Vertice di Copenaghen
L'UNIONE EUROPEA INGLOBA DIECI PAESI DELL'EST
Bush, Berlusconi, Blair e Aznar premono per l'ingresso della Turchia
IL VERTICE CONTESTATO DAI NOGLOBAL

Il vertice europeo di Copenaghen del 12 e 13 dicembre ha dato il definitivo via libera all'inglobamento dei dieci paesi che nei mesi scorsi avevano concluso positivamente i negoziati di adesione, seguiti passo passo dalla Commissione guidata da Romano Prodi. Il trattato di adesione verrà firmato ad Atene il 16 aprile 2003 e dopo le ratifiche dei parlamenti nazionali, dal Primo maggio del 2004, la superpotenza europea ingloberà ufficialmente i paesi che hanno superato l'esame di ammissione e passerà a 25 membri estendendo i suoi confini verso Est e il Mediterraneo. Agli attuali 15 si aggiungeranno Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Slovenia, Malta e la Repubblica greco-cipriota. Romania e Bulgaria entreranno nel 2007 mentre per la Turchia la decisione dei tempi di adesione sarà decisa nel vertice europeo del dicembre 2004.
Nelle due giornate del vertice si sono svolte in Danimarca anche diverse manifestazioni dei noglobal. Nella capitale i dimostranti sono arrivati fino in prossimità della sede del vertice violando la cosiddetta "zona rossa" chiusa da un forte schieramento poliziesco. I noglobal hanno manifestato contro la guerra e il liberismo, contro le restrizioni agli immigrati e ai migranti poste dal trattato di Schengen, a sostegno dei diritti all'autodeterminazione del popolo curdo negati dal regime di Ankara e della lotta del popolo palestinese contro l'occupazione israeliana.
Le iniziative contro il vertice si sono concluse con una manifestazione cui hanno partecipato oltre 15.000 persone provenienti per la maggior parte dai paesi nordici e con delegazioni di tedeschi, turchi, francesi, spagnoli e italiani. Il corteo è partito dalla centrale piazza del Parlamento, ha sfilato per il centro e si è concluso di fronte al carcere per protesta contro il fermo di decine di dimostranti e in particolare l'arresto la sera del 12 dicembre di 4 "disobbedienti" italiani, fra i quali Luca Casarini. Un arresto provocatorio da parte della polizia per impedire loro di partecipare alle manifestazioni contro il vertice.
Il grosso del lavoro dei negoziati bilaterali era stato svolto dalla Commissione europea che aveva presentato il rapporto conclusivo alla sessione dell'europarlamento del 9 ottobre scorso. Restavano da definire alcuni dettagli non secondari fra i quali quanti soldi e come dovevano essere spartiti fra i dieci nuovi membri; lo stanziamento definito nel vertice di ottobre a Bruxelles di poco più di 40 miliardi di euro è stato contestato fino all'ultimo in particolare dalla Polonia, che ha spuntato un contributo maggiore.
Il ponderoso rapporto dei tre anni di lavoro della Commissione presentato all'europarlamento ricordava che i criteri di adesione, stabiliti nel 1993 dal Consiglio europeo di Copenaghen e contenuti nell'Agenda 2000 del 1997, prevedono che i paesi candidati devono essere caratterizzati "da una stabilità istituzionale tale da garantire la democrazia, lo Stato di diritto, il rispetto dei diritti umani nonché il rispetto e la tutela delle minoranze (criterio politico); dall'esistenza di un'economia di mercato funzionante e dalla capacità di far fronte alle pressioni concorrenziali e alle forze di mercato all'interno dell'Unione (criteri economici); dalla capacità di far fronte agli obblighi che comporta l'adesione, compresa l'adesione agli obiettivi dell'unione politica, economica e monetaria". Devono infine applicare la legislazione dell'Unione, il cosiddetto "acquis comunitario", mediante strutture amministrative e giudiziarie adeguate agli standard dei Quindici.
A questi criteri, ricordava Prodi nell'intervento all'europarlamento, ancora non rispondevano completamente i dieci candidati ammessi; in particolare sottolineava i problemi "della corruzione che, fatte salve alcune eccezioni, affligge molti paesi e il vergognoso fenomeno del traffico di esseri umani". Ma la superpotenza europea non poteva perdere altro tempo per fagocitarli e Prodi assicurava l'impegno della Commissione a lavorare per "colmare queste lacune prima dell'adesione". Romania e Bulgaria hanno bisogno di più tempo e per loro la data proposta era il 2007.
La Turchia era invece bocciata. Il governo di Ankara, spiegava il rapporto della Commissione "ha fatto notevoli progressi verso il conseguimento dei criteri politici di Copenaghen", ma non basta perché nel paese esistono ancora "notevoli limitazioni delle riforme in corso per quanto riguarda il pieno esercizio dei diritti e delle libertà fondamentali". A dire il vero non è tanto la condanna della dittatura di Ankara a interessare la Ue quanto altre questioni fra cui la soluzione della crisi di Cipro, ancora divisa in due dall'occupazione turca del 1974, e che la Commissione vorrebbe risolta prima dell'ingresso dell'isola nella Ue. Il regime turco protestava contro lo "status speciale" assegnato al suo paese, e chiedeva una rettifica nel vertice europeo di Copenaghen, fidando in particolare sull'aiuto del governo Berlusconi e sulla sponsorizzazione dell'imperialismo americano che conta sull'alleato turco per la nuova aggressione all'Iraq.
Non a caso il premier turco Gul è arrivato a Copenhagen dopo aver incontrato Bush e raccolto l'appoggio degli Usa per l'entrata della Turchia nella Ue. Gul ha anche minacciato che la Turchia se respinta dalla Ue potrebbe decidere di entrare nel Nafta, il mercato unico nordamericano. La telefonata di Bush al primo ministro danese Anders Foh Rasmussen, presidente di turno del vertice e le pressioni dirette di Berlusconi, Blair, Aznar e del greco Simitis per dare il via ai negoziati di adesione della Turchia a gennaio 2004 non hanno modificato la posizione del tandem franco-tedesco appoggiato dai paesi nordici che avevano proposto di inziare nel maggio 2005. Prodi confermava che "gli americani hanno fatto molte pressioni" ma sottolineava che "saremo noi europei a decidere: di questo potete stare tranquilli". Rasmussen telefonava a Bush e gli diceva che "la decisione riguarda l'Unione europea e, benché possiamo tener conto di tutti i pareri, la decisione finale spetta agli europei". L'Ue "non sarà vittima delle pressioni di nessuno" ribadiva il premier danese.
La decisione del vertice di rimandare la discussione dei tempi dell'adesione della Turchia al 2004 era accettata a collo torto da Ankara che per ritorsione metteva i bastoni tra le ruote sulla questione di Cipro. I Quindici si aspettavano un accordo a Copenaghen tra le due parti cipriote per l'avvio di negoziati sulla base della proposta Onu. Il premier turco cipriota non si presentava e il negoziato neanche partiva; il vertice decideva di annettere intanto la parte greco cipriota dell'isola.
L'accordo con la Turchia era invece raggiunto sui rapporti Ue-Nato. Dopo due anni di discussioni Ankara ha acconsentito all'accordo che permetterà alla superpotenza europea di utilizzare i mezzi della Nato per realizzare le "operazioni di pace". Un passaggio che ha permesso al vertice di Copenaghen di formalizzare la nascita della Forza di reazione europea, che sarà composta da 60 mila uomini e che potrà entrare in azione nel 2003 nella prima missione operativa in Macedonia.

18 dicembre 2002