fossero allontanati mi sono sentito sollevare per i capelli da un carabiniere che, dopo avermi guardato in faccia ed essersi reso conto che il mio occhio destro è visibilmente atrofico, ha sferrato un colpo con la punta del manganello sull'occhio sinistro con la precisa intenzione di negarmi anche quello.
E' stata un'azione chiaramente e deliberatamente premeditata.
A quel punto penso di aver perso i sensi poiché l'immagine successiva che ricordo è quella di qualcuno che, all'interno di una ambulanza già piena di feriti, cercava di rianimarmi.
All'arrivo al pronto soccorso dell'ospedale "Loreto Mare'', i medici, viste le mie condizioni, mi hanno ritenuto "caso grave da ricoverare immediatamente''.
Ma tre poliziotti mi hanno indebitamente prelevato.
Una volta in caserma ho dovuto subire una sequela interminabile di sputi, insulti, umiliazioni ed ulteriori percosse.
Dopo aver espletato le procedure di schedatura hanno aggiunto l'ulteriore gratuita violenza di una perquisizione anale.
A dispetto di ogni minima norma, umana oltre che giuridica, non sono stato riportato al pronto soccorso, ma rilasciato ed abbandonato nella strada di fronte alla caserma.

44 A.A.
Sono stato trasportato in ambulanza ad un ospedale vicino, dove dopo avermi messo tre punti al sopracciglio sinistro e medicato un grosso ematoma all'occhio destro, mi viene rilasciato un referto. Qui mi fanno rilasciare una dichiarazione al posto di polizia dell'ospedale sebbene fossi in evidente stato confusionale. Poi, insieme con altri tre feriti, veniamo caricati su due volanti e trasportati al commissariato Raniero dove siamo stati ancora minacciati ed abbiamo subìto diverse violenze, sputi insulti e calci.
All'interno un vero massacro... siamo stati portati nel bagno, per le perquisizioni. Qui io ho ricevuto altri sputi ed insulti vari, e ho sentito le grida degli altri che venivano "perquisiti''.
Mi hanno portato nuovamente nello stanzone mentre continuavo a perdere sangue, e, ormai esausto, ho chiesto di essere riportato all'ospedale. Un'ambulanza arrivata dopo circa un quarto d'ora e scortata dalla stessa volante che mi aveva portato al commissariato, mi ha trasportato all'Ospedale Cardarelli.
Qui ricordo vagamente di essere stato medicato ma ho nitido il ricordo della volontà dei medici di ricoverarmi, che io, dopo quasi quattro ore trascorse in opedale, ho rifiutato. Da qui sono stato portato nuovamente allo stesso commissariato ma, per fortuna, c'era stato un cambio di turno e mi hanno rilasciato quasi subito.

45. N.S.
L'ospedale è peggio della piazza: "Forze dell'ordine'' ovunque!
Vedo alzare manganelli contro infermieri e dottori che chiedevano di uscire almeno dal reparto...
Vedo gente strappata via con forza mentre veniva medicata...
Vedo manganelli (all'incontrario e in mano a gente non in divisa) volare contro gente sanguinante...ed in manette!
Vedo sbirri chiedere la precedenza di cura a colleghi e giornalisti (anche se semplicemente contusi) rispetto a ragazzi/e svenuti o grondanti di sangue.
Eppoi mi vedo strappare io stesso dalle cure. Tento di spiegare la mia posizione:
"Io non sono stato fermato, sono un giornalista! Sono venuto qua ad accompagnare un altro giornalista ferito''
Niente di niente, nemmeno con le "grida di colleghi di stampa''. Un manganello in testa ed un calcio nel di dietro e via dentro la stanza della polizia... strapiena!
Tento di rispiegarmi, di farmi capire. Non serve a niente! Non sentono niente!
Alla caserma Raniero la scena è agghiacciante e ci porta immediatamente alla realta': gente in ginocchio che guarda la parete, maglietta alzata e via che ogni tanto parte il manganello...
Un ciccione in borghese mi prende a sé "Ti seguirò io a te, aspetta di entrare nella stanza delle torture''.
Qualche istante dopo mi trovo dentro un bagno piccolo con quattro (credo) della Digos. "Spogliati merda comunista'' "Tira fuori tutto dalle tasche, figlio di puttana''... Come viene fuori una seconda cassetta nemmeno me ne accorgo che mi arriva un ceffone in pieno volto, poi un calcio nello stomaco. Viene chiusa la porta. Partono insulti e minacce di ogni tipo, io mi difendo con la sola parola.
"Lo sai che non puoi prendermi senza denuncia quella cassetta'', non faccio neanche in tempo a finire che parte una nuova sequela di calci, pugni e offese di ogni genere. Mi sento stritolare i "coglioni'' e poi la faccia che mi viene schiacciata dentro un lavandino pieno di "piscio''.
"Bevi bastardo, oppura affoga''.
Eppoi giù calci e pugni, finché non mi trovo per terra ad urlare.
"Cosa fai, zitto!''. Una mano sulla bocca ed altri sei/sette calci non me gli toglie nessuno.
Da fuori bussano: "Veloci che qua c'è la fila''.
Esco con la testa dolorante, la stanza è piena. "Contro il muro veloce, e senza appoggiarsi''. Rimango in quella posizione per ore, senza telefonare, senza fumare, senza parlare...ricevendo solo offese, minacce ed accuse.
Sento altri che vengono picchiati. Saremo una cinquantina, quasi tutti con qualche ferita vistosa, molti sanguinanti, alcuni che non c'entravano nulla... erano all'ospedale per un incidente o per salutare un amico e sono stati portati via anche loro... Offesi e picchiati come zecche comuniste anche loro...
Verso le 19,30 siamo tutti fottutamente liberi.
Corro alla stazione e la trovo piena di divise di ogni colore che al passare dei manifestanti che tornano a casa non mancano di alzare il dito medio, di offendere o di battere il manganello (fedelmente tenuto all'incontrario) sulla mano. Gli risponde un coro di applausi e "Vergogna''.

