La Finanziaria voce per voce
Agnelli benedice la manovra economica di oltre 34 mila miliardi di lire che dà via libera
alle privatizzazioni, alla liberalizzazione e alla cementificazione del territorio
VARATA LA FINANZIARIA DI
GUERRA
Tagli alla scuola e alla
sanità. Il Mezzogiorno a bocca asciutta. Le tre leggi delega danno un colpo mortale alle
pensioni e via libera ai licenziamenti senza "giusta causa'', e cancellano la
progressività delle imposte
CI GUADAGNANO I PADRONI E PERDONO I LAVORATORI
Con la votazione del 22
dicembre in Senato il parlamento nero ha varato la Legge finanziaria per il 2002
presentata dal governo Berlusconi. Una Finanziaria di guerra, fortemente improntata cioè
dal clima bellico imposto al paese con la partecipazione dell'Italia alla campagna
imperialista mondiale contro il "terrorismo'' e i paesi accusati di coprirlo. Basti
pensare che a primavera il neoduce Berlusconi spargeva a piene mani promesse elettorali di
sgravi fiscali, aumenti delle pensioni, nuova occupazione, sviluppo economico; a luglio
cominciava a ventilare una manovra correttiva "leggera'', pur preparandosi il terreno
con l'allarme sul "buco'' nei conti pubblici; per poi presentare in autunno, tra le
fanfare di guerra, questa manovra da oltre 17 miliardi di euro, più di 34 mila miliardi
di lire, tra le più pesanti tra quelle che si sono abbattute incessantemente sulle masse
popolari da un decennio a questa parte.
Formano un tutt'uno con questa Finanziaria di guerra, un'unica mostruosa politica
economica ultraliberista, filopadronale e antiopopolare, i provvedimenti cosiddetti dei
"primi 100 giorni'' di governo, tra cui: la legge sulle infrastrutture, che con un
massiccio rilancio delle "grandi opere pubbliche'' e la liberalizzazione delle
ristrutturazioni edilizie dà via libera a una nuova cementificazione del paese; la legge
per l'"emersione delle attività al nero'' che premia evasori, sfruttatori e
inquinatori; la legge sul rientro dei capitali dall'estero, che premia gli speculatori e i
corruttori; la legge sulla "devolution'' sanitaria che affossa definitivamente il
Sistema sanitario nazionale. A completare poi l'opera ci sono le tre leggi delega sul
lavoro, le pensioni e il fisco, che per la loro gravità e pericolosità meritano un
discorso a parte.
Le cifre stesse della Finanziaria la dicono lunga sulla sua portata, sui suoi obiettivi e
su come intende conseguirli: non sono solo i 34 mila miliardi complessivi, di cui quasi la
metà per "correggere'' l'indebitamento pubblico allo 0,5% sul Pil a fine 2002, con
l'obiettivo del pareggio di bilancio nel 2003, in linea con i parametri fissati
dall'Unione europea imperialista. C'è anche la cifra - palesemente inventata e su cui si
basa tutta la manovra di bilancio - di un tasso di crescita del 2,3% nel 2002, e di ben il
3% nel 2003 e 2004, quando nel quinquennio '96-2000 la media è stata non superiore
all'1,9%, e mentre siamo in presenza di una marcata fase di recessione mondiale. Ciò
significa che con tutta probabilità la manovra stessa è destinata ad inasprirsi oltre i
già attuali livelli nel corso dei prossimi mesi se - com'è prevedibile - le ottimistiche
previsioni di Tremonti sul "nuovo miracolo economico'' saranno smentite dai fatti.
In ogni caso quello che c'è già ora nella Finanziaria basta e avanza, se si considera
che i suoi quasi 80 articoli, di cui pubblichiamo a parte la sintesi, disegnano e
sostanziano il seguente contenuto: sgravi fiscali e contributivi alle imprese;
privatizzazioni di enti ed immobili pubblici e liberalizzazioni di reti municipalizzate
(oltre 15 mila miliardi di lire sono attesi dalla svendita del patrimonio immobiliare);
tagli alla scuola, con l'aumento dei carichi di orario per gli insegnanti a danno delle
occasioni di lavoro per i precari, e alla sanità, attraverso la mannaia del "patto
di stabilità sanitaria'' imposto alle Regioni.
Ci sono poi meno risorse economiche da destinare ai rinnovi contrattuali dei lavoratori
del pubblico impiego, mentre al contrario, con ferrea logica di guerra, aumentano di
migliaia di miliardi gli stanziamenti per la polizia e le forze armate, specialmente se
impiegate in funzione "antiterrorismo'' e in missioni all'estero. Lo stesso dicasi
per le riduzioni del personale e un più esteso ricorso ai contratti a termine imposti a
tutta la pubblica amministrazione, che non vale però per i ministeri di guerra: Difesa,
Interni, Esteri e Giustizia.
Quanto al Mezzogiorno, con il suo drammatico bisogno di vera occupazione, è pressoché
totalmente e vergognosamente ignorato dalla Finanziaria di Berlusconi e Tremonti, che
d'altra parte coprono l'assoluta mancanza di stanziamenti e piani di sviluppo stabile e
duraturo per il Sud con lo specchietto per le allodole delle "grandi opere'' come il
ponte sullo stretto di Messina.
Bisogna poi, come già detto, considerare come parte integrante della manovra economica
del governo anche le tre leggi delega su lavoro, pensioni e fisco, che mirano tra l'altro,
e rispettivamente, a: concedere ai padroni la tanto agognata libertà di licenziare, anche
senza "giusta causa'', attraverso la "riforma'' dello "Statuto dei
lavoratori''; tagliare ulteriormente, attraverso la decontribuzione (un altro regalo ai
padroni) il trattamento previdenziale dei lavoratori, soprattutto per i neoassunti, con
l'obiettivo di scardinare il sistema pensionistico pubblico e sostituirlo con un sistema
privato, cominciando col finanziare i fondi pensione con il Tfr; ridurre le aliquote
fiscali a solo due, abbattendo fortemente la progressività dell'imposta al di sopra dei
70 milioni di reddito, a tutto vantaggio dei ricchi e a danno dei lavoratori.
è perfettamente logico, allora, che il capofila dei capitalisti italiani, senatore a vita
Agnelli, abbia unito il suo voto in aula a quelli della casa del fascio accompagnandolo, a
mo' di viatico, con questa compiaciuta dichiarazione: "Finanziaria e deleghe su
pensioni e fisco vanno nella direzione giusta per sostenere la competitività del paese e
creare le premesse per il suo ulteriore sviluppo''. Un'altra conferma dell'asse di ferro
che il governo neofascista del neoduce Berlusconi ha stretto con la Confindustria e i
grandi capitalisti.
Anche per questo occorrerebbe che i vertici sindacali confederali, e comunque lo dovrebbe
fare assolutamente la Cgil, prendessero atto di questo asse di ferro e si decidessero a
combatterlo frontalmente con tutta la forza del movimento dei lavoratori. Invece di andare
a elemosinare da Ciampi (il quale peraltro ha già firmato senza battere ciglio le deleghe
di Maroni, Tremonti e Berlusconi) un intervento per resuscitare il cadavere della
"concertazione'', che ha già fatto abbastanza disastri nel movimento sindacale,
pensino piuttosto a organizzare lo sciopero generale, nazionale e di 8 ore, che a questo
punto è un'iniziativa di lotta quantomai necessaria e non rinviabile.
9 gennaio 2002
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