Oltre il 75% dell'elettorato di New York diserta le urne
Il neosindaco De Blasio (democratico) eletto solo dal 16% dell'elettorato
Secondo i dati ufficiali il candidato del Partito democratico Bill De Blasio ha vinto le elezioni del 5 novembre per la carica di sindaco di New York con 752.604 preferenze, pari al 73,3% dei voti validi, distanziando di ben oltre le previsioni il candidato del Partito repubblicano Joseph Lhota che ha ottenuto 249.121 preferenze, pari al 24,3% dei voti validi. Tutti gli altri candidati assieme hanno avuto poco meno di 25 mila voti, corrispondenti al 2,4% dei voti validi.
La vittoria del neosindaco De Blasio ha messo fine all’era dei sindaci repubblicani, iniziata con Rudolph Giuliani nel 1994 e fino al 2001, seguito negli ultimi dodici anni dal collega di partito Michael Bloomberg. “È una delle vittorie più schiaccianti in un’elezione a sindaco e consegna a De Blasio un inequivocabile mandato a mettere in pratica la sua agenda progressista”, è stato il commento entusiasta degli esponenti del partito democratico americani. Ma se misuriamo il consenso ottenuto da De Blasio rispetto al corpo elettorale, come è corretto fare, constatiamo che ha raccolto favore di poco più del 16% dei 4,3 milioni di elettori registrati. Non è dato sapere quanti siano le persone che non si sono neanche registrate negli elenchi elettorali, quindi il peso effettivo della “vittoria” democratica è ancora inferiore al già misero 16%. Più che una “vittoria schiacciante” è una delegittimazione inequivocabile segnata quantomeno dai 3,3 milioni di elettori, pari a oltre il 75%, che pur iscritti alle liste hanno disertato il voto.
Nelle stime del Partito democratico, gli elettori attesi alle urne erano sperabilmente tra il 25 e il 30% grazie alla imponente macchina elettorale messa in moto dai due maggiori partiti che hanno chiuso la campagna elettorale con i porta a porta e centinaia di appuntamenti pubblici mirati a convincere le persone a partecipare al voto.
De Blasio non lesinava promesse di ridurre le disuguaglianze sociali in una città tra le più ricche del mondo ma con un 45% della popolazione ancora sotto la soglia della povertà. In campagna elettorale strizzava strumentalmente l'occhio al movimento Occupy Wall Street affermando che sarebbe stato il sindaco del 99% per cento della popolazione e non solo di quell'uno per cento rappresentato dai ricchissimi e dai privilegiati. Ma due angoli di strada dopo si copriva a destra affrettandosi a precisare che “Wall Street è la principale industria della nostra città”.
Prometteva di sconfiggere disuguaglianze e divisioni come quelle segnate dalle frontiere invisibili che vedono i benestanti bianchi concentrati nell'Upper East Side, gli afroamericani nei ghetti di Harlem e i latinos in quelli di di Washington Heights. Ma non è stato ritenuto credibile dalla stragrande maggioranza degli elettori, quelli attivi registrati nelle liste e quelli che neanche si iscrivono.
27 novembre 2013