Iraq
Gli Ulema sunniti: "Elezioni illegittime"
In calo le percentuali dei votanti
La grancassa imperialista ha continuato dopo il 30 gennaio a suonare a favore della "svolta storica" che sarebbe rappresentata dalla partecipazione al voto degli iracheni nelle elezioni farsa per l'Assemblea costituente. Ignorando opportunisticamente le nuove stime ufficiali e valutazioni di organismi non governativi che ridimensionano la presunta "alta affluenza" alle urne degli oltre 14 milioni di aventi diritto. La questione principale resta comunque che non possono considerarsi legittime le elezioni tenute in un paese sotto occupazione straniera.
Così le avevano definite invitando gli elettori al boicottagio delle urne e lo hanno ribadito con forza gli Ulema sunniti in un comunicato del 2 febbraio: "queste elezioni sono prive di ogni legittimità perché una gran parte delle varie componenti del paese, politiche e religiose, le ha boicottate. Questo vuol dire che sia l'Assemblea nazionale, sia il governo che ne uscirà non avranno la legittimità necessaria per scrivere la costituzione o per concludere accordi di sicurezza o economici". Nelle condizioni di paese occupato il nuovo governo potrà essere al massimo "un gabinetto dalle prerogative limitate, titolato a trattare solo gli affari correnti", sottolinea il comunicato che si conclude con il monito "all'Onu e alla comunità internazionale di non considerare queste elezioni come legittime perché questo potrebbe aprire la porta a nuove sventure e saranno loro i primi a pagarne le conseguenze".
Il comunicato è stato messo a punto nella riunione che si è tenuta il 2 febbraio nella moschea di Um al Qura, alla periferia della capitale, dell'Associazione degli Ulema musulmani sunniti, l'organizzazione che raggruppa i rappresentanti di oltre 3 mila moschee e che di fatto costituisce l'unica rappresentanza politico-religiosa dei sunniti iracheni. Il portavoce dell'associazione, Sheik Omar, nell'illustrare i contenuti del comunicato ha sottolineato che "gli americani e i loro amici fidati del governo hanno voluto un'assemblea nella quale non fossero rappresentati né la comunità sunnita né molti sciiti e laici contrari all'occupazione e l'hanno ottenuta. Non possono certo pensare che ora riconosceremo una qualche legittimità a questa assemblea, al futuro governo e alla futura costituzione. In ogni modo tutte quelle parole sulla necessità di coinvolgere i sunniti nel 'dopo voto' sono solo chiacchere altrimenti lo avrebbero fatto prima. Il nodo non è di natura religiosa ma politica: il rifiuto degli Usa a fissare una data per il loro ritiro".
Gli americani hanno inventato "elezioni che si svolgono solo su un set televisivo mentre l'intero paese è schiacciato dai carri armati, sottoposto a duri bombardamenti e a continui rastrellamenti" ha denunciato un altro esponente dell'associazione, ricordando che a Baghdad nei quartieri sunniti molti seggi non sono nemmeno stati aperti mentre in altri la percentuale dei votanti è stata inferiore all'8%. Risulterebbe inoltre che molti elettori della comunità assiro-caldea, che conta circa 300 mila persone, non hanno potuto votare nella regione curda poiché l'ufficio elettorale locale ha ostacolato l'arrivo in tempo utile di schede e verbali ai seggi.
In merito al numero dei votanti la Commissione elettorale centrale, sempre il 2 febbraio, ha corretto l'incredibile dato iniziale del 72% abbassandolo al 57%. E ha annunciato che a poco più di un terzo delle schede scrutinate sarebbero in largo vantaggio le liste sciite col 67% dei voti validi, seguite a distanza da quelle dei partiti curdi e dalla lista del premier fantoccio Allawi. Organizzazioni non governative hanno invece confermato le loro prime stime su una partecipazione al voto tra il 40 e il 45%. A Baghdad la percentuale dei votanti sarebbe attorno al 30%, nemmeno il 30% nell'altra grande città del sud del paese, Bassora. Dati che indicherebbero come il boicottaggio delle elezioni farsa sia stato praticato non solo dalla comunità sunnita ma anche da una parte consistente di quella sciita.

9 febbraio 2005