Vergognoso scambio tra Berlusconi e Veltroni
Il neoduce regala al leader del PD lo sbarramento elettorale del 4% in cambio del via libera sulla Rai, giustizia e federalismo
Un accordo elettorale liberticida e da terza repubblica
"Io l'accordo non lo volevo. Mi hanno detto che può essere utile per il futuro e allora vediamo se è davvero così. Speriamo...". Così il neoduce Berlusconi ha commentato sornionamente l'intesa raggiunta il 28 gennaio tra il PdL e il PD per introdurre una soglia di sbarramento al 4% alle elezioni europee che si terranno il prossimo giugno. Una tagliola per i partiti minori fortemente e ostinatamente voluta da Veltroni, sia per ragioni di principio, in omaggio al bipartitismo da lui sempre osannato, sia per il bisogno disperato di arginare la frana elettorale del PD che già si preannuncia ed evitare la sua conseguente destituzione, ricorrendo ancora una volta all'espediente del cosiddetto "voto utile".
Dopo gli ultimi sondaggi che davano il PD in caduta verticale, ben al di sotto della soglia del 30% considerata la minima accettabile per la sopravvivenza dell'attuale leadership, i contatti tra lo stato maggiore veltroniano e gli emissari del neoduce Vito e Letta si erano fatti oltremodo frenetici, finché non si è arrivati a questo accordo che sblocca un provvedimento già licenziato dalla commissione Affari costituzionali ma che era fermo in parlamento in attesa di semaforo verde dai partiti. La soglia di sbarramento al 4% è stata inserita nel testo con un emendamento già approvato alla Camera e presentato subito al Senato per un'altrettanto rapida approvazione. Cosa che non presenta la minima difficoltà, dal momento che in parlamento solo i due partiti autonomisti, quello del Nord e quello del Sud di Lombardo sono contrari al provvedimento. Tutti gli altri sono o a favore o comunque non contrari all'accordo PD-PdL: l'IdV di Di Pietro perché è accreditata dell'8% nei sondaggi e conta di approfittare a sua volta del "voto utile" dell'elettorato di sinistra antiberlusconiano, disgustato dal PD ma timoroso di disperdere il voto dandolo a PRC, PdCI, Verdi ed SD, che hanno poche o punte chance di superare una soglia così alta; l'UdC di Casini e Cesa perché ha ottenuto la rassicurazione che non saranno abolite le preferenze; e la Lega di Bossi perché ha ottenuto in cambio la data certa del 13 marzo per l'approvazione definitiva del federalismo fiscale.

Il retroscena dell'inciucio
La domanda che tutti si pongono è: che cosa ha ottenuto invece in cambio il neoduce Berlusconi dal PD? È noto infatti che egli non era particolarmente interessato alla soglia di sbarramento alle europee, e non è credibile che si sia accontentato della risibile motivazione, addotta dagli emissari di Veltroni, che anche lui avrebbe potuto giovarsi del "voto utile" degli elettori dei partitini di ultra destra. Come non è credibile la smentita del vice di Veltroni, Franceschini, che si è precipitato a dichiarare: "Si tratta solo di un accordo su una materia specifica, in cambio non diamo un bel niente. La riforma elettorale è una legge di sistema". Ci sono infatti le dichiarazioni del vice capogruppo del PdL alla Camera, Bocchino, che ha ribadito che "è stato il PD a chiederci di introdurre lo sbarramento", ma soprattutto c'è la "smentita" di Cicchitto, che suona invece come una velata conferma dell'inciucio che si cela dietro l'accordo: "Non c'è un disegno complessivo, si va avanti esaminando i singoli punti. Ma certo, il clima è cambiato".
L'opinione più comune e largamente accreditata è che in cambio della soglia "salva Veltroni" il neoduce abbia ottenuto dal PD una ben più ricca contropartita che non la prospettiva di guadagnare qualche spicciolo a spese de La destra di Storace, la Nuova DC di Rotondi o il PRI di Nucara, sia pure con l'aggiunta del federalismo fiscale per il suo fedele alleato Bossi. Si parla infatti, come merce di scambio, di "disponibilità" del vertice veltroniano del PD sulle nomine Rai, sulla giustizia, sulla legge sulle intercettazioni e sui nuovi regolamenti parlamentari. Quattro partite importantissime su cui il neoduce si gioca la legislatura e sulle quali Veltroni conta di rilanciare il dialogo sulle "riforme" che si era arenato subito dopo le elezioni per l'atteggiamento unilaterale e di chiusura del premier.
Lo stallo sulla commissione di Vigilanza ha convinto il neoduce della necessità di un accordo col PD se vuole sbloccare la grossa partita del rinnovo del Consiglio di amministrazione e della presidenza della Rai, nonché della nomina dei nuovi direttori dei tg che gli sta tanto a cuore per completare il dominio totale dell'etere. Altrettanto dicasi per la giustizia e le intercettazioni, dove ha bisogno di un largo consenso politico e parlamentare per domare i magistrati riottosi e far loro ingoiare a forza la controriforma che mira ad evirare il potere giudiziario e a sottometterlo per sempre agli ordini del governo come sotto Mussolini. Quanto alla "riforma" dei regolamenti parlamentari ne ha bisogno come dell'aria, per disporre di "corsie preferenziali" ai suoi decreti e provvedimenti senza più preoccuparsi di possibili imboscate e ostruzionismi parlamentari per l'intera legislatura. Dopodiché potrà dedicarsi con tutta calma a preparare la sua ascesa al Quirinale.

