Le contraddizioni del leader della Fiom
Landini accusa la Camusso di non essere democratica. Però ha firmato il suo documento congressuale
Una dura lettera di Maurizio Landini a Susanna Camusso, in cui il leader della Fiom accusa il segretario della Cgil di violazione della democrazia sindacale, ha aperto improvvisamente una grossa crepa nell'alleanza tra i due, che si erano accordati insieme al leader della corrente “Lavoro e società”, Nicola Nicolosi, per presentarsi al prossimo congresso della CGIL con le nuove cariche già spartite a tavolino e con una mozione unitaria saldamente ancorata a destra: la mozione 1, “Il lavoro decide il futuro”, a cui si contrappone solo la mozione 2 “Il sindacato è un'altra cosa”, mozione alternativa più a sinistra e che anche il PMLI appoggia.
La causa che ha fatto scoppiare la contraddizione e riacceso la battaglia congressuale è stato la firma da parte della Cgil il 10 gennaio scorso, insieme a Cisl, Uil e Confindustria, del “Testo unico sulla rappresentanza”, ovvero del regolamento attuativo dell'accordo padroni-sindacati confederali del 31 maggio 2013 sulla rappresentanza sindacale, che recepiva a sua volta i principi contenuti nell'accordo interconfederale capitolazionista e collaborazionista del 28 giugno 2011 su contrattazione e rappresentanza, firmato sotto l'egida del governo neofascista Berlusconi-Tremonti e in pieno attacco mussoliniano del nuovo Valletta della Fiat, Marchionne, ai diritti sindacali e costituzionali dei lavoratori. Un testo, cioè, che chiudendo il lungo processo iniziato col famigerato accordo separato del 2009 tra la Confindustria e i crumiri Bonanni e Angeletti, a cui si è poi unita anche la leader della destra della Cgil, disegna nero su bianco il nuovo modello di sindacato neocorporativo e collaborazionista conforme all'articolo 39 della Costituzione borghese: modello che liquida i contratti collettivi in favore di quelli territoriali e aziendali, legalizza solo i sindacati filopadronali e collaborazionisti mettendo praticamente fuorilegge i “sindacati di base” e il dissenso sindacale, consente alle aziende di derogare dalle regole contrattuali per qualsiasi esigenza produttiva e di mercato, limita fortemente il diritto di sciopero e gli altri diritti sindacali, e prevede pesanti sanzioni pecuniarie e normative a carico di chi si ribella.
Nella sua lettera indirizzata a Camusso a nome della segreteria della Fiom, Landini protestava per aver “appreso della firma, da parte del segretario della Cgil, di un accordo definito 'Testo unico sulla rappresentanza Confindustria-Cgil, Cisl, Uil' con una serie di contenuti mai discussi in nessun organismo dirigente della nostra organizzazione”. A suo dire, infatti, quel testo rappresenterebbe un “nuovo accordo” rispetto a quello (anche da lui firmato) del 31 maggio 2013, in particolare perché “prevede sanzioni verso le organizzazioni sindacali o i lavoratori eletti, introduce l'arbitrato interconfederale in sostituzione dell'autonomia delle singole categorie e compaiono elementi che configurano una concezione proprietaria dei diritti sindacali, di fatto limitano le libertà sindacali in contrasto con la recente sentenza della Corte costituzionale sulla Fiat”. Il segretario Fiom chiedeva pertanto una riunione urgente del Direttivo nazionale Cgil, un referendum tra gli iscritti “vincolante con il voto certificato” a norma dello statuto della confederazione, “la sospensione della firma fino all'esito finale della consultazione” e la convocazione di assemblee sui luoghi di lavoro per far conoscere a tutti e discutere i contenuti dell'accordo.
Estensione a tutti del modello Marchionne
Landini si riferiva alle clausole del “Testo unico” che, al fine di garantire l'”esigibilità” estesa a tutti dei contratti collettivi e aziendali firmati anche solo dal 50%+1 dei sindacati ammessi alla trattativa (in pratica il modello Marchionne applicato a Pomigliano con il consenso solo di Fim e Uilm, giudicato incostituzionale dalla Consulta), prevedono forti sanzioni pecuniarie e di sospensione dei diritti sindacali per chi non si adegua e ricorre a lotte e scioperi; sanzioni stabilite da un “collegio arbitrale paritetico” composto da un rappresentante per ogni sindacato firmatario e da altrettanti rappresentanti della Confindustria, più un consulente esterno con la funzione di presidente: vale a dire da parte di un comitato in cui i padroni e i sindacalisti collaborazionisti rappresentano la stragrande maggioranza, tanto che se fosse stato in vigore durante la vertenza Fiat, la Fiom avrebbe dovuto rassegnarsi a capitolare o essere punita in tutta legalità con forti multe e la perdita dei diritti sindacali.
