Con l'autunno frane e alluvioni dal nord al sud della penisola
Il Veneto alluvionato, migliaia di sfollati, 3 morti
A Massa 3 persone hanno perso la vita per una frana, in Liguria un treno regionale è deragliato, a Crotone la popolazione si salva sui tetti dall'alluvione
Berlusconi e Bossi duramente contestati a Padova

A causa del disastroso dissesto idrogeologico e idraulico in cui versa la nostra penisola ogni anno le piogge autunnali rischiano di avere gli effetti devastanti di veri e propri tsunami.
A causa del maltempo che ha colpito la regione nella prima settimana di novembre e che sta continuando mentre scriviamo, in Veneto oltre 131 comuni nelle province di Vicenza, Verona e Padova sono finiti sott'acqua per l'esondazione di fiumi e torrenti. Il tragico bilancio parla di 3 morti, oltre 4.500 le persone costrette ad abbandonare le loro case invase dall'acqua nel padovano, almeno altrettante nelle province di Vicenza e Verona. Più di 500 mila le persone colpite in vario modo dall'alluvione. Devastate intere zone agricole, annegati 150 mila animali d'allevamento, tra tacchini, polli, mucche, maiali. Centinaia le piccole imprese, laboratori, officine, negozi messi in ginocchio, centinaia i posti di lavoro a rischio e che potrebbero essere spazzati via per sempre perché molte aziende rischiano di non riaprire più. I danni materiali si contano in milioni di euro, incalcolabili invece quelli morali inferti alle popolazioni che in un batter di ciglia si sono visti distruggere i sacrifici di una vita dalla "peggiore alluvione che abbia mai colpito il Veneto".
Ma soprattutto tra la popolazione del Veneto monta la rabbia per l'inerzia, l'abbandono, il superficialismo con cui il governo centrale del neoduce Berlusconi e quello regionale del fascioleghista Zaia hanno affrontato lo stato di calamità. Di fatto le popolazioni sono state lasciate sole a spalare il fango. Il solo aiuto, come sempre accade è venuto dai volontari, mobilitatisi spontaneamente e disinteressatamente. Basta dire che il boss della protezione civile Bertolaso si è fatto vedere il 2 novembre ma solo per rassicurare che "la situazione è grave ma sotto controllo. Mi pare che la risposta dello Stato sia stata immediata e adeguata" (sic!) e si è limitato ad annunciare che il Consiglio dei ministri avrebbe dichiarato lo stato d'emergenza per le zone colpite. Quanto al neoduce Berlusconi, assieme a Bossi, si sono decisi a fare un'ipocrita passerella nelle zone devastate tra Verona, Vicenza e Padova, solo quasi 10 giorni dopo l'alluvione, quando le acque erano rientrare negli argini e il peggio era finito. E proprio a Padova, dove si teneva il vertice in prefettura, si sono beccati giustamente una sonora e dura contestazione da parte di alcune centinaia di studenti e di giovani dei centri sociali. Anche il governatore Zaia, si è lamentato il sindaco di Vicenza, in una settimana non si è neppure fatto vedere.
Ma è mai possibile che questo terribile bilancio di vite umane e di danni materiali e morali sia ascrivibile soltanto alla pioggia, per quanto cospicua e violenta possa essere stata? No. Non è possibile. Si tratta di una scusa inaccettabile.
È inaccettabile che tutto venga scaricato sugli "imponderabili" eventi meteorologici, come ha fatto il governatore del Veneto, il fascioleghista Zaia (ex ministro all'agricoltura del governo Berlusconi) che piangendo lacrime di coccodrillo, sostiene che "nemmeno la tragica e storica alluvione del 1966 regge al confronto" e che "in 72 ore, straordinarie ed incontrollabili precipitazioni hanno messo in ginocchio l'intera economia regionale, creando pesanti disagi a tutta l'area settentrionale delle penisola". Non è questo il punto. A parte che nel 1966 piovve ininterrottamente per molti più giorni e i millimetri di pioggia caduti furono di più. Ma se anche fosse vero, Zaia tace sul fatto che da allora ad oggi non si è fatto nulla per prevenire il ripetersi di tali disastrosi eventi. Anzi quel territorio, oggi chiamato "il ricco nord-est", è stato violentato da immense colate di cemento, che hanno portato alla costruzione di capannoni e case senza soluzione di continuità, è stata cancellata la campagna, sono state sottratte ai fiumi le casse di espansione, sono stati impermeabilizzati i terreni con la costruzione di chilometri di asfalto. Col risultato che la pioggia non viene più assorbita dai terreni e i rigagnoli diventano fiumi impetuosi e portano via tutto quel che incontrano.

