Con la sponsorizzazione di Ciampi e il voto unitario del
"centro-destra'' e del "centro-sinistra'' che calpestano ancora una
volta l'art. 11 della Costituzione
VIA LIBERA DEL
PARLAMENTO NERO ALLE TRUPPE ITALIANE IN AFGHANISTAN
Votano
contro PRC, PdCI, Verdi, alcuni DS e della Margherita. In partenza tremila
militari, navi e aerei
SABOTARE
LA MACCHINA DA GUERRA DELL'IMPERIALISMO
Dopo il via libera
all'entrata in guerra dell'Italia a fianco degli imperialisti americani e i loro
alleati del 9 ottobre scorso il parlamento nero ha approvato a larga maggioranza
il 7 novembre l'invio di forze italiane in Afghanistan. Nella votazione
precedente "centro-destra'' e "centro-sinistra'' avevano cercato di
salvare le apparenze usando il metodo ipocrita delle astensioni incrociate sulle
rispettive risoluzioni, nel dare il via libera all'invio delle truppe i due
schieramenti hanno concordato un passaggio comune, il cosiddetto dispositivo
comune, che inserito nelle due risoluzioni ha portato al voto unitario
sponsorizzato da Ciampi.
Il dibattito si è aperto la mattina del 7 novembre alla Camera dove è toccato
al ministro della guerra, il forzista Antonio Martino tenere la relazione a nome
del governo per spiegare le ragioni "dell'intervento di nostre forze
militari integrate nella coalizione internazionale che sta operando contro il
terrorismo''. Martino ha ripercorso puntigliosamente tutti i passaggi delle
dichiarazioni a favore dell'intervento militare italiano a fianco degli Usa
nelle varie sedi internazionali, la trattativa con gli Usa per la composizione
del contingente italiano e ha illustrato in particolare le decisioni che
porteranno alla partenza di tremila militari, navi e aerei. Concludeva
sottolineando che "sappiamo dei rischi, delle implicazioni e dei costi, ma
sappiamo anche che l'operazione è tesa concretamente a tutelare i nostri
interessi nazionali, vitali, primari ed irrinunciabili'' e chiedendo "la
massima partecipazione e l'adesione parlamentare all'impiego delle nostre forze
nell'operazione''. Ovvero alla politica imperialista e bellicista del governo.
Il dibattito era chiuso dall'intervento di Berlusconi che chiedeva al parlamento
"una prova di maturità e di intelligenza politica, una prova di devozione
all'interesse nazionale''. E dalla replica di Martino che in previsione del
largo voto favorevole risuonava la grancassa imperialista sottolineando la
"comune e diffusa percezione della gravità del pericolo che incombe
sull'interesse nazionale''. Concetti che Berlusconi e Martino ripeteranno nel
pomeriggio al Senato.
A favore di un pronunciamento il più possibile unitario tra maggioranza e
"opposizione'' si era prodigato in particolare nei giorni precedenti la
discussione parlamentare in particolare il presidente della repubblica Ciampi.
Il 6 novembre, in occasione della cerimonia di consegna delle decorazioni
dell'Ordine militare d'Italia Ciampi elogiava la "perizia'' delle Forze
armate "nella missione in Libano, nel Golfo Persico, fino a quelle più
recenti in Kosovo e Timor est'' e osservava come sia "particolarmente
significativo'' che la cerimonia si svolgesse in giorni in cui l'Italia è
chiamata "a specifiche responsabilità'', ovvero a schierare in prima linea
nella guerra in Afghanistan le proprie forze. L'ipocrita ragionamento bellicista
di Ciampi è stato: "l'Italia vuole la pace, opera per la pace; ma la pace
e con essa la libertà, bisogna difenderla''.
L'ipotesi di una risoluzione unitaria, bipartisan, avanzata dal ministro per i
rapporti col parlamento Carlo Giovanardi e dal presidente del Senato Marcello
Pera risultava però troppo indigeribile per una parte dell'Ulivo; solo lo SDI
si dichiarava apertamente a favore e in aula voterà a favore di entrambe le
risoluzioni. Giovanardi con Rutelli e Fassino concordavano allora il testo del dispositivo
comune da inserire nelle rispettive mozioni in modo da votarlo
congiuntamente.