50. P.G.
Arriviamo al Nuovo Pellegrini a Capodichino.
Mentre sottopongono la mia amica ad accertamenti clinici mi viene voglia di fumare una sigaretta, ma un poliziotto in divisa mi dice che non posso uscire dall'ospedale perché sono un manifestante: allora ho capito di essere in trappola. Per poter uscire a fumare gli ho dovuto lasciare i documenti.
In realtà dovevo telefonare al mio datore di lavoro per spiegargli che non mi potevo muovere: sono riuscito a telefonargli, a spiegare e ad essere compreso in quel momento. Però domenica, il giorno dopo, il mio datore di lavoro mi ha raccomandato di non partecipare più a "tali incontri'' perché altrimenti rischio di perdere il lavoro!
Finita la visita ci hanno portati con una volante alla caserma di polizia "Raniero'' presso piazza Carlo III. Appena entrati il benvenuto è stato l'insulto da parte degli agenti: "Questa chiavica'' (a me) e "questa cessa'' (alla mia amica). Stavamo al piano terra, in uno stanzone con 70-80 persone in stato pietoso, che a malapena si reggevano in piedi... Sono entrato in un bagno schifoso sporco pieno di oggetti sul pavimento (rollini schiacciati, cappelli, carta...). Avevo tre agenti in borghese davanti a me, ho visto la porta chiudersi. Gli agenti mi hanno ordinato in dialetto di svuotare le tasche e subito sono partiti degli schiaffi da parte di un agente. Ho cercato di proteggermi chiudendomi in un angolo della stanza e coprendomi. Si è avvicinato un secondo agente che mi ha sferrato un pugno in bocca gridando: "Comunista di merda!''.... "Frocio, bastardo, me la scopo io la tua donna! Anzi no, sicuramente ha le malattie'' e mi ha dato un pugno nell'occhio sinistro.
Mi hanno ordinato di spogliarmi, mi hanno fatto mettere "a pecora'' per vedere se nel "culo'' avevo qualcosa. Uno ha preso tutti i miei vestiti e li ha buttati nell'orinatoio.
Poi sono tornato nello stanzone con tutti gli altri, e dopo altre tre ore seduti a terra e schiena al muro mi hanno fatto delle foto.
Ho notato un cambiamento nell'aria quando sono entrate delle persone nuove, forse altri funzionari. Quando ho dovuto firmare il verbale di sequestro mi hanno chiesto chi mi avesse fatto la perquisizione, ma quei tre agenti erano scomparsi appena arrivati questi nuovi.
Dovevo urinare e mi hanno accompagnato in bagno. Ho chiesto che perlomeno qui potessi essere lasciato solo, ma l'agente mi ha risposto di no: aveva paura che io mi suicidassi.

