Indagine di Bankitalia Il 10% degli italiani detiene il 46% della ricchezza L'Ocse conferma il crescente divario tra i redditi dei più ricchi in rapporto a quelli dei più poveri. In Italia nel 2008 era di 10 a 1 Salari, pensioni e redditi da lavoro dipendente continuano a perdere potere d'acquisto; di conseguenza, la quota di individui poveri, convenzionalmente identificati da un reddito equivalente inferiore alla metà della mediana, è risultata pari al 14,4 per cento, in aumento di un punto percentuale rispetto al 2008 (tale quota supera il 40 per cento tra i cittadini stranieri); Per contro crescono le diseguglianze sociali e il divario fra ricchi e poveri. A certificarlo è lo studio sui bilanci delle famiglie italiane condotto da Bankitalia e pubblicato il 25 gennaio sul supplemento al bollettino statistico numero 6. L'indagine, è bene sottolinearlo, si basa sui dati raccolti nell'anno 2010, quindi prima delle tremende manovre di lacrime e sangue varate in estate da Berlusconi e a dicembre scorso da Monti che sicuramente daranno il colpo di grazia a una situazione a dir poco già drammatica. I dati di via Nazionale evidenziano che nel 2010 il reddito familiare medio annuo, al netto delle imposte sul reddito e dei contributi sociali, era pari a 32.714 euro, 2.726 euro al mese. Il reddito "equivalente" una misura che tiene conto della dimensione e della composizione del nucleo familiare, si è attestato a 18.914 euro a persona, un valore inferiore, in termini reali, dello 0,6% a quello del 2008. Di più: in termini reali il reddito medio nel 2010 risulta inferiore del 2,4% rispetto a quello del 1991, mentre il reddito equivalente in termini reali, nello stesso periodo, è aumentato del 3,3%. La contrazione del reddito (e la sua ineguale distribuzione) ha prodotto un aumento della quota di persone povere, cioè di chi ha un reddito equivalente inferiore alla metà della mediana. I poveri in Italia sono il 14,4% della popolazione totale, un punto percentuale in più rispetto al 2008. Mentre tra i lavoratori immigrati la quota dei poveri supera il 40%. Il reddito medio da lavoro dipendente nel 2010 è stato pari a 16.559 euro, con una flessione dello 0,3% sul 2008. Il reddito da lavoro indipendente è stato, invece, di 20.202 euro con una diminuzione del 2,3% rispetto a due anni prima. Bankitalia sottolinea, tuttavia, che "fra il 2008 e il 2010 lavoratori indipendenti hanno registrato un incremento in termini reali del 3,1%, recuperando parte del calo osservato tra il 2006 e il 2008 (-7%)". Nel complesso del periodo 1991-2010 i lavoratori indipendenti hanno visto crescere i propri redditi reali del 15,7%, quasi 5 volte di più dei lavoratori dipendenti. Il reddito familiare medio risulta più elevato per le famiglie con capofamiglia laureato, lavoratore indipendente o dirigente, di età compresa tra i 45 e i 64 anni, mentre risulta inferiore per le famiglie residenti al Sud e nelle Isole. Inoltre, il reddito delle famiglie in cui il capofamiglia ha la cittadinanza straniera risulta in media inferiore di circa il 45% a quello delle famiglie italiane. L'indagine di Bankitalia rileva anche come il 29,8% delle famiglie nel 2010 reputava le proprie entrate insufficienti a coprire le spese; il 10,5% le reputava più che sufficienti, "mentre il restante 59,7% segnalava una situazione intermedia". Ossia riteneva appena sufficienti le entrate di cui disponeva per poter condurre una vita dignitosa. In sostanza, sottolineano a Bankitalia emerge una tendenza all'aumento dei giudizi di difficoltà. L'indagine mette in risalto anche la crescente sperequazione nella distribuzione della ricchezza e la sua concentrazione nella mani di pochi. La ricchezza netta delle famiglie italiane, data dalla somma delle attività reali (immobili, aziende e oggetti di valore) e delle attività finanziarie (depositi, titoli, ecc.) al netto delle passività finanziarie (mutui e altri debiti), ha un valore mediano nel 2010 di 163.875 euro. Il 10% delle famiglie più ricche possiede il 45,9% della ricchezza netta familiare totale contro il 44,3% del 2008. La percentuale delle famiglie indebitate è pari al 27,7%. L'indebitamento (poco meno di 44 mila euro in media) come in passato, risulta più diffuso tra le famiglie a reddito medio alto (che hanno più facilità nell'accesso al credito) con capofamiglia di età inferiore ai 55 anni, lavoratore indipendente o con elevato titolo di studio. Le passività sono costituite in larga parte da mutui per l'acquisto e la ristrutturazione di immobili. Insomma siamo di fronte a una situazione di povertà e disuguaglianza sociale fra ricchi e poveri in continua crescita confermata anche dal rapporto Ocse "Divided we stand", inerente appunto la crescita delle ineguaglianze sociali e presentata il 24 gennaio all'Istat. Le cifre indicano che nel 2008, anno degli ultimi dati disponibili (quindi riferiti a un periodo antecedente alla fase più pesante della crisi e delle recenti manovre economiche varate dai governi Berlusconi e Monti), il reddito medio del 10 per cento di popolazione più ricco del Paese era di oltre dieci volte superiore a quello del 10 per cento più povero (49.300 euro contro 4.887). A metà degli anni Ottanta il rapporto era di 8 a 1. Il divario è quindi in costante crescita e non riguarda solo l'Italia, sottolinea l'Ocse, ma sta aumentano in quasi tutti i paesi europei. Francia a parte dove - come in Giappone - il quadro è rimasto più o meno stabile, il differenziale è salito anche nella ricca Germania e nell'evoluta penisola Scandinava (passando dall'1 a 5 degli anni Ottanta all'attuale 1 a 6). Eloquente l'1 a 17 degli Stati Uniti, drammatico il dato del Brasile dove i più ricchi hanno redditi cinquanta volte superiori a quelli dei più poveri. Non solo. Dallo studio emerge anche che in Italia, a differenza di molti paesi Ocse, la diseguaglianza sociale va di pari passo con l'aumento dei redditi dei lavoratori autonomi. La loro quota sul totale della ricchezza è aumentata, negli ultimi trenta anni, del 10 per cento. 1 febbraio 2012 |