Tragedia per una famiglia operaia di Favara (Agrigento)
Crolla una palazzina e muoiono 2 sorelline
Decine di altre abitazioni a rischio. Le case popolari, nuove e non assegnate dal Comune dal 1998, sono in malora

Dal corrispondente dell'Organizzazione di Ribera (Agrigento) del PMLI
Intorno alle 7 e 25 del 23 gennaio nel centro storico del paese di Favara, in provincia di Agrigento, è stato avvertito un enorme boato: una fatiscente palazzina si è accartocciata su se stessa, seppellendo sotto le macerie la famiglia Bellavia. Due sorelline, Chiara di 3 anni e Marianna di 14, sono morte schiacciate dai detriti. Il loro fratellino, Giovanni di 12 anni, è ricoverato a Palermo per i traumi da schiacciamento. I genitori anch'essi ricoverati hanno riportato ferite più lievi in quanto sono riusciti a fuggire in tempo dalla palazzina che crollava. "Ho visto le mie figlie morire davanti i miei occhi" ha dichiarato il padre, Giuseppe Bellavia, un operaio edile disoccupato, che ha cercato con tutte le sue forze e invano di recuperare le sue bambine, scavando tra le macerie a mani nude.
Il paese di Favara è in subbuglio, gli addetti al soccorso, nonostante i limiti della cronica carenza di mezzi in Sicilia e l'inaccessibilità del centro storico pericolante, si sono spesi con grande generosità e certamente con mezzi più moderni si sarebbe potuto fare di più.
I parenti delle vittime e le masse popolari di Favara hanno attaccato duramente l'amministrazione comunale, guidata dal neopodestà Domenico Russello del Pdl, che non ha saputo garantire un alloggio dignitoso e sicuro. Infatti, come conferma Russello stesso: "la famiglia non era in graduatoria, anche se aveva fatto la domanda". "È da quattro anni - spiega Giuseppe Bellavia - che vado al Comune per fare richiesta e loro l'hanno sempre cestinata".
La situazione abitativa di Favara è insostenibile. Gli alloggi popolari sono pochi, appena 56 per una richiesta di ben 455 famiglie. Inoltre, dopo la costruzione, ultimata da dieci anni, sono in malora distrutti dai vandali perché l'amministrazione non li ha assegnati, abbandonandoli all'incuria. Adesso lì manca tutto: finestre, porte, servizi. Insomma né un lavoro né una casa per questa e per tante altre famiglie di Favara. Quelli che dovrebbero essere elementari diritti, nell'Italia della terza repubblica sono un lusso e le famiglie operaie che non hanno più nulla perdono anche i loro bambini in questa maniera inaccettabile.
La rabbia delle masse popolari non si è fatta attendere. Alla fiaccolata, improvvisata per la sera stessa del crollo, ha partecipato tutto il paese e sulla palizzata di legno che delimita le macerie, è stata scritta la parola "ASSASSINI", diretta ai politici borghesi che non hanno mosso un dito per risolvere la situazione delle decine di famiglie di Favara che vivono in queste condizioni ed evitare una tragedia annunciata. Anche il parroco del paese, Domenico Zambito, ha duramente attaccato gli amministratori locali responsabili di una tale tragedia.
A Favara le abitazioni del centro storico sono tutte malmesse, l'incuria edile è a livelli critici. Certo dovrebbe pensare a queste emergenze il neoduce Berlusconi, invece di approvare leggi per l'ampliazione degli edifici fino al 20%. Il punto è che le case le amplia chi ha i soldi, e le ristruttura chi può permetterselo, chi può vivere nella sicurezza, cioè solo le classi sociali più agiate.
Chiara e Marianna meritavano di meglio dalla vita che morire sotto le macerie di una catapecchia fatiscente. Esse e tutta la famiglia Bellavia sono le ennesime vittime dell'incuria e del menefreghismo con cui gli amministratori locali, i politici regionali e nazionali della terza repubblica trattano il Sud, schiacciando senza pietà gli operai e le masse popolari che aspirano a una vita dignitosa. Prima la facciamo finita con questo sistema e meglio sarà per tutti.

27 gennaio 2010