AL VERTICE APEC DI SHANGHAI CINA E RUSSIA APPOGGIANO LA GUERRA IMPERIALISTA ALL'AFGHANISTAN
Il 20 e 21 ottobre si è tenuto in Cina, a Shanghai, il vertice dei 21 paesi dell'Apec, l'Organizzazione per la cooperazione economica Asia-Pacifico che per la prima volta ha messo in secondo piano gli istituzionali argomenti economici per cui è nata nel 1989; all'ordine del giorno del vertice l'argomento della lotta al terrorismo, o meglio il sostegno alla guerra imperialista all'Afghanistan registrato nella dichiarazione finale. Al vertice erano presenti i massimi rappresentanti di Australia, Brunei, Canada, Cile, Cina, Filippine, Giappone, Hong Kong, Indonesia, Malesia, Messico, Nuova Zelanda, Papua Nuova Guinea, Perù, Russia, Singapore, Sud Corea, Stati Uniti, Thailandia e Vietnam; il ventunesimo paese Taiwan ha boicottato il vertice per una disputa con la Cina sul livello della sua delegazione.
I lavori sono stati preceduti e seguiti dagli incontri bilaterali, in particolare quelli Usa-Cina e Usa-Russia che assieme al lavoro diplomatico del segretario di Stato americano, Colin Powell, hanno determinato le conclusioni.
Già dopo il primo incontro col presidente cinese Jiang Zemin Bush poteva affermare che "la Cina è al fianco dell'America nella lotta al terrorismo. Non ci sono dubbi o esitazioni: siamo fianco a fianco in questo momento terribile''. Jiang Zemin confermava limitandosi a chiedere a Bush di evitare vittime innocenti nel conflitto e incassava senza batter ciglio la battuta di Bush che "la guerra al terrorismo non deve essere una scusa per perseguitare le minoranze''; evidente allusione alla repressione di Pechino sulla minoranza degli uiguri, etnia musulmana del Xinjiang cinese.
Il documento finale del vertice condanna il terrorismo e dichiara la volontà dei 21 paesi di combatterlo, definisce la lotta contro il terrorismo come "uno scontro tra bene e male, tra civiltà e barbarie''. Non dice nulla dell'attacco all'Afghanistan, perché si erano già espressi contro Indonesia e Malesia, e auspica che sia l'Onu a coordinare in futuro l'azione della nuova alleanza mondiale. Cita però le risoluzioni dell'Onu che riconoscono il diritto all'autodifesa, quelle cioè che hanno dato il via libera all'attacco imperialista all'Afghanistan.
Nessun problema per Bush con l'alleato giapponese; il premier giapponese Junichiro Koizumi si è presentato al vertice con in tasca la decisione del parlamento di Tokyo di inviare le forze giapponesi al di fuori del territorio nazionale, seppur con compiti di appoggio logistico e non ancora in azioni di guerra, in barba alla costituzione che lo vieta.
Nessun problema anche con Putin che, addolcita l'opposizione contro lo scudo spaziale americano, ha sostenuto a spada tratta l'attacco imperialista all'Afghanistan. Nel vertice a due, al termine della riunione dell'Apec, Putin ha incitato Bush a eliminare al più presto il governo dei Taleban in Afghanistan oltre alla rete terroristica di Bin Laden. "L'azione degli Stati Uniti contro il terrorismo - ha detto Putin - è stata adeguata e misurata. Se ci decidiamo a combattere i terroristi dobbiamo andare fino in fondo, altrimenti costoro potrebbero coltivare l'illusione di essere invulnerabili e in questo caso la loro azione e la loro presenza diventerebbero ancora più pericolose ed avrebbero conseguenze disastrose per il pianeta''.
A buon ragione Bush è uscito dall'incontro dichiarando che "un amico è uno che si fa vivo quando ce n'è bisogno. E lui si è fatto vivo e questo è un amico''. Amico imperialista e convinto sostenitore della crociata imperialista antislamica cui brucia la non tanto lontana sconfitta russa in Afghanistan e l'impossibilità di domare col pugno di ferro la rivolta indipendentista dei guerriglieri islamici ceceni. Non a caso appena gli Usa parlarono di colpire altri paesi che appoggiano il terrorismo Mosca puntò subito il dito sui "terroristi'' ceceni.
I temi economici sono entrati nel vertice Apec come corollario della lotta al terrorismo. Nel suo discorso Bush ha detto che gli attentati dell'11 settembre negli Usa avevano anche lo scopo di causare "il collasso dei mercati mondiali. Ma i mercati hanno dimostrato la loro resistenza e forza di fondo. E in questa sala, torniamo a lavorare alla costruzione di un sistema economico basato sul mercato (...). Sono qui per assicurare i nostri amici - e informare i nostri nemici - che l'avanzata del commercio e della libertà continuerà''. L'unica voce che si è levata contro l'ennesimo peana al libero mercato e alla globalizzazione è stata quella del primo ministro malese Mahatir Mohamad. Mohamad ha denunciato che "il dogma intoccabile che ogni ideologo della globalizzazione affermava non troppo tempo fa è che la globalizzazione è sempre buona, per tutti, sempre, in ogni modo. Ma ciò è smentito dalle esperienze dei paesi dell'Asia orientale, dell'Africa e dell'America Latina''; ci sono stati pochi vincitori e molti perdenti.

31 ottobre 2001