Landini accredita Renzi. Assurdo
Il dialogo sbocciato apparentemente all'improvviso alla vigilia delle primarie dell'8 dicembre, con un incontro a Firenze tra il segretario della Fiom Maurizio Landini e il democristiano Matteo Renzi, si sta rivelando sempre più come una vera e propria intesa politico-sindacale, tanto più assurda e sconcertante dopo che, appena eletto, il neo segretario del PD ha proclamato con grande enfasi la sua proposta liberista e antioperaia di “riforma” del mercato del lavoro basata sulla libertà di licenziamento da lui denominata “Job act”.
“Renzi ha un atteggiamento molto più libero sui temi della democrazia, del lavoro, della lotta alla precarietà rispetto a chi lo ha preceduto alla guida del Partito democratico”, aveva infatti dichiarato Landini, subito dopo la vittoria di Renzi, in una compiacente intervista a La Repubblica
, il quotidiano di De Benedetti, Scalfari e Mauro che ha tirato la volata al neopodestà fiorentino. Un modo per far capire che è pronto ad appoggiarlo per cambiare anche la dirigenza della CGIL, dopo aver “rottamato” il vecchio vertice dalemiano e bersaniano del PD. Cosa che Renzi non ha mai nascosto di voler fare, dichiarando in ogni occasione che “anche il sindacato deve cambiare”.
Poco importa a Landini se per “cambiare verso” anche al sindacato Renzi intende spostarlo ancor più a destra dell'attuale corso già marcatamente opportunista e collaborazionista di Susanna Camusso, così come ha cambiato verso al PD liquidando l'eredità del PCI revisionista e omologandolo pienamente alla destra. Evidentemente al segretario della Fiom questa appare una contraddizione secondaria, rispetto all'occasione che gli si è presentata per saltare sul carro del vincitore che si appresta a cambiare gli assetti di potere anche nel sindacato.
Come interpretare questa sorprendente apertura del segretario della Fiom per uno come il democristiano e liberista Renzi, che si era sbracatamente schierato con Marchionne e la sua politica antioperaia ultraliberista alla Fiat, e quindi contro la Fiom e lo stesso Landini, nel momento più duro e difficile per il sindacato dei metalmeccanici della Cgil? E' cambiato Renzi, o è cambiato Landini, da allora? Di sicuro non Renzi, visto che il suo “Job act” che sta preparando, e le cui linee generali ha già annunciato, prevede un contratto unico per i giovani “a tempo indeterminato”, ma con la sospensione per i primi tre anni dell'articolo 18, e con il pagamento dei contributi a totale carico dello Stato. Chi perde il lavoro avrebbe un sussidio di disoccupazione invece della Cassa integrazione (Cig), che sarebbe totalmente abolita.
Un piano che piace a Landini e a Confindustria
Ciò secondo lui e i suoi “esperti” che ha voluto con sé nella nuova Segreteria del PD – il responsabile del Welfare Davide Faraone e il suo consigliere economico Yoram Gutgeld, che hanno per l'occasione ripescato la ricetta neoliberista della “flexecurity” elaborata dal giuslavorista ex PD, Ichino - dovrebbe far finire la gungla del precariato e incoraggiare le assunzioni, ma in realtà non farebbe altro che sostituire i diversi contratti di precariato con quello più precario di tutti: la possibilità pura e semplice di essere licenziati in qualsiasi momento, perfino senza lo straccio di una motivazione economica come adesso dopo la “riforma” Fornero. E i costi sarebbero interamente a carico della collettività, cioè dei lavoratori stessi, visto che almeno la cassa integrazione è pagata per metà dalle aziende. In ogni caso, poi, l'abolizione dell'articolo 18 per motivi economici prevista dalla legge Fornero ha già dimostrato nella pratica di non aver prodotto un sol posto di lavoro in più: anzi, la disoccupazione è ulteriormente aumentata, perché è diventato più facile licenziare.
