Importante intervento di Giovanna Vitrano all'Assemblea del Comitato 8 Marzo di Palermo
La condizione delle donne in Sicilia
Care compagne e compagni, care amiche ed amici,
vi porgo il saluto della cellula "1° Maggio-Portella 1947" del Partito marxista-leninista italiano, a nome della quale intervengo.
Per noi marxiste-leniniste, conformemente alle indicazioni delle nostre antenate che nel 1910 hanno istituito la Giornata internazionale della donna, l'8 Marzo vuol dire emancipazione femminile che si può realizzare compiutamente soltanto nel socialismo e nel comunismo.
Berlusconi ha abbandonato il Mezzogiorno a se stesso, manca ogni tipo di intervento per lo sviluppo economico e sociale dei nostri territori. Le masse femminili siciliane stanno pagando a caro prezzo il liberismo selvaggio specie in riferimento alla controriforma del "mercato del lavoro". Il tasso di disoccupazione femminile in Sicilia si attesta al 29,7%, mentre il tasso di disoccupazione femminile giovanile si attesta al 65%. La stragrande maggioranza delle donne siciliane sono ancora costrette nella disoccupazione forzata rappresentata dalla casalinghità, che fa il paio con il lavoro nero che è ancora una realtà enorme. In agricoltura le lavoratrici siciliane in nero sono 85.000, nei servizi il loro numero è stimato in 71.000, nell'industria sono 33.000. La politica familista del governo Berlusconi fa pesare sempre di più sulle donne l'onere dello smantellamento del cosiddetto "Stato sociale", ed il governo reazionario e filomafioso di Cuffaro che è ancora più veloce di Berlusconi nell'attacco ai diritti delle masse femminili, impone di forza la famiglia patriarcale, fondata sul matrimonio cattolico e prolifica, al centro delle politiche sociali della Regione, e al suo interno tenta di rinchiudere nuovamente la donna siciliana. La famigerata legge regionale n.10 del 31/07/03, meglio conosciuta come "legge regionale sulla famiglia", ha inflitto un duro colpo alle donne ed al loro diritto al lavoro salariato e ad una esistenza autonoma dalla famiglia, relegandole al ruolo di madri e mogli alle quali spetta il compito di svolgere il lavoro domestico. Quest'ultimo, viene riconosciuto per legge laddove alla donna siciliana si affida, cito testualmente, "il rilevante valore sociale dell'attività di cura ed assistenza". Allo Stato e alla Regione, in base al principio della sussidiarietà, introdotto dai governi nazionali di "centro-sinistra", continuamente ricorrente nella n. 10, spetta semplicemente il compito di favorire forme private di autorganizzazione solidaristica, rivolte alla cura ed assistenza di bambini, anziani, malati o portatori di handicap con lo scopo di "agevolare il loro mantenimento in seno al medesimo nucleo familiare".
Uno dei capolavori reazionari e neofascisti di questa imposizione del ruolo di cura alla donna è la legalizzazione dello sfruttamento delle cosiddette "madri di giorno", o per meglio dire, secondo una terminologia più comprensibile alle masse popolari, le balie, casalinghe siciliane che abbiano già avuto esperienza di allevamento di figli, le quali saranno inserite e sfruttate all'interno di una rete gestita dalle cosiddette "associazioni di solidarietà familiare". Queste schiave moderne saranno rinchiuse in casa ad allevare bambini, cita la legge, "senza ricevere alcun compenso dalle famiglie degli utenti, che versano alle associazioni ed alle organizzazioni di solidarietà familiare un corrispettivo per il servizio ricevuto determinato in misura da consentire la copertura dei costi necessari al suo mantenimento".
Su questo provvedimento c'è da sottolineare il vergognoso plauso del "centro-sinistra" di regime all'Ars, che lo ha incredibilmente definito "progressista".
La sostanza reazionaria di questa legge regionale si evince anche dall'attacco diretto al diritto di aborto assistito nella nostra Regione, attraverso presunti interventi di "sostegno e la promozione della procreazione responsabile", la legge 10 "sostiene il diritto alla vita fin dal concepimento favorendo interventi finalizzati a prevenire le difficoltà che possano indurre all'interruzione di gravidanza" e fa obbligo ai consultori pubblici e privati convenzionati di assicurare programmi informativi unicamente su "la prevenzione e la rimozione delle cause che possono indurre la madre alla interruzione della gravidanza". Laddove nella nostra regione il diritto all'aborto è già messo in crisi dalla presenza negli ospedali di cifre tra il 90% e il 100% di obiettori di coscienza, si introducono addirittura norme che impongono scelte di tipo cattolico alle donne in relazione alla gravidanza.
Noi chiediamo allora a tutte le donne progressiste, a qualsiasi partito e movimento appartengano, di unirsi in un fronte comune per raggiungere alcuni degli obiettivi fondamentali dell'emancipazione femminile in Sicilia, ovvero:
Ottenere il lavoro per le donne siciliane e la socializzazione del lavoro domestico.
L'abrogazione della medievale e reazionaria legge n. 10 del 31/07/03 sulla famiglia approvata dal governo Cuffaro.
Sollecitare un referendum unitario per l'abrogazione della legge fascista, oscurantista, antiscientifica ed antifemminile sulla fecondazione assistita approvata dal parlamento nero nazionale.
Divieto di opporre "obiezione di coscienza" negli ospedali siciliani in riferimento all'interruzione di gravidanza.
Vi ringrazio per l'attenzione.