5 giorni di sciopero a Genova. La popolazione solidarizza con i lavoratori
Rivolta dei lavoratori contro la privatizzazione dei trasporti
Duramente contestato il sindaco Doria. Cadono le illusioni sui sindaci arancioni. L'accordo non convince tutti i lavoratori, specie i più giovani
La scintilla di un incendio che si propagherà in tutto il Paese

Dopo 5 giorni di durissima lotta che hanno paralizzato Genova, il 23 novembre è stato sospeso lo sciopero ad oltranza dei lavoratori dei trasporti pubblici, ma solo attraverso un accordo a dir poco ambiguo e riduttivo tra Comune, Regione, Prefetto e dirigenti sindacali, che non ha convinto molti degli scioperanti, specialmente i più giovani, e che per di più è stato imposto con metodi autoritari e truffaldini all'assemblea dei lavoratori.

Gli autoferrotranvieri genovesi erano scesi spontaneamente in sciopero il 19 novembre, alla notizia che la giunta comunale stava per approvare una delibera che per risanare il debito dell'Amt, l'azienda dei trasporti locale controllata al 100% dal Comune, apriva le porte agli investitori privati, gettando le basi per una sua parziale privatizzazione. Secondo il sindaco Marco Doria e la giunta formata da Pd, Sel, Psi, Idv e Fds da lui capeggiata, la sola alternativa offerta ai lavoratori per reperire gli 8,3 milioni di euro necessari a coprire il bilancio per il 2014 ed evitare il fallimento dell'azienda sarebbe stata quella di frugarsi in tasca e accettare di nuovo pesanti sacrifici in termini di riduzioni degli stipendi e aumento dei carichi di lavoro. Di nuovo, perché con un controverso accordo firmato il 7 maggio scorso coi sindacati, i 2.500 lavoratori dell'Amt avevano già dovuto accettare dure condizioni per coprire il bilancio 2013 per altri 8 milioni di euro, con la rinuncia ai contratti integrativi (mentre quello nazionale di settore è fermo da 6 anni) e ai premi di produttività, più i contratti di solidarietà per circa 600 lavoratori degli appalti.

Per questo la delibera comunale che riproponeva pari pari gli stessi sacrifici e apriva ai privati era suonata come un tradimento e una beffa alle orecchie dei lavoratori, i quali ben ricordavano le promesse del sindaco arancione, vicino al partito di Vendola ed eletto nel maggio 2012 come candidato indipendente del "centro-sinistra", che in campagna elettorale aveva spergiurato sulla difesa dei beni pubblici dall'assalto delle privatizzazioni. Ad esasperare i lavoratori, per questo tentativo di reintrodurre di sottobanco la privatizzazione del trasporto pubblico dietro il ricatto del dissesto economico dell'azienda, era anche l'amara esperienza fatta con la precedente, fallimentare privatizzazione dell'Amt, già tentata dalle giunte precedenti a partire dal 2005, quando l'azienda era stata svenduta per il 41% alla francese Transdev, che successivamente l'aveva rivenduta alla Ratp. Per essere poi ricomprata dal Comune a caro prezzo, dopo che i privati l'avevano spolpata ben bene e si erano ritirati.

Inoltre i lavoratori avevano ben chiaro l'esempio del modello liberista già imposto da Renzi a Firenze con la privatizzazione dell'Ataf, svenduta a una società delle Ferrovie: privatizzazione che appena realizzata ha subito prodotto quasi 300 esuberi reclamati dall'acquirente BusItalia, la stessa società privata, per l'appunto, a cui guardava anche la delibera della giunta Doria per la vendita parziale di Amt.

Contestato il neopodestà "arancione"

E' per tutti questi e altri cento motivi, compresi il rinvio continuo del piano regionale dei trasporti e del rinnovo del parco macchine ormai in sfacelo, i turni massacranti, il ricorso massiccio agli straordinari, i riposi saltati, gli stipendi bloccati da anni, che il 19 novembre, appena appresa la notizia che il Consiglio comunale si stava apprestando ad approvare la delibera senza aver neanche chiesto il loro parere, la rabbia degli autoferrotranvieri genovesi è esplosa spontanea e incontenibile. Subito i depositi sono stati bloccati, e non un solo autobus è uscito dalle rimesse. Centinaia di lavoratori si sono diretti verso palazzo Tursi, sede del Comune, invadendo l'Aula rossa del Consiglio comunale, dove il neopodestà Doria, che ha cercato di cavarsela menando il can per l'aia con discorsi opportunistici sulla necessità di far quadrare bilanci e servizi ai cittadini, è stato contestato al grido di "buffone, buffone" e "dimissioni, dimissioni".

