Intitolando una strada di Roma al giuslavorista bolognese
Veltroni inneggia al "Libro bianco" di Biagi e alla controriforma del "mercato del lavoro" contro cui i lavoratori hanno lottato duramente
Può stupire chi crede che l'Unione di Prodi rappresenti una vera alternativa alla Casa del fascio di Berlusconi sia al governo centrale che delle amministrazioni locali. Certo non noi che conosciamo bene i "nostri polli". Ci riferiamo all'intervento del sindaco uscente e ricandidato di Roma, il diessino Walter Veltroni, sul giornale degli Agnelli, "La Stampa" del 12 maggio. Scritto proprio alla vigilia delle elezioni comunali e della formazione del nuovo governo centrale.
Un intervento che parte dalla notizia dell'intitolazione di una via romana a Marco Biagi, assassinato barbaramente dalle "Br", per poi dipanare un panegirico ampolloso e retorico sulla sua figura e soprattutto un'esaltazione della sua elaborazione teorica nel campo del lavoro di cui era uno specialista universitario. Mischiare il cordoglio per la morte e per il modo in cui è avvenuta con il giudizio politico sul suo operato è un'operazione strumentale inaccettabile.
Veltroni sviolina e sviolina, definendo Biagi "un riformista, socialista e cattolico", un uomo delle istituzioni che, indifferentemente, collaborava con i governi di "centro-sinistra" e con l'allora ministro del Lavoro, Tiziano Treu, il quale varò il "pacchetto Treu" per liberalizzare il "mercato del lavoro" e con il governo Berlusconi fornendogli il famigerato "Libro bianco" sulla base del quale fu varata la "riforma" Maroni che ha precarizzato tutti i contratti lavorativi.
Veltroni non ha una parola di critica verso le posizioni teoriche del giuslavorista bolognese, non dice nulla sulla grandiosa lotta condotta dai lavoratori in difesa dell'art.18, non rammenta la manifestazione dei 3 milioni del 23 marzo 2002 al Circo Massimo per citare il punto più alto, che evidentemente non approva e non apprezza; mentre si spende in lodi e valutazioni positive proprio sulla questione cruciale della "riforma del lavoro" proposta da Biagi, "che non era certo - asserisce mentendo - quella del liberismo senza regole". E la libertà per i padroni di licenziare senza "giusta causa"? Veltroni arriva perfino a rilanciare il "Libro bianco" e lo indica come la strada giusta da battere dal momento che "la flessibilità è un elemento che deriva ormai dalla realtà del lavoro globalizzato" e "ha contribuito a facilitare l'accesso di tanti ragazzi e ragazze al mondo del lavoro" (sic!).
Per Veltroni, insomma, la frammentazione del lavoro (in Italia abbiamo attualmente ben 46 tipi di contratto precario) e la rinuncia al posto a tempo indeterminato sono una realtà non solo inevitabile ma da accettare di buon grado purché ci siano degli "ammortizzatori sociali". Dunque per lui (e per l'Unione?) non si tratta di abrogare la legge 30 ma solo di aggiustarla.
A noi pare che il neopodestà di Roma, un tempo formalmente "comunista", anche se più volte ha dichiarato di non esserlo stato, e ora borghese kennediano, guardi più agli interessi dei padroni del capitalismo italiano che ai diritti dei giovani e dei lavoratori. La lotta esemplare e vincente dei giovani e dei lavoratori francesi contro il "contratto di primo impiego" non gli ha insegnato nulla.

24 maggio 2006