Le due risoluzioni sono pressoché identiche nei contenuti. Entrambe si
richiamano alle decisioni del parlamento del 9 ottobre, alle risoluzioni e ai
vincoli di Onu e Nato, alle delibere della Ue e del parlamento europeo a
sottolineare il valore legale della decisione di partecipare alla guerra. Per
nascondere la prima palese illegalità rappresentata dalla ennesima violazione
dell'articolo 11 della Costituzione che vieta la guerra come mezzo di
risoluzione delle controversie internazionali; un articolo calpestato dalle
precedenti partecipazioni dell'Italia a aggressioni imperialiste quali quella
del Golfo nel 1991 e alla Serbia nel 1999. Non se ne ricorda l'imbroglione
Pintor che su il manifesto del 7 novembre parla della "prima guerra
italiana dal 1945'', solo perché non classificata come "operazione di
polizia internazionale'' come le altre.
Entrambe le risoluzioni chiedono ipocritamente che sia evitato "il
coinvolgimento di popolazioni civili e inermi'', come se le bombe non avessero
già provocato centinaia di morti fra la popolazione e nel dispositivo comune
approvano la posizione del governo e le iniziative prese per il "ripristino
della legalità internazionale''. Ovvero la politica bellicista e imperialista
illustrata dagli interventi del neoduce Berlusconi e del ministro della guerra
Martino.
La mozione dell'Ulivo si "differenzia'' chiedendo timidamente di verificare
se c'è la possibilità di istituire "corridoi umanitari'' e una
"soluzione di pace'' in Palestina.
Le due risoluzioni sono votate per paragrafi in modo da permettere l'astensione
incrociata sulle parti scritte in maniera diversa, che saranno quindi approvate,
e il voto congiunto sul dispositivo comune che alla Camera raccoglie 513 sì, 35
no, 2 astenuti mentre 8 deputati della Margherita e 15 dei DS uscivano
dall'aula; al Senato i voti a favore sono 246 e 32 i contrari.
Si è quindi realizzata l'auspicata, da Berlusconi, "prova di maturità, di
intelligenza politica e di devozione all'interesse nazionale''. D'altra parte
nel parlamento nero nessuno ha denunciato il carattere imperialista della guerra
in Afghanistan e le smanie mussoliniane di protagonismo del neoduce al governo.
Che devono essere combattute con una decisa opposizione a questa guerra, con
azioni concrete per sabotare la macchina da guerra dell'imperialismo. Con
proteste di massa per contestare la decisone del parlamento nero.
Nelle aule parlamentari non si è sentita nemmeno una voce in tal senso. Neanche
da parte del PRC che pure ha votato contro. Nell'intervento alla Camera Elettra
Deiana ha bocciato il "patriottismo bellico'' ma è scivolata comunque nel
patriottismo difendendo il tricolore che "deve rappresentare l'Italia
repubblicana, democratica, fondata sulla Costituzione''; Bertinotti ha ripetuto
che questa "guerra è ingiusta ed inefficace'', ha scantonato la questione
della guerra imperialista definendo l'ingresso dell'Italia in guerra come
"la notte della politica'' e definito "l'incertezza, la crisi,
l'ingiustizia'' il "male principale del mondo'' (si veda l'articolo a
parte).
Come preannunciato, il voto ha visto una spaccatura nell'Ulivo. Udeur e il
diniano Pisicchio hanno votato a favore anche della mozione del governo. PdCI e
Verdi hanno votato a favore solo dei paragrafi del documento dell'Ulivo sugli
aiuti umanitari e la pace imperialista in Palestina, contro (con l'eccezione dei
Verdi Carla Rocchi e Marco Boato) a tutto il resto. Fra i no alla Camera anche 9
dei DS e 1 della Margherita mentre altri 15 diessini hanno votato sì "per
disciplina''; al Senato hanno votato contro 14 senatori dei DS e 1 della
Margherita. Ulivo spaccato e DS altrettanto lacerati in vista della resa dei
conti congressuale. Parte della sinistra interna dei DS non è stata al gioco
del segretario in pectore Piero Fassino che ha ritenuto il dissenso
"assolutamente contenuto'' e invece molto importante la "comune
assunzione di responsabilità'' col governo per "far parte in prima persona
di questa coalizione'' imperialista.
14 novembre 2001
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