Alla fine il neopodestà è dovuto uscire dall'aula scortato dalla polizia comunale, denunciando alla stampa il solito "attentato alla democrazia", come fanno regolarmente tutti i politicanti della destra e della "sinistra" borghese quando vengono contestati dalle masse. La sua vergognosa parabola è la stessa di tutti i neopodestà e governatori, arancioni compresi, come Pisapia, De Magistris, Vendola e lui stesso, che hanno fatto man bassa di voti presentandosi come "diversi" e "indipendenti" dalle consorterie politiche. Ma in poco tempo si sono rivelati invece fatti della stessa, identica pasta, mentre le illusioni che hanno seminato tra le masse stanno ormai cadendo ad una ad una. A parole dicono di essere contrari alle privatizzazioni, lamentandosi che sono tra l'incudine e il martello, tra il governo che taglia sempre di più i finanziamenti e l'esigenza di assicurare i servizi pubblici alla cittadinanza; ma di fatto si fanno controparte dei lavoratori e delle masse popolari ed esecutori della politica liberista e di massacro sociale portata avanti dal governo sotto la supervisione della Ue.

E infatti, dopo la contestazione in Comune, è scattata subito la ritorsione contro i lavoratori, col sindaco che annunciava il rifiuto di discutere con loro finché non avessero cessato lo stato di agitazione; nonché del prefetto di Genova, Giovanni Balsamo, che promulgava la precettazione dei dipendenti Amt e minacciava sanzioni con multe da 500 a 1.000 euro per violazione della legge antisciopero. Mentre a sua volta la procura di Genova apriva un fascicolo contro "ignoti" per il reato di interruzione di pubblico servizio.

L'intera città al fianco degli scioperanti

Ciononostante i lavoratori non si sono fatti intimidire, e lo sciopero è proseguito e si è anzi intensificato anche nei giorni successivi, con cortei che hanno percorso più volte la città, bloccando i caselli autostradali, la sopraelevata e tutti i principali snodi viari della città. Uno sciopero ad oltranza sostenuto con simpatia e pazienza dalla popolazione di Genova, consapevole che la battaglia degli autoferrotranvieri era una battaglia in difesa dei servizi pubblici e quindi di tutti i cittadini. Ai lavoratori Amt in sciopero si sono anzi uniti anche i dipendenti di Aster e di Amiu, altre due aziende municipalizzate, rispettivamente delle manutenzioni stradali e della raccolta rifiuti, anch'essi a rischio privatizzazione. Perfino i tassisti sono scesi in piazza al fianco dei tranvieri. Solidarietà agli scioperanti è stata espressa anche dai lavoratori portuali e da delegazioni della Fiom e delle cooperative. Anche su Internet si sono spontaneamente aperti e moltiplicati i siti e i blog di solidarietà con gli scioperanti, ed è iniziata anche una raccolta di fondi pubblica, promossa anche in altre aziende di trasporto pubblico come l'Atac di Roma, per coprire le multe comminate in base alla legge antisciopero.

É stata insomma una lotta corale che, nonostante il terrorismo mediatico scatenato dalla grancassa dell'"informazione" di regime contro lo "sciopero selvaggio" e i "disagi intollerabili" per i cittadini di Genova, ha mobilitato per 5 giorni tutta la città, fortemente prostrata in questi anni dalla crisi industriale e dalla falcidie di aziende e di posti di lavoro, e perciò insorta a fianco dei tranvieri in un sussulto di ribellione antiliberista, una lotta per la sopravvivenza che qualcuno ha paragonato non impropriamente alle eroiche 4 giornate del luglio 1960 contro il governo fascista Tambroni: "Genova è la scintilla di un incendio che si propagherà a tutto il Paese", era la parola d'ordine assurta infatti a simbolo di questa lotta corale.

Un accordo pieno di punti oscuri


II 23 novembre, al 5° giorno di sciopero, i sindacati annunciavano di aver raggiunto un accordo in prefettura con Amt, Comune e Regione, che a loro dire avrebbe consentito all'azienda di rimanere pubblica senza toccare le retribuzioni, l'orario di lavoro e i riposi dei dipendenti. In particolare i sindacati mettevano l'accento su un'agenzia regionale "che sarà pienamente operativa nella primavera del 2014", l'"investimento nel parco mezzi" garantito dalla Regione con fondi europei e "nazionali" ( questi se pubblici o privati non è chiaro) per l'acquisto di 15 nuovi mezzi subito e altri 200 nel quadriennio 2014-17, e l'impegno del Comune a ricapitalizzare l'azienda per 4,3 milioni di euro. I restanti 4 milioni per coprire il deficit di bilancio - e qui viene la parte più oscura dell'accordo - sarebbero stati recuperati attraverso non meglio definite "riorganizzazioni aziendali", che per 2 milioni si prevede di coprire con "l'esternalizzazione di quote di attività che verranno affidate in appalto" (affidamento in appalto della manutenzione e di alcune linee periferiche come le collinari, sembra di capire), da concordare tra le parti con una trattativa aziendale dopo la ratifica dell'accordo. E per altri 2 milioni attraverso "riorganizzazioni interne", da individuare entro il prossimo 31 dicembre.

