Vertice di Salonicco
L'UE si blinda per non far entrare gli immigrati e annuncia tagli a pensioni e sanita'
La superpotenza europea assorbirà anche i paesi balcanici. L'"Osservatore romano" attacca la politica antimmigrati dell'Unione
DURE CARICHE DELLA POLIZIA CONTRO I CONTESTATORI DEL VERTICE
La "foto di famiglia", al termine del vertice Ue tenutosi a Porto Carras vicino a Salonicco il 19, 20 e 21 giugno a conclusione del semestre di presidenza greca, che ritrae i 15 premier dell'attuale Unione più il presidente della Commissione Romano Prodi, assieme ai primi ministri dei 10 paesi che entreranno ufficialmente dal 1° maggio 2004, ai leader di Romania, Bulgaria e Turchia che dovranno aspettare qualche anno in più, ai presidenti di Croazia, Albania, Macedonia, Serbia e Montenegro, Bosnia Erzegovina, quest'ultimi potenziali candidati ad essere assorbiti dall'Ue, è stata appositamente studiata per lanciare un chiaro messaggio all'esterno. Quello di una superpotenza europea in espansione tanto che il progetto finale di una grande Europa "dall'Atlantico agli Urali" si sta man mano materializzandosi.
Nel centro turistico greco i Quindici hanno rinsaldato le file dell'imperialismo europeo dopo le divisioni sull'Iraq. Liquidata con un'approvazione scontata la bozza della futura costituzione europea presentata da Giscard D'Estaing e rimandate alla conferenza intergovernativa che si svolgerà a Roma ad ottobre le contraddizioni interne, l'Ue è partita lancia in resta mostrando il suo volto razzista, liberticida, espansionista e repressivo. Per cominciare i Quindici si blindano per non far entrare gli immigrati. Il documento finale considera il "problema dell'immigrazione" come una "priorità europea" e su questa linea chiama ad instaurare una cooperazione più "forte e concreta", con un impegno comune per tutta l'Ue contro l'immigrazione clandestina che coinvolga non solo i paesi del Mediterraneo, ma anche quelli che non hanno sbocchi sul mare. Un "maggior rigore" è previsto per i paesi di provenienza dei flussi che, nonostante gli "aiuti Ue" per contrastare il fenomeno, non sono "abbastanza impegnati sul fronte della prevenzione". C'è altresì un impegno "collegiale" per stipulare accordi di riammissione con i paesi di provenienza per il rimpatrio dei clandestini. è previsto un ampliamento degli stanziamenti finanziari, 140 milioni di euro per la gestione delle frontiere esterne fino al 2006 e l'impegno di fondi crescenti negli anni successivi, oltre a destinarne altri 250 milioni alla "cooperazione" con paesi terzi. Messa in cantiere poi una struttura repressiva comune, una sorte di agenzia, per rafforzare la cooperazione nella gestione delle frontiere esterne, che dovrà costituire l'embrione della polizia di confine europea. Sulla stessa falsariga l'"approccio coerente" per l'utilizzo necessario dei dati biometrici come impronte digitali e immagine della retina, per "uniformare la politica europea sui visti".
Non è passata invece la "ciliegina sulla torta", ossia la proposta inglese di creare "zone protette regionali", dei veri e propri lager in paesi terzi (per esempio Marocco, Albania o Ucraina citati dal guerrafondaio Tony Blair) dove deportare e detenere coloro che richiedono asilo, mentre la loro domanda viene esaminata. Blair ha dovuto ritirare la proposta per la "perplessità" espressa da alcuni paesi, Francia in testa, ma il premier danese Rasmussen ha rivelato che Gran Bretagna e Danimarca sono intenzionati a sperimentare ugualmente per conto loro queste "zone di protezione per immigrati".
Al coro di soddisfazione per questa politica antimmigrati comune aperto dal premier greco Simitis e concluso da Prodi si è unito il ministro degli Esteri italiano Frattini, secondo il quale "La tradizionale posizione italiana di fermo rigore nei confronti dei clandestini è stata accolta. I paesi d'origine devono impegnarsi a riprendere i clandestini, altrimenti l'Ue intraprenderà delle azioni forti".
Il quotidiano vaticano "Osservatore romano" nella sua edizione del 21 giugno ha accusato l'Unione europea di aver messo in secondo piano "lo spirito di accoglienza e di protezione del povero e del perseguitato", bocciando senza appello le misure decise a Salonicco. Di fronte alla "tragedia, ormai quotidiana, di migliaia di infelici che perdono la vita in mare - continua il quotidiano vaticano - in Grecia i capi di Stato e di governo dell'Unione europea hanno preso decisioni su aspetti tecnici e militari del controllo della frontiera marina meridionale dell'Ue, in una sorta di fredda indifferenza".
Dalla politica razzista e repressiva verso gli immigrati il documento finale del vertice è passato a quella liberticida dei tagli. Secondo i Quindici per far riprendere la crescita in Europa, è necessario che ogni paese "proceda immediatamente alle riforme delle pensioni e della sanità", adesso che "la situazione demografica è ancora governabile".
L'ultimo giorno del vertice è stato invece dedicato all'espansionismo verso i Balcani. Nel corso dell'incontro con i leader dei paesi menzionati all'inizio il presidente della Commissione Ue Prodi ha sentenziato che l'Unione europea non potrà mai definirsi tale se non sarà capace d'includere l'area balcanica. "Non è immaginabile - sono sue parole - un enclave interno dell'Ue, il processo di unificazione non sarà completo fino a quando non saranno dei nostri". E per accelerare i tempi i Quindici hanno approvato una Dichiarazione solenne e la cosiddetta "Agenda di Salonicco per i Balcani occidentali". Punti cardine la condivisione dei "valori della democrazia dello Stato di diritto" e "dell'economia di mercato". L'Unione europea "ribadisce il suo sostegno inequivocabile alla prospettiva europea dei paesi dei Balcani occidentali. Il futuro dei Balcani è nell'Unione europea".
Il progresso compiuto in tre anni dalla Croazia starebbe lì a dimostrare che l'Ue è pronta e ligia ad incoraggiare l'avvicinamento. La Croazia è l'unico paese che ha già presentato ufficialmente la domanda di adesione. Ma l'Unione riconosce che "tutti i paesi della Regione hanno compiuto dei passi avanti verso la Ue". Ed ancora: "Il recente avvio della missione di polizia dell'Ue in Bosnia Erzegovina e l'operazione 'Concordia' nell'ex Repubblica jugoslava di Macedonia sono prove tangibili dell'impegno dell'Ue nella regione".
Accanto alla carota imperialista verso i paesi dei Balcani non è mancato il bastone della repressione verso chi contesta la superpotenza europea. Il 20 giugno i primi scontri tra i 10mila manifestanti e polizia greca si sono registrati a Neos Marmaras, tre chilometri a nord della sede del summit. Pesanti le cariche e centinaia i lacrimogeni lanciati dalla polizia che hanno provocato decine di contusi e molti intossicati. Stesse scene si sono verificate il giorno dopo a Salonicco sede di una grande manifestazione anti-Ue che ha visto oltre 200mila partecipanti a due cortei distinti poi confluiti in piazza Aristotele. Le cariche della polizia, 16 mila gli uomini impegnati dal governo Simitis per proteggere i governanti nella tre giorni europea, sono state ripetute e indistinte. Chiunque capitava a tiro degli agenti veniva bastonato. Genova ha fatto scuola.