Camusso, forte dell'appoggio dei segretari delle altre federazioni, come Fillea (edili), Filctem (elettrici, chimici, tessili) e Filcams (commercio), per i quali il “Testo unico” è del tutto “coerente” con gli accordi già stipulati, gli ha ribattuto a muso duro che le sue erano paure infondate, e che invece quella intesa “di straordinaria importanza” apre “una nuova stagione, dove imprese e governo non hanno più la libertà di decidere e scegliere il sindacato con cui fare accordi”. Il Comitato direttivo della Cgil si è poi tenuto il 17 gennaio, e come previsto Landini ne è uscito sconfitto per 95 voti contro 13, ammonendo però i vincitori che “una cosa così nei luoghi di lavoro non passerà mai” e annunciando che la Fiom non si sentirà vincolata da questo risultato se l'accordo sulla rappresentanza non sarà sottoposto al voto dei lavoratori, o almeno degli iscritti alla Cgil. Anzi, ha alzato i toni dello scontro denunciando che “il modo in cui è stata gestita la vicenda è grave, perché non si mette il Direttivo di fronte ad un accordo già firmato”, e che tutto questo “vuol dire che c'è anche un problema di democrazia nella Cgil, si rende evidente che c'è anche una crisi democratica della Cgil”. La minoranza di sinistra della mozione congressuale alternativa guidata da Cremaschi si era rifiutata di partecipare al voto in Direttivo, giudicandolo contrario allo statuto in quanto la firma della Camusso era illegittima, ed annunciando che adirà alle vie formali per farlo rispettare.
Perché Landini si sveglia solo ora?
Naturalmente Landini ha ragioni da vendere nell'indignarsi e nel denunciare il metodo arrogante e antidemocratico con cui la la Camusso ha firmato e preteso di imporre a cose già fatte e senza discussione questo regolamento di inaudita gravità, che stravolge la natura stessa del sindacato riducendolo ad un'appendice obbediente del padronato. Così come non si può che convenire con lui che le clausole sull'”esigibilità” dei contratti firmati solo dai sindacati maggioritari, con le inaudite sanzioni contro i sindacati che non li accettano e si rifiutano di rinunciare a lotte e scioperi, “è la conferma e l'estensione di fatto a tutte le aziende del modello Pomigliano di Fiat”.
Quello che però contestiamo al segretario della Fiom è che se ne sia reso conto solo adesso, dopo aver già mandato giù da tempo sia l'accordo del 28 giugno 2011 che quello del 31 maggio 2013, accordi di cui il “Testo unico sulla rappresentanza” che ora egli contesta non è altro che il regolamento attuativo finale. Al punto da aver firmato d'amore e d'accordo la mozione congressuale unitaria della Camusso, che tra le varie cose recita anche: “L'accordo del 28 giugno 2011, al di là dei diversi giudizi, impegna tutta l'organizzazione e non è scindibile dall'accordo del 31 maggio 2013. Accordo positivo, frutto dell'iniziativa di tutta la Cgil, che rappresenta un significativo cambiamento nel sistema di regole e di rappresentanza per la contrattazione e su cui tutta l'organizzazione è impegnata a garantirne l'esigibilità
”.
É singolare perciò che Landini si metta a fare la bella addormentata nel bosco scandalizzandosi perché i suddetti principi capitolazionisti e collaborazionisti che anche lui aveva sottoscritto convintamente sono stati ora semplicemente messi nero su bianco in un regolamento attuativo. Che cosa si aspettava, che la Confindustria e i sindacalisti crumiri al suo servizio permanente effettivo Bonanni e Angeletti, si contentassero dei soli principi enunciati negli accordi del 28 giugno e del 31 maggio senza pretendere poi la loro attuazione pratica? Possibile che solo il paio di punti da lui denunciati siano da rigettare e tutto il resto del documento e gli accordi che lo hanno preparato vadano bene?
