Gli oppositori del governo thailandese resistono pur sotto il fuoco dell'esercito
Una sessantina i morti, oltre 1.500 i feriti

Il presidente del senato thailandese, a nome di quasi la metà dei membri dell'assemblea, ha proposto il 18 maggio una nuova serie di colloqui sotto la sua mediazione tra il governo del premier Abhisit Vejjajiva e rappresentanti del movimento antigovernativo che da settimane occupano una zona del distretto finanziario di Silom, nel centro della capitale Bangkok, per chiedere le dimissioni dell'esecutivo e nuove elezioni. Una proposta che i leader del movimento antigovernativo sembrano disposti a accettare e che potrebbe portare perlomeno a una tregua nell'assalto dei militari contro il quartiere occupato, dove gli oppositori del governo resistevano dal 13 maggio sotto il fuoco dell'esercito che aveva causato una quarantina di morti e almeno 280 feriti.
Un bilancio pesante che registra almeno 60 morti e più di 1.500 feriti dall'inizio delle dimostrazioni, nel marzo scorso, promosse dal movimento antigovernativo Udd (United Front for Democracy against Dictatorship) dell'ex premier Thaksin Shinawatra, in esilio a Londra.
Il braccio di ferro tra i sostenitori dell'ex premier e il governo era iniziato con le manifestazioni del 12 marzo scorso quando migliaia di "camicie rosse", i sostenitori di Thaksin erano scesi in piazza nella capitale per chiedere lo scioglimento del parlamento, le dimissioni dell'esecutivo ed elezioni anticipate. Una mobilitazione annunciata due settimane prima, dopo il pronunciamento del 26 febbraio da parte della corte suprema thailandese che aveva disposto la confisca di più della metà del patrimonio dell'ex premier, circa 1 miliardo di euro, che i giudici ritenevano frutto di "abuso di potere, occultamento di beni e danno erariale" compiuto mentre ricopriva la carica di primo ministro dal 2001 al 2006. Nel 2006 le proteste delle "camicie gialle", vicine all'attuale premier Abhisit Vejjajiva, e un golpe dei militari avallato dal re aveva rovesciato il suo governo.
La protesta antigovernativa cresceva nel mese di aprile a partire dalle manifestazioni che si svolgevano nella capitale e culminate il 7 aprile nell'irruzione di un migliaio di dimostranti nella sede del parlamento che costringeva alla fuga ministri e deputati.
Il primo ministro Abhisit decretava lo stato di emergenza a Bangkok, Nonthaburi e in alcuni distretti provinciali e l'oscuramento di una rete televisiva satellitare vicina all'opposizione. Proponeva comunque di porre fine alla legislatura entro il dicembre 2010 e nuove elezioni.
L'opposizione non accettava la proposta e continuava nelle manifestazioni che il 10 aprile il governo tentava di stroncare con l'intervento dell'esercito; negli scontri si registravano 25 morti e quasi un migliaio di feriti. La protesta cresceva con un presidio nel cuore finanziario di Bangkok, una zona dentro la quale i dimostranti si barricavano.
Il primo ministro avanzava il 6 maggio una nuova proposta che prevedeva la fine della legislatura entro il 30 settembre e nuove elezioni politiche per il 14 novembre. I leader dell'opposizione accettavano la proposta ma ponevano quale precondizione le dimissioni del vice premier, indicato come responsabile delle vittime causate dall'intervento dell'esercito del 10 aprile. Senza dimissioni non avrebbero sgomberato la zona occupata.
Il 13 maggio il premier Abhisit rispondeva annunciando di aver dato ordini perché "i funzionari della sicurezza riportino la situazione alla normalità il prima possibile". Nel pomeriggio dello stesso giorno l'esercito lanciava l'offensiva contro i manifestanti antigovernativi asserragliati nel distretto finanziario, per sgomberare con la forza l'area occupata.

19 maggio 2010