Napolitano non risponde alle mamme della Terra dei fuochi
Il rinnegato del comunismo non si era accorto per niente del traffico dei rifiuti in Campania quando era ministro dell'Interno
Contestato a napoli: “Napolitano non sei il mio presidente”
Due donne che vivono nella Terra dei fuochi e che hanno visto morire di cancro i loro figli, Marzia Caccioppoli e Tina Zaccaria, hanno chiesto risposte precise a Giorgio Napolitano nell'inchiesta televisiva “Inferno atomico”, andata in onda su La 7 del 29 dicembre scorso. Napolitano, che è stato ministro dell’Interno dal 1996 al 1998, proprio durante l’audizione del camorrista Schiavone alla Commissione parlamentare antimafia del ’97, avrebbe potuto rispondere due giorni dopo con il suo messaggio di fine d’anno, ma non lo ha fatto.
Con i loro bambini morti non per caso ma per precise scelte a suo tempo fatte, come sottolinea il boss Schiavone nella stessa trasmissione, da tantissime imprese dell’intera Europa in combutta con la camorra e con il beneplacito implicito di svariate autorità che si sono voltate dall’altra parte pur di non vedere, le due madri rappresentano in realtà tante migliaia di madri che hanno visto negli ultimi anni i loro figli morire di cancro in numero di gran lunga superiore al normale, uccisi da quel lurido groviglio di interessi che per un trentennio ha dominato il ciclo dei rifiuti soprattutto nelle province di Napoli e Caserta, ma in realtà in tante altre parti del Meridione italiano.
Le mamme hanno inviato centocinquantamila cartoline con le foto dei loro figli al presidente Napolitano, al capo del Governo Letta e al presidente della Regione Campania Stefano Caldoro, (FI), per sollecitare la bonifica del territorio e per chiedere verità sulla tragedia dei rifiuti, ma le cartoline sono soprattutto un implicito atto di accusa nei confronti di chi, Giorgio Napolitano, era ministro dell’Interno nel 1997, quando il boss camorrista Schiavone depose dinanzi alla Commissione parlamentare antimafia, mostrando già allora dettagliatamente e con crudezza l’entità del disastro, la rete di complicità istituzionali e politiche che per decenni hanno assistito l’affare scandaloso dei rifiuti nella stessa terra d'origine, non lo si dimentichi, di Napolitano.
Costui sapeva bene, da ministro dell’Interno, ciò che dettagliatamente Schiavone aveva riferito alla Commissione e, anche volendo ammettere la liceità della secretazione dei verbali per non allarmare l’opinione pubblica, avrebbe dovuto almeno fare qualcosa, intraprendere qualche iniziativa di bonifica di concerto con il suo governo, iniziare a invertire la tendenza fatta di inerzie e di responsabilità che sarebbe continuata per i successivi sedici anni, e non solo non ha fatto nulla, ma addirittura non risponde a chi ha avuto nella vita la disgrazia peggiore, quella di seppellire il proprio figlio.
Non appena iniziano ad infuriare le prime polemiche a seguito del suo discorso di capodanno, dove ci si aspettava almeno un cenno al problema dei rifiuti tossici e dove non si è degnato di rispondere alle madri, il rinnegato del comunismo si è limitato a scrivere una lettera a don Maurizio Patriciello, il parroco di Caivano (Napoli), impegnato da anni in prima linea nella denuncia dei crimini ambientali.
Giusta e meritata dunque la contestazione che ha preso di mira Napolitano il 6 gennaio scorso, quando un gruppo di manifestanti proveniente dalla Terra dei fuochi lo ha raggiunto sotto villa Rosebery, a Napoli, dove egli trascorreva le vacanze natalizie. “Stop al biocidio” e “Napolitano non sei il mio presidente” c'era scritto sugli striscioni. “Volevamo consegnare un dossier di 54 pagine al presidente per fargli capire cosa è successo nelle nostre terre, come hanno avvelenato i nostri figli e ucciso il nostro futuro”. La polizia ha allontanato i manifestanti, diversi provenienti da Giugliano, la cittadina alle porte di Napoli avvelenata dalle discariche abusive e ufficiali.
Egli non si è neppure degnato di rispondere a delle madri che portano sulle loro spalle la più atroce delle sofferenze: e così ha confermato di essere una controparte nella lotta delle masse popolari contro il biocidio e per il risanamento ambientale in Campania e nel Mezzogiorno.
15 gennaio 2014