Il Tfr scippato ai lavoratori
Il governo approva il decreto che anticipa di un anno i fondi pensione
Ferrero (PRC) vota contro ma non ci sarà crisi di governo
La pensione deve essere tutta pubblica
Il governo Prodi tira a diritto e accelera i tempi sulla controriforma previdenziale, di stampo liberista, come e più di quanto fatto dall'ex esecutivo del neoduce Berlusconi. In tre atti ha definito l'intero tragitto che in modo serrato dovrebbe portare, entro marzo del 2007 a scippare il Tfr (Trattamento di fine rapporto di lavoro) ai lavoratori, a sviluppare in modo significativo i fondi pensione integrativi privati e, contemporaneamente, a peggiorare ulteriormente i trattamenti della pensione pubblica con l'elevamento dell'età pensionabile e la riduzione del valore delle pensioni.
Il primo atto risale al 3 ottobre scorso quando i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil Epifani, Bonanni e Angeletti firmarono con Prodi e i ministri del Lavoro e dell'Economia Damiano e Padoa-Schioppa un "Memorandum d'intesa" composto di 10 punti per "una revisione del sistema previdenziale" a completamento della controriforma pensionistica Dini (e successive), che prevede una trattativa da iniziarsi il 1° gennaio e da concludersi in modo inderogabile entro il 31 marzo 2007. Si tratta di un rilevante impegno che i vertici sindacali si sono assunti senza alcun mandato dei lavoratori.
Il secondo atto riguarda l'accordo sottoscritto a Palazzo Chigi il 23 ottobre scorso tra governo, Confindustria e segreterie sindacali Cgil, Cisl e Uil il quale prevede l'anticipazione di un anno della "riforma" previdenziale Maroni del 2004 per quanto riguarda il trasferimento delle liquidazioni dei lavoratori nei fondi pensione intergrativi privati, attraverso il principio antidemocratico e truffaldino del silenzio-assenso. In pratica, i lavoratori dovranno obbligatoriamente decidere, tra gennaio e giugno 2007 se aderire o meno ai fondi pensione. Il suddetto accordo prevede inoltre che il 50% del Tfr inoptato dopo la data indicata, nelle aziende sopra i 50 dipendenti, vada direttamente in un fondo Inps, a disposizione però del ministero dell'Economia per finanziare infrastrutture pubbliche, come la Tav, per intenderci. Il tutto con generose compensazioni fiscali e un'ulteriore riduzione del "costo del lavoro" medio dello 0,5% per le imprese.
Anche questo accordo, molto grave per le implicazioni e per le conseguenze, i sindacalisti collaborazionisti lo hanno siglato con una logica concertativa e di cogestione, senza, ma si può dire contro, il parere della maggioranza dei lavoratori. Questo accordo è previsto che sia integrato nella legge finanziaria 2007 con un emendamento che potrebbe peggiorarne ancora i contenuti.
Il terzo atto è di questi giorni, esattamente del 10 novembre. Il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto definito attuativo, si badi bene, della "riforma" previdenziale del governo Berlusconi contro cui i sindacati e i lavoratori scesero in piazza con scioperi generali, più di una volta. Anticipando però di un anno i provvedimenti che riguardano la previdenza complementare. In sintesi il decreto prevede che entro il 31 dicembre 2006 tutti i fondi pensione adeguino i loro regolamenti e statuti. Inoltre, entro il 31 marzo 2007 le forme pensionistiche attuate mediante contratti di assicurazione sulla vita dovranno provvedere alla costituzione di un patrimonio autonomo e separato e dovranno individuare una figura responsabile del fondo. Ciò in base alle direttive della Covip (Commissione vigilanza fondi pensione) messe a punto di recente..
Il decreto presentato dal ministro del Lavoro, Cesare Damiano (DS), ha ricevuto il voto contrario del ministro della solidarietà sociale, Paolo Ferrero (PRC). È "un atto grave - ha detto Ferrero - tanto più in vista della prossima discussione sulle pensioni, che il governo proceda sul tema del Tfr... Ho votato contro perché la proposta anticipa di fatto un intervento sui fondi pensione in linea con la riforma Maroni a cui eravamo stati totalmente contrari e non tiene conto di un punto importante del programma dell'Unione", dare il Tfr all'Inps per creare "un fondo integrativo pubblico".
Un dissenso quello del ministro del partito trotzkista di Bertinotti e Giordano che ha suscitato un certo clamore e alcune polemiche all'interno della maggioranza di governo e tra questa e l'"opposizione" di "centro-destra", ma che non avrà nessun effetto pratico, nel senso che il decreto proseguirà il suo corso e non ci sarà alcuna crisi di governo. È lo stesso Ferrero che ha subito precisato: "Le polemiche della destra su presunte crisi di Governo o sui riverberi sulla Finanziaria sono del tutto infondate e fuori luogo". Affinché non ci siano dubbi, il capogruppo del PRC al Senato, Giovanni Russo Spena, lo ha definito "un caso specifico, non ci sarà - ha aggiunto - crisi di governo, né dimissioni di Ferrero".
Che questo voto contrario sia privo di conseguenze e vada giudicato, più che altro, un atto propagandistico di copertura del PRC, finalizzato a placare la rabbia dei propri militanti e del proprio elettorato, sembra esserne certo anche il presidente del consiglio, l'economista democristiano Romano Prodi, che in proposito ha detto: "Il dissenso espresso dal ministro della Politiche Sociali Paolo Ferrero sull'anticipazione del trattamento di fine rapporto previsto nella Finanziaria non rappresenta l'inizio di un caso politico. Lui stesso ha detto che non vuole dare conseguenze a questo suo dissenso che è limitato solo al Tfr". Stesso giudizio quello di Damiano: "Non vedo nessun problema politico. Ferrero ha espresso un voto negativo". ma "lo ha assolutamente separato da qualsiasi avvisaglia di crisi di governo". Per Vannino Chiti, ministro per i rapporti col parlamento: "Non c'è nulla da drammatizzare, la maggioranza è compatta, tutta la coalizione, Rifondazione compresa, è unita".
Se così stanno le cose, al di là delle posizioni di facciata, non si può contare sul partito di Bertinotti e Giordano e sul ministro Ferrero, abbarbicati come sono alle poltrone istituzionali, per condurre una lotta di massa forte e conseguente contro il governo Prodi, in primis contro la legge finanziaria e la controriforma pensionistica, anche in vista della manifestazione nazionale indetta dai sindacati extra-confederali a Roma per il 17 novembre prossimo. Bisogna tenere ferma l'opposizione alla privatizzazione delle pensioni, che vuol dire no allo scippo del Tfr comunque motivato, che vuol dire no ai fondi pensione privati, anche di natura contrattuale. Bisogna tenere ferma la rivendicazione della cancellazione delle controriforme previdenziali, ivi compresa quella Dini che più di altre ha prodotto danni. Bisogna rilanciare la richiesta di una pensione tutta pubblica, fondata sulla contribuzione obbligatoria, che recuperi l'immensa evasione contributiva, che ripristini la pensione anticipata a 35 anni di lavoro, che preveda importi dignitosi per tutti i lavoratori, specie per le nuove generazioni e i lavoratori migranti per lo più attualmente condannati a lavori precari e senza diritti.

15 novembre 2006