I responsabili devono dimettersi ed essere processati
Di chi è la colpa di questo scempio? Che ha da dire l'ex governatore e pupillo del neoduce Berlusconi Giancarlo Galan che dal 1995 al 2010 ha governato il Veneto assieme a Zaia (suo vice dal 2005 al 2008) è stato il sostenitore e l'artefice della cementificazione della regione. Che hanno da dire la Lega di Bossi che in quel territorio è al governo, non solo della regione, ma di città capoluogo di provincia, come Verona e Treviso e di centinaia di comuni e che in questi anni ha fatto incetta di poltrone di governo e di sottogoverno, in partecipate, controllate, banche, associazioni di categoria e quant'altro?
Quindi non è il "clima impazzito" il responsabile dei danni provocati dall'alluvione. Ma la politica criminale e assassina dei governi centrali, regionali e locali, che hanno condannato il territorio all'abbandono, all'incuria e al saccheggio e alla predazione selvaggia degli speculatori e cementificatori. I politicanti neofascisti responsabili di questo disastro devono essere processati e condannati e immediatamente dimettersi. Altrimenti vanno cacciati a pedate.

L'Italia che si sgretola alle prime piogge
Se il Veneto è martoriato da questa grave alluvione in Calabria, a Crotone, le precipitazioni hanno alimentando tanti piccoli torrenti che, dalle colline, hanno spinto a valle una grande quantità di fango e detriti: case, alberghi e negozi allagati mentre le persone erano costrette a mettersi in salvo sui tetti.
In provincia di Massa, il 31 ottobre una frana si è staccata dalla collina nelle frazioni di Lavacchio e Mirteto e ha ucciso nel proprio letto una donna e il suo figlioletto di appena 2 anni, rimasti sepolti nella loro abitazione, e un camionista di 48 anni.
In Liguria una frana venuta giù il 1° novembre scorso ha investito e fatto deragliare il treno regionale Torino-Ventimiglia e provocando il ferimento di 2 macchinisti e 4 passeggeri.
Negli ultimi cinquant'anni, secondo i dati dell'Associazione Bonifiche, ci sono state 470 mila frane, a una media di 9.400 all'anno (783 al mese). Una tragedia continua che, se non fa vittime, passa sotto silenzio. Ma le vittime ci sono eccome: in mezzo secolo sono stati 3.500 i morti a causa di tragedie ambientali.

4 miliardi per risanare il territorio
Eppure per risistemare torrenti, rogge, pendii e canali in tutta Italia e mettere in sicurezza la vita della popolazione occorrerebbero 4 miliardi e 200 milioni. Invece il governo del neoduce Berlusconi sta tagliando drasticamente i fondi per l'ambiente. In tre anni il bilancio del ministero dell'Ambiente subisce un taglio del 60%: nel 2009 venivano destinati a questo dicastero 1,2 miliardi di euro mentre nel 2011 la disponibilità sarà di circa 514 milioni di euro, per arrivare, infine, a 498 milioni nel 2013. Pochi spiccioli da ripartire tra investimenti e salvaguardia. Diminuiranno dell'81% i fondi destinati agli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico, si passerà da un finanziamento di 175 milioni di euro a 32,7 milioni, un taglio criminale vista la continua emergenza, e che i comuni a rischio idrogeologico sono circa 3.671 di cui più della metà considerati a rischio elevato.
Invece di salvare il territorio il governo preferisce dirottare il denaro pubblico sulle grandi opere, ponti e autostrade per arricchire i pescecani capitalisti e la mafia. Basta dire che solo il faraonico ponte di Messina con i 40 chilometri di raccordi costerà qualcosa come 7 miliardi di euro. Ne basterebbe poco più della metà per rimettere in sesto l'intero territorio nazionale.
Dunque non è una mancanza di risorse ma di scelte politiche.
La tragedia che stanno vivendo le popolazioni del Veneto e tutte le altre colpite in questi giorni dai danni del maltempo deve costringere i governi centrali, regionali e locali a mettere la difesa e la messa in sicurezza del territorio quale priorità non più procrastinabile. Cominciando col dare fin da subito piena assistenza agli sfollati e tutte le risorse economiche per aiutare la ricostruzione di tutto ciò che è stato distrutto senza alcun onere per le popolazioni interessate.

10 novembre 2010