E' con questo accordo senza alcuna garanzia per il mantenimento del carattere pubblico del sistema di trasporto genovese, e poco chiaro anche riguardo al mantenimento delle attuali condizioni stipendiali, carichi di lavoro e livelli occupazionali del personale, che i dirigenti sindacali si sono presentati all'assemblea dei lavoratori convocata alla Sala chiamata del porto per ottenere, in mezzo a proteste, contestazioni e anche scontri fisici, una sbrigativa approvazione formale e dichiarare la fine dello sciopero. Perché questo era lo scopo vero di tanta fretta, altrimenti non avrebbero proceduto con questo metodo autoritario e antidemocratico, senza informare adeguatamente i lavoratori sul contenuto dell'accordo e senza passare dalle assemblee di deposito, come i lavoratori chiedevano. A dare man forte ai dirigenti sindacali capitolazionisti, a Doria e Burlando e al prefetto di Genova per spegnere l'incendio dello sciopero è arrivata anche l'immancabile provocazione "terroristica", con la notizia in piena assemblea di una busta contenente frasi minacciose e un proiettile indirizzata al presidente di Amt, Livio Ravera.

Continuare la lotta in difesa dei servizi pubblici


"Questo voto non può essere valido - ha commentato un lavoratore uscendo sconvolto dalla Sala chiamate dopo il blitz dei dirigenti sindacali - ed è una presa in giro. All'interno della sala c'erano persone non di Amt. Inoltre, molti di quelli che dovevano votare erano fuori oppure a fumare. Tutto si è svolto velocemente, senza capirci granché. La votazione è avvenuta spostando all'interno della sala i favorevoli da una parte e i contrari dall'altra. Probabilmente i sì avrebbero vinto lo stesso ma con questo voto si sono spaccati i lavoratori dell'Amt". Nel pomeriggio gli autobus ricominciavano ad uscire dai depositi, non senza vincere le resistenze e le proteste di molti lavoratori che volevano continuare lo sciopero; specie i più giovani, che sono anche i più preoccupati per il futuro dell'azienda.

Anche la dichiarazione di Doria che "questo accordo si poteva raggiungere senza un giorno di sciopero" la dice lunga sulla svendita degli obiettivi dello sciopero stesso. Se poi aggiungiamo la beffa delle multe pazzesche che stanno arrivando agli scioperanti, nonostante che l'accordo avrebbe dovuto escluderle, e come se non bastasse le ben tre inchieste aperte dalla procura, tra cui quella a carico di un centinaio di autisti che hanno partecipato alla contestazione del sindaco, per il reato di "minaccia e oltraggio al corpo amministrativo e politico", reato punibile con la reclusione da uno a sette anni, ce n'è più che abbastanza per respingerlo come un accordo truffa e riprendere la lotta sugli obiettivi per cui è cominciata e per far revocare immediatamente le multe e qualsiasi provvedimento giudiziario a carico dei lavoratori che scioperano. Ora si può toccare con mano l'immenso danno che è stato fatto ai lavoratori quando i vertici sindacali collaborazionisti hanno accettato e fatto passare l'infame legge antisciopero sui "servizi pubblici essenziali"!

I lavoratori dell'Amt di Genova non vanno lasciati soli. Intanto va appoggiata la richiesta di tenere un regolare referendum interno sull'accordo, senza il quale non può avere nessuna validità effettiva. La loro lotta è la lotta di tutti i tranvieri e di tutti i lavoratori e le masse popolari italiane contro la privatizzazione dei beni e servizi pubblici, che proprio in questi giorni, con la legge di stabilità del governo Letta approvata dalla Ue, sta per varare una raffica impressionante di svendite e di privatizzazioni di beni e imprese pubbliche ai pescecani capitalisti. "Stiamo lottando anche per voi", c'era scritto su uno striscione appeso davanti a un deposito dell'Amt. Lo sciopero nazionale di 4 ore nel Tpl (Trasporto pubblico locale) proclamato per il prossimo 6 dicembre dall'Unione sindacale di base (Usb) è da appoggiare, ma occorre che entrino subito in campo tutte le organizzazioni sindacali del trasporto locale, e se necessario anche le segreterie nazionali, fino a proclamare lo sciopero generale di tutte le categorie, per salvaguardare i servizi pubblici e bloccare la criminale ondata di dismissioni e privatizzazioni che si vuol far passare nel Paese.

27 novembre 2013