Denuncia della Cgil
L'istruzione dell'obbligo non è gratuita. Le famiglie pagano 335 milioni l'anno
E' lo scandaloso risultato dei micidiali tagli governativi all'istruzione pubblica, una tassa occulta, richiesta alle famiglie sotto forma di “contributo volontario” e che ormai sfiora i cento euro annui ad alunno. Secondo un'inchiesta della FLC-Cgil solo il 15% delle scuole statali non chiede questo finanziamento. E’ alle scuole superiori, che alle famiglie viene chiesto di dare il sostegno più consistente. I dirigenti arrivano a chiedere fino a 230 euro ad alunno. Figuriamoci poi quando bisogna pagare per più di un figlio. In taluni casi tra testi scolastici, attrezzatura e “contributi volontari” sfumano interi stipendi. Alla faccia della gratuità della scuola dell'obbligo. Secondo una stima della FLC lo scorso anno scolastico la cifra complessiva incassata degli istituti scolastici è stata di ben 336 milioni di euro!
Nel quadro complessivo dell'ingiustizia di tale balzello, ci sono alcuni dati che lo rendono ancora più odioso. Spesso dietro la “volontarietà” del contributo si nascondono pressioni più o meno velate e alcuni dirigenti arrivano a mettere in discussione la regolarità dell’iscrizione in caso mancato pagamento del contributo. Vi sono poi i casi sempre più frequenti di genitori di alunni stranieri che, non avendo avuto una regolare spiegazione sul bollettino che viene loro consegnato e non conoscendo la lingua, pagano credendo si tratti di un obbligo.
In alcuni casi al posto di contributi in danaro le scuole chiedono l'acquisto di materiale che può andare dalla carta per le fotocopie, alla carta igienica, ai gessi, ai cartoncini, pennarelli ecc. Non sono neanche mancate le scuole che hanno chiesto agli alunni di portarsi da casa il sapone o, addirittura, le sedie.
L'ossimoro tutto scolastico dell'imposta volontaria, si è messo in moto soprattutto dal 2010, da quando i governi hanno iniziato a tagliare i fondi MOF (Miglioramento Offerta Formativa). In poche parole, l'autonomia ha scaricato sulle scuole più responsabilità, tagliando drasticamente le risorse. Sulle scuole sono stati scaricati i costi per la sicurezza, per il pagamento dei pasti del personale impegnato nelle mense, delle tasse sui rifiuti, degli esami di Stato, per le reti intranet e per l’accesso al web, e, in alcuni casi, per l’acqua, la luce e il riscaldamento.
Sul piano amministrativo sono state scaricate incombenze come le ricostruzioni di carriera, il trattamento pensionistico, la compilazione delle graduatorie, i monitoraggi sui finanziamenti, edilizia, voti quadrimestrali e finali, voti di esame, iscrizioni.
I dirigenti fin troppo ligi a sostenere la scuola dell'autonomia non hanno alzato la voce contro l'aziendalizzazione e i tagli, ma hanno scelto di attingere dal basso, dalla fonte più vicina, le famiglie degli alunni, invitate e costrette in qualche modo a pagare.
Di fatto, i recenti provvedimenti del governo Letta-Alfano, insufficienti a modificare tale andazzo, lo consolideranno, peggiorando la condizione finanziaria delle scuole già estremamente difficile e contribuendo ad aumentare la pressione sulle famiglie per reperire fondi.
Per modificare radicalmente l'atteggiamento del governo verso la scuola non c'è altra strada che unire le forze e mettere in campo un'unica grande mobilitazione per la scuola pubblica, unitaria, gratuita e governata dalle studentesse e dagli studenti che comprenda studentesse e studenti, lavoratori, sindacati e tutte le forze politiche, sindacali, sociali, culturali e religiose contrarie alla privatizzazione della scuola.
29 gennaio 2014