51 D.
Ero a piazza Municipio, a mani alzate quando sono stata aggredita da otto celerini.
Poi mi hanno trascinato per i capelli insultandomi "puttana, zoccola...!'' e mi hanno dato tre manganellate dietro le gambe, un cazzotto in testa e poi tutti e otto mi hanno presa a schiaffi, pugni e calci. Poi è intervenuto un altro celerino che chiamandomi nuovamente "zoccola'' mi ha strappato la macchina fotografica, l'ha schiacciata con i piedi, mi ha "lanciata'' a un altro collega, ed hanno continuato a picchiarmi insieme. è intervenuto un signore di circa 50 anni che ha cercato di difendermi ed ha impedito frapponedosi ad altri celerini di avvicinarsi per partecipare al mio pestaggio. Allora sono riuscita a scappare verso il molo Berverello, al porto, sono entrata in un'agenzia di viaggi ed ho chiamato un mio amico che è venuto a prendermi e mi ha portata all'ospedale dove mi hanno refertato per trauma cranico. Dall'ospedale io, il mio amico ed altri due ragazzi feriti, siamo stati portati con una macchina della polizia alla Caserma Raniero, presso piazza Carlo III, dove siamo arrivati alle 14.30. Appena siamo entrati un uomo in borghese, elegante, ci ha detto "Bravi, bravi, siamo noi quelli cattivi che vi abbiamo picchiato...adesso vedrete quello che vi succede!''. Gli agenti ci hanno insultato, a me hanno detto: "Ti squaglio viva, puttana!''. Poi hanno preso il mio amico e dopo aver insultato anche lui l'hanno portato in bagno per perquisirlo. Si sentivano senza interruzione le sue urla, ed è uscito dal bagno senza maglia, con le lacrime agli occhi, un occhio viola, pestato a sangue in faccia, poi mi ha detto a bassa voce: "Mi hanno picchiato e sfondato la macchina fotografica e il telefonino''.
Poi un uomo in borghese mi ha avvicinato al bagno per la perquisizione, io mi stavo sentedo male per la paura di altre botte, una poliziotta voleva che entrassi mentre lì c'erano ancora uomini nudi che aspettavano di essere perquisiti, ed io mi sono rifiutata. L'agente donna mi ha risposto: "Tanto sei abituata a vedere uomini nudi''. Io ho insistito dicendo che mi dava fastidio e lei, rivolgendosi agli altri poliziotti ha detto: "Vedete, le fanno addirittura schifo gli uomini, poverina!''. Poi è stata lei a perquisirmi, mi ha fatto fare le flessioni e mi ha fatto la perquisizione anale.
Nello stanzone eravamo in tanti, tutti più o meno feriti, seduti a terra con le spalle al muro, ogni tanto i poliziotti entravano urlando "A terra, state zitti!''. In caserma siamo stati fino alle 18.30. Ho visto una ragazza che aveva dolori fortissimi alla schiena e un altro ragazzo giovanissimo, di circa 17 anni, che ci ha raccontato di essere stato anche lui picchiato in bagno.
Appena siamo entrati ci hanno fatto firmare un foglio e prima di uscire ci hanno fotografato tutti.
A giorni di distanza ho ancora gli incubi, non dimenticherò mai quello che mi è successo e quello che ho visto.
Niente mi potrà risarcire delle violenze non solo fisiche, ma anche e soprattutto psicologiche che ho subito.

40. C.P.
...Ormai è tre ore che sono qua dentro (la caserma Raniero, ndr). Improvvisamente mi si avvicina un poliziotto, si china verso di me e senza spiegarmi nulla mi dice di firmare. Intontita prendo la penna che mi porge, sto quasi per firmare, quando mi "risveglio'' e mi viene in mente (Sacrilegio! Lì dentro non hai diritto di pensare, solo di eseguire ciò che ti viene ordinato) di approfittare di quella prima e unica occasione che avevo per capire, finalmente, di che cosa ero stata accusata. Come mai ero stata "fermata'' se ero già ferma per i fatti miei davanti ad un ospedale?
Il poliziotto, vedendo che non scrivo mi indica nuovamente dove devo apporre la mia firma. Gli dico che mi rifiuto e dopo tutte le minacce e le provocazioni subite, credo che di aver usato tutto il mio coraggio per farmi uscire quella frase... Non riesco a leggere bene: l'agente indicandomi il posto dove devo firmare me lo impedisce, e quando provo a spiegargli, timorosa, che la mia storia è differente da quella riportata su quel foglio, nervosamente si allontana senza lasciarmi finire di parlare. Mi convinco che vada a chiamare qualche superiore, che qualcuno, vista la mia reazione, mi ascolti, ma niente. Altri poliziotti si avvicinano per far firmare altri ragazzi attorno a me e loro, ormai distrutti fisicamente e psicologicamente, senza opporsi, eseguono l'ordine. Così come li hanno ridotti, farebbero qualunque cosa che li consenta di abbreviare quella tortura...