Non a caso la proposta di Renzi è piaciuta subito al presidente di Confindustria, Squinzi, e a quello di Assolombarda, Rocca (“Il piano di Renzi è decisamente convincente, questo paese deve essere al fianco delle imprese”, ha dichiarato il capo degli industriali lombardi); mentre il gerarca di Berlusconi, Brunetta, lo rivendica addirittura come farina del suo sacco: “Quel piano sembra copiato dal nostro. Se il piano è questo diciamo Forza Renzi, Forza Italia”. Alfano, poi, ha colto subito la palla al balzo per rilanciare la posta, proponendo l'abolizione pura e semplice del contratto collettivo, lasciando al suo posto solo contratti aziendali e individuali. Perfino un seguace di Cuperlo, come l'ex ministro del Lavoro nel governo Prodi, Cesare Damiano, inizialmente ostile al piano di Renzi ha finito per avallarlo, purché lo si chiami ipocritamente “contratto unico di inserimento” (una sorta di “apprendistato lungo tre anni”, lo ha definito) e non si rinunci alla Cig.
Ma nonostante tutto ciò Landini fa finta di nulla e continua a flirtare con Renzi, e pur dicendosi ovviamente contrario all'abolizione dell'articolo 18 e della Cig, è arrivato a dichiarare tranquillamente, in un'altra intervista a La Repubblica
del 28 dicembre, che “quella del contratto unico può essere la strada per ridurre la precarietà”; e quanto alla sua durata (e quindi della durata della sospensione dell'articolo 18), si è detto disposto a discutere col padronato per la fissazione di un “periodo congruo durante il quale verificare gli interessi delle imprese e dei lavoratori”. Alla richiesta esplicita se di questo ne avesse parlato con Renzi quando lo ha incontrato, il segretario della Fiom ha risposto evasivamente: “Per ora ho capito che Renzi vuole ridurre la precarietà e che condivide la necessità di una legge sulla rappresentanza sindacale”.
Quella stessa rappresentanza sindacale prevista dall'accordo collaborazionista su contrattazione e rappresentanza del 28 giugno 2011 che Landini aveva allora giustamente avversato, salvo col tempo accettare e oggi addirittura esaltare. Così come oggi accetta e condivide con Renzi l'idea neocorporativa di compartecipazione dei lavoratori alla gestione aziendale, sul modello attuato alla Volkswagen: idea sulla quale è stato avviato “un interessante dialogo con Landini”, ha confermato infatti il renziano Faraone.
Un asse politico-sindacale coltivato da tempo
Insomma, è un'apertura di credito totale quella di Landini a Renzi, fatta parlando solo dei punti di convergenza e mettendo tra parentesi quelli di divergenza, e questo dimostra che quella del sindacalista vendoliano non è una semplice “sbandata”, ma un vero e proprio asse politico-sindacale coltivato in segreto da tempo con il “rottamatore” democristiano. Tanto che a questo punto, considerate anche le aperture della Cisl del crumiro Bonanni (che ha definito l'apertura di Landini a Renzi “un'interessante novità”), e la freddezza viceversa della Segreteria Cgil al “Job act” di Renzi, si può ben dire che Landini è arrivato a scavalcare clamorosamente a destra la stessa Camusso!
Lo ha efficacemente denunciato anche l'ex presidente del Comitato centrale della Fiom, Giorgio Cremaschi, primo firmatario del documento di minoranza di sinistra al prossimo congresso della Cgil, intitolato “Il sindacato è un'altra cosa” (mentre Landini ha firmato il documento di destra della Camusso), secondo il quale “Matteo Renzi è il peggior lascito dell'era berlusconiana”, e che sul comportamento di Landini ha avanzato questo sospetto: “C'è solo una spiegazione razionale in quel che con spregiudicatezza sta facendo Landini: diventare il segretario della Cgil con l'appoggio di Renzi”.
Sospetto che trova piena conferma da parte dello stesso Renzi, stando alle sue dichiarazioni a Il Fatto Quotidiano
del 2 gennaio, in cui alla domanda se la Fiom non sembri “più renziana della Cgil”, ha così risposto: “Non è renziano neanche il PD, figuriamoci la Fiom. Certo, su alcune cose potrebbe esserci condivisione: dalla legge sulla rappresentanza alla presenza di persone elette dai lavoratori nei consigli d'amministrazione. E poi condividiamo un concetto semplice: chi ci ha portati fin qui, con polemiche ideologiche e scarsi risultati, non è adatto a portarci fuori di qui”.
8 gennaio 2014