Nella giornata internazionale contro la violenza sulle donne
Manifestazioni in tutta Europa contro il femminicidio
128 vitime in Italia nel 2013
Il fenomeno del femminicidio sta assumendo dimensioni e forme agghiaccianti, e, tuttavia, è solo la punta di un iceberg: più del 70% delle donne nel mondo ha subito violenza almeno una volta nel corso della vita. È su queste basi che il 25 novembre si sono svolti cortei e manifestazioni in tutto il mondo, da Manila a Kabul, in tutta Europa, da Istambul a Parigi, e una miriade di iniziative politiche e culturali. In Italia agli eventi promossi da associazioni politiche, sindacali, sociali, culturali, studentesche hanno partecipato in decine di migliaia in tutti i capoluoghi di provincia. A Roma l'appuntamento più importante davanti alla sede del parlamento, dove gruppi e associazioni contro la violenza sulle donne hanno dato vita a letture, canti, testimonianze, flash-mob.
La violenza sulle donne
Il successo delle iniziative è dipeso dalla diffusa sensibilità popolare verso un dramma sociale che assume da anni dimensioni intollerabili anche nel nostro Paese. Le donne uccise in Italia nel solo 2013 sono 128. Tra il 2000 e il 2012, sono state oltre 2.200, e di queste il 75% nell'ambito familiare o di relazioni affettive. Il femminicidio è l'ultimo stadio di un unico fenomeno, quello della violenza sulle donne vittime che assume varie odiose forme, lo stupro, lo stalking, i sistematici pestaggi tra le mura domestiche. Un recente rapporto ISTAT rivela che una donna su tre in Italia è stata vittima di una qualsiasi forma di violenza. Sono esattamente 6 milioni e 743 mila le donne con un età compresa tra i 16 e i 70 anni che hanno subito tali violenze nel nostro Paese. Si tratta, è bene specificare, di violenze denunciate o venute alla luce. La parte sommersa del fenomeno, rischia di essere altrettanto rilevante.
Succede sempre più spesso che lo Stato non intervenga per assicurare un sostegno alle vittime, per formare specialisti del settore, per ampliare la rete di servizi sociali in appoggio alle donne vittime e per favorire la denuncia. Anzi il governo taglia ciò che prima esisteva, nonostante l'apparato propagandistico governativo scatenatosi negli ultimi giorni possa indurre a pensare il contrario.
Il 25 novembre, Giorgio Napolitano, ha nominato Cavaliere della Repubblica Lucia Annibali, l'avvocatessa pesarese sfregiata con l'acido da due sicari dell'ex-fidanzato. Non sono mancate altre passerelle. Letta ha promesso "faremo il punto sull'attuazione del nostro decreto sul femminicidio. Norme importanti da applicare bene". Ma se si vuole fare il punto veramente, risulta che il decreto legge 93/2013, diventato legge lo scorso 11 ottobre, ha suscitato molte perplessità e critiche da parte nelle associazioni che si occupano della difesa delle donne vittime di violenza, in quanto si tratta di una legge sostanzialmente retrograda, priva di aspetti preventivi. I fondi stanziati dal governo per affrontare il problema sono miserabili: 27 milioni in 3 anni. Intanto i consultori chiudono, i centri antiviolenza e le associazioni non hanno fondi per assistere le vittime.
Peraltro, con un opportunismo indecente, il governo approfitta del dramma sociale e dell'indignazione popolare per far passare nel testo norme antidemocratiche, repressive delle lotte sociali che andranno a colpire in primo luogo i No TAV.
Come rimarginare questa piaga sociale?
Nell'editoriale del Segretario generale del PMLI, Giovanni Scuderi, “Lottiamo per cambiare davvero l'Italia” scritto per il 36° Anniversario della fondazione del PMLI, si denunciava come la crisi economica e finanziaria del capitalismo si sia scaricata interamente sulle spalle dei lavoratori e delle masse popolari, dando luogo a “una macelleria sociale che non ha precedenti dal dopoguerra” di cui il femminicidio, come altri fenomeni sociali, quali la disoccupazione, la povertà, la precarietà, sono conseguenze aggravate da interventi governativi che hanno generato più disuguaglianze sociali, di reddito, territoriali e di sesso.
l problema dell'escalation di violenza sulle donne e femminicidi ha dunque una natura ben più profonda e complessa rispetto all'aspetto “culturale” (senza definire di quale cultura si parla) su cui ha puntato i fari il 25 novembre la presidentessa della camera, Laura Boldrini (SEL).
Come denunciava nel suo editoriale, “Viva l'8 marzo, l'emancipazione femminile e la lotta contro il capitalismo per il socialismo”, scritto in occasione dell'8 Marzo 2013, la Responsabile della Commissione donne del CC del PMLI, Monica Martenghi, a seguito dell'attacco ai diritti sociali in generale, “torna a dominare incontrastata la triade mussoliniana "Dio, patria e famiglia" che giustifica pienamente sul piano ideologico, culturale e morale la subordinazione sociale, familiare e coniugale delle donne, che si manifesta anche con la violenza sessuale e familiare, trasformatasi in un femminicidio”.
Per liberare le donne vittime dalla violenza e prevenire il femminicidio infatti, bisognerebbe invertire le politiche del governo Letta-Alfano che alimentano la subordinazione femminile e approvare piani per garantire servizi sociali diffusi e gratuiti, per riassorbire l'intera disoccupazione, non solo femminile, incrementare e non tagliare consultori, asili nido, bisognerebbe socializzare il lavoro domestico. Bisognerebbe stanziare, nello specifico, fondi pubblici sufficienti per la prevenzione del fenomeno.
Ma ciò non sarebbe sufficiente, comunque, ad eliminare il fenomeno. Solo conquistando il socialismo e radendo al suolo la proprietà privata capitalistica, lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo e l'intera sovrastruttura ideologica, statale, politica, culturale e morale capitalistica, si potrà liberare la donna dallo sfruttamento, dalla schiavitù sociale, di cui la violenza è l'espressone estrema che colpisce le più deboli socialmente ed economicamente.
In particolare alle proletarie e alle ragazze coscienti e informate che hanno manifestato il 25 novembre contro il femminicidio e la violenza sulle donne chiediamo di porsi la questione dell'unica strada percorribile per la conquista dell'emancipazione femminile: la strategia del socialismo.
4 dicembre 2013