Piegata la tracotanza della Fiat
Vittoria della rivolta degli operai Fiat di Melfi
Ma nell'accordo si poteva strappare qualcosa di più
Al referendum: 3.283 SI, 1.089 NO
Lo si era già intuito nelle strapiene e vivaci assemblee che hanno preceduto il referendum: i lavoratori della Fiat-Sata di Melfi (Potenza) hanno approvato a larga maggioranza l'accordo sindacale siglato il 9 maggio scorso da Fiom, Fim, Uilm, Ugl, Fismic e dalla direzione aziendale. Questi i dati resi noti il 17 maggio: 4.831 pari all'86% su 5.642 lavoratori, facenti capo alla Fiat-Sata e alle aziende terziarizzate (Tnt-Avril e Magneti Marelli) hanno partecipato al voto. Di questi 3.283 (77,4%) si sono espressi a favore e 1.089 (22,6%) contrari. L'affluenza alle urne è risultata molto alta, anche considerando le assenze fisiologiche (malattia e altro) e che gli impiegati e i quadri aziendali si sono astenuti dal voto. Non va minimizzato e sottovalutato il corposo dissenso che si è manifestato per i risultati ottenuti al tavolo della trattativa.
Vedremo se queste percentuali saranno confermate e in che misura nella consultazione che si terrà nei prossimi giorni tra i 3.200 addetti dell'indotto auto.

Una vertenza che fa storia sindacale
Tuttavia, di fatto, l'esito referendario che abbiamo appena citato, chiude la vertenza degli operai di Melfi. Una vertenza esemplare che fa storia sindacale, per come è stata condotta sul terreno della democrazia sindacale, per l'unità e la determinazione messa in campo dai lavoratori interessati, le efficaci e incisive forme di lotta adottate, per le giuste e sacrosante rivendicazioni avanzate e in buona parte strappate. Una vertenza che si è conclusa con la vittoria della rivolta degli operai e la sconfitta, su tutta la linea, della Fiat e che ha cambiato radicalmente in positivo i rapporti sindacali nello stabilimento potentino. Una vertenza che il PMLI ha appoggiato calorosamente e in maniera militante, con un valore simbolico e di esempio per il Sud e a livello nazionale, che dice no alle "gabbie salariali" e a trattamenti normativi e di condizione di lavoro differenti territorialmente.
Tutto ciò acquista maggior valore e significato in relazione al luogo dove è accaduto e come. Nella Fiat-Sata di Melfi infatti, fin dalla sua costruzione ad oggi, ha imperato un regime di turni e ritmi di lavoro massacranti, di supersfruttamento e di bassi salari, un duro sistema da caserma dove il provvedimento disciplinare fino al licenziamento, intimidatorio e repressivo, era la regola e i diritti sindacali inesistenti. Basti dire che la piattaforma rivendicativa che poi è stata oggetto della trattativa e dell'accordo era ferma da quattro anni nel cassetto della direzione aziendale. Non per caso Agnelli voleva generalizzare il modello Melfi in tutti gli altri stabilimenti del gruppo.
Fino a che il 19 aprile scorso, gli operai in assemblea generale hanno detto basta e sono scesi in lotta compatti senza arrendersi davanti a sacrifici e avversità, sostenuti dalla Fiom e da un'ampia solidarietà. Ci sono voluti 10 giorni ininterrotti di blocco totale delle merci in entrata e in uscita, più altri dieci giorni di scioperi e manifestazioni, è stato necessario sconfiggere il crumiraggio organizzato dall'azienda e dai sindacalisti collaborazionisti e rimandare al mittente l'accordo bidone firmato da Fim e Uilm, non si sono fatti intimidire dalle minacce del ministro Pisanu e dalla magistratura, e dalla vigliacca e fascista carica della polizia davanti ai cancelli della fabbrica, hanno dovuto rimuovere il netto rifiuto aziendale a sedersi al tavolo delle trattative, ma alla fine ce l'hanno fatta a piegare la tracotanza del colosso torinese e a strappare l'intesa.
Nell'intesa scompare la "doppia battuta" nella turnazione notturna; è prevista la maggiorazione salariale richiesta anche se con forti dilazioni; sono state concordate normali relazioni sindacali. Tuttavia lascia un po' di amaro in bocca: forse si poteva ottenere qualcosa di più per alleggerire gli infernali ritmi di lavoro imposti dal Tmc2, sulle turnazioni che non conoscono sabati né domeniche, sui tempi più ravvicinati dell'equiparazione salariale e sulla moratoria sui provvedimenti disciplinari. Circa quest'ultimo aspetto, non è passata la richiesta della cancellazione delle punizioni, ma solo un riesame "conciliatorio". Su tutti questi punti occorrerà imbastire nuove lotte.

I punti dell'accordo
Più nel dettaglio l'accordo composto di 12 pagine più gli allegati, prevede l'abolizione della cosiddetta "doppia battuta" cioè la ripetizione per due settimane consecutive dello stesso turno, in particolare quello di notte.
Saranno previste una settimana di sei giorni lavorativi e una settimana di quattro, con due giorni di riposo consecutivi. Da gennaio 2005 l'orario di lavoro passerà da 7 ore e 15 a 7 ore e 30 minuti. I 15 minuti in più, che attualmente vengono lavorati utilizzando il "par" (permesso annuale retributivo), saranno sommati per garantire sette giorni non lavorativi in più rispetto agli attuali.
L'indennità per il lavoro notturno passerà dall'attuale 45% al 60,5% entro luglio 2006 e quella del lavoro serale dal 25% al 27,5% entro luglio 2005; equiparando dette indennità a quelle in vigore negli altri stabilimenti Fiat.
La parte economica prevede un aumento complessivo a regime per maggiorazioni salariali e premi di competitività di 105 euro al mese, di cui metà a partire da luglio prossimo e la restante parte suddivisa in due rate uguali: la prima a luglio 2005 e la seconda dal luglio dell'anno seguente.
Ogni luglio i dipendenti di Melfi incasseranno 240 euro che rappresentano la quota variabile del premio di competitività accantonata annualmente (sulla base di 20 euro al mese). Bontà loro, le assenze dovute ad assistenza a portatori di handicap, congedi parentali, permessi sindacali e donazioni di sangue gradualmente (tra luglio 2004 e luglio 2006) non incideranno più negativamente nella determinazione del premio di competitività.
Verrà inoltre costituita una speciale commissione di "conciliazione e prevenzione" con il compito di riesaminare i provvedimenti disciplinari emanati negli ultimi 12 mesi che hanno comportato la sospensione dal lavoro e dalla retribuzione. Molto apprezzata dai lavoratori anche l'istituzione del "numero verde" attraverso il quale comunicare l'assenza per malattia, con garanzia di riscontro.
Ad accordo fatto i vertici sindacali di Fim e Uilm magnificano i risultati, frutto affermano, dell'unità sindacale ricostituita, facendo finta di dimenticare che, almeno fino alla carica della polizia, hanno fatto di tutto per avversare e affossare la lotta. Ma i lavoratori non lo hanno dimenticato, contestando gli uomini di Pezzotta e di Angeletti apertamente nel corso delle assemblee, e richiedendo anticipatamente il rinnovo delle rappresentanze sindacali unitarie aziendali (Rsu). Vi sono operaie e operai giovani che sul campo hanno dimostrato di essere delle guide e che meritano di essere riconosciuti.
A Melfi non sarà più come prima: gli operai hanno preso coscienza della loro forza contrattuale, hanno imparato ad organizzarsi, a rivendicare i propri diritti e a pretendere il rispetto della democrazia sindacale.

17 maggio 2004