Secondo l'Ocse
I manager pubblici italiani i più pagati al mondo
Mentre il popolo fa la fame

Il rapporto “Government at a Glance” pubblicato a novembre dall’Ocse ha accertato che i manager pubblici italiani guadagnano più di tutti, circa tre volte in più della media mondiale, l’esorbitante cifra di circa 650.000 dollari di stipendio medio annuale.
Prendendo in esame i singoli settori della pubblica amministrazione, risulta che i dirigenti di prima fascia dei sei ministeri presi in esame (Economia, Interni, Giustizia, Istruzione, Salute e Ambiente) nel 2011 guadagnavano in media 482 mila euro al cambio attuale, più di chiunque altro nel mondo in posizioni analoghe e quasi tre volte più della media dei 34 Paesi Ocse, che si ferma a 232.000 dollari, pari a 172.000 euro circa.
Sempre per ciò che riguarda la prima fascia, al secondo posto si piazzano i dirigenti neozelandesi, i quali però con i loro 397.000 dollari l’anno sono nettamente staccati da quelli italiani, e a maggior ragione lo sono quelli britannici con 348.000 dollari l’anno, quelli statunitensi che ne guadagnano 275.000, ed infine si qualificano quelli francesi con 260.000 dollari e quelli tedeschi con 231.000. Considerando che il precedente governo Monti ha introdotto il tetto sulle retribuzioni che oggi non possono superare, tutto compreso, i 302 mila euro l’anno (lo stipendio del primo presidente della Corte di Cassazione), tale stipendio risulta comunque il più alto del mondo, visto che si corrisponde a 408.000 dollari.
Anche i dirigenti italiani di seconda fascia sono strapagati, con 176.000 dollari l’anno (ovvero 130.000 euro circa) contro i 126.000 della media Ocse, mentre dopo la dirigenza di seconda fascia, c’è un vero e proprio tracollo, dal momento che i funzionari di qualifica inferiore alla seconda fascia risultano sottopagati rispetto ai loro omologhi stranieri con 69.000 dollari l’anno (51.100 euro circa) contro 90.000 della media Ocse.
Ciò che risulta chiaramente è un’enorme sproporzione di retribuzioni all’interno della dirigenza pubblica italiana, ben maggiore che nelle altre realtà prese in considerazione
Eppure, a tali astronomici stipendi non corrisponde certamente competenza ed efficienza. Infatti sempre l’Ocse rileva che nel rapporto comparativo sui governi e le pubbliche amministrazioni dei Paesi membri in Italia sono superiori alla media le spese nei servizi pubblici generali (17,3% contro 13,6%) mentre risultano inferiori alla media le spese in educazione (8,5% contro 12,5%): insomma, l’Italia spende parecchio di più degli altri Stati Ocse per mantenere l'alta burocrazia che risulta peraltro molto meno efficiente rispetto alla media degli altri Paesi nell’erogazione dei servizi alla cittadinanza, scopo ultimo della pubblica amministrazione.
Emblematico è il caso del settore della giustizia, tenendo conto peraltro che l’Italia vanta negli studi scientifici del diritto una tradizione che non ha eguali al mondo: eppure essa è tra i Paesi membri dell’Ocse che lamentano la maggiore lentezza dei processi e dove per le masse popolari è più difficile avere accesso alla giustizia civile (va peggio solo in Messico e Turchia), e questo - va chiaramente detto - non certo per l’impreparazione dei tecnici del diritto, ma per l’assoluta inefficienza degli uffici e delle strutture istituzionali cui sono preposti quei manager strapagati descritti prima. Lo stesso del resto si può dire per ciò che riguarda la conservazione e la tutela dei beni culturali dove, a fronte dei più qualificati restauratori, archeologi ed esperti d’arte a livello mondiale, una dirigenza tanto strapagata quanto inefficiente è capace di compiere quei disastri che sono sotto gli occhi di tutti.
Tali record nei livelli stipendiali degli alti burocrati statali borghesi italiani sono tanto più scandalosi se li paragoniamo agli stipendi da fame che percepiscono gli operai e la stragrande maggioranza dei lavoratori del pubblico impiego che si vedono peraltro bloccati dal governo Letta-Alfano i rinnovi contrattuali fino a tutto il 2014 e cancellata l'indennità di vacanza contrattuale per il biennio 2013-'14: una perdita secca media di 600 euro a testa, mentre negli ultimi tre anni sono costati complessivamente ai dipendenti 7 miliardi a cui se ne potrebbero aggiungere altri 7 se fino al 2017 non sarà corrisposto loro altro che la vacanza contrattuale.
 

4 dicembre 2013