Galvanizzato dal successo elettorale personale
Veltroni rilancia il presidenzialismo e il partito democratico


Inebriato dalla facile e travolgente vittoria sul candidato della casa del fascio, il fascista Gianni Alemanno, il neopodestà di Roma Walter Veltroni non ha perso tempo per far valere il suo successo personale alle elezioni comunali nella capitale, spendendolo subito anche sul più vasto mercato politico nazionale. E così, appena dimesso dall'ospedale, tra una telefonata di congratulazioni del cardinale Ruini e una dell'ex sottosegretario di Berlusconi, Gianni Letta, ha trovato anche il tempo di rilasciare una lunga intervista al compiacente quotidiano portavoce della "sinistra" borghese, la Repubblica, nella quale si è fatto forte della sua vittoria per rilanciare due obiettivi che gli stanno particolarmente a cuore, e per la cui realizzazione pensa (e con lui una grossa fetta della borghesia che lo sostiene) di avere da giocare un ruolo da protagonista: il presidenzialismo e il partito democratico.
"Di tutte le leggi elettorali fatte nel nostro paese, l'unica che ha funzionato è quella dei sindaci", dice infatti Veltroni esaltando la sua rielezione a neopodestà della capitale come un modello da imitare anche per eleggere il governo nazionale: "Le città - spiega aprendo l'intervista che occupa quasi un'intera pagina dell'edizione del 31 maggio del quotidiano di De Benedetti e Scalfari - prima erano i luoghi dell'instabilità e della corruzione, malgovernate, cariche di debiti. Questa legge elettorale ha saputo garantire stabilità, equilibrio dei poteri. Può essere il modello se correlata a una serie di normative antitrust".
In sostanza, una sorta di "premier-sindaco d'Italia", commenta a questo punto l'intervistatrice, Giovanna Casadio: "Nella seconda parte della legislatura - prosegue il neopodestà capitolino - perché prima vanno affrontati e risolti i problemi economici e di modernizzazione del paese, bisognerebbe aprire un tavolo con l'opposizione per una riforma elettorale che vada in questa direzione. È un meccanismo che dà stabilità. Non bisogna avere timori: la democrazia ha bisogno di velocità, di essere trasparente e veloce". Col che il rinnegato Veltroni, o meglio l'anticomunista da sempre Veltroni, come lui stesso si vanta pubblicamente di essere stato anche quando militava nel PCI revisionista, nonché presidenzialista dichiarato, auspica e rilancia il dialogo con la Casa del fascio per approvare insieme il premierato, contestualmente a una controriforma elettorale uninominale: che altro non sarebbe la sua proposta di applicare anche a livello nazionale il sistema elettorale e di governo in vigore per i grandi comuni.
Una spudorata offerta di intesa, la sua, alla destra borghese sul comune terreno del presidenzialismo neofascista, come già tentato con la Bicamerale golpista del rinnegato D'Alema. Un vero e proprio schiaffo in faccia agli stessi suoi elettori, che si apprestano a votare No al referendum del 25 e 26 giugno per buttare la controriforma presidenzialista e federalista della Casa del fascio dalla finestra, per vedersela poi ripresentare dalla finestra, diversa nella forma ma simile nei contenuti, come la vorrebbe e la invoca il neopodestà di Roma.
In questo quadro istituzionale, garantito dal premierato e dal sistema uninominale, che Veltroni ama riferire all'osannato sistema amerikano, poteva mancare un partito democratico per dar vita, insieme al "partito dei moderati" della casa del fascio, a un completo sistema presidenzialista bipartitico come quello in vigore oltreoceano? Non poteva, e non a caso Veltroni insieme al premierato e al maggioritario rilancia contemporaneamente anche l'obiettivo del partito democratico. Da fare subito però, senza tante remore e tentennamenti: "Aspettare fino alle europee del 2009? Ma siamo matti! È una questione di mesi e non di anni, che altro deve succedere? Quando ci presentiamo insieme gli elettori ci apprezzano. Farei fatica a sentirmi di nuovo un uomo di partito", sentenzia infatti il neopodestà capitolino dall'alto del suo plebiscitario 61,4% dei voti validi, ottenuto anche grazie all'appoggio trasversale della destra borghese, e perfino del gruppo di transfughi di Forza fascisti guidati da Michelini.
Ormai, cioè, Veltroni è il capofila di quella schiera sempre più nutrita di borghesi riformisti e rinnegati provenienti dall'ex PCI revisionista, poi PDS e oggi DS, come Bassolino, Chiamparino e Cofferati, che pur facendo ancora parte del partito della Quercia si sono costruiti una posizione di potere personale tale da sentirsi svincolati da ogni disciplina di partito, dovendo rispondere solo alle consorterie e lobby borghesi che li sostengono.
Per questo Veltroni può permettersi di proclamarsi "uomo non di partito", al punto da proporsi implicitamente come uno dei possibili leader del costruendo partito democratico, anche se per il momento fa il modesto, dice a Repubblica che "la leadership verrà dopo" e che ora egli vuole solo "dare una mano al cantiere per il partito democratico", che è il "sogno" della sua vita politica che ora vede "all'orizzonte".

7 giugno 2006