Travolto dalla tangentopoli della ricostruzione, prima annuncia le dimissioni poi le ritira
Cialente (PD) incollato alla poltrona di neopodestà de L'Aquila
Che sfacciataggine!
“Io non mi dimetto più, al comune de L'Aquila non è tutto un magna magna”. Questa la sconcertante motivazione con cui il sindaco PD del capoluogo abruzzese Massimo Cialente il 22 gennaio ha annunciato il ritiro delle proprie dimissioni rassegnate appena 10 giorni prima in seguito alla raffica di arresti e avvisi di garanzia inerenti l’inchiesta “Do ut des” e che hanno coinvolto per le tangenti legate alla ricostruzione del dopo terremoto politici, amministratori, funzionari, assessori ed ex assessori tra cui anche il vice sindaco Roberto Riga “centro-sinistra”, accusato di aver ricevuto una tangente di 10 mila euro, dei 30 mila promessi, nascosta in pezzi da 500 euro dentro un pacco dono con una confezione di grappa, per la promessa di un appalto (cfr. Il Bolscevico
n. 4/2014).
Il rimpasto della giunta vede l’ingresso in qualità di vice sindaco del “superconsulente” Nicola Trifuoggi, già procuratore della Repubblica a L’Aquila e Pescara. All’ex magistrato in pensione dall'agosto 2012, Cialente ha affidato la delega alla trasparenza e alla legalità oltre che alla centrale unica di committenza per tutti gli appalti.
Dunque, niente “complotto ai miei danni per farmi cadere” ma “assoluta fiducia nella magistratura”.
L’annuncio del ritiro delle dimissioni è stato dato nel corso di una conferenza stampa convocata in Comune dal vice sindaco, Betty Leone, che lascia il posto a Trifuoggi cedendogli la delega alla trasparenza e mantenendo quelle alla cultura e al personale. E mentre Cialente spiegava ai giornalisti le motivazioni del suo ripensamento e affermava di aver accettato di tornare dopo le richieste del “centro-sinistra” e di tanti sostenitori, sotto il palazzo comunale una nutrito gruppo di manifestanti lo smentiva in diretta contestando fortemente il suo operato.
Ciononostante, Cialente ha avuto la sfacciataggine di dire che “Ho ricevuto una manifestazione di affetto inaspettata che in qualche modo ha spazzato via la sensazione di disorientamento provocata dagli attacchi contro questa città. Non permetteremo a nessuno di lavarsi la coscienza con il nostro sangue... Non stiamo approfittando della solidarietà degli italiani e non siamo dei magna-magna. Questo è il terremoto che costa di meno al Paese, grazie ai nostri sforzi stiamo risparmiando un milione di euro al mese”.
In realtà il “ripensamento” di Cialente non mira tanto a difendere “l'orgoglio e il senso di responsabilità” degli aquilani e non “apre una fase completamente nuova” nell'opera di ricostruzione della città. “È la seconda volta che mi dimetto - ha ricordato Cialente - questo è un nuovo inizio è una nuova fase, vinceremo la battaglia perché siamo onesti e anche tosti”. Ma si tratta solo dell'ennesimo inganno ai danni della popolazione in quanto l'unica cosa che veramente hanno a cuore Cialente e il PD non è la ricostruzione de L'Aquila ma la vittoria alle elezioni amministrative del 25 maggio e l'immediata necessità di recuperare il dialogo con il governo dopo lo scontro con il ministro per la Coesione territoriale Carlo Trigilia, il quale, nel denunciare i gravi ritardi nell'opera di ricostruzione, aveva detto che “il governo non è un bancomat di Cialente”.
Non è la prima volta che Cialente minaccia le dimissioni e poi le ritira. È già successo altre due volte negli ultimi sette anni di governo dell’Aquila. La prima volta si dimise quasi al termine del suo primo mandato, nel marzo 2011, dopo un lungo periodo in cui la sua maggioranza aveva perso pezzi e non riusciva a votare i provvedimenti. Aveva occupato simbolicamente la sede del Municipio, devastata dal sisma, lamentando il ritardo nell’arrivo dei fondi per la ricostruzione. Aveva poi ritirato le dimissioni alla scadenza dei 20 giorni previsti.
Concluso il primo mandato (quinquennio 2007-2012), Cialente fu rieletto nel maggio 2012 al ballottaggio, con il 59,20% dei voti. Solo un mese dopo una nuova minaccia: “Se Chiodi (presidente della Regione Abruzzo) rimane come commissario per la ricostruzione vado via io”. A maggio 2013, sempre per il mancato arrivo dei fondi per la ricostruzione, la clamorosa protesta – con minaccia di dimissioni – della fascia tricolore rispedita al Quirinale e delle bandiere tricolori ammainate dagli uffici pubblici. L’anno scorso, a settembre, dopo nuovi sfaldamenti nella sua coalizione, un nuovo avvertimento: “Non ho più la maggioranza, se si va avanti così sarà giusto restituire la parola ai cittadini”.
La verità è che il PD Cialente è incollato alla poltrona di neopodestà de L'Aquila e non ha nessuna intenzione di mollarla.
29 gennaio 2014