Lo afferma la Commissione europea 116 milioni di europei a rischio povertà Il documento preparato dalla Commissione europea per l'iniziativa denominata "Jobs 4 Europe", la conferenza sulle politiche a sostegno della creazione di lavoro nell'Unione europea (Ue) tenuta il 6 settembre scorso a Bruxelles, sottolinea che il "continuo peggioramento della situazione del lavoro" è "la maggiore preoccupazione" in una Europa in cui "116 milioni di persone sono a rischio di povertà". "Un fenomeno drammatico con un impatto sociale che può rappresentare una minaccia per la stabilità politica", ha aggiunto il presidente del Consiglio Ue, Herman van Rompuy, preoccupato per la possibile esplosione di forti proteste sociali nei paesi maggiormente in difficoltà. "Siamo a un passo dalla catastrofe", ha chiosato il presidente socialdemocratico del parlamento europeo, il tedesco Martin Schulz. Il documento evidenzia che oltre all'aumento della disoccupazione, cresciuta dal 7% nel 2008 fino all'11,2% nei paesi della zona euro, "il lavoro è diventato anche più precario, dato che quasi il 94% dei lavori creati nel 2011 sono part-time e il 42,5% dei giovani ha contratti a tempo determinato". Cifre "preoccupantemente elevate" che rendono inevitabile "in alcuni paesi un'emergenza sociale reale". A partire da Grecia e Spagna dove il 50% dei giovani è disoccupato; sono disoccupati da oltre un anno almeno altri 10 milioni di lavoratori europei mentre secondo l'istituto di statistiche europeo Eurostat sarebbero ben 25 milioni le persone in cerca d'occupazione. Il "rischio povertà" riguarda perciò tanti lavoratori che sono licenziati o rischiano il licenziamento come pure tanti che lavorano ma con contratti precari e salari di fame, anche nella "ricca" Europa. In fin dei conti è il pericolo di una crisi sociale e l'esplosione di forti proteste e rivolte delle masse popolari che preoccupa la Commissione europea tanto che il presidente della Commissione, il portoghese Josè Manuel Barroso, nell'introdurre la conferenza sull'occupazione a Bruxelles, ha sostenuto che occorrono riforme per combattere la crisi senza mettere in discussione il modello europeo di "economia sociale di mercato" sancito dal trattato di Lisbona. "Occorre adattare il nostro modello sociale alle nuove sfide, ma sarebbe un errore smantellarlo", ha affermato con una faccia di bronzo senza pari, dato che sono state le pressioni della Commissione europea e le decisioni del Consiglio europeo a spingere i paesi verso lo smantellamento delle protezioni sociali e dei diritti dei lavoratori. Ne fanno fede gli elogi ripetuti a Bruxelles verso il ministro del Lavoro italiano Elsa Fornero. Certo, nello scrivere i Trattati, gli Stati hanno deciso di tenere per sé le competenze sulle politiche occupazionali e la Commissione in questo caso non batte i pugni come nel caso degli interventi a favore dell'euro e delle banche e non ha osato spingersi oltre qualche ridicolo consiglio. Che non sposta di una virgola neppure la critica situazione del futuro dei giovani in cerca di lavoro. Secondo i dati in merito forniti dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) risulta che riescono a trovare un impiego solo una minima parte dei giovani con un titolo di studio, diploma o laurea. Fra i casi peggiori anche l'Italia dove nel primo quadrimestre del 2012 sono stati registrati tra i senza lavoro il 21,2% dei giovani di età compresa tra i 15 e i 24 anni, un dato ben oltre la media Ue che è del 13,6%. I giovani sotto i 25 anni disoccupati sono arrivati alla cifra di 1,3 milioni ad aprile 2012 con una crescita esponenziale dai 975 mila del 2007, all'1,1 milioni del 2011. Anche l'Ocse però quando si lancia sui consigli per affrontare il problema della disoccupazione giovanile adotta la consueta medicina amara per i lavoratori, come confermato dal segretario dell'organizzazione, Angel Gurria, che ha definito la "riforma del mercato del lavoro" varata dal ministro Fornero come "impressionante", un caso da seguire "molto da vicino". 26 settembre 2012 |