I partiti falsi comunisti nell'angolo
Visto in questo scenario l'inciucio elettorale richiesto e ottenuto da Veltroni è di una gravità inaudita e non mancherà di provocare forti contraccolpi all'interno dello stesso PD e in tutta l'area del "centro-sinistra". Ovviamente i partiti riformisti e falso comunisti alla sua sinistra sono in subbuglio per questa che hanno definito senza mezzi termini "una legge truffa", una scandalosa "legge ad personam per Veltroni", studiata apposta per farli fuori anche dal parlamento europeo, dopo essere già stati estromessi da quello nazionale. Verdi, PRC, PdCI e SD hanno inscenato forme di protesta, inviato lettere a Napolitano e perfino aderito a un grottesco "comitato per la democrazia" insieme a Mastella, i socialisti di Nencini, i radicali, il PRI, ecc. Hanno anche minacciato ritorsioni sulle giunte locali in cui governano col PD e per le amministrative che si terranno in concomitanza con le elezioni europee. Anche perché con questa legge sarebbero esclusi anche dai rimborsi elettorali quei partiti che non superano lo sbarramento del 4%, soglia attualmente fissata all'1%. Il direttore de "il manifesto" trotzkista, Gabriele Polo, ha proposto addirittura di "saltare un giro" alle europee, cioè l'astensione, vista l'improbabilità di aggregare i tanti brandelli della "sinistra" trotzkista, revisionista e riformista in un soggetto in grado di superare la fatidica soglia.
Ma le cose si stanno muovendo anche all'interno del PD. Al malcontento dei prodiani nostalgici del "centro-sinistra" si aggiunge la fronda dei dalemiani, che lavorano per attirare pezzi dell'ex Arcobaleno nella loro orbita, mentre a destra guardano ad accordi con l'UdC di Casini, forse in vista della sostituzione di Veltroni alla leadership del partito, forse addirittura della creazione di un nuovo partito, nel caso non improbabile che il PD vada incontro ad una definitiva disintegrazione.
E difatti, al contrario delle prime dichiarazioni indignate della verde Francescato, non soltanto il liberale trotzkista Vendola, che rischierebbe la poltrona di governatore della Puglia, ma anche il leader del PRC Ferrero, per non parlare dei riformisti di SD, si sono subito affrettati a smentire eventuali "ricadute" delle proteste contro la "legge truffa" sulle giunte locali e sulle prossime elezioni amministrative. Quanto al PdCI, Diliberto si limita a rilanciare il ritornello dell'unità col PRC cominciando col presentarsi alle europee con un unico simbolo con la falce e martello.
Ora più che mai, per tutti costoro, finire in braccio ai dalemiani e ai prodiani per servire da loro copertura a sinistra rappresenta l'unica prospettiva di sopravvivenza. Un motivo ulteriore di riflessione per i loro elettori e militanti ad abbandonarli definitivamente per scegliere il PMLI, l'astensionismo elettorale e la lotta per il socialismo.
In ogni caso tutti i sinceri democratici devono unirsi contro lo sbarramento elettorale del 4%, una misura liberticida e da terza repubblica.

4 febbraio 2009