A meno che Landini non sperasse che le cose andassero più per le lunghe, quantomeno a dopo il congresso della Cgil, e che arrivasse prima Renzi, con cui sta coltivando un asse privilegiato, a levargli le castagne dal fuoco con una legge sulla rappresentanza inserita nel suo “Jobs act”, e magari dopo averlo aiutato a prendere il posto della Camusso. A quel punto avrebbe potuto presentare ai lavoratori la legge sulla rappresentanza, ispirata agli stessi principi neocorporativi e collaborazionisti dell'articolo 39 della Costituzione e dell'accordo del 31 maggio, ma spacciandola come un'iniziativa autonoma del sindacato e della “sinistra” borghese, e non come una pretesa imposta dai padroni a sindacati accucciati come appare in tutta evidenza adesso.
In altre parole il leader della Fiom si deve essere sentito improvvisamente scoperto a sinistra da un accordo tanto infame, e temendo di passare alla storia come corresponsabile della sua accettazione insieme alla destra della Camusso, ha cercato di prendere le distanze all'ultimo minuto per salvare la faccia e la reputazione di “sinistra”, già abbastanza compromesse dai suoi continui cedimenti a destra e dal recente feeling col berluschino democristiano Renzi. É molto probabile, perciò, che la sua sia solo un'opposizione tattica e di facciata, pronta a cedere a nuovi compromessi appena calmatesi le acque, come avvenne dopo l'accordo del 28 giugno 2011. Del resto anche la sua richiesta di sottoporre l'accordo a referendum ha un'impronta rinunciataria e capitolazionista, dal momento che l'accordo è già firmato, e perciò andrebbe semmai respinto dichiarando esplicitamente il rifiuto di applicarlo.
L'ambiguità di Landini e il dissenso della sinistra della Fiom
A tale riguardo non promette nulla di buono il fatto che il Comitato centrale della Fiom, svoltosi immediatamente prima del Direttivo Cgil, abbia bocciato l'ordine del giorno di Sergio Bellavita, esponente della “Rete 28 aprile”, che respingeva in toto l'accordo giudicandolo come la “resa della Cgil al modello sindacale della Cisl” e come “il modello Marchionne esteso a tutti”, respingendo al contempo anche il referendum in quanto la firma della Camusso era da considerarsi illegittima, e riservandosi “di agire ogni iniziativa a contrastare l'applicazione dell'accordo”. Mentre invece è passato a stragrande maggioranza l'odg della segreteria, alquanto ambiguo e strettamente circoscritto ai punti criticati da Landini, richiedente una “consultazione vincolante e straordinaria” e il ritiro sì della firma, ma per la “riapertura del negoziato”.
Comunque staremo a vedere se Landini sarà coerente con la posizione assunta e avrà il coraggio di dare veramente battaglia alla destra della Camusso per respingere l'accordo. E per coerenza lo dovrebbe fare anche togliendo subito la firma alla mozione 1 e schierandosi con la sinistra e la mozione 2. Ma temiamo che alla fine potrebbe limitarsi a presentare qualche emendamento in sede congressuale che metta qualche paletto “interpretativo” alle clausole del “Testo unico” da lui contestate, come mette in guardia anche un volantino della mozione 2 che denunciando l'accordo Confindustria-Cgil, Cisl, Uil chiede che la Cgil ritiri la firma e annuncia che in ogni caso non lo rispetterà e lo contrasterà: “La segreteria della Fiom – sottolinea infatti il volantino – ora dice no, ma ha approvato l'intesa del 31 maggio di cui questo accordo è la pura applicazione. Inoltre la segreteria della Fiom al congresso della Cgil sostiene il documento di maggioranza che esalta questo terribile accordo. Coerenza minima vuole ora che chi non è d'accordo con queste regole antidemocratiche lo dica anche al congresso della Cgil. Basta con i giochi”!
Siamo d'accordo, e per parte nostra incitiamo le Rsu e i lavoratori a respingere nelle assemblee e in ogni istanza sindacale questo infame accordo sulla rappresentanza, e nel contempo, come indica il Documento della Commissione di Massa del CC del PMLI del 2 gennaio 2014, invitiamo la sinistra della Cgil ad unirsi sulla mozione 2 e fare una battaglia comune al XVII congresso della Cgil per sconfiggere la linea di destra, riformista e collaborazionista della Camusso e dei dirigenti opportunisti che la coprono a sinistra.
